Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 27 gennaio 2013
L’ INEFFABILE OMBRA DELLA FINANZA MONDIALE. - Ida Magli
Il missionario e giornalista P. Giulio Albanese ha inserito in un articolo del numero di Gennaio della sua rivista “Popoli e missione”, un’informazione tanto fondamentale quanto ignorata dalla stampa e che riportiamo qui sperando di aiutare in questo modo a divulgarla. Vorremmo anche che i nostri governanti, astutissimi banchieri che non trovano mai sufficiente la cosiddetta “trasparenza e tracciabilità” dei nostri miseri redditi, inseguendo con la forza di quella che ormai possiamo considerare la loro particolare Polizia, i militari della Finanza, ogni nostro scontrino, ogni più piccola ricevuta, ci spiegassero quali sono i “loro” interessi a mantenere nell’ombra queste operazioni. Dei nostri politici è inutile tenere conto: una volta ridotto il Parlamento alla farsa del dire “sì” ai banchieri, sono diventati come le famose scimmiette che non vedono, non sentono, non parlano, impegnati esclusivamente nella salvaguardia della propria carriera.
- “Si tratta di un importante studio sul "sistema bancario ombra", lo shadow banking mondiale, pubblicato dal Financial Stability Board (Fsb), l'istituto internazionale di coordinamento dei governi, delle banche centrali e degli organi di controllo per la stabilità finanziaria a livello globale. Leggendo attentamente questo testo, si scopre che qualcosa di aberrante è all'origine della crisi finanziaria planetaria. Lo studio, incentrato sulla cosiddetta eurozona e su altri 25 Paesi, evidenzia infatti che a fine 2011 ben 67mila miliardi di dollari erano gestiti da una "finanza parallela", al di fuori, quindi, dei controlli e delle regole bancarie vigenti; una cifra che equivale al 111% del Pil mondiale ed è pari alla metà delle attività bancarie globali e a circa un quarto dell'intero sistema finanziario.
Leggendo questo studio si ha l'impressione d'essere al cospetto di un movimento sovversivo che specula impunemente ai danni degli Stati sovrani e soprattutto dei ceti meno abbienti. In altre parole, se da una parte ci sono i conti correnti con i risparmi dei cittadini e delle imprese, dall'altra abbiamo questo sistema bancario occulto, composto da tutte le transazioni finanziarie fatte fuori dalle regolari operazioni bancarie.
Come spiegato in più circostanze su questa rivista dal 2008, in coincidenza col fallimento della Lehman Brothers e dall'inizio della crisi sistemica dei mercati, si tratta di operazioni fatte da differenti intermediari finanziari, come certi operatori specializzati nel collocamento dei “derivati”, quei prodotti finanziari che, in larga misura, hanno inquinato i mercati. Tutte attività, queste, rigorosamente over the counter (otc), cioè stipulate fuori dai mercati borsistici e spesso tenute anche fuori dai bilanci. Alcuni autorevoli economisti ritengono che il "sistema ombra" sia spesso un'emanazione delle grandi banche internazionali che hanno interesse ad aggirare le regole e i controlli cui sono sottoposte.” -
Naturalmente nulla di tutto ciò è nuovo: se ne è parlato in libri e articoli (vedi “La Dittatura europea”) già diversi anni fa e discusso abbondantemente in molti siti internet, incluso il nostro, ma come è successo sempre per quanto riguarda l’Unione europea e la moneta unica, politici e governanti ignorano qualsiasi domanda, passano sopra con dittatoriale indifferenza alle richieste e ai bisogni dei sudditi, intenti esclusivamente a condurre in porto il proprio progetto di potere: l’unificazione del mondo governato dai banchieri. Non ha nessuna importanza il fallimento evidente di tante delle loro imprese, inclusa quella dell’euro, visto che se ne sono arricchiti in denaro e in potere, togliendoli ai cittadini. La bilancia, infatti, è proprio questa: tanto hanno perso in sovranità e in denaro i cittadini d’Europa, tanto hanno acquistato in potere e in denaro i banchieri. Come abbiamo già detto, i politici non contano: sono esclusivamente al servizio dei banchieri, forse perché altrimenti perderebbero pure le apparenze del potere e le connesse prebende di cui ancora godono.
Lo spettacolo che le migliaia di pirati all’arrembaggio hanno offerto ai nostri occhi in questi giorni per candidarsi alle prossime elezioni, per appropriarsi, come affamate cavallette, degli ultimi resti del corpo dilapidato dell’Italia, ha dato la misura di una involuzione ormai irreversibile. Nessuno ha minimamente messo in dubbio che si debba dipendere dai banchieri, dall’alta finanza che governa l’Europa. Nessuno ha detto che, senza la sovranità monetaria, è impossibile ricominciare ad avere un vero mercato e salvare qualche briciola dalla competizione con gli Stati emergenti. Nessuno ha parlato della fine degli Stati nazionali e della loro indipendenza. Addirittura si è deciso di partecipare ad una guerra (quella in Mali) senza discuterne in Parlamento. Nessuno ha preso in considerazione, in un’Europa che si vanta della propria civiltà, la criminalità di strutture di governo che dominano i sudditi attraverso il denaro, attraverso il fisco, assurto ad unico “valore”. Non parliamo dei “cattolici” visto che si vantano di esserlo anche molti dei governanti banchieri, pur calpestando il Vangelo ad ogni passo. Parliamo, però, della gerarchia della Chiesa la quale non ha mai condannato l’unificazione europea, pur voluta dall’alta finanza e guidata dai banchieri, e non ha neanche mai condannato i governanti banchieri che attraverso il fisco hanno spinto i sudditi alla disperazione fino al suicidio. Ma soprattutto parliamo della gerarchia della Chiesa che adopera essa stessa il linguaggio del mercato laddove parla di valori “non negoziabili”. Formula atroce che fa rabbrividire chi sa che nel Vangelo non esiste nessun valore “non negoziabile” perché soltanto di una specie di peccatori Gesù ha detto che “non entreranno nel regno dei cieli”: i ricchi.
http://www.italianiliberi.it/Edito13/l-ineffabile-ombra-della-finanza-mondiale.html
Memoriale della Shoah.
Il generale Dwight D. Eisenhower quando arrivò con i propri uomini presso i campi di concentramento non ebbe il minimo dubbio.
Ordinò che fosse scattato il maggior numero di fotografie alle fosse comuni dove giacevano ossa, abiti, corpi scomposti scheletrici ammassati come piramidi casuali.
Fotografie per ogni gelida baracca che fungeva da dormitorio, fotografie al filo spinato, ai forni crematori, alle divise, ai cappellini, alle torri di controllo, alle armi, agli strumenti di tortura.
Fotografie ai sopravvissuti così vicini alla morte da poterci interloquire e restituirla a chiunque li fissasse senza dover nemmeno aprire bocca. Senza parlare, senza parole.
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=482928025097813&set=a.135310556526230.26174.134196246637661&type=1&theater
Giornata della Memoria, Berlusconi: “Mussolini fece bene, ma leggi razziali no”.
Per tanti versi Mussolini aveva fatto bene ma “il fatto delle leggi razziali è stata la peggiore colpa”. Silvio Berlusconi, arrivato a sorpresa alle celebrazioni per la Giornata della Memoria a Milano, dice: “L’Italia non ha le stesse responsabilità della Germania ma ci fu una connivenza che all’inizio non fu completamente consapevole”. ”Non si possono più ripetere quelle vicende che qui iniziarono – ha proseguito -, solo mettendosi nei panni dei deportati si può capire quali vortici di tragedia si raggiunsero”. Berlusconi ha spiegato che “l’Italia preferì essere alleata alla Germania di Hitler piuttosto che contrapporvisi” e “dentro questa alleanza ci fu l’imposizione della lotta contro gli ebrei”.
Prima dell’avvio della cerimonia dell’inaugurazione del memoriale della Shoah a Milano, Mario Monti e Silvio Berlusconi si sono stretti la mano. Il presidente del consiglio e leader del movimento ‘Scelta civica’, dopo aver visitato il memoriale, si è avvicinato al Cavaliere, in prima fila in attesa dell’avvio della cerimonia. Si sono stretti la mano e si sono accomodati entrambi. Monti si è seduto anche lui in prima fila: alla sua sinistra, il cardinale Angelo Scola, alla sua destra la moglie Elsa, Berlusconi e il coordinare lombardo del Pdl Mario Mantovani. Presenti alla cerimonia, tra gli altri, il segretario federale della Lega nord, Roberto Maroni, il segretario della Cgil, Susanna Camusso, e l’ad di ferrovie, Moretti. Qualche contestazione in sala quando Roberto Formigoni ha iniziato il suo intervento. Non appena lo speaker ha introdotto il governatore indagato proprio il giorno precedente per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sul San Raffaele, s’è levato in sala qualche ‘buh’. Qualcuno ha urlato ‘Vai a casa’. I ‘buh’ sono continuati anche alla fine dell’intervento, quando però il presidente uscente della Regione Lombardia è stato applaudito da gran parte della platea.
“Berlusconi è vergognoso: Mussolini non solo ha fatto le leggi razziali ma ha combattuto con Hitler, i fascisti italiani hanno collaborato attivamente alle deportazioni, quindi Mussolini è responsabile in solido dell’Olocausto”, ha commentato il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero. ”Le parole di Berlusconi sono inaudite – ha detto il capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro – Le colpe di Mussolini e del suo regime non sono solo le atroci leggi razziali, ma molte altre cose a cominciare dal soffocamento della democrazia nel nostro Paese e dall’alleanza con il nazismo. E’ per questo che, lo ricordo al Cavaliere, la nostra Repubblica è una repubblica antifascista e il fascismo è fuori legge nel nostro Paese”.
Non è la prima volta che Berlusconi si lancia in una difesa del Duce. Nel 2008, il quotidiano israeliano Haaretz pubblicò una dura requisitoria contro il riconoscimento all’allora presidente del Consiglio destinatario del premio ‘Statista dell’anno’ da parte Lega Anti-diffamazione (Adl) a firma del suo responsabile esteri Adar Primor, lo stesso giornalista che nel settembre 2002 aveva intervistato il vice presidente del Consiglio Gianfranco Fini. Nell’articolo, Primor ricordava le recenti dichiarazioni di Berlusconi su Benito Mussolini affermava che avrebbe ”sofferto di un improvviso, estremo caso d’amnesia”, poiché avrebbe dimenticato ”settemila ebrei italiani inviati nei campi di sterminio, migliaia di oppositori al regime arrestati, esiliati o assassinati e centinaia di migliaia di etiopici, libici, jugoslavi e greci uccisi durante le guerre di conquista di Mussolini”. Secondo Primor, il riconoscimento a Berlusconi del premio dell’Adl (”un’organizzazione lodevole, il cui fine è difendere i diritti umani e combattere il razzismo diffamatore, gli antisemiti e i negatori dell’Olocausto”) sarebbe ”uno sviluppo che solleva la questione di cosa vada considerato diffamazione e negazione dell’Olocausto”. Sempre secondo Primor, ”non è difficile immaginare la tempesta che scoppierebbe in Israele e nel mondo ebraico se il presidente francese Jacques Chirac – lo stesso uomo che nel 1996 si è assunto la responsabilità storica per i crimini commessi contro gli ebrei dal regime di Vichy – facesse dei commenti a proposito del maresciallo Philippe Petain che echeggiassero quello che Berlusconi ha detto a riguardo di Mussolini”. ”Ma Berlusconi – ha aggiunto il giornalista – è un’altra storia. Non è difficile trovare difensori di Berlusconi nel mondo ebraico e in Israele”.
sabato 26 gennaio 2013
Quando Fassina apprezzava le pensioni cilene e i derivati finanziari. - Riccardo Puglisi
Le persone cambiano, specialmente in politica: in un paper del 2001, Stefano Fassina, responsabile per l’economia del PD, entusiasta sostenitore di Bersani alle primarie del centro-sinistra ma all’epoca economista presso il Fondo Monetario Internazionale, discuteva le possibili riforme dei sistemi pensionistici delle piccole economie emergenti del Sud America, mostrando apprezzamento per le caratteristiche del sistema pensionistico cileno, e per i benefici forniti dai derivati finanziari nella gestione dei fondi pensione.
Andiamo con ordine: il pezzo, dal titolo “Pension Reform in Small Emerging Economies: Issues and Challenges” è stato scritto da Fassina con Dowers e Pettinato, rispettivamente specialista e consulente presso la Inter-American Development Bank (IADB). Fassina e coautori si occupano delle problematiche particolari della riforma delle pensioni in paesi in via di sviluppo, quindi caratterizzati da sistemi finanziari ancora poco strutturati, e sostanzialmente dipendenti dall'esportazione di pochi beni.
La tesi è che anche in questi paesi le pensioni necessitano di riforme strutturali per il solito motivo, cioè l’invecchiamento della popolazione, che rende troppo costosi i cosiddetti sistemi a ripartizione. Nei sistemi a ripartizione, a cui appartiene anche il sistema italiano, sono i contributi pagati ogni anno dai lavoratori attivi a finanziare le pensioni: tali sistemi diventano finanziariamente insostenibili se il totale dei contributi decresce e il totale delle pensioni da pagare cresce, come per l’appunto accade con l’invecchiamento della popolazione. Qual è la soluzione prospettata nel pezzo? Già a pagina 2 dell’articolo si enfatizza l’idea di innalzare l’età pensionabile. (1)
A pagina 4 gli autori notano come vi siano due modelli principali di riforma dei sistemi pensionistici latino-americani: un sistema OCSE basato sul meccanismo della ripartizione, e il modello latino-americano, in cui riveste un ruolo fondamentale il meccanismo alternativo della capitalizzazione. All’interno di questo secondo meccanismo i contributi pagati dai lavoratori confluiscono in un fondo di investimento il quale -al momento del pensionamento- si trasforma nel pagamento di rate mensili o della somma intera.
Non vi sarebbe neanche il bisogno di evidenziarlo, ma gli autori ricordano come il modello latino-americano adotta molti degli elementi caratteristici del sistema pensionistico del Cile, frutto della privatizzazione posta in essere nel 1981 da José Piñera, ministro del lavoro nel governo dittatoriale di Pinochet (si veda un articolo sul tema qui). (2)
Intendiamoci: l’articolo è assolutamente ben scritto e saggiamente argomentato: secondo gli autori il sistema pensionistico a capitalizzazione deve essere adattato rispetto alle caratteristiche specifiche delle piccole economie emergenti come la Bolivia, il Salvador, il Nicaragua e il Paraguay. Ad esempio (pagina 21) –almeno nella fase iniziale- la regolamentazione dei fondi pensione deve essere di tipo “draconiano”, imponendo forti restrizioni sull’acquisto di azioni, a motivo del livello eccessivo di rischio insito in esse. (3) Tuttavia, queste restrizioni hanno senso solo nelle fasi iniziali, e solo nelle situazioni in cui i mercati finanziari sono poco sviluppati (“shallow”).(4)
La gestione dei fondi pensioni deve essere centralizzata a livello statale, ed affidata a società di gestione attraverso aste concorrenziali, che dovrebbero essere in grado di minimizzare le commissioni applicate dai gestori stessi.
Ahinoi, si fatica a ritrovare qui lo Stefano Fassina che oggi si scaglia contro il “pensiero unico neo-liberale”: come accennavo sopra, i tre autori mostrano di apprezzare il grado di finanziarizzazione dell’economia cilena (pag. 12), così come misurata dal rapporto tra capitalizzazione di borsa e PIL, e sottolineano come questo livello di sviluppo finanziario sia anche dovuto al sistema pensionistico a capitalizzazione creato nel 1981. (5)
L’apprezzamento per mercati finanziari sviluppati dipende da argomentazioni alquanto ortodosse: con mercati ben sviluppati è più facile diversificare il rischio, cioè ottenere lo stesso rendimento con un rischio più basso.
A tale proposito, questo Fassina quasi sconosciuto al dibattito italiano loda anche la diversificazione geografica degli investimenti fatti dai fondi pensione. Non solo: se vincoli ai movimenti di capitale nelle piccole economie in questione non permettono l’acquisto diretto di titoli esteri (pag. 18), ecco che si possono ottenere risultati simili utilizzando derivati finanziari come gli asset swap e procedure di cartolarizzazione (securitisation). (6)
Fassina 2001 e Fassina 2012: ma Bersani lo sa?
1) “[…] Innalzare l’età pensionabile oppure il numero minimo di anni di contribuzione diminuisce il rapporto di dipendenza.[…]” (traduzione mia) Nota bene: Il rapporto di dipendenza (dependency ratio) è il rapporto tra il numero di pensionati e il numero di individui che pagano contributi.
2) “[…] Il Cile ha implementato una riforma globale del suo sistema pensionistico nel 1981. Molti paesi appartenenti alla regione hanno da allora adottato elementi del modello cileno, dando luogo a quello che si può definire il modello latino americano. […]” (traduzione mia, pagina 4)
3) “[…] Alcuni analisti sono del parere che l’approccio ideale alla regolamentazione per un paese piccolo con un sistema finanziario poco sviluppato è di tipo draconiano, cioè caratterizzato da regole stringenti rispetto alla gestione dei fondi pensione e in generale delle attività finanziarie. […]” (traduzione mia)
4) “[…] Gli elementi regolamentativi diretti sono maggiormente specifici di un sistema (ndr: pensionistico) in particolare (vedi Shah, 1996). L’elemento principale consiste nell’esclusione di certe classi di attività finanziarie (tipicamente le azioni) quando il sistema è ancora immaturo. Tale restrizione dovrebbe essere limitata al periodo iniziale, e solo nei casi in cui i mercati finanziari sono molto sottili (vedi Vittas, 1998).[…]" (traduzione mia, pagina 20)
5) “[…] Un altro aspetto che emerge è lo straordinario grado di profondità del mercato raggiunta in Cile, dove i livelli di capitalizzazione sono paragonabili a quelli di molti paesi OCSE. L’introduzione di un sistema pensionistico obbligatorio a capitalizzazione è verosimilmente una delle determinanti della maturità finanziaria in questo paese latino americano. […]” (traduzione mia, pagine 12 e 13)
6) “[…] Come notato quando abbiamo definito la struttura delle SEE (ndt: piccole economie emergenti), la scarsa o nulla flessibilità del conto capitale (ndt: della bilancia dei pagamenti) è uno dei fattori che induce le piccole economie emergenti a non permettere ai gestori dei fondi pensione di avere una proporzione maggiore di investimenti internazionali nei loro portafogli. Tuttavia, le moderne tecniche di investimento, come ad esempio gli asset o stock index swap, le obbligazioni indicizzate all’inflazione e la cartolarizzazione, possono fornire strategie di investimento alternative a vantaggio di paesi caratterizzati da vincoli al movimento di capitali. […]” (traduzione mia, pagina 18)
Formigoni indagato per i soldi di don Verzé. - Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella
Altri 7 milioni nel forziere con cui Daccò pagava benefit e regali per il governatore della Lombardia.
MILANO - Non più solo per la Maugeri, ma anche per il San Raffaele: il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, sinora inquisito nel filone sulla Fondazione pavese, è adesso indagato assieme al mediatore Pierangelo Daccò per l'ipotesi di corruzione anche in rapporto ai consistenti finanziamenti pubblici erogati negli anni dal Pirellone all'ospedale San Raffaele nella vecchia gestione, l'istituto fondato da don Verzé e guidato sino al suicidio il 18 luglio 2011 dal vicepresidente Mario Cal. Formigoni aveva sempre ripetuto come a suo avviso questa fosse «una vicenda che riguarda alcuni privati, la Regione Lombardia è del tutto estranea, come tutti sanno anche se fanno finta di non sapere»; e più volte aveva rimarcato che sull'istituto di don Luigi Verzé «la magistratura ha indagato per 16 mesi e nessun addebito è stato sollevato nei confronti della Regione: né del presidente, né di assessori, dirigenti o funzionari». Ora non è più così.
I contanti del suicida
Dal 2012 Formigoni era indagato per le ipotesi di corruzione e illecito finanziamento già in relazione ai favori (viaggi, uso esclusivo di yacht, sconto sul prezzo di una villa di lusso venduta al coinquilino Perego, un contributo elettorale) stimati di valore complessivo attorno ai 7,5 milioni, ed elargitigli negli anni dal «portafoglio» dell'amico Daccò, intermediario che dalla Fondazione Maugeri di Pavia era contemporaneamente stato gratificato con ben 60 milioni in 10 anni per «aprire porte» in Regione e propiziare indebiti rimborsi o sbloccare incagli. Adesso la novità è che la Procura ritiene di poter sostenere che i benefit ipotizzati come tangenti a Formigoni sarebbero arrivati da un «portafoglio-Daccò» alimentato dalla confluenza non solo dei 60 milioni di compensi illeciti versati all'estero al mediatore dalla Fondazione Maugeri, ma anche da 7/8 milioni arrivati invece a Daccò dal San Raffaele: un po' più di 2 milioni con bonifici a Daccò, e oltre 5 milioni in contanti che il vicepresidente dell'istituto di don Verzé, dopo averli creati dalle sovrafatturazioni con alcuni fornitori, aveva consegnato a Daccò. Il quale per questi soldi, sotto il profilo della distrazione dal patrimonio dell'istituto e quindi del concorso in bancarotta del San Raffaele ammesso al concordato preventivo, è stato già condannato in primo grado il 3 ottobre scorso a 10 anni in abbreviato dal giudice Cristina Mannocci.
Dal 2012 Formigoni era indagato per le ipotesi di corruzione e illecito finanziamento già in relazione ai favori (viaggi, uso esclusivo di yacht, sconto sul prezzo di una villa di lusso venduta al coinquilino Perego, un contributo elettorale) stimati di valore complessivo attorno ai 7,5 milioni, ed elargitigli negli anni dal «portafoglio» dell'amico Daccò, intermediario che dalla Fondazione Maugeri di Pavia era contemporaneamente stato gratificato con ben 60 milioni in 10 anni per «aprire porte» in Regione e propiziare indebiti rimborsi o sbloccare incagli. Adesso la novità è che la Procura ritiene di poter sostenere che i benefit ipotizzati come tangenti a Formigoni sarebbero arrivati da un «portafoglio-Daccò» alimentato dalla confluenza non solo dei 60 milioni di compensi illeciti versati all'estero al mediatore dalla Fondazione Maugeri, ma anche da 7/8 milioni arrivati invece a Daccò dal San Raffaele: un po' più di 2 milioni con bonifici a Daccò, e oltre 5 milioni in contanti che il vicepresidente dell'istituto di don Verzé, dopo averli creati dalle sovrafatturazioni con alcuni fornitori, aveva consegnato a Daccò. Il quale per questi soldi, sotto il profilo della distrazione dal patrimonio dell'istituto e quindi del concorso in bancarotta del San Raffaele ammesso al concordato preventivo, è stato già condannato in primo grado il 3 ottobre scorso a 10 anni in abbreviato dal giudice Cristina Mannocci.
I testi e la perizia
A spingere il nuovo passo della Procura sono due indicatori. Il primo sono gli interrogatori di almeno due dirigenti regionali, che dall'interno avrebbero fornito delucidazioni tecniche utili a «smontare» il rompicapo dei complicatissimi atti esecutivi delle delibere regionali in tema di «remunerazione delle funzioni non coperte da tariffe predefinite». Cioè dei bonus che Regione Lombardia, in aggiunta ai fondi già versati per rimborsare le cure mediche prestate agli ammalati, distribuisce agli ospedali come riconoscimento di attività d'eccellenza, in base a 30 parametri che per definizione lasciano ampia discrezionalità.
Il secondo elemento è la relazione preliminare del consulente tecnico dei pm (un architetto incaricato già altre volte dalla Procura come esperto amministrativista) sulle delibere dei finanziamenti regionali nell'era Formigoni 1995-2010. Non tanto per la contabilità dei soldi pubblici erogati a questo titolo a San Raffaele (oltre 400 milioni) e Maugeri (più di 200 milioni), quanto per i profili di anomalia amministrativa nei provvedimenti secondo il consulente Maurizio Bracchi.
A spingere il nuovo passo della Procura sono due indicatori. Il primo sono gli interrogatori di almeno due dirigenti regionali, che dall'interno avrebbero fornito delucidazioni tecniche utili a «smontare» il rompicapo dei complicatissimi atti esecutivi delle delibere regionali in tema di «remunerazione delle funzioni non coperte da tariffe predefinite». Cioè dei bonus che Regione Lombardia, in aggiunta ai fondi già versati per rimborsare le cure mediche prestate agli ammalati, distribuisce agli ospedali come riconoscimento di attività d'eccellenza, in base a 30 parametri che per definizione lasciano ampia discrezionalità.
Il secondo elemento è la relazione preliminare del consulente tecnico dei pm (un architetto incaricato già altre volte dalla Procura come esperto amministrativista) sulle delibere dei finanziamenti regionali nell'era Formigoni 1995-2010. Non tanto per la contabilità dei soldi pubblici erogati a questo titolo a San Raffaele (oltre 400 milioni) e Maugeri (più di 200 milioni), quanto per i profili di anomalia amministrativa nei provvedimenti secondo il consulente Maurizio Bracchi.
Criteri oscuri
Nelle delibere di molti degli anni esaminati, infatti, il consulente dei pm Greco-Pedio-Pastore-Ruta addita come, «per tutti gli atti deliberativi concernenti il riparto dei compensi per le funzioni non tariffate, l'attività istruttoria» della Regione «appare non congruamente formalizzata. La conseguenza è che allo stato è impossibile ricostruire ex-post il percorso logico di formazione della volontà dell'organo deliberante, soprattutto quando si enunciano principi e metodi di assegnazione di finanziamenti pubblici senza che venga poi dato puntuale conto dell'attuazione di quanto enunciato».
Nelle delibere di molti degli anni esaminati, infatti, il consulente dei pm Greco-Pedio-Pastore-Ruta addita come, «per tutti gli atti deliberativi concernenti il riparto dei compensi per le funzioni non tariffate, l'attività istruttoria» della Regione «appare non congruamente formalizzata. La conseguenza è che allo stato è impossibile ricostruire ex-post il percorso logico di formazione della volontà dell'organo deliberante, soprattutto quando si enunciano principi e metodi di assegnazione di finanziamenti pubblici senza che venga poi dato puntuale conto dell'attuazione di quanto enunciato».
In teoria un criterio indicato era ad esempio «la numerosità della casistica» propria di ciascuna struttura, «utilizzata per la formazione dell'ipotetica graduatoria fra gli operatori pubblici e privati e, nell'ambito di questa graduatoria, per l'effettuazione della scelta del 20% delle strutture beneficiarie del finanziamento». Ma, in pratica, quale fosse questa «numerosità della casistica» è «un elemento oggi ignoto: ciò non può che minare alla base quegli essenziali requisiti di trasparenza e di imparzialità su cui si dovrebbe fondare la correttezza e la stessa legittimità dell'atto amministrativo adottato».
«Evidente squilibrio»
Il consulente della Procura aggiunge di non poter «tacere il fatto che i criteri e gli indicatori stessi, in base ai quali operare il riparto del fondo stanziato, vengono proposti alla Giunta e deliberati dalla Giunta quando l'assetto funzionale e le capacità produttive dei reparti potenzialmente assegnatari dei finanziamenti erano ben noti agli uffici regionali. Circostanza che non depone certamente a favore dell'imparzialità dell'azione amministrativa, soprattutto se l'esito della procedura presenta l'evidente squilibrio in favore di uno degli operatori, nella fattispecie l'Ospedale San Raffaele, presenti sul mercato regionale delle prestazioni chirurgiche».
Il consulente della Procura aggiunge di non poter «tacere il fatto che i criteri e gli indicatori stessi, in base ai quali operare il riparto del fondo stanziato, vengono proposti alla Giunta e deliberati dalla Giunta quando l'assetto funzionale e le capacità produttive dei reparti potenzialmente assegnatari dei finanziamenti erano ben noti agli uffici regionali. Circostanza che non depone certamente a favore dell'imparzialità dell'azione amministrativa, soprattutto se l'esito della procedura presenta l'evidente squilibrio in favore di uno degli operatori, nella fattispecie l'Ospedale San Raffaele, presenti sul mercato regionale delle prestazioni chirurgiche».
Uno dei problemi, ad esempio nel 2003, è che «l'assegnazione di questi ultimi finanziamenti, in larghissima misura finiti nelle casse dell'Ospedale San Raffaele, viene dalla Giunta regionale deliberata sulla scorta di criteri puntualmente enunciati nella propria deliberazione, ma della cui applicazione concreta ai fini della designazione dei beneficiari non viene dato conto». Infatti «ciò che gli uffici regionali hanno ritenuto essere "materiale istruttorio funzione di eccellenza per le attività per acuti" non è altro che la stampa di un insieme di fogli di calcolo caratterizzati dalla loro assoluta inconsistenza in termini di capacità illustrativa del processo logico di applicazione dei criteri prefissati e di individuazione dei beneficiari». Del resto, quando la polizia giudiziaria il 9 luglio ha acquisito in Regione gli atti istruttori e preparatori delle delibere sulle funzioni non tariffabili, «si è appreso come siano rappresentati, secondo quanto riferito da funzionari e dirigenti, dalla mera estemporanea stampa di tabelle e fogli di calcolo, peraltro privi dell'indicazione del redattore e/o del responsabile della correttezza dei dati e della loro elaborazione, e privi anche di indicazioni esplicative che ne possano consentire l'interpretazione».
Tutte le proprietà dei Litchi chinensis o.. litchis!
Il litchi ( o litchis) è un frutto esotico originario della Cina e appartenente alla famiglia delle Sapindacee il cui albero può raggiungere l'altezza di 30 metri con foglie lunghe sempreverdi. I frutti del litchi crescono in grappoli e giungono a maturazione nel tardo periodo autunnale; esistono molte varietà di litchi, più di 40 e, a seconda del tipo cambia il colore della buccia e della polpa.
Cina ed India sono attualmente i maggiori produttori mondiali di questo frutto particolare, mentre in Italia, per ora, esistono solo alcune coltivazioni al sud.
Il litchi viene anche chiamato col nome di uva cinese o ciliegio cinese, ha forma ovale ed è ricoperto da una sottile crosta verde quando acerbo e rossa quando matura; all'interno sotto alla polpa bianca, troviamo un grosso nocciolo simile a quello delle nespole.
Le principali sostanze contenute nel litchi sono costituite da minerali come potassio, rame, magnesio, fosforo, e calcio; sono presenti inoltre, proteine, vitamine appartenenti al gruppo B, acido nicotinico, fibre, carboidrati e zuccheri, oltre naturalmente all'acqua. Per quanto riguarda il suo valore calorico, 100 grammi di litchi forniscono circa 60 calorie.
Le principali proprietà terapeutiche del litchi si devono soprattutto all'acido nicotinico in esso contenuto; infatti questa sostanza è in grado di dilatare i vasi sanguigni, facilita la purificazione del sangue e allo stesso tempo è in grado di regolare numerose reazioni ossidative nelle cellule del nostro organismo, rendendosi così importante al fine della prevenzione di patologie come l'aterosclerosi. La presenza di minerali importanti come potassio e magnesio è utile per rafforzare e rendere più tonico il cuore e l'apparato circolatorio. In ultimo il litchi, grazie alle sue proprietà, può anche essere utile per prevenire la gastrite e per diminuire la percentuale di zucchero nel sangue, fattore, questo, molto utile a chi soffre di diabete.
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