Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 19 agosto 2012
Fini e l'ultimo giallo nell'hotel di Orbetello: le famiglie degli agenti nelle stanze prenotate. - Diana Alfieri
Per sfruttare quelle camere già pagate per tutta la stagione i bodyguard avrebbero invitato in vacanza anche i parenti.
Roma - L'ultimo dubbio sull'affaire della scorta «balneare» di Gianfranco Fini rimbalza proprio da Orbetello, la città dell'hotel «Presìdi», nove stanze del quale vengono occupate due mesi l'anno per «ospitare» i bodyguard responsabili della sicurezza del presidente.
Una voce che arriva da persone che, da anni, sono loro malgrado testimoni di quel frenetico via vai di gente in borghese o in divisa nel piccolo, grazioso hotel, aperto solo per la bella stagione. Solo rumors, appunto, che però ipotizzano un utilizzo se possibile ancor meno ortodosso per le stanze di quel tre stelle nel centro storico, che sarebbero state occupate, nell'arco dei due mesi di «lavoro vacanziero» delle ultime cinque estati, non soltanto dai bodyguard. Ma anche dai familiari degli uomini della scorta di Fini.Qualcuno, insomma, sostiene che gli agenti abbiano dunque scelto una strada personalissima per rendere meno «sprecata» quella maxiprenotazione annuale. E così, per sfruttare meglio le belle stanze già pagate (80 euro a notte l'una) che spesso restano desolatamente vuote, qualcuno dei «turnisti» avrebbe cominciato a invitare figli, mogli e parenti nell'hotel, conciliando il proprio lavoro con una villeggiatura in compagnia dei propri cari.Se l'indiscrezione corrispondesse al vero, ci sarebbe da capire se gli uomini, agenti di polizia in servizio, abbiano preso di propria iniziativa la decisione di «estendere» ai familiari l'utilizzo delle nove stanze nel quartier generale a tre stelle, prenotate per garantire una serena vacanza a Fini. O se, invece, abbiano ricevuto una qualche forma di avallo superiore, un benefit concesso per rendere più gradevoli i 62 giorni di servizio in distaccamento balneare temporaneo.Ma c'è anche un altro piccolo giallo, che riguarda sempre la logistica della scorta di Gianfry, per l'autunno-inverno. Negli ultimi anni, è capitato che Fini e i suoi «Tullianos» frequentassero la villa di Ansedonia anche per qualche fine settimana «fuori stagione», soli o con amici.Ma l'ormai famoso «Relais i Presìdi», che come detto è l'approdo fisso dal 2008 per i bodyguard dell'uomo che ha sciolto An, chiude i battenti dalla fine di ottobre a maggio. Dunque, dove hanno soggiornato gli uomini della scorta? Hanno forse dormito nella foresteria della Questura? Se così fosse, sarebbe complicato spiegare perché lo stesso metodo non viene adottato anche a luglio e agosto, risparmiando i 40mila e passa euro spesi ogni anno. E se invece anche le gite fuori stagione comportano prenotazioni alberghiere per i suoi angeli custodi, lo spreco di pubblico denaro per la scorta del presidente della Camera sarebbe destinato fatalmente a lievitare a cifre superiori anche ai 220mila euro stimati finora.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/sfruttare-quelle-camere-gi-pagate-tutta-stagione-i-bodyguard-830421.html
DECRESCITA E FELICE SOCIALISMO UTOPICO. - Guido Ceronetti
Potrei definirlo così, il Pil, lodato quando e dove cresce (non importa il come), deplorato unicamente quando e dovunque non cresca: un fantasma che infesta le menti (dalle più semplici alle meglio fornite di strumenti per dominare). Se lamente se ne libera, e apre le finestre alla verità, il pensiero liberato arriverà a ragionamenti diversi, a conclusioni finora non pensabili. Come questa: che l’idea della Decrescita del Pil èmigliore dell’idea fissa, cara a tutti i poteri che ci opprimono - dai governi alle mafie - che la Crescita (del Pil, funesto infestatore) non abbia nessuna alternativa possibile.
Ne parlo con Maurizio Pallante, inventore del movimento e della formula alternativa della Decrescita Felice, senza riportare nulla dal suo libro con questo titolo (Edizioni per la decrescita felice, 2005) perché con quest’uomo singolare, romano di nascita, abitante nella zona più verde della provincia astigiana, sessantacinquenne, ho l’occasione di un rapporto di amicizia e di un colloquio diretto.
Voglio ancora osservare, prima di interpellarlo, come in questa formidabile crisi del pensiero, cominciata molto tempo prima di quella della Lehman Brothers, siano presenti molti segni indicati con premonizione in tutte le trattazioni sul significato della Tecnica, di Martin Heidegger: basterebbe a «qualcosa di più alto» allacciare tutti i discorsi obbligatori e facili (talmente facili che li abbiamo imparati a memoria dai giornali) che si fanno dappertutto sull’economia, vista come un soffocante assoluto senza il minimo scrupolo di obbiettività. Ma dove tutto si relativizza, dove tutto è visto come puramente relativo e dissacrabile, ha senso assolutizzare il Pil, le cifre aziendali, le pensioni, le tasse, i conti della spesa, la Crescita di merci che non portano per niente a diminuzioni di infelicità o a più ricchezza nei rapporti umani?
Emendate il linguaggio e avrete trovato una chiave. Liberate la mente da una formica di falso e vi toglierete dallo stomaco il peso di un elefante.
Quel che va dicendo da qualche anno Maurizio Pallante in Italia è molto semplice, e nello stesso tempo implica una rivoluzione del pensiero alla quale aderisce sempre più gente, incredula nelle prediche del Potere legale, sempre più distaccata dalla politica, e una quantità di giovani intelligenti che l’enorme pallone di menzogne sospeso sul mondo allontana da tutto, disperatamente. Sulla copertina dell’Espresso del 2 agosto leggevo «In vacanza con lo Spread»: ed è con questo tipo di attrazioni triviali che si vende svago ai lettori?
In vacanza andateci con Isaac Singer, Georges Simenon, Wells, Dostoevskij, per cui non è necessario ungersi la pelle, e pestate lo Spread sul bagnasciuga, con un disinfettante pronto.
Più formale, Pallante mi spiega così la Decrescita, come la va raccontando nelle sale e nei libri: «Vedi, per capire che cos’è la decrescita e come possa aiutarci a contrastare una crisi che resiste a tutte le misure di politica economica, dobbiamo bene distinguere tra oggetti e servizi che rispondono a un bisogno o soddisfano un desiderio (definibili come beni) e oggetti e servizi che si scambiano con e per il profitto in denaro (definibili come merci). Il Pil e la Crescita non possono considerare altro che le merci e la loro produzione incessante. Merci però non sono beni. La Decrescita, che nessun politico ammetterebbe come un’opportunità felice, non è una diminuzione indiscriminata del Pil, ma selettiva, e totalmente da reimpostare. Introduce elementi di valutazione qualitativa del fare umano e consentirebbe di creare occupazione utile, non distruttiva per l’ambiente. Aprirebbe una fase più evoluta della storia umana...».
A Pallante non è difficile persuadere me - ecologista dal tempo delle bombe di Bikini - con le sue buone ragioni. Ma la tendenza, in Italia e dovunque, è implacabilmente l’altra, che risponde al pensiero unico dominante. A me, ormai vecchio, vien voglia di gettare la spugna. È la boxe di un nano disperato contro un gigantesco bruto!
«Guarda che il cambiamento di rotta, vogliano o no saperne i poteri dominanti, sta diventando sempre più inevitabile. Abbiamo esempi che nessun analista può fingere di ignorare. Crollata l’Unione Sovietica, che comprava a Cuba tutta la produzione di zucchero, la salvezza di Cuba fu l’autoproduzione di beni, per mangiare non per acquistare il superfluo. Accadde lo stesso in Argentina. In Grecia, oggi, si salvano dalla crisi tutti quelli che invece di urlare sulle piazze riscoprono il lavoro delle mani e producono per se stessi i beni corrispondenti ai bisogni. In Italia è già così in parecchi settori di economia silenziosa: la famiglia che autoproduce i beni non conosce disoccupazione. È l’offerta di merci sumerci tutte prodotte qua e là nel mondo, a rendere folle l’economia dei potenti. Il profitto perdente sta creando panico e suicidi.Ma il tuo nano disperato ha delle possibilità di sottrarsi ai pugni del bruto, e senza gettare la spugna! Perciò la popolarità dell’idea di decrescita è alta».
Da questo colloquio amichevole emerge «chi per lungo silenzio parea fioco»: le grandi ombre premarxiane dei Thoreau, dei Fourier, dei Saint-Simon, dei Gandhi, della società fabiana, dei Malthus, dei Tolstoij, che tuttora indicano altri cammini, altre vie... E il primo kibbuzismo sionista che cos’è stato? Non ha più nulla da insegnare al mondo? Era un’idea grande, una rivoluzione portatrice di pace...
Il socialismo disprezzato come utopistico da Marx, apostolo della mercificazione e della violenza, risorge anche nelle parole chiarificatrici e nei volti nuovi della Decrescita Felice.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=10698
Caso Dell'Utri, i pm chiamano Le condizioni di Berlusconi. - Paola Di Caro
Il leader pdl presenterà una memoria tecnica. L'obiettivo è lo status di «testimone assistito» con la facoltà di non rispondere.
ROMA - Gli hanno fatto sapere che una data deve trovarla. Che non è possibile che non ci sia, nella sua agenda, un momento libero per rispondere alla convocazione come testimone che ritengono essenziale nel processo Dell'Utri, per ricostruire i motivi che spinsero lui, Silvio Berlusconi, a concedere all'amico «prestiti infruttiferi» per milioni e a comprare da lui a un prezzo ritenuto eccessivo una villa sul Lago di Como. Loro, i pm di Palermo, ipotizzano che ai suoi danni Dell'Utri abbia compiuto un'estorsione, e vogliono capirne il perché. E per questo hanno comunicato ai suoi avvocati che in una data tra il 20 agosto e il 5 settembre dovrà presentarsi, pena la convocazione coatta (prevista per il testimone che non si presenta).
Di fronte alla nuova richiesta della Procura, che ha anticipato ai legali dell'ex premier i temi sui quali intende interrogare il Cavaliere, la risposta di Niccolò Ghedini è stata aperturista. Ed è arrivata per fax nelle ultime ore.
Siamo disponibili a comunicare la prossima settimana una data nella quale il nostro assistito potrà presentarsi davanti ai giudici, è in sostanza l'annuncio dato ai pm. Ma, è l'aggiunta, Berlusconi presenterà una memoria tecnica con la quale richiede lo status di «testimone assistito», ovvero con la facoltà su alcuni temi di avvalersi della facoltà di non rispondere (non concessa ai testimoni, ma la difesa del Cavaliere contesta la convocazione in qualità di testimone, ritenendo che l'ex premier è indagato in reato connesso per un procedimento già archiviato e non può essere costretto a presentarsi). In più, Ghedini ai suoi interlocutori ha preannunciato la presentazione di un'altra memoria, nella quale si ricostruiscono passo per passo le vicende sulle quali dovrebbero vertere le domande dei pm.
E dunque sembra sbloccarsi la situazione, come peraltro i fedelissimi di Berlusconi sono pronti a giurare («Non avrebbe senso creare un caso che coinvolgerebbe il Parlamento, oggi alla gente queste polemiche non interessano», dice chi lo conosce bene). Il tutto anche se Ghedini e l'altro avvocato Piero Longo sono abbottonatissimi e non vogliono rivelare nulla: «Certo non ci presenteremo il 20 agosto, ma fino al 5 c'è tempo e vedremo», dice il primo. E il secondo si limita a constatare che, per legge «un testimone ha l'obbligo di presentarsi».
A Villa Certosa - mentre si impegna a recuperare la forma (obiettivo perdere 8 chili) e le energie - Berlusconi ha dunque anche un altro dossier da studiare, quello giudiziario. Per mettere a punto con gli avvocati la linea da tenere anche dopo che, nei giorni scorsi, ospite in Costa Azzurra dalla figlia Marina, ne ha a lungo parlato anche con lei che proprio dai giudici di Palermo sulla stessa vicenda è stata sentita come testimone. Il tutto mentre proseguono i suoi contatti con imprenditori, esperti di economia, consiglieri con i quali si confronta su quale dovrà essere il prossimo programma del centrodestra che ha ormai deciso di tornare a guidare.
Sì perché, a sentire chi gli parla in questi giorni, ormai il dado è tratto: sarà lui a guidare il suo partito. Come e alla guida di quale formazione lo si vedrà a settembre, quando si capirà con quale legge elettorale si andrà a votare. E quando, se è vero che l'ipotesi del voto anticipato non è ancora scomparsa dalle opzioni possibili, Berlusconi non vuole farsi trovare impreparato. Né troppo impelagato in vicende giudiziarie che, come gli confermano i focus group e i sondaggi che riceve, non sono certo in cima ai pensieri degli italiani.
sabato 18 agosto 2012
Ilva di Taranto, ispezione a sorpresa di custodi giudiziari e carabinieri.
La notte scorsa carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce hanno accompagnato all’interno dello stabilimento Ilva di Taranto i custodi e amministratori giudiziari delle aree e degli impianti sottoposti a sequestro. Si tratterebbe, a quanto si è appreso, di un normale controllo. Il gip Patrizia Todisco ha affidato ai custodi giudiziari il compito “di garantire la sicurezza degli impianti e utilizzarli in funzione della realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo e della attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti”.
L’ispezione a sorpresa è durata circa quattro ore: da poco prima della mezzanotte alle 4 del mattino e ha riguardato le acciaierie 1 e 2 e il settore gestione rottami ferrosi. Così come richiesto dal gip Todisco con l’ordinanza del 10 agosto scorso, con la quale il giudice ha ordinato lo stop degli impianti sequestrati il 26 luglio e ha chiesto ai custodi una relazione settimanale, i tre tecnici hanno preso atto e documentato il funzionamento della produzione in corso. Sono quindi stati ascoltati i capiturno e gli operai in servizio negli impianti. Le ispezioni a sorpresa – a quanto è dato sapere dagli investigatori – continueranno nei prossimi giorni, come chiesto dal giudice.
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Nicole, ti ritroveremo a Brera? - Tomaso Montanari
Chi saranno i nuovi padroni della Pinacoteca di Brera? Non più i milanesi, né il popolo italiano: o almeno non solo. Il decreto sviluppo varato dal ministro Corrado Passera il 26 giugno scorso, infatti, non si occupa solo di edilizia, trasporti o settore energetico, ma – all’articolo 8 – stabilisce che “a seguito dell’ampliamento e della risistemazione degli spazi espositivi della Pinacoteca di Brera e del riallestimento della relativa collezione, il Ministro per i beni e le attività culturali, nell’anno 2013, costituisce la fondazione di diritto privato denominata “Fondazione La Grande Brera”, con sede in Milano, finalizzata al miglioramento della valorizzazione dell’Istituto, nonché alla gestione secondo criteri di efficienza economica”. Il decreto prevede “il conferimento in uso alla Fondazione, mediante assegnazione al relativo fondo di dotazione, della collezione della Pinacoteca di Brera e dell’immobile che la ospita”, e prevede l’ingresso, come soci, degli enti locali lombardi e, quindi, di “soggetti pubblici e privati”.
In poche parole: il governo Monti fa il primo grande passo verso la privatizzazione di uno dei principali musei italiani. Un passo sulla cui costituzionalità ci sarebbe molto da dire: possibile che conferire l’intera collezione di Brera ad una fondazione di diritto privato non leda l’articolo 9 della Carta? Ma i problemi non sono ‘solo’ di principio.
Esiste un unico precedente, quello del Museo Egizio di Torino: e non è un precedente brillante. E non tanto per la folcloristica presidenza di Alain Elkann (che scadrà a settembre), quanto per le gravi e paradossali conseguenze di una ‘privatizzazione all’italiana’. Le collezioni dell’Egizio sono state devolute alla Fondazione solo in parte (spezzando tra giurisdizoni diverse complessi archeologici unici), il personale scientifico ha optato di rimanere nello Stato (privando il Museo della più essenziale delle sue componenti) e il consiglio di amministrazione ha nominato la direttrice secondo logiche da manuale Cencelli, senza nemmeno consultare il comitato scientifico. E le cicatrici di tutti questi gravi errori, solo in parte recuperati, sono ancora ben visibili.
Ora, ci si chiede, come si comporteranno gli enti locali lombardi, una volta insediatisi sulla plancia di comando della nuova Fondazione? Sarà bene non dimenticarsi che fino a qualche giorno fa ci saremmo potuti trovare la Minetti direttrice di Brera. L’invadenza degli enti locali in un museo di livello e interesse nazionale è un nodo cruciale: non a caso tra i sostenitori di questo tipo di soluzione si conta Dario Nardella, il vicesindaco di Matteo Renzi a Firenze, che come giurista caldeggiava già nel 2003 la cessione degli Uffizi ad una fondazione in cui gli enti locali avessero un peso decisivo. Altro che baloccarsi con l’idea di costruire la facciata michelangiolesca di San Lorenzo o di cercare il Leonardo fantasma sotto il Vasari di Palazzo Vecchio: vi immaginate l’escalation di strumentalizzazione politica della cultura se Renzi potesse nominare il direttore degli Uffizi?
Ma il punto più grave è un altro. Il decreto di Passera (ministro, di fatto, anche dei Beni culturali, vista la sostanziale sede vacante determinata dal sonno di Ornaghi) dice che il fine della fondazione saranno la valorizzazione (eventi, mostre, visibilità mediatica) e la diminuzione dei costi di gestione. Ma un museo come Brera è soprattutto un istituto di ricerca: che riesce a comunicare il suo patrimonio ai cittadini solo in quanto è in grado di produrre e innovare continuamente la conoscenza delle opere che conserva. E la stella polare del cda della Fondazione Brera non sarà certo la scienza, ma il marketing: e così un altro polmone di libertà intellettuale passerà sotto il ferreo dominio del mercato e del denaro.
L’esperienza ventennale della concessione ai privati dei cosiddetti servizi aggiuntivi dei musei italiani «assomiglia ad una soluzione di abdicazione rispetto a competenze centrali da parte degli enti pubblici di gestione» (così, già nel 2009, Stefano Baia Curioni e Laura Forti, economisti della Bocconi). La strada, ancora più radicale, della trasformazione dei grandi musei in fondazioni segnerà un’abdicazione dello Stato ancor più radicale: e con essa un inevitabile allontanamento dagli interessi della collettività.
E non è che l’inizio di un lungo autunno in cui, per pagare la speculazione mondiale sull’enorme debito contratto grazie al Partito Unico della Spesa Pubblica (ancora saldamente aggrappato ai vertici dello Stato), la generazione dei bancarottieri chiuderà in bellezza vendendosi i beni che i padri avevano lasciato alla comunità.
Il Fatto Quotidiano, 17 agosto 2012
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