lunedì 11 marzo 2013

Berlusconi, Cinque Stelle sfida il Pd: “Voteremo per arresto e ineleggibilità”.


Caso Berlusconi, M5S sfida Pd e Pdl Crimi: 'Voteremo arresto e ineleggibilità'


Il capogruppo del Movimento al Senato Crimi conferma che i parlamentari voteranno a favore di un eventuale provvedimento giudiziario nei confronti del Cavaliere. E sostiene l'appello per applicare la legge sul conflitto d'interessi del 1957. Gli attacchi del Pdl ai magistrati? "Indegni".

Berlusconi ineleggibile e sì a un’eventuale richiesta di arresto a suo carico. Sfida a tutto campo al Partito Democratico. Altro che gli otto punti di Bersani per un governo di minoranza che i Cinque Stelle dovrebbero sostenere. Viceversa è il Movimento Cinque Stelle che riparte dalla questione chiave per l’elettorato del centrosinistra e, tuttavia, mai risolta in quasi 20 anni dallo stesso centrosinistra. Cioè Silvio Berlusconi. La sua ineleggibilità e i suoi guai con la giustizia. E questo avviene nel giorno in cui il Cavaliere torna – suo malgrado – protagonista della cronaca nazionale, con il processo Ruby rinviato per il legittimo impedimento, la marcia di oltre 150 parlamentari del Pdl fino al tribunale e “l’occupazione” dello stesso Palazzo di Giustizia per qualche minuto, Alfano che chiede un incontro d’urgenza al Colle e chiama a una “emergenza democratica”.
Prima ancora delle leggi ad personam, prima ancora del conflitto d’interessi: Berlusconi è ineleggibileVito Crimi, capogruppo in pectore del Movimento Cinque Stelle al Senato, non ha dubbi: “Voteremmo per l’ineleggibilità di Berlusconi in quanto concessionario di servizio pubblico, se saremo in Giunta per le elezioni. E ci aspettiamo che anche altri votino per l’ineleggibilità, poi sia Berlusconi a fare ricorso”. Insomma: il Pd è avvisato e, si potrebbe dire, messo all’angolo. Perché il tema non solo sgombra il tavolo dal mini-programma di 8 punti (dove c’è comunque la legge sul conflitto d’interessi), ma non è certamente secondario per l’elettorato di centrosinistra.
Tutto parte dall’appello di Micromega che ha reso noto come una legge sul conflitto d’interessi esista già: si tratta della legge 361 del 1957, sistematicamente violata dalla Giunta delle elezioni della Camera dei deputati. Tra i primi firmatari Andrea CamilleriPaolo Flores d’ArcaisDario FoMargherita HackFranca RameBarbara Spinelli che chiedono al nuovo Parlamento che venga finalmente applicata, e Berlusconi non avrà più nessuna immunità di impunità. 
Spiega Micromega che nel 1994 (maggioranza di centro-destra) e nel 1996 (maggioranza di centro-sinistra, primo governo Prodi), un comitato animato da Vittorio Cimiotta (“Giustizia e libertà”) e composto da Roberto Borrello, Giuseppe Bozzi, Paolo Flores d’Arcais, Alessandro Galante Garrone, Ettore Gallo, Antonio Giolitti, Paolo Sylos Labini, Vito Laterza, Enzo Marzo, Alessandro Pizzorusso, Aldo Visalberghi organizza i ricorsi dei cittadini elettori, poi respinti dalla Giunta delle elezioni della Camera, con l’unico voto in dissenso di Luigi Saraceni, che il centro-sinistra non confermerà nella Giunta del 1996. Con la motivazione che l’articolo 10 comma 1 della legge dichiara in effetti che non sono eleggibili “coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica”, ma che “l’inciso ‘in proprio’ doveva intendersi ‘in nome proprio’, e quindi non applicabile all’on. Berlusconi, atteso che questi non era titolare di concessioni televisive in nome proprio”.
Ma il Movimento Cinque Stelle ha le idee chiare anche su una eventuale richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Berlusconi. La votereste?, chiedono i giornalisti. “Mi prende in giro? – risponde Crimi – E’ una domanda retorica, la risposta è sì. Ovviamente”. E’ ancora pendente, per esempio, la richiesta di autorizzazione a procedere alla perquisizione della cassetta di sicurezza del Monte dei Paschi di Siena sequestrata dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta di Napoli sulla corruzione dell’ex senatore Sergio De Gregorio (la Procura ha peraltro chiesto il processo immediato).
E il capogruppo al Senato dei Cinque Stelle torna anche sulla manifestazione dei parlamentari del Pdl al tribunale di Milano: “Dovrebbero avere maggior rispetto verso un potere dello Stato come quello giudiziario, anche se ha le sue criticità, ma attaccarlo in questo modo come fa il Pdl è indegnoSiamo arrivati anche alla visita fiscale a Berlusconi: magari sta veramente male, ma se ha qualcosa di più grave lo dica”. Questo mentre nessuno del Pd ha detto una parola sulla protesta dei berlusconiani contro la magistratura. Solo Nichi Vendola ha parlato definendo la manifestazione “un assedio eversivo allo stato di diritto” ed è un’immagine “terribile di un Paese che va a picco”. “Le manifestazioni all’interno dei tribunali – conclude – sono episodi intollerabili e la riacutizzazione dello scontro tra politica e giustizia rischia di portare il Paese allo sfascio”.

La contro manifestazione...




MILANO – Fuori dal Tribunale di Milano, un gruppo di persone ha manifestato a favore della Boccassini (per le foto clicca qui), contestando la decisione degli avvocati di Berlusconi di lasciare l’aula del processo Ruby per raggiungere a piedi l’edificio in cui si svolge la riunione dei parlamentari del Pdl.
Il gruppo di persone che manifestavano a favore dei pm, hanno contestato l’avvocato Ghedini con grida e cartelli.
L’avvocato di Berlusconi ha risposto alle accuse e l”incontro-scontro si è concluso con uno scambio di battute: “Non ce la facciamo più”, ha gridato un manifestante. “Nemmeno io”, ha risposto Ghedini.
(Video Fatto Quotidiano)

Enzo Biagi intervista Ilda Boccassini (Il Fatto) 20-2-1998.




IL VIDEO SHOCK SULLA CHIESA CATTOLICA.




Giovanni Favia non lascia più: "Resta nel gruppo consiliare del Movimento come indipendente"


Favia beffa il Movimento 5 Stelle: 
il ribelle cacciato da Beppe 
resta nel gruppo grillino in Emilia


L'ex grillino cambia idea e il collega Defranceschi scrive su Facebook: "Scelta che non condivido assolutamente. Ma non ho alcuna possibilità di oppormi o modificare la situazione".

Aveva detto di volersene andare e invece niente dimissioni - e niente gruppo misto - per Giovanni Favia, l'ex grillino trombato alle elezioni con la lista di Ingroia, che nonostante l'esclusione da parte del leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo ha deciso di rimanere nel gruppo consiliare dei grillini come consigliere regionale per l'Emilia-Romagna. Una decisione che ha colto di sopresa il collega Andrea Defranceschi che, con un post sul suo profilo Facebook, rende noto il suo pensiero: "Ha deciso di non passare al gruppo misto, ma di restare all’interno. E’ una scelta che non condivido assolutamente, ma che rientra tra le possibilità che gli strumenti legislativi gli consentono". Poi prosegue: "Dopo numerosi incontri con la Direzione generale dell’Assemblea Legislativa, è risultato infatti evidente che non ho alcuna possibilità di oppormi o modificare la situazione".

Situazione imbarazzante - La decisione di Favia non dovrebbe avere grosse ripercussioni sulla gestione delle attività che, in quanto capogruppo, resteranno nei poteri di Defranceschi insieme alla responsabilità amministrativa e penale del budget assegnato per il personale, al funzionamento del gruppo consiliare e agli strumenti necessari allo svolgimento delle attività del gruppo. Il personale tecnico invece costituirà la base d'appoggio per entrambi i consiglieri, ad eccezione dell'ufficio stampa, che risponderà unicamente a Defranceschi: "Tutti gli atti politici prodotti (interrogazioni, risoluzioni, progetti di legge) su carta intestata del Movimento 5 Stelle, riporteranno unicamente la mia firma, fatta ovviamente salva la possibilità per qualunque altro consigliere dell’assemblea legislativa di aggiungere successivamente la propria firma, se li riterrà condivisibili".
http://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/1200456/Giovanni-Favia-non-lascia-piu---Resta-nel-gruppo-consiliare-del-Movimento-come-indipendente-.html

S'era capito che non aveva molto in comune con il m5s, per lui, infatti, è dura lasciare la poltrona. Trombato alle elezioni, decide, contrariamente a quanto aveva affermato, di restare come indipendente...

L'ex ministro Giulio Tremonti indagato per finanziamento illecito. - Domenico Lusi



L'accusa si riferisce ai 250mila euro di lavori di ristrutturazione pagati da Angelo Proietti, titolare della Edil Ars, tra il 2008 e il 2009 per l'appartamento in via Campo Marzio 24 a Roma dove abitava l'allora capo del dicastero dell'Economia.

Tremonti è indagato a Roma per finanziamento illecito insieme al suo ex consigliere Marco Milanese e ad Angelo Proietti, titolare della Edil Ars. La vicenda giudiziaria, al vaglio del pm Angelo Ielo, si riferisce ai 250mila euro di lavori di ristrutturazione pagati da Proietti tra il 2008 e il 2009 per l'appartamento in via Campo Marzio 24 a Roma dove abitava il ministro. 

La storia salta fuori nell'estate del 2011, nell'ambito dell'inchiesta di Napoli sulla P4. Si scopre che nell'appartamento, affittato da Milanese per 8.500 euro al mese dal Pio Sodalizio dei Piceni nel 2009, abita l'allora ministro dell'Economia. Che dichiara prima pubblicamente e poi ai pm di avere utilizzato l'abitazione come appoggio temporaneo, visto che nella casera romana della Gdf dove era solito dormire temeva di potere essere spiato. 

Tremonti lascia subito l'appartamento, ma le indagini vanno avanti. Se ne occupa, per competenza Roma. Che iscrive nel registro degli indagati Tremonti, Milanese e Proietti. L'imprenditore avrebbe pagato i lavori di ristrutturazione per ingraziarsi il ministro e alimentare il feeling che lo lega a Milanese: grazie a tale rapporto, secondo i pm, la Edil Ars di Proietti tra il 2002 e il 2010 si è guadagnata dalla Sogei (controllata di via XX settembre) appalti per ben 31 milioni. 

Dalle indagini è emerso che Tremonti in realtà ha abitato per 2 anni e mezzo nell'appartamento di via Campo Marzio. I vicini di casa hanno testimoniato che in quel periodo lo hanno visto entrare e uscire quotidianamente. E' inoltre emerso che Tremonti, prima di abbandonare l'appartamento dopo l'esplosione del caso sui giornali, aveva ordinato personalmente divani e libreria dal falegname. La storia sarebbe stata confermata, prima dello scorso Natale, anche da Milanese, in un interrogatorio davanti al pm Paolo Ielo.

Beppe Grillo al Pd: “Bersani rinunci come il Movimento 5 Stelle ai rimborsi elettorali”.



Contemporaneamente Roberta Lombardi, capogruppo in pectore alla Camera per il M5S, ha "escluso categoricamente" l'accordo sulla fiducia, avvertendo che "se c'è chi deciderà di farlo sarà fuori dal movimento".

Pier Luigi Bersani rinunci ai rimborsi elettorali. E’ l’appello fatto su twitter da Beppe Grillo, che ha chiesto al leader del Partito Democratico di non accettare i 48,8 milioni di euro dei rimborsi. Il capo del Movimento 5 Stelle ha pubblicato sul social network la foto di un documento per la rinuncia con l’invito a Bersani a sottoscriverlo. “Per facilitare il compito ho preparato il documento che Bersani può firmare per ufficializzare il rifiuto”, ha avvertito. “Bersani, firma qui! Meno parole e più fatti”.
“Il M5S li rifiuta esattamente come per le elezioni amministrative”, ha precisato Grillo. “Le spese per la campagna elettorale sono state integralmente sostenute grazie ai contributi volontari raccolti e verranno comunque rendicontate, il mio auspicio è che tutte le forze politiche seguano il nostro esempio, in particolare il ‘pdmenoelle’ al quale spetta la quota più rilevante: oltre 45 milioni di euro (al Pdl ‘solo’ 38 milioni). Non è necessaria una legge, è sufficiente che Bersani dichiari su carta intestata, come ha fatto il M5S, la volontà di rifiutare i rimborsi elettorali con una firma”.
Sul finanziamento pubblico ai partiti è intervenuto nei giorni scorsi anche Matteo Renzi, proponendo di “rinunciare al rimborso immediatamente, da queste elezioni” e utilizzare questi soldi per “una risposta concreta all’emergenza abitativa”. Mentre il tesoriere del Pd, Antonio Misiani, intervistato dall’Unità ha sottolineato che i rimborsi elettorali ai partiti ammontano allo 0,01 per cento della spesa pubblica, ovvero 91 milioni annui, precisando però che “non siamo qui a difendere un fortino e siamo quindi pronti a ragionare sul finanziamento”. Commentando la posizione del Movimento 5 Stelle, Misani ha detto che “avere rinunciato ai rimborsi è senza dubbio una scelta molto popolare, ma in realtà Grillo ha rinunciato a una cosa a cui non ha diritto. La legge a riguardo è molto chiara: accedono ai contributi pubblici solo le forze che si danno uno Statuto democratico e questo non è il caso del M5S.
Contemporaneamente Roberta Lombardi, capogruppo in pectore alla Camera per il M5S, ha “escluso categoricamente” l’accordo sulla fiducia, avvertendo che “se c’è chi deciderà di farlo sarà fuori dal movimento“, confermando la posizione tenuta ieri alla conferenza stampa che si è svolta al termine della riunione degli eletti all’Eur. I capigruppo del M5S Vito Crimi e Roberta Lombardi avevano infatti ribadito con chiarezza che “l’unico governo che siamo pronti a sostenere è quello del Movimento 5 Stelle”, promettendo tagli agli stipendi e altre “sforbiciate” che tocchino le indennità spettanti ai parlamentari.
Lombardi ha però assicurato oggi che il Movimento 5 Stelle è aperto a un dialogo con il Pd purché sia alla luce del sole. “Se il dialogo è in trasparenza, assolutamente sì”, ha detto ai cronisti che a Montecitorio le chiedevano se il Movimento sia disponibile a un confronto istituzionale con il Pd. “Non vedo perché non dovremmo ascoltare”, ha insistito, “ma no ad accordi del tipo ‘tu mi dai una poltrona io ti do un sottosegretario’. Per il resto, se loro lo vogliono per noi non c’è problema. Diremo cosa ci aspettiamo come prima forza politica della Camera. Spetta a loro dare un senso al voto degli italiani”.
Il capogruppo in pectore alla Camera per il M5S ha poi definito un “gesto di straordinaria ricchezza per il Movimento” le dichiarazioni di Grillo e Gianroberto Casaleggio, che hanno minacciato il passo indietro dal Movimento se mai si dovesse cedere ad accordi con altre forze politiche. “Ho visto un gesto di straordinaria ricchezza”, ha detto, che prova come il leader e il guru del M5S ”non siano deus ex machina ma due persone della rete come noi”. Per Lombardi, “Grillo e Casaleggio hanno dato tanto al Movimento e noi siamo ben contenti che siano con noi”. Ma le posizioni espresse in questi giorni dai due comprovano che “il Movimento ha una sua vita, siamo in rete ma liberi cittadini”.