martedì 4 ottobre 2016

Mail, video, messaggi su Facebook Boom di denunce per truffe online. - Monica Panzica

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Occhio ai virus su Internet. La polizia postale avverte sui rischi "a portata di clic".

PALERMO - Per finire in trappola bastano pochi clic. Una e-mail, un video, un messaggio ricevuto tramite Facebook possono nascondere insidie in grado di manomettere computer e dispositivi mobili. E' la strategia adottata dai truffatori virtuali, il quale meccanismo si ripercuote però, notevolmente, nella vita reale: c'è il rischio, infatti, che qualcuno al di là dello schermo entri in possesso di dati sensibili, compresi quelli bancari.

Il "phishing" è al una delle frodi informatiche più diffuse su Internet. Si tratta di un vero e proprio raggiro che si concretizza principalmente attraverso messaggi di posta elettronica ingannevoli solo apparentemente proveniente da istituti finanziari (banche o società emittenti di carte di credito) o da siti web che richiedono l'accesso previa registrazione (web-mail, e-commerce). Il messaggio invita, riferendo problemi di registrazione o di altra natura, a fornire i propri dati di accesso al servizio. Solitamente nel messaggio, per "rassicurare" l'utente, è indicato un link che rimanda al sito web dell'istituto di credito o del servizio a cui si è registrati. In realtà il sito a cui ci si collega è soltanto simile a quello originale, realizzato ad hoc dai truffatori on line. Nel momento in cui l'utente inserisce i propri dati riservati, questi diventeranno disponibili. 

Il compartimento della polizia postale di Palermo, nell'ultimo anno ha ricevuto quasi quattromila denunce. In molti casi si tratta di utenti che sono stati raggirati su internet o sono caduti nella trappola non appena un virus ha "infettato" il proprio computer. I virus informatici, infatti, rappresentano una minaccia subdola almeno quanto il "phishing". La finalità, anche in questo caso, è quella di ottenere dati di accesso a servizi finanziari on-line. La più diffusa è sempre il classico allegato al messaggio di posta elettronica: i virus si diffondono celati da false fatture, contravvenzioni, avvisi di consegna pacchi. Nel caso si tratti di un “financial malware” o di un “trojan banking”, il virus si attiverà per estrapolare dati finanziari.

In questo contesto rientrano gli allarmi lanciati dalla polizia postale nelle ultime settimane. Un virus, infatti, si diffonde attualmente tramite Facebook, il social network più utilizzato al mondo e, inevitabilmente, quello in cui il più grande numero di utenti è a rischio. "Si viene taggati da un proprio contatto in un video - spiegano dalla polizia postale - in una delle versioni il video in argomento riporta come prima immagine la foto reale del profilo del contatto che ci ha taggati. Una volta cliccato sul video, che potrebbe anche essere di natura pornografica, il virus si installa e viene replicato a tutti i nostri contatti. Il consiglio è di non cliccare sul video, ma di rimuoverlo immediatamente. Poi è bene avvisare il contatto che ci ha taggati della trasmissione del virus e modificare le password di accesso al social network. A quel punto bisogna effettuare una scansione del pc con un antivirus aggiornato".

Gli esperti hanno accertato che ultimamente il pericolo si nasconde anche dietro ad e-mail "che hanno come falso mittente la Procura della Repubblica presso Tribunale. Viene notificato l’avviso di un procedimento penale a carico del destinatario per una serie di illeciti commessi, ma nel messaggio in questione viene invitato il destinatario a seguire un link per scaricare un documento informativo. Se si clicca sul link il pc viene infettato". Insomma, le truffe fioccano e se si considerano quelle messe a segno sui siti di e-commerce, il numero delle denunce, a livello nazionale, sale ad almeno 80 mila. 

Basti pensare a coloro che, credendo di fare un ottimo fare, si ritrovano con un pugno di mosche in mano dopo aver sborsato dei soldi: dalle case vacanze in affitto a prezzi stracciati alle auto "usato garantito", che celano truffe da centinaia di euro. Proprio come è successo ad un gruppo di giovani palermitani la scorsa estate. Su un noto sito di annunci avevano contattato il proprietario di un appartamento a Favignana, ma al loro arrivo sull'isola, dopo aver già versato una caparra di trecento euro, sia della casa che dell'uomo non c'era alcuna traccia.


http://livesicilia.it/2016/10/04/mail-video-messaggi-su-facebook-migliaia-di-denunce-per-truffe-on-line_787498/

lunedì 3 ottobre 2016

Avvoltoi e colombe allo sbando. - Carlo Bertani



Me lo immaginavo: ci voleva poco a capirlo. Quando mai una persona intelligente e riflessiva ce la fa a sconfiggere, in un pubblico dibattito, un paesano un poco coglioncello ma deciso a vincere, perché quel “vincere” non significa mostrare qual è il bene del Paese, bensì lo spessore (futuro) del proprio portafogli? Mi dispiace prof. Zagrebelskj, ma oggi lei ha capito che la Tv non è un convegno accademico. Unico guaio, lo ha capito di fronte a milioni d’italiani, non ad un centinaio di suoi colleghi. Proverò a rimediare, usando i miei mezzi, molto diversi dai suoi, in difetto ed in eccesso.

Quando si ha a che fare con spadaccini di epoche diverse, caro professore, è inutile presentarsi al duello muniti di un raffinato fioretto settecentesco, soprattutto quando l’avversario usa una rozza daga del Duecento, che al primo colpo ti spacca il cranio in mille pezzi. Meglio, allora, usare il cosiddetto “metodo Indiana Jones” (al mercato del Cairo), ossia una ancor più rozza Colt 45 (a distanza di sicurezza).

Davvero, professore, lei pensava che il nostro si fosse preparato come ad un esame, e le avrebbe concesso il privilegio del rango, ossia lo scranno più alto? So che sarà dura da digerire, ma glielo dico lo stesso: il gelataio di Rignano, la Costituzione, l’ha forse letta per l’esame di terza media, ma non se la ricorda, se non per sommi capi. Tutto l’ambaradan, l’hanno creato stuoli di specialisti in Diritto (in)Costituzionale, come suggerito dalle burocrazie europee e dalle principali banche d’affari del Pianeta, di qua e di là dell’Oceano. Stupito? Spero di no. Lo so, costa caro accorgersene dopo.

In fin dei conti, il nostro toscanello ha preso lezioni dall’uomo di Arcore quando era ancora al governo – il quale confessava “eh, se fosse con noi quel ragazzo…” – ma Silvio: è con voi, almeno con te, se non in corpo (tessera, ecc) almeno in spirito! E’ il tuo figlioccio, l’erede che avresti sempre desiderato per la tua Forza Italia, magari da rinominare in Forza Gnocca Italica!
Non è forse stata una tua battuta – più l’acquisto di qualche giocat…pardon parlamentare, dal Milan a Montecitorio, tutto un solo affare: basta vincere! – a cambiare la storia della Repubblica? Non fu quel “vi toglierò l’ICI” (pagato, poi, con 8 miliardi presi dalla demolizione della scuola italiana) a trasformare una sconfitta in pareggio?
Professor Zagrebelskj, se un italiano ha letto l’Ulisse di Joyce, gli altri nove – ne sia sicuro – hanno tutti comprato le barzellette di Totti! Lo so, lo so…ma cerchi di adeguarsi, perdio!

Siccome io non ho letto né l’uno né l’altro, proverò a raccontare una storia che i media non hanno mai raccontato, della quale nessuno (o pochi) erano a conoscenza, perché c’è stato il silenzio totale, l’esilio della parola! Che combinazione!

Era lo scorso Aprile, quando m’accorgo che la mia pensione è calata di quasi 50 euro. Ohibò, mi son detto: vuoi vedere che Boeri m’ha fregato la pagnotta? E per darla a chi?
No, non era Boeri. Era lui, l’omiciattolo di Rignano: sì, quello che ha pure vinto al Rischiatutto.

Erano, semplicemente, aumentate le trattenute per gli Enti Locali – Regioni, Province, Comuni…ma com’è che le Province ci sono sempre, non le avevano abolite? – come si può evincere dal confronto fra i due cedolini, quello del 2016 e quello (seguente) del 2015.

Rata di Aprile 2016

R I T E N U T E ADDIZIONALE COMUNALE : -16,70 SCAD. 11/2016
ACCONTO ADDIZIONALE COMUNALE : -7,03 SCAD. 11/2016
ADDIZIONALE REGIONALE : -44,08 SCAD. 11/2016

Rata di Aprile 2015

R I T E N U T E ADDIZIONALE COMUNALE : -10,04 SCAD. 11/2015
ACCONTO ADDIZIONALE COMUNALE : -3,01 SCAD. 11/2015
ADDIZIONALE REGIONALE : -20,33 SCAD. 11/2015

Totali:
Addizionali 2016: 67,81
Addizionali 2015: 33,38
Differenza: 34, 43

Siccome il pagamento è “spalmato” in 10 mesi, l’aumento dell’esborso totale sarà di 344 euro e 30 centesimi. Un aumento di “solo” il 102% ma tranquilli, non rientra nel cosiddetto “paniere” e, dunque, non ci sarà nessun aumento dell’inflazione.
Sull’ammontare netto della mia pensione, fanno 34 euro il mese in meno da spendere (in totale, elargisco mensilmente alle loro Maestà Locali 67 euro), oppure, se preferite, diciamo che si sono inventati un bel “2 per mille” (circa) in più da salassare agli italiani.
Quanto ha incassato Renzi?

Siccome gli occupati sono 22 milioni 498 mila ed i pensionati 15,8 milioni (fonte: ISTAT), si fa presto a fare il calcolo:

Occupati: 7.746.061.400 euro
Pensionati: 5.439.940.000 euro
Totale: 13.186.001.400 euro

13 miliardi, nel completo silenzio degli organi di comunicazione!

Professor Zagrebelskj: ma ha capito con chi abbiamo a che fare? Cosa vuole che gliene freghi a uno così se lei, timidamente, gli fa notare che “riforme conservative che servono a blindare un sistema oligarchico sempre più tipo governativo e meno parlamentare”? Non ha ancora compreso che Renzi (e gli altri parvenu dell’attuale politica) mirano proprio a cancellare la parola democrazia, per promuovere l’oligarchia di pochi, che il parlamento potrebbe anche non esserci – per loro – e tutto andrebbe meglio? L’importante, per Renzi, non è governare: è fregare gli elettori in tutti i modi, per poi correre a presentare l’ultima collezione di Armani su Vogue! Non ha visto come ha fatto per la tassa sulla RAI? Che tu ce l’abbia oppure no, paghi ugualmente! I rimborsi? Ah, ah, ah…E noti che, proporzionalmente, la tassa per gli Enti Locali la pagano anche i pensionati al minimo! Si tolga le pelli di salame dagli occhi, finalmente, e guardi chi ha di fronte! Quel bamboccione tirato su a merendine, oggi, è l’alfiere degli interessi mafiosi! Il Ponte sullo Stretto, allora?

Non ce l’ho con lei, professore, però impari la lezione: i mezzi di comunicazione cambiano, e lei è una persona ancora nata sotto il segno della Radio: non è colpa sua, sono l’età e la sua formazione, era destinato a perdere.

Non si può essere, invece, così veniali con Mentana che si è guardato bene dall’invitare uno degli abili polemisti dei 5Stelle – Di Battista, od altri – che avrebbero dato del filo da torcere a Renzi, abituato a seguire alla lettera le indicazioni degli spin doctor. Perché l’unico modo per sottrarsi alla ragnatela degli specialisti della comunicazione guidata è quello d’improvvisare qualcosa di non prevedibile, come ci ha insegnato Berlusconi con il suo “vi toglierò l’ICI”.
Poteva chiedere a Renzi, ironicamente, se l’approvazione del Ponte sullo Stretto fosse da richiedere alla Camera (come organo unitario) oppure al nuovo “Senato Regionale”, come elemento competente per gli affari locali. Oppure, sulla falsariga dell’esempio riportato sopra, se gli emolumenti per gli Enti Locali saranno di competenza della Camera o del Nuovo Senato. Spiazzarlo, possibilmente, farlo arrabbiare.

Ma questo non faceva parte del suo incedere, della sua “etica della comunicazione” – potremmo dire. Cosa della quale, Renzi se ne frega altamente. E viene da chiedersi perché al fronte affaristico/bancario – che ha bisogno di rimuovere le garanzie costituzionali, e s’affida a Renzi – si risponde con questi flebili lamenti, pescando nella geronto…qualcosa. Mi dispiace dirle queste cose, professore, e comprendo il suo (probabile) sconforto, ma io – quando osservo qualche baldo giovane tirare quattro calci al pallone – mi chiamo fuori, e con dolore: l’ultima volta che ho ceduto, sono stato per quattro mesi sul lettino dell’agopuntore.
E’ come ad un esame, quando “non va”: lei lo sa bene, vero? Si prende il libretto fra le mani, lo si scorre distrattamente, poi la frase di rito: “Guardi…non mi pare che lei abbia raggiunto una preparazione sufficiente…torni alla prossima sessione…”

Già…solo che alla sua età non serve una nuova sessione…grazie per il lavoro teorico svolto per la difesa della Costituzione, ma quando c’è da combattere…lasci spazio a qualcuno più giovane e grintoso di lei! A chi conosce meglio i meandri televisivi…è così…non serve più convincere, ma solo vincere. Malatempora currunt, e nei tempi bui si va di mazza, non di fioretto. Saluti, professore.

http://carlobertani.blogspot.it/2016/10/avvoltoi-e-colombe-allo-sbando.html

No alle Olimpiadi, Roma è salva! (ma a sinistra c’è chi si strappa i capelli). - Marco D'Eramo



Di una cosa noi romani saremo eternamente grati a Virginia Raggi: di averci liberato dalle Olimpiadi del 2024 che avrebbero inferto il knock-out finale a una città già allo stremo. Qualunque cosa si possa dire della sindaca di Roma – e se ne possono dire tante –, qualunque errore abbia commesso o commetterà, qualunque impresentabile figuro o figura abbia proposto come assessore/a, la nostra gratitudine per questa semplice rinuncia è immensa.

Altrettanto sospetti e strumentali sono gli attacchi feroci – al limite della sguaiatezza – a questa decisione e a chi l'ha presa, soprattutto da parte di organi di stampa che si autoproclamano “voci della borghesia laica e illuminata”. È curioso che i “populisti” dei 5 Stelle siano sbertucciati e vilipesi perché rifiutano di praticare la millenaria ricetta populista del panem et circenses (in questo caso addirittura dei circenses senza nemmeno il panem).

Altrettanto curioso è che i sostenitori della candidatura olimpica omettano di citare le città di Amburgo e di Boston, ambedue molto più prospere, e in salute nettamente migliore di Roma. Amburgo è una florida (e splendida) città portuale, patria della più raffinata borghesia tedesca, discendente della Lega anseatica; Boston è la città dell'aristocrazia Wasp della finanza statunitense, la sua centrale, idilliaca Beacon Hill conta più miliardari per metro quadro di qualunque luogo sulla terra; per di più Boston ospita nei suoi suburbi l'università di Harvard, l'Mit (Massachusetts Institute of Technology), e il più innovativo distretto tecnologico della costa orientale. Per ospitare un torneo olimpico le due città sono dunque infinitamente meglio attrezzate di quest'urbe smandrappata (termine romanesco assolutamente pertinente). Eppure sia gli amburghesi che i bostoniani hanno deciso di ritirare la candidatura delle loro città. A Boston un sondaggio del marzo 2015 dava un 52% di contrari. Gli amburghesi la candidatura l'hanno addirittura bocciata con un referendum nel novembre dell'anno scorso. Per la nostra borghesia poco laica e per niente illuminata, sono tutti pazzi gli amburghesi e i bostoniani, tutti incoscienti incapaci di cogliere un'imperdibile occasione storica?

O magari amburghesi e bostoniani hanno studiato cosa è successo ad Atene dopo le Olimpiadi del 2004 e a Rio de Janeiro dopo quelle di quest'anno. Il torneo del 2004 è costato ai greci 9 miliardi di euro (senza contare la costruzione del nuovo aeroporto e della metropolitana): “Molti stadi e impianti costruiti a così caro prezzo caddero in abbandono. Nel sud di Atene un lungomare di 2 chilometri che collegava tre stadi usati per i Giochi è diventato una discarica di immondizia e rifiuti. Il governo sta cercando di vendere un vicino sito olimpico, un'area di 650 ettari a Hellenikon, dopo che non è riuscito a svilupparla con profitto”.

Per non parlare di Rio: i giochi estivi dovrebbero essere costati solo (!!) 4,6 miliardi di dollari (uso il condizionale perché poi si scopre che queste cifre sono sempre sottostimate e perché alcune altre stime parlano di 18 miliardi di dollari), ma questo solo perché molte infrastrutture erano state già realizzate e molti stadi già costruiti per i mondiali di calcio brasiliani di due anni prima che loro erano costati 15 miliardi di dollari. Comunque i costi di questi appuntamenti sportivi sono andati aumentando: le Olimpiadi di Pechino del 2008 sono costate ufficialmente 7 miliardi ma il loro budget totale ha superato i 40; il campionato del mondo di calcio sudafricano è costato 12 miliardi di dollari; i Giochi di Londra del 2012 ufficialmente12 miliardi, ma i costi totali hanno sforato i 20 miliardi. I giochi invernali del 2014 di Sochi in Russia sono costati 21 miliardi di dollari.

Andrebbe ricordato che la città di Roma è indebitata per 17 miliardi di euro e che tra questi debiti vi sono anche i risarcimenti degli espropri di aree per le Olimpiadi del 1960 (le uniche, tra l'altro per cui non è stata mai fornita la cifra del costo totale, come si vede dalla tabella pubblicata dall'Oxford Olympic Study 2016.

Tutti gli studi più seri dicono che un'Olimpiade estiva oggi non può essere organizzata con meno di 10 miliardi di dollari, e gli stessi studi dicono che nessun torneo è mai riuscito a ripagarsi i costi, anzi che di solito i costi oscillano tra il doppio e il triplo delle entrate. Che cioè per organizzare le Olimpiadi bisognerebbe raggranellare almeno 7 miliardi a fondo perduto, sette miliardi di cui dovrebbe farsi carico lo stato centrale vista la situazione finanziaria della città. Questi soldi andrebbero raschiati da altre voci dello stato, dalla sanità all'istruzione alle infrastrutture utili.

Il problema vero però è costituito solo in parte dalla spesa, ma soprattutto dal metodo della spesa.
Il vantaggio che hanno gli appuntamenti sportivi su tutte le altre “grandi opere” è che sono appunto, “appuntamenti”, cioè hanno una insormontabile scadenza temporale: tutto deve essere pronto al fischietto d'inizio o il giorno della cerimonia d'inaugurazione. Ed è questa scadenza che non solo permette, ma rende inevitabile la corruzione a una scala impensabile per altre opere. Si sa che la corruzione interviene non solo e non tanto al momento della gara d'appalto (quando gara c'è), ma soprattutto nelle revisioni al rialzo dei preventivi. 

È con queste revisioni – che lievitano i costi – che viene realizzato il maggiore profitto corruttivo. La ditta vince l'appalto facendo un'offerta stracciata per i lavori, ma poi in corso d'opera “scopre” che sono necessarie, indispensabili varianti d'opera che ne decuplicano il prezzo. Ora lo strepitoso vantaggio delle grandi opere per gli appuntamenti sportivi è che basta ritardare i lavori a piacimento per ottenere tutte le rivalutazioni di prezzo che si vogliono, perché l'argomento è che “non c'è tempo”. Non c'è tempo per affidare l'appalto a un'altra ditta, non c'è tempo per esaminare con scrupolo le varianti addotte, non c'è tempo per revisionare i preventivi, e così via. Tutto va fatto entro la scadenza stabilita letteralmente “a qualunque prezzo”.

I risultati si vedono. La città di Roma è ancora ferita dai mondiali del 1990. Simbolo del disastro, quello che fu presentato come l’Air terminal di Ostiense, abbandonato poco dopo la fine dei Mondiali (costo 350 miliardi lire, 180 milioni di euro) e recuperato dalla fatiscenza nel 2012 da Oscar Farinetti per la catena di grandi negozi di cibi di qualità “Eataly” e, poco dopo, fino all'anno scorso, anche come stazione di partenza dei treni veloci del Consorzio Italo, del quale – ironia della sorte – lo stesso Montezemolo è stato presidente. Non a caso lo stesso Montezemolo è presidente del comitato promotore della candidatura alle Olimpiadi del 2024.

Qualunque cittadina/o assennata/o sarebbe perciò felice di seguire l'esempio amburghese e bostoniano. Invece no, tutti a strapparsi i capelli perché non si potrà mangiare sulle grandi opere di Roma 2024. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha detto a 8 e mezzo che grandi opere non vuol dire corruzione. O ci fa o ci è. Tanto che proprio ieri ha riproposto il fantomatico ponte sullo Stretto di Messina per creare 100.000 posti di lavoro (ricorda qualcosa o qualcuno?). Ma a questi propositi applaudono i discendenti di quel settimanale che nel 1956, sessanta anni fa tondi tondi, pubblicava un'inchiesta di Manlio Cancogni sulla corruzione edilizia di Roma, “Capitale corrotta – nazione infetta”. Quel settimanale era L'Espresso che oggi viene veicolato la domenica dal quotidiano paladino di Renzi e delle sue Olimpiadi.


http://temi.repubblica.it/micromega-online/no-alle-olimpiadi-roma-e-salva-ma-a-sinistra-c%E2%80%99e-chi-si-strappa-i-capelli/

Alfano, indagine della Corte dei Conti sul fratello Alessandro assunto in Poste. - Marco Lillo e Valeria Pacelli



L’assunzione di Alessandro Alfano, fratello del ministro dell’Interno, nel gruppo Poste nel 2013 è al vaglio della Corte dei conti. La Procura di Roma ha infatti inviato ai magistrati contabili una relazione di sei pagine (ma con centinaia di pagine allegate) per mettere in fila tutte le tappe della carriera di Alfano jr, emerse dagli atti dell’inchiesta penale che vede indagato tra gli altri, l’uomo vicino al ministro dell’Interno, Raffaele Pizza, arrestato il 6 luglio.
In una delle conversazioni intercettate nel gennaio del 2015, Pizza si vantava con Davide Tedesco, collaboratore del ministro Alfano, di aver facilitato, grazie ai suoi rapporti con l’ex amministratore di Poste Massimo Sarmi, l’assunzione del fratello del ministro in una società del Gruppo, Postecom. Pizza diceva: “Lui come massimo (di stipendio, ndr) poteva avere 170 mila euro e io gli ho fatto avere 160 mila. Tant’è che Sarmi stesso gliel’ha detto ad Angelino: ‘Io ho tolto 10 mila euro d’accordo con Lino’ (Pizza, ndr), per poi evitare. Adesso va dicendo che l’ho fottuto perché non gli ho fatto dare i 170 mila”. Pochi mesi dopo quelle presunte lamentele, Alfano jr (laurea triennale a 34 anni in Economia) viene trasferito in un’altra società del gruppo – Poste Tributi – e lo stipendio supera i suoi desiderata: 180 mila euro lordi all’anno.
Quando la vicenda emerge sui giornali nel luglio del 2016 con gli arresti, Repubblica chiede a Sarmi se sapesse dell’assunzione del fratello del ministro. E lui risponde: “Secondo lei l’Ad di un gruppo da 150 mila persone può occuparsi anche delle assunzioni nelle controllate?”. Ora si scopre che la risposta giusta è sì, a sentire il capo del personale dell’epoca di Poste. Un tipo del quale Sarmi si fida perché lo ha portato con sé alla società Milano Serravalle, dove la Lombardia di Maroni (Ncd è in maggioranza) lo ha nominato amministratore nell’ottobre del 2014.
Al Fatto risulta che tra le carte più interessanti inviate alla Procura della Corte dei conti c’è proprio la testimonianza del febbraio scorso alla Guardia di finanza del capo delle risorse umane di allora di Poste, Claudio Picucci, che tira in ballo il suo capo. Picucci ha raccontato che il curriculum di Alessandro Alfano gli fu recapitato da Sarmi e ha aggiunto di ritenere che l’Ad sapesse che quello era il fratello del ministro. Una versione opposta a quella di Sarmi.
La Procura della Corte dei conti dovrà ora decidere se archiviare o chiedere conto ai manager del gruppo responsabili dell’assunzione. I pm ordinari non hanno indagato nessun manager ma hanno segnalato i fatti riscontrati ai colleghi della Corte perché verifichino l’esistenza di un eventuale illecito contabile, cioé di un danno erariale. Il nucleo valutario della Guardia di finanza guidato dal generale Giuseppe Bottillo, partendo dalla “confessione-outing” di Pizza al telefono con Tedesco, ha ricostruito l’iter che ha consentito al fratello del titolare del Viminale di essere assunto in Postecom, controllata al 100 per cento da Poste Italiane, dal settembre 2013 con uno stipendio di 160 mila euro l’anno.
Dopo il trasferimento con aumento a 180 mila Alfano jr è rientrato in Poste a maggio scorso. È stato proprio Francesco Caio, l’uomo scelto da Matteo Renzi per risanare le Poste, a vistare per l’occasione l’ennesimo aumento fino a 200 mila euro. L’amministratore di Postecom Vincenzo Pompa è oggi amministratore delegato di un’altra società del gruppo, Postel. Evidentemente Caio non trova nulla di male in quell’assunzione effettuata tre anni fa senza concorso. La legge 133 del 2008 all’articolo 18 dispone: “Le società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità”.
Poste si era data un modello per ottemperare a questa normativa ma Postecom, secondo gli investigatori, potrebbe avere saltato alcuni passaggi. La difesa di Poste Spa è quella accampata in casi simili anche dalla Rai: la legge prevede un’eccezione per le società pubbliche quotate in Borsa che possono fare le assunzioni come vogliono. Il punto è che Rai e Poste hanno emesso solo obbligazioni quotate e non sono mai state quotate a Piazza Affari in quanto società. Inoltre Postecom, come notano gli investigatori, ha assunto Alfano jr senza concorso anche se – a differenza della capogruppo – non ha emesso nessuna obbligazione quotata. Insomma la partita è aperta.

domenica 2 ottobre 2016

Festa dei nonni.


Io e nonna Concetta lavoriamo a maglia.

E' vero, dei nonni tutti conserviamo un caldo e dolce ricordo.
Io di nonni ne ho conosciuta solo una, quella materna che mi ha fatto anche da madre da quando è morta la mia, sua figlia, e fino all'età di 12 anni, quando mio padre si è risposato.
Di lei ricordo tutto; da lei ho imparato a cucinare, a cucire gli strappi, a lavorare a maglia; quando ero in procinto di partorire è scesa da Roma a Palermo per assistermi. Era una donna eccezionale. Oltre al grande affetto che mi le
ga a lei, provo un rispetto illimitato della sua persona.
Oltre a lei ricordo con affetto anche un'altra nonna, o meglio un surrogato di nonna poichè era la sorella della nonna paterna, morta prima che io nascessi, credo.
Anche di lei, zia Sisina, conservo un dolce ricordo. Ricordo la gioia che provavo quando con nonna Concetta andavamo a trovarla.
Di entrambe ho un ricordo vivo, anche se sono venute a mancare da parecchio tempo; ricordo il loro incedere, il loro volto, i loro gesti usuali.
Loro mi danno ancora tanta forza nei momenti di sconforto.
Mi piacerebbe essere come loro, ma per quanto mi sforzi, non credo di riuscirci, loro 
appartenevano ad un altro tempo, avevano molto meno, ma davano di più.


Nonna Concetta e pronipotino.

Cetta.

Lavoro, la gaffe del governo sugli stipendi “Investite qui, gli italiani costano meno”. - Thomas Mackinson

Lavoro, la gaffe del governo sugli stipendi “Investite qui, gli italiani costano meno”

Pubblicità regresso. Dopo il ministero della Salute tocca a quello del Mise. Renzi a Milano presenta il roadshow mondiale per attrarre capitali stranieri. Per le capitali di tutto il mondo viaggerà un opuscolo con il logo del ministero che magnifica come un pregio il basso livello salariale dei lavoratori italiani, con tanto di esempi. 

Cari stranieri investite in Italia, dove “gli stipendi sono più bassi della media europea”. Firmato: il governo italiano. 
In sintesi, è quanto reclamizza una brochure ospitata sul sito investinitaly.com, portale dell’Ice che reca il logo del Ministero dello Sviluppo Economico e distribuita pochi giorni fa a Milano, durante la presentazione del piano nazionale Industria 4.0 con il premier Matteo Renzi che snocciolava i progetti per rilanciare l’economia a un pubblico di potenziali investitori esteri. Lo scivolone non è sfuggito a Eleonora Voltolinacollaboratrice delfattoquotidiano.it e de linkiesta nonché fondatrice della Repubblica degli Stagisti, la voce dei giovani precari e sottopagati. E’ lei la prima a riportare la notizia di un’altra pubblicità dai tratti demenziali, dopo quelle sul fertilityday del Ministero della Salute.
Stavolta è lo Sviluppo Economico ad aver commesso un passo falso, o meglio un fallo. Perché, spiega la Voltolina, “va bene citare i vantaggi competitivi di fronte a una platea di stranieri, ma un governo non può farlo magnificando il basso costo dei nostri cervelli. Non può citare tra i vantaggi competitivi il fatto che un laureato costi un quarto in meno rispetto ad altri Paesi europei. Bearsi che i nostri salari sono bassissimi, anche per le persone con un alto grado di scolarizzazione”. Perché questo si legge, a pagina 32 di quell’opuscolo patinato che dovrebbe ingolosire gli imprenditori esteri e sarà distribuito nei prossimi mesi in tutto il mondo, seguendo i “global roadshow” organizzati a Istanbul, Tokyo, New York, San Francisco, Londra, Singapore etc…
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Riportiamo il passaggio, sotto la voce “Capitale e talento”: “L’Italia offre un livello dei salari competitivo che cresce meno rispetto alla Ue e una manodopera altamente qualificata dei profili specializzati”. E se non basta arrivano i numeri: “Un ingegnere in Italia guadagna mediamente in un anno 38.500 euro, mentre in altri Paesi lo stesso profilo ha una retribuzione media di 48.500 euro l’anno”. A scanso di equivoci l’opuscolo aggiunge: “I costi del lavoro in Italia sono ben al di sotto dei competitor come Francia e Germania. Inoltre, la crescita del costo del lavoro nell’ultimo triennio (2012-14) è la più bassa rispetto a quelle registrate nell’eurozona (+1,2% contro +1,7)”. Con tanto di grafici a torta.
Tutto bene, se questa pubblicità-regresso che ci rappresenta come un Paese del Terzo Mondo non l’avesse partorita il nostro governo. Il paradosso balzato agli occhi della direttrice della Repubblica degli stagisti diventa un caso. Il quotidiano Libero ci apre l’edizione di oggi sotto il titolo: “Italiani sottopagati e il governo se ne vanta”. E naturalmente ci mette sopra altri carichi, chiamando in causa il sottosegretario Ivan Scalfarotto, sottosegretario al Mise, che nella prefazione dell’opuscolo appare sorridente e compiaciuto. “E’ un’operazione spregiudicata – rimarca Eleonora – . Non hanno saputo fermarsi di fronte a un fattore tecnicamente allettante per gli investitori stranieri ma socialmente sensibile e drammatico per i cittadini italiani. L’aspetto surreale è che questo messaggio arrivi proprio dal governo che dovrebbe contrastare i bassi livelli salariali e lavorare per attrarre le imprese che sono disposte a investire sulle risorse umane, non le altre. Chi fa le politiche di sviluppo nel nostro Paese forse non ha ancora chiaro chi vogliamo attrarre, se gli imprenditori che intendono investire in innovazione e qualità come la Svizzera o quelli che cercano solo il risparmio sul costo dei lavoratori come in India”.

Roma, Raggi risponde a Renzi: "Affari con Mafia Capitale? Mica siamo il Pd".

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"Affari con mafia capitale? 
Mica siamo il Pd. 
I cittadini sanno che quel sistema lo hanno creato loro e noi lo stiamo combattendo". E' quanto afferma la sindaca di Roma Virginia Raggi in un post sulla sua pagina Facebook, dopo le parole del presidente del Consiglio Matteo Renzi sulla gestione dei rifiuti nella Capitale.
"Il premier - aggiunge - quando è in difficoltà - ultimamente capita spesso - prova a distogliere l'attenzione e a cambiare argomento. Forse è nervoso perché si avvicina la data del referendum sulle finte riforme. E i confronti in tv lo vedono in grossa difficoltà. Piuttosto - evidenzia Raggi - si concentri sul disastro economico del governo, sui dati della disoccupazione giovanile, sulla fallimentare politica estera, sull'emergenza migranti. Buon lavoro". 
ps "Attendiamo ancora di sapere cosa ha fatto con i fondi delle cene elettorali con Buzzi. Il PD - conclude - non crederà mica che l'abbiamo dimenticato?"