lunedì 3 settembre 2012

Viva 'u papà! (Orlando e la GESIP) - MERIGHI & TROJA



Il caso della Gesip non poteva non essere oggetto della satira graffiante del duo palermitano Merighi & Troja che sulle note di una canzone di Gianni Morandi ricordano il periodo della campagna elettorale palermitana e quanto sta accadendo in questi giorni a Palermo. La coppia di web satira torna ad occuparsi dei fatti della loro città dopo la parentesi (che con ogni probabilità rimane aperta) sulle elezioni Regionali in programma in ottobre.

http://www.blogsicilia.it/blog/alla-gesip-ci-pensa-leoluca-orlando/

L'autunno del commercio La crisi «chiude» i negozi. - Stefania Tamburello



Nel 2012 potrebbero cessare l'attività fino a 150 mila imprese La previsione di Confcommercio per quest'anno è di un calo del 3,3% dei consumi pro capite, peggiore rispetto al 2011.


ROMA - C'è poco da essere ottimisti. Se agosto non ha portato la temuta tempesta sui mercati ha però confermato il peggioramento del clima di fiducia delle famiglie e il prolungamento della recessione. E non c'è da stupirsi che a temere l'autunno siano soprattutto i negozianti alle prese con le stime di un'ulteriore caduta dei consumi. La Confcommercio indica un calo per il 2012 del 3,3% procapite. Un dato, rileva il direttore dell'Ufficio studi Mariano Bella, senza precedenti e certamente più negativo di quello registrato lo scorso anno quando a causa della crisi, secondo i calcoli della Confederazione dei commercianti, sono state costrette a chiudere i battenti oltre 105 mila imprese commerciali, di cui 62.477 punti vendita al dettaglio. Il saldo tra le nuove attività messe in piedi e quelle cessate è stato negativo per oltre 34 mila unità e guardando ai soli negozi la differenza, sempre in negativo, è stata di 18.648.
Nel 2012 dunque, visto il perdurare della diminuzione dei consumi, le cose non cambieranno certo in meglio. Anzi. Pur nella difficoltà di fornire stime e dati in questo settore, la differenza tra imprese nate e cessate dovrebbe far registrare un probabile peggioramento rispetto all' andamento del 2011: da 18 a 20 mila nel solo comparto delle vendite al dettaglio. Cosa che vorrebbe dire la chiusura, nel corso d'anno, di 65 mila negozi.
Nel settore commerciale nel suo complesso, comprese quindi le aziende all'ingrosso e quelle di vendita di auto e moto, la cessazione delle attività potrebbero superare il numero di 105 mila e secondo qualcuno arrivare anche a 150 mila, con lo strascico inevitabile e doloroso della perdita di nuovi posti di lavoro.
I consumi continuano a calare, avvertono dunque le associazioni dei negozianti, anche se in misura minore di quanto si siano ridotti i redditi. Perché le famiglie destinano alle spese quotidiane un quota sempre maggiore dei rispettivi budget e perché sono più attente al rapporto prezzo-qualità dei beni che acquistano. Ma col perdurare della crisi aumenta il peso dell'incertezza sul futuro, la paura di perdere il lavoro e di veder diminuire il potere d'acquisto dei propri salari e stipendi. In attesa che l'economia si riprenda e si avvii nuovamente alla crescita.
C'è però un segnale nuovo, ancora tutto da valutare, nel mondo del commercio. Di fronte al declino delle attività di vendita tradizionali - dall'alimentare all'abbigliamento all'arredamento - si consolida la tendenza ad intraprendere altre strade. «È la disoccupazione a dare la spinta e l'intraprendenza necessaria a mettersi sul mercato» commenta Mauro Bussoni, vicedirettore generale della Confesercenti segnalando il fenomeno che però riguarda soprattutto il terziario e i servizi alla persona. Sono nate infatti molte imprese anche piccole di assistenza sanitaria, trasporti, consegne a domicilio, riparazioni, informatica e di parrucchiere, dove sembra siano impegnate soprattutto le comunità cinesi. Un fiorire di mestieri che confermano la tendenza alla terziarizzazione del commercio e compensano in qualche modo la riduzione delle attività più tradizionali, a partire dai piccoli esercizi nei centri storici delle città.


Reazione a catena provocata dalla errate manovre di governo.

Affittava agli immigrati loculi di 2 mq senza finestre né bagni. - Martina Strazzeri



Un imprenditore di 53 anni è stato denunciato dai Carabinieri della stazioneRoma Torrino Nord poiché ‘colpevole’ di aver trasformato un magazzino di proprietà della sua società, alla periferia di Roma, diviso in ‘stanze’ da due metri quadri, in posti letto privi di finestre e di bagni per immigrati disposti a pagare fino a 300 euro a posto letto, naturalmente ‘in nero’.

Due giorni fa, i carabinieri sono riusciti ad intervenire grazie alle lamentele degli abitanti della zona.

Sette degli extracomunitari erano sprovvisti del permesso di soggiorno.

L’imprenditore sarà chiamato a rispondere di abusivismo edilizio, omessa denuncia per cessione di fabbricato a stranieri irregolari, evasione fiscale e di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Liberarsi della spazzatura.



Liberati anche tu della roba inutile.

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A proposito di fine vita. - Walter Peruzzi



La morte del cardinal Martini, che ha rifiutato ogni forma di accanimento terapeutico, ripropone le contraddizioni e l'ipocrisia della Chiesa sul fine vita.

La Chiesa cattolica, si legge nel Catechismo del 1992 approvato da Giovanni Paolo II, condanna sia l'eutanasia, che «costituisce un'uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo creatore», sia l'accanimento terapeutico, poiché ritiene che può essere legittima «l'interruzione di procedure mediche dolorose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati ottenuti [...] Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente».

Ma è sempre eutanasia...
In concreto, tuttavia, per la Chiesa non si dà mai il caso in cui si può "interrompere" la cura per evitare l'accanimento. Così, quando Piergiorgio Welby, affetto da una malattia incurabile ormai arrivata allo stadio terminale col rischio di morte per soffocamento, decise nel 2007 il distacco dalle macchine, la Chiesa gli rifiutò il funerale religioso, concesso quasi negli stessi giorni al sanguinario dittatore Pinochet, e sostenne l'accusa (poi archiviata) di omicidio contro il medico che lo aiutò.
Anche per Eluana Englaro, da 16 anni in stato vegetativo permanente, senza possibilità di ripresa, la Chiesa non ritenne "straordinaria" l'alimentazione artificiale che la teneva in vita (se così si può dire) e si oppose con accanimento (manifestazioni e grida) alla sua interruzione. La Chiesa e gli ambienti clericali arrivarono anzi a definire «esecuzione capitale» e «condanna a morte» la sentenza del Tribunale che il 9 luglio 2008 autorizzò il padre di Eluana a sospendere l'alimentazione, come poi avvenne; l'accusa di omicidio, poi archiviata, fu rivolta anche a Peppino Englaro.
La questione fu posta in termini generali, nell'agosto-settembre 2007 dalla Conferenza episcopale statunitense, che chiese: «Se il nutrimento e l'idratazione vengono forniti per vie artificiali a un paziente in 'stato vegetativo permanente', possono essere interrotti quando medici competenti giudicano con certezza morale che il paziente non recupererà mai la coscienza?» La Congregazione per la Dottrina della Fede, con l'approvazione di Benedetto XVI, rispose: «No. Un paziente in 'stato vegetativo permanente' è una persona, con la sua dignità umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali».

L'ipocrisia di Wojtyla, l'esempio di Martini
Tutto diventa così eutanasia da contrastare - salvo nel caso di papa Wojtyla, che non volle essere ricoverato in ospedale dopo l'ultima ricaduta e verso cui si praticò quindi, con tipica ipocrisia cattolica, una sorta di inconfessata eutanasia "passiva". O salvo il caso del cardinal Martini che, in aperto dissenso con la Chiesa ufficiale, oppose un fermo rifiuto all'accanimento terapeutico e - coerentemente - rifiutò per sé, malato terminale di Parkison, proprio quella somministrazione «per vie artificiali», col sondino, dell'acqua e del cibo che la Chiesa vorrebbe imporre a tutti i cittadini italiani tramite la legge sul testamento biologico proposta da una classe politica genuflessa.
Proprio a questo fine "Avvenire" ha cercato di neutralizzare l'esempio dirompente di Martini e di cambiare le carte in tavola scrivendo che «la sua posizione sull'accanimento terapeutico "era nota". Era di contrarietà. Era quella della morale cattolica. Ed è stata rispettata» (Lorenzo Rosoli, 1 settembre). Bugiardi e ipocriti fino in fondo.

La contraddittoria volontà di Dio
Tornando alla posizione della Chiesa (quella vera, contraddetta da Martini) si possono muovere almeno due obiezioni fondamentali. Prima di tutto, a che titolo la Chiesa può non solo arrogarsi il diritto di interpretare il pensiero di Dio - affermando cioè che secondo lui ci si deve tenere in vita anche a costo di ricorrere a metodi artificiali - ma può pretendere di imporre questa sua interpretazione del volere di Dio a chi in Dio non crede o crede in un Dio differente, facendo dell'opinione cattolica sul fine vita una legge dello stato laico?
In secondo luogo, se davvero Dio ci obbliga a usare la moderna tecnologia per protrarre una vita anche in modo artificiale, perché dovrebbe poi vietarci di usarla per evitare nascite sgradite o pericolose, o per la fecondazione assistita? È fin troppo evidente che dietro tale orientamento bizzoso e contraddittorio "di Dio" si nasconde la volontà della Chiesa, di esercitare il controllo sulla vita e sulla morte delle persone, come estrema forma di potere, e di imporre una concezione della vita come valle di lacrime che a tale potere è funzionale. 


http://cronachelaiche.globalist.it/Detail_News_Display?ID=33505&typeb=0

Hai medicato i feriti: devi morire!


photo

Mi scuserete se l'immagine urta la sensibilità di qualcuno... sicuramente non più di quella della madre di questo ragazzo... ma pubblico l'immagine perché ha un significato particolare...
A sinistra il ragazzo... bellissimo come tutti i fiori della Siria recisi dal criminale con i suoi alleati mondiali... a destra il ragazzo dopo l'esecuzione sul campo perpetrata dalle bande criminali di alasad.... ancor più bello nonostante il sangue, o forse per il sangue, il suo, bello della bellezza del martire, con il profumo di muschio e la fronte alta di chi non ha abbandonato il suo popolo ed ha dato la vita per esso.
Eh già... quella verde è proprio la casacca da sala operatoria e quello che era bianco ora rossa del sangue era il suo camice.... era un infermiere e stava commettendo il crimine di soccorrere i feriti .... per questo l'hanno trucidato!!!
Quel sangue sulla casacca e sul camice sono medaglie al valore di tutto il personale sanitario che opera in Siria... soccorrere un ferito per i criminali equivale ad imbracciare testate nucleari.
Dio abbia misericordia di te, martire della vita! Qutaiba Barhamji... il tuo nome brilla nel firmamento di coloro che hanno reso la professione sanitaria una missione ed hanno dato la vita per essa. Onore a te, martire della vita!
di Noura Dachan
Osservatorio Italo Siriano 2 settembre 2012


Eppure li paghiamo noi. - Antonio Padellaro


Forse davvero alla Convention repubblicana Clint Eastwood ha parlato da “vecchio pazzo” (Michael Moore), ma una cosa vera l’ha detta: “Noi siamo i proprietari di questo Paese e i politici sono i nostri dipendenti”.
Un concetto elementare per qualsiasi democrazia rispettosa dei propri cittadini. Non certo per i poveri sudditi italiani, costretti a foraggiare una classe dirigente che non dirige più niente se non la bancarotta a cui ha ridotto lo Stato. Basta osservarli, politici falliti e tecnici impantanati, mentre con le faccette abbronzate e i vezzosi pulloverini transumano da una festa di partito all’altra, blindati da plotoni di agenti sottratti alla pubblica sicurezza.
Basta ascoltarli mentre, impalcati e microfonati, dispensano perle di buon governo. Si limitassero all’inettitudine, pace. No, annunciano al vento fantasmagorici patti per la crescita o immaginarie leggi anticorruzione, quando sanno benissimo che a crescere rigogliosamente sono soltanto la disoccupazione, i precari (3 milioni), i giovani a caccia del primo impiego (618mila), i furti e gli sprechi, le mazzette pagate per avvelenare impunemente gli abitanti di Taranto e non solo loro.
Invece di nascondersi per la vergogna, si muovono compatti come falange (non ingannino le finte dispute da pollaio), convinti di potersi permettere di tutto, visto che giornali e giornalisti cresciuti alla scuola del servo encomio tengono loro bordone, alcuni per chiara vocazione, altri per non farsi chiudere i rubinetti delle provvidenze. Esemplare il caso delle telefonate tra il Capo dello Stato e un ex alto dignitario coinvolto nell’indagine sulla trattativa Stato-mafia e provvisto di robusta coda di paglia.
Appena si fa l’ipotesi che quelle conversazioni possano essere rese pubbliche per dovere di trasparenza, è subito tutto un arrampicarsi trafelato sul Colle di premier, ministri e segretari di partito, tutto uno stracciar di vesti, un gridare al complotto ordito certamente da menti raffinatissime determinate a impedire il cambiamento. In realtà, tutto quel solidarizzare e stringersi a coorte mira a conservare l’esistente, con annesse poltrone e pennacchi. Esistente che in Italia, caro ispettore Callaghan, significa che i proprietari del Paese sono i politici e noi i loro dipendenti (che a volte, per farsi ascoltare da una miniera, si legano a una carica di tritolo).
Il Fatto Quotidiano, 2 Settembre 2012