Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 3 febbraio 2013
sabato 2 febbraio 2013
Trovato finalmente il batterio del morbo di MPS: si chiama MM. - Sergio Di Cori Modigliani
E’ la nostra situazione attuale, basata sul paradosso della surrealtà: ci dicono addirittura la verità già nel loro nome. Un logo che è una autentica minaccia all’intelligenza civica della nazione.
Come a dire: “cari magistrati, cara Europa, provateci –se vi riesce- a districarvi in questo perfetto groviglio di interessi che noi abbiamo costruito in 541 anni di Storia al servizio delle oligarchie del privilegio”.
Inevitabile, quindi, spendere ancora due parole su MPS.E’ una grande occasione da non perdere per tutti, e per diversi motivi.Procediamo punto per punto.
Qualunque cittadino italiano sarebbe autorizzato a porsi, oggi, una elementare domanda: “come mai il caso MPS esplode proprio al centro della campagna elettorale?”.Se, a essere coinvolti, fossero soltanto quelli del PD, la risposta sarebbe semplice: “sono quelli del PDL che tirano fuori gli scheletri dall’armadio degli oppositori”. Se invece fossero coinvolti soltanto quelli del PDL si potrebbe dire l’opposto e così via dicendo. In entrambi i casi si tratterebbe di una logica miope e banale, ma –in teoria- avrebbe anche potuto avere una sua piatta coerenza.
Poiché, mano a mano che trascorrono i giorni e si leggono le carte e i documenti e si viene a sapere di tutto (soprattutto dalla stampa estera europea) ed è ormai ufficiale che, a essere coinvolti siano stati il PDL, il PD, l’Udc,
Ed ecco la grande occasione per tutti noi.
1). “Ce lo chiede l’Europa”. Anzi: “L’Europa l’ha preteso”.
Non così a Siena dove si è verificato esattamente il processo opposto, senza neppure avere la scusante sociale di essere un luogo degradato dalla Storia. Con l’arroganza derivata dall’eredità culturale delle grandi signorie medioevali, hanno costruito una rete locale di potere mafioso criminale dove i boss non portano la scoppola, non usano la lupara, non si chiamano tra di loro picciotti, ma frequentano ogni sera le case giuste, le persone giuste, appartengono a un censo sociale alto, violando
Perché Siena è ora la capitale della mafia mentale d’Italia e va denunciata con coraggio.
2). Ecco alcune notiziole ormai pubbliche e diffuse dovunque su MPS che qui sintetizzo: nell’autunno del 2007 MPS emette una delibera ufficiale firmata Gabriello Mancini (deputato ente fondazione mps) con la quale vengono “ingaggiati gli advisor che dovranno gestire, controllare e riferire l’andamento degli investimenti finanziari e l’intera procedura relativa all’acquisizione di Antonveneta”. Firmano l’accordo con tre società: J.P.Morgan, Credit Suisse a Banca Leonardo. Costo delle competenze 4.980.000.000 di euro (poco meno di 5 miliardi). Scelgono anche il delegato dell’intera operazione, Mr. Monti jr., il figlio dell’attuale premier dimissionario Mario Monti, in quanto direttore responsabile del marketing operativo europeo di J.P.Morgan, colosso finanziario statunitense. Il tutto con beneplacito della direzione di PD, PDL, Udc e logge massoniche locali. Due mesi dopo, una ulteriore delibera accredita a J.P.Morgan un successivo milione di euro secco extra, di cui non esiste fattura alcuna di riscossione essendo avvenuto su conto estero/estero. Il presidente di MPS è Muccari e vice presidente che deve mettere la firma è Francesco Caltagirone, suocero di Casini. Ma è necessaria l’autorizzazione definitiva sia del sindaco di Siena che del presidente della provincia, i quali autorizzano e firmano la delibera che dà pieni poteri a questi colossi di gestire i loro soldi. Non c’era nessun senese che non lo sapesse, anche perché non appena parte l’operazione arrivano soldi per tutti a Siena, dai grossi imprenditori al modesto barista che voleva ristrutturare il suo locale: MM.
Nel 2008 MPS eroga 222.000.400 di euro (duecentoventidue milioni di euro) come “cifra da devolvere come investimento di beneficenza nel territorio” e partono altri soldi che ricadono a pioggia sull’intera città e provincia. A novembre di quell’anno, lo Stato provvede a fare un prestito voluto da Giulio Tremonti di 2 miliardi di euro al fine (così è scritto) “di consentire all’istituto di rispettare i parametri e i dispositivi previsti dagli accordi europei”. Tale cifra viene investita nel seguente modo: 1 miliardo per acquistare bpt italiani, 600 milioni in derivati scelti da J.P.Morgan (cioè Mr. Monti jr.) e 400 milioni in “beneficenza” di cui si occupa
La magistratura ha già pronto un mandato d’arresto sotto l’infamante accusa di “associazione a delinquere finalizzata alla truffa nei confronti dello Stato, falso in bilancio, dichiarazioni mendaci agli ispettori di Bankitalia, aggiotaggio, e alterazione degli equilibri di mercato” contro l’ex presidente Mussari, e contro Baldassari, Toccafondi e Vigni. Il problema consiste che il procuratore della repubblica di Siena, dott. Salerno, che ha in mano l’inchiesta, sostiene “di avere ormai accertata la piena consapevolezza del management e dell’intera dirigenza della banca, la quale, però, nel frattempo è stata sostituita, e quindi si tratta di colpevolezze pregresse”. Un finale tutto italiano, quindi.
Nessuno sapeva nulla. Questi quattro signori sarebbero dunque quattro individui che, da soli, si svegliano un mattino e decidono di rubare dei soldi allo stato, ai correntisti e all’intera collettività senza che nessuno sapesse nulla al riguardo. Come scriveva Die Welt in Germania “soltanto gli italiani possono credere a simili fandonie”.
Nessuno, quindi, sapeva nulla?Nessuno ne ha parlato, neppure in rete?
Sì, uno c’è.
E lo ha anche fatto a nome della sua compagine politica, un importante esponente politico della destra moderata, che si chiama Agostino Milani, il quale, a nome del suo gruppo (Futuro e Libertà) nel febbraio del 2011 denunciò il tutto mandando anche una lettera ufficiale a Mario Draghi. Si diede da fare per cercare di ottenere una interrogazione parlamentare. Era il momento dello scontro frontale tra Berlusconi e Fini, con il PD che guardava a distanza come se la faccenda non lo riguardasse. Non accadde nulla e si mise a tacere quello che –allora, nella primavera del 2011- era stato definito negli ambienti politici nazionali “il più grande e grave scandalo della storia della repubblica”. I soggetti politici di FLI che si impuntarono per portare avanti la loro lotta, sono stati prima isolati e poi censurati e, finalmente, allontanati dalla vita politica attiva.Martedì scorso, a Ballarò, il Presidente della Camera, on. Gianfranco Fini, ha dichiarato come se nulla fosse: “si sa che una banca non può fallire mai”.
Lo considero un avvertimento minaccioso, frutto del morbo MM.Chi l’ha detto che una banca non può fallire?Chi l’ha detto che un imprenditore mafioso non può fallire?Chi l’ha detto che
Ho saputo di questo articolo, a suo tempo pubblicato in un sito che non esiste più (il cittadino.it) per un caso davvero strano, attraverso un blogger olandese che segue le questioni italiane e poi fa un rapporto alle commissioni europee. In giro per l’Europa si sa anche della lettera consegnata a Mario Draghi e di successive pressioni da parte di deputati indignati, sia di destra che di sinistra che di centro.In Italia non è accaduto nulla.
Questo articolo, oggi, 20 mesi dopo, acquista un sapore completamente diverso.Lo metto qui, in copia e incolla, come stimolo a riflettere. Per pensarci su.
Soprattutto per pensare e ripensare alla MM, il morbo pestilenziale che ha colpito l’intera provincia di Siena e di cui tutti fanno finta non sapere che esiste, che ha colpito un’intera provincia, e che in qualunque momento può ammalare l’intera popolazione italiana.
Auspico che il popolo senese riesca a trovare dentro di sé un guizzo di decenza e di decoro per insorgere.
Il mondo si è globalizzato, e lo hanno fatto anche i boss della criminalità organizzata, i rentier, le baronie, i capitalisti coloniali, autentiche cavallette del mondo post-moderno.Esiste una “questione nazionale” che dovrebbe essere seguita dal Ministero della Sanità Pubblica, perché si tratta di una gravissima malattia sociale: è
L’omertosa Mafia Mentale del popolo italiano ha devastato questa splendida etnia, composta da tutti noi, dalle Alpi al canale di Sicilia e ha condotto ad una deriva morale dalla quale nessuno dei partiti presenti in parlamento è immune.
Ecco l’articolo, pubblicato il 18 aprile 2011, che ha prodotto effetto zero.Ringraziamo il web.E facciamo in modo di aggrovigliare noi, grazie alla rete, i responsabili di questo sfacelo annunciato.Per farli finire tutti come mosche fastidiose, arroganti e presuntuose, vittime della loro stessa natura.
18/04/2011 17:14
MILANI (FLI) COMMENTA LA "DITTATURA A SIENA"
Un "armonico groviglio" scollegato dalla realtà
SIENA. Ci sconcerta lo sconcerto con il quale la stampa locale commenta le dichiarazioni di Claudio Martelli a proposito del fatto che a Siena ci sia una dittatura esercitata da sempre da un partito unico che da sempre controlla, quasi manu militare, il sistema senese influenzando financo la stampa che si riduce ad esaltare tutto quel che fa l’amministrazione.
Ci sconcerta, dicevamo, che qualcuno si sconcerti per cose che sanno tutti e alle quali in qualche modo ci siamo abituati, anche se non rassegnati.
Certamente noi, abituati al clima ovattato senese, non avremmo usato il termine dittatura, anche se contestuale ad un ragionamento più articolato, ed avremmo optato per un più corretto politicamente “groviglio armonico di interessi”, che poi è la stessa cosa, però fa meno effetto.
Certo l’anomalia senese non ha uguali, perché non esiste paese al mondo dove il candidato dell’opposizione (a parole) viene scelto di concerto con la maggioranza.
Qualcuno si scorda per caso come il candidato Nannini, che per sua stessa ammissione ha sempre votato a sinistra, sia stato prescelto da un certo Rocco Girlanda che lo ha portato a Verdini il quale a sua volta l’ha portato da Berlusconi per l’imprimatur definitivo.
E non è lo stesso Girlanda amministratore delegato della società editrice di un quotidiano locale notoriamente schierato a sinistra e, al contempo, deputato umbro del PDL, coinvolto in alcuni scandali con Denis Verdini?
E lo stesso Verdini, sin dalle amministrative del 2006, non è forse in rapporti con quel Franco Ceccuzzi che oggi si candida a sindaco di Siena?
Ci spieghi allora Ceccuzzi quali sono stati e quali sono i suoi rapporti con Denis Verdini e ci spieghi anche se parlavano di donne, di sport o di qualcosa di altro.
Nella nostra concezione politica (dove non esiste l’ abitudine di insultare o di tentare di comprare il nemico) non c’è niente di illecito ad avere rapporti e confrontarsi con l’avversario, purché ciò avvenga alla luce del sole e che tutti ne siano informati.
Nella nostra concezione politica non esiste neppure che un sindaco uscente (il Cenni) sia costretto l’ultimo giorno a votare contro la propria maggioranza, che è già passata al nuovo padrone e per ingraziarselo, dopo avere approvato Piano Strutturale e Regolamento Urbanistico, si rifiuta di approvare il Regolamento Edilizio, che dei primi due costituisce il libretto delle istruzioni, solo per poter dare al povero Cenni la responsabilità di quanto accaduto negli ultimi dieci anni.
Il sistema Siena è certamente un “groviglio armonico e virtuoso”, dove però i gestori stanno chiusi nel palazzo e non si rendono conto di quel che avviene nel mondo reale e nulla fanno per sottrarre la città a quella decadenza verso la quale sembrano invece spingerla.
Perché per governare una comunità, anche se ricca di grandi risorse come è stata Siena fino a poco tempo fa, bisogna ascoltare le istanze dei cittadini che danno il polso della situazione, farsi carico dei loro bisogni e delle loro speranze per trasformarli in progetti reali, trovare le necessarie risorse e poi realizzarli.
E’, in altre parole, necessario guardare la realtà, coglierne i problemi e sapere immaginare il futuro.
Non ci sembra che questa capacità sia il tratto distintivo dell’armonico groviglio.
Agostino Milani Futuro e Libertà, 18 aprile 2011
http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/02/trovato-finalmente-il-batterio-del.html
Burani: 6 anni a Walter e Giovanni per bancarotta in crac gruppo moda.
Walter e Giovanni Burani
Il marito e il figlio della stilista Mariella condannati dal Tribunale di Milano.
MILANO - Walter Burani, marito della stilista Mariella, e il figlio Giovanni sono stati condannati a 6 anni di reclusione per bancarotta dal Tribunale di Milano, in relazione al crac del gruppo di moda di Cavriago, Reggio Emilia. I due vennero arrestati nel 2010 nell'ambito dell'inchiesta coordinata dal pm Luigi Orsi.
I giudici della terza sezione penale di Milano (presidente del collegio Piero Gamacchio) hanno condannato inoltre Walter e Giovanni Burani, imputati per bancarotta fraudolenta aggravata, anche ad un risarcimento a titolo di provvisionale complessivo di circa 13 milioni di euro a favore delle curatele fallimentari delle tre società del gruppo coinvolte nel crac e di due fondi. Walter Burani, ex presidente del gruppo, e il figlio Giovanni, ex amministratore delegato, erano imputati in relazione al fallimento di Burani Designer Holding del febbraio 2010, per il fallimento di Mariella Burani Fashion Group del marzo dello stesso anno e a quello di Mariella Burani Family Holding dell'aprile 2010. Il pm Orsi aveva chiesto per i 2 una condanna a 9 anni di carcere, parlando nella sua requisitoria di una "bancarotta da antologia" realizzata con una "frode sistematica" in un "triennio infernale", tra il 2007 e il 2010, nel corso del quale il marito e il figlio della stilista avrebbero messo in piedi "una serie di operazione farlocche al solo fine di gonfiare il prezzo dei titoli in borsa". Come ha spiegato oggi in udienza il legale degli imputati l'avvocato, Stefano Borella, i due hanno risarcito attraverso accordi transattivi oltre 300 piccoli azionisti, la Burani Private Holding e un altro fondo e "altre transazioni per i risarcimenti sono ancora in corso". In mattinata Walter Burani aveva anche rilasciato dichiarazioni spontanee per dire che "non abbiamo rubato nulla per noi e per altri". I giudici hanno assolto i due imputati per alcuni fatti di capi di imputazione e hanno concesso loro le attenuanti generiche, dichiarandoli però interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e incapaci di svolgere ruoli in uffici direttivi di imprese per 10 anni.
Grillo: “I soldi per il reddito minimo li togliamo ai partiti e alle banche” - Ettore Ursino
E’ la polemica a distanza con Pierluigi Bersano sull’introduzione del reddito minino di dignità a tenere banco nell’ultima giornata del breve mini elettorale di Beppe Grillo in Sicilia che, dopo la tappa pomeridiana a Trapani in una piazza strapiena, si è chiuso stasera a Palermo davanti a un pubblico straripante.
“Noi non facciamo promesse elettorali. Queste cose le diciamo sempre. Siamo seri, non prendiamo per il culo nessuno come è successo, ad esempio, qua con qualcuno che ha fatto politica sulla pelle di 1.800 operai”, tuona appena sale sul palco facendo riferimento alla situazione dei dipendenti della Gesip incontrati dal leader Cinque Stelle poco prima di salire sul palco allestito in piazza Castelnuovo.
“Ma cosa dici ‘Gargamella?, prosegue il comico genovese, rivolgendosi al segretario del Partito democratico che si era detto “profondamente indignato” perché “Grillo sta girando le piazze della Sicilia e a gente con problemi serissimi dice che per tre anni darà mille euro a tutti”.
“Sei un demagogo – urla Grillo dal palco. “I soldi ci sono, basta non darli più al Monte dei Paschi di Siena e a tutte le banche. I soldi ci sono ribadisce – li prendiamo ai partiti che incassano decine di milioni sotto forma di rimborsi elettorali. In Italia ci sono 110 mila pensionati d’oro, basta mettere un tetto di quattromila euro e destinare le somme risparmiate a un fondo ad hoc”, spiega il leader M5S tra gli applausi della folla.
Anche stasera, riflettori puntati sull’intreccio banche-partiti. “Ma li avete visti i loro bei faccioni grigi sui 6×3 elettorali che tappezzano da mesi le nostre città”, afferma Grillo che chiede: ”Ma dove hanno preso i soldi per stampare e affiggere tutti questi manifesti, se ancora non hanno incassato i rimborsi elettorali? Glieli hanno dati le banche, che non prestano più soldi ai cittadini e alle imprese. Del resto, le banche oggi le banche sono i partiti e i partiti sono le banche”, accusa il leader M5S.
E a proposito di partiti: “Non parlano più di antipolitica, perché ci copiano. Sono loro l’antipolitica adesso, solo che sono patetici”. “Alfano ci copia, Monti dice che vuole tagliare le tasse. Lui!”, afferma Grillo che affonda il colpo: “Ma non siamo noi che dobbiamo dimostrare come spendiamo i nostri soldi, sono loro che devono dimostrare come spendono i nostri soldi”, aggiunge tra le risate e gli applausi della gente, tra cui spicca la presenza di Salvatore Borsellino.
Non manca il Grillo-provocatore. “Un giornalista mi ha chiesto se sono contro la guerra. Ma che domanda è? E’ come se mi si chiedesse se sono per la pedofilia. Certo che sono contro la guerra e contro il supporto logistico che l’Italia dà alla Francia che lancia i missili sul Mali. Se proprio dobbiamo utilizzare i missili, mandiamoli al posto giusto, non in Mali ma a Roma”, dice fornendo tanto di coordinate geografiche del Parlamento, che è “il luogo più inutile che c’è nel nostro Paese. Domani, Repubblica scriverà: Grillo terrorista”, aggiunge tra le risate della folla.
Il discorso di Grillo dura poco più tre quarti d’ora. Subito dopo sul palco si alternano alcuni candidati, tra cui il capolista alla Camera Riccardo Nuti, per esporre i punti principali del programma elettorale del M5S. La manifestazione si conclude con il tanto atteso intervento del portavoce regionale Giancarlo Cancelleri che, come anticipato da Blogsicilia, invia via email all’Ars il disegno di legge per l’introduzione in Sicilia del “reddito minimo di dignità“.
“I soldi necessari li troveremo”, afferma il portavoce Cinque Stelle. Il ddl prevede la costituzione di un fondo regionale ad hoc nel quale confluiranno tra l’altro i ’contributi di solidarietà’, così li definisce Cancelleri, da applicare a chi ha di più, come ad esempio, “i dirigenti della Regione che godono di maxistipendi”.
Dopo il click seguito dalla folla in piazza grazie a un maxischermo (nella fotoA destra), Grillo ripiomba sul palco per sottolineare l’iniziativa: “Qui stasera è successa una cosa straordinaria, per la prima volta è stato presentato un ddl dal vivo. Il 24 e 25 febbraio avrete una grande occasione: la Sicilia può cambiare la storia”, conclude il leader Cinque Stelle.
CARCERE A VITA PER ALCUNI REATI FINANZIARI. - Aldo Giuannuli
Lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena deve imporre una riflessione sulle pene.
Per certi versi, lo scandalo del Monte dei paschi cade come il formaggio sui maccheroni, perché mette a nudo una serie di questioni di cui proprio non si fa cenno in questa sordida campagna elettorale. E partiamo proprio da una questione che mi è stata posta: si tratta del solito scandalo "ad orologeria" che in questo caso cerca di impedire la vittoria elettorale del Pd? Risposta: "Ma certo! Che altro volete che sia?"". Che il Mps navigasse fra i guai di titoli obbligazionari basati sul nulla era cosa che si sapeva già da un bel po', e già da maggio dell'anno scorso, i senatori Pancho Pardi ed Elio Lannutti dell'Italia dei Valori avevano chiesto il suo commissariamento. Che la crisi esploda in modo irreparabile proprio ora, a 30 giorni dal voto non sembra davvero una coincidenza casuale.
E si capisce anche che Alessandro Profumo, che di suo non è certo ostile al Pd, per salvarsi, abbia anticipato i tempi di qualcosa che stava per arrivare. Ora lui può prendere le distanze dalla gestione del passato e presentarsi come la persona corretta che svela le magagne dei predecessori. Questo, però, non significa che il Pd sia una vittima innocente. E cerchiamo di capire perché.
La gente si è fatta l'idea che il Mps sia "la banca del Pd" come se il Pd possedesse direttamente il pacchetto azionario di maggioranza e nominasse gli amministratori della banca. Le cose non stanno così o, per lo meno, non stanno in modo così semplice. Il Mps ha come suo cuore una fondazione che è espressione del Comune di Siena e che fu istituita nel 1995, per separare la proprietà pubblica dalla gestione della banca. Come è noto, Siena ha da sempre amministrazioni locali rosse, nelle quali il Pci-Pd ha tutto in mano (negli anni migliori, il Pci da solo prendeva fra il 55 ed il 60% dei voti in città). Dunque, chi ha responsabilità indiretta di controllo e nomina degli amministratori è il Pd locale, per il tramite degli enti locali e della Fondazione che li esprime.
Peraltro, il Mps è il terzo gruppo italiano avendo assorbito Antonveneta, pertanto a Siena si è costituito un complesso centro di potere che associa il locale Pd ad una delle massonerie più importanti d'Italia ed anche a rilevanti pezzi di Opus Dei. Un gruppo di pressione che ha una sua autonomia dal Pd nazionale ed agisce come un gruppo di pressione a sé stante. Questo, però, non assolve il gruppo dirigente nazionale, perché bisogna tenere presente il ruolo del Mps come spina dorsale finanziaria del sistema organizzativo del Pci-Pd che va dagli enti locali tosco emiliani alla Lega delle Cooperative, all'Unipol ed allo stesso partito, tutti beneficiari della cornucopia senese. E l'ormai celebre "Allora siamo padroni di una banca? Facci sognare" detto da Fassino all'allora Ad dell'Unipol Giovanni Consorte, esprime abbastanza bene quale sia il complicato intreccio politico-finanziario che lega il Mps al Pd nazionale.
Certo, il Pd nazionale non ha il potere di disporre nomine e linee del Mps, ma non può essere ignaro di quel che succede a Siena. Insomma, a dirla in due parole molto semplici, conta troppo poco per decidere, ma abbastanza per sputtanarsi. E scusate il tono esplicito, ma il conflitto di interessi non c'è solo per Berlusconi che è insieme capo partito e padrone di Mediaset. Qui il problema è quello di tracciare un confine molto netto fra politica e finanza: i partiti facciano i partiti e le banche facciano le banche (pubbliche o private che siano). Anche perché, poi va a finire che non è il partito che dice alla banca quel che deve fare (che sarebbe sbagliato) ma la banca a dare la linea politica al partito (che è ancora più sbagliato).
Ed allora, la prima cosa di cui discutere è come realizzare questa separazione: l'espediente delle Fondazioni non ha risolto un accidenti, come il caso senese dimostra. E non servono reazioni scomposte come quella di Bersani che sbraita: "Li sbraniamoooo!!!", anzi la cosa fa un po' pena ed è anche contro producente.
Entriamo nel merito delle cose da fare e non caviamocela con la proposta di commissariamento, che può andar bene, ma, alla fine, risolve poco, perché non si tratta del solo Mps ma di una melma che avvolge tutto il sistema bancario internazionale.
Ed allora veniamo ai punti davvero decisivi:
a- Rapporto politica-finanza: garantire la separazione netta fra potere politico e finanza, il che non significa necessariamente che la finanza debba esse sempre e solo privata (anzi, sarebbe auspicabile un ritorno della finanza pubblica), ma separare nettamente gli interessi e non creare "centri di potere misto". A questo proposito occorrerà studiare adeguate misure per le nomine dei responsabili, per garantire l'indipendenza del loro operato dal potere politico, ma anche per garantire forme di controllo efficace del loro operato;
b- Tornare alla separazione fra banche di raccolta e banche d'affari: l'inizio della serie ininterrotta di scandali bancari degli ultimi 10 anni (dal caso Enron a Parmalat, dalla Lehman Brothers a Dexia) in un modo o nell'altro è sempre riconducibile all'infausta decisione degli anni novanta di cancellare la separazione fra banche d'affari e banche di raccolta. Che ne dite se riconsideriamo questa norma che, tecnicamente, possiamo definire solo con una parola: criminogena;
c- Derivati: quello che ha fatto il gruppo dirigente del Mps è stata la stessa cosa che hanno fatto tutte le banche del mondo negli ultimi anni: nascondere i propri imbrogli nel tritacarne dei derivati che sono alla base del crack del 2007-8 e che sono ripresi in piena forma, superando il volume pre-crisi. Credo che sia arrivato il momento di dire che non esistono derivati tossici e derivati non tossici, ma che i derivati, per definizione sono titoli tossici da mettere fuori legge. Non sarebbe il caso di iniziare una campagna internazionale in questo senso? Quantomeno si possono prendere decisioni limitative a livello nazionale;
d- Pene per i reati finanziari: che ne dite di inserire nella campagna elettorale la proposta di ripensare completamente i reati finanziari comminando pene dai 20 anni all'ergastolo in base alla gravità del fatto? Possibilmente con l'applicazione, ad essi, del 41 bis. O pensate che i reati finanziari siano meno pericolosi di quelli di terrorismo e mafia?
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