sabato 20 gennaio 2018

Il Ministero della Verità. - Marco Travaglio

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L’invito è ufficiale, anzi ufficialissimo: “Domani 18 gennaio alle ore 17.00, presso il Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche (CNAIPIC) al Polo Tuscolano in Via Tuscolana 1548, alla presenza del Ministro dell’Interno Marco Minniti e del Capo della Polizia Franco Gabrielli, verrà presentato il nuovo servizio di segnalazione istantanea contro le fake news. Ti aspettiamo”. Quel “ti aspettiamo” ha un che di vagamente inquietante, tipo quando ballavo in discoteca con una tipa che mi piaceva e un coetaneo più robusto di me (ci voleva poco) mi diceva “ti aspetto fuori”.
In effetti l’idea che a decidere quali news sono fake, cioè false, siano il Viminale e la Polizia di Franco Gabrielli detto Nazareno, cioè il governo, allarma un po’. Riporta alla mente il ministero della Verità di George Orwell in 1984, che fra l’altro spacciava fake news a tutto spiano, le più pericolose e imperiture perché consacrate dal timbro dell’ufficialità, dall’ipse dixit dell’autorità. Il ministero aveva sede in una mega-piramide bianca che recava sulla facciata gli slogan “La guerra è pace”, “La libertà è schiavitù” e “L’ignoranza è forza”. E aveva il compito di riscrivere secondo i dettami e la “neolingua” della propaganda governativa tutto ciò che la contraddiceva: romanzi, cronache, statistiche, libri di storia.
È anche il sogno del nostro pericolante e tremebondo regimetto, in vista delle elezioni che potrebbero spazzarlo via dalla faccia della terra. Dunque che faranno le nostre forze dell’ordine? Disperderanno le fake news, o presunte tali, con gli idranti? Le calpesteranno con plotoni di carabinieri a cavallo? Caricheranno gli autori con agenti in tenuta antisommossa armati di manganello? Niente paura. Siamo in Italia, dove ogni dramma diventa melodramma e ogni tragedia si muta in farsa. Infatti la mirabolante guerra alle fake news sarà affidata a una decina di appuntati chiusi in un commissariato. I quali, nei ritagli di tempo fra una denuncia di furto, una di documenti smarriti e una di gattini scomparsi, raccoglieranno le segnalazioni dai privati che si sentiranno offesi dal tal sito, blog, social network; dopodiché dovranno rivolgersi al server per convincerlo a cancellare tutto e, se quello opporrà resistenza, chiameranno un pm perché indaghi sull’eventuale contenuto diffamatorio del messaggio incriminato ed eventualmente sequestri il corpo del reato (la fake news) o l’arma del delitto (il sito o la pagina facebook, twitter, instagram ecc.). Già, perché è dato per scontato che le fake news siano un’esclusiva della Rete.
Invece i tg e i giornali sono dei pozzi di scienza e verità, scevri come sono da conflitti d’interessi e da intenti propagandistici. Lo dice il 10 gennaio lo stesso sito della Polizia: “ATTENZIONE!! Fake news. È tempo di campagna elettorale e, come spesso purtroppo accade, assistiamo ad un’impennata nella diffusione di fake news via internet e social network… la ben nota e poco edificante attività di creazione a tavolino, e successiva diffusione, di notizie prive di fondamento, relative a fatti o personaggi di pubblico interesse, al solo scopo di condizionare fraudolentemente l’opinione pubblica. L’ultimo esempio, in ordine di tempo, ha interessato la Presidente della Camera, Laura Boldrini” e te pareva: “ai suoi danni è circolata su whatsapp la bufala virale secondo cui un ragazzo di 22 anni senza adeguate referenze professionali, presunto nipote della Presidente, sarebbe stato assunto a Palazzo Chigi”. La classica bufala a cui credono poche migliaia di gonzi, mai ripresa da giornali o tg, dunque innocua.
Invece contro le balle dei giornaloni, che di solito si muovono a testuggine, ripresi poi da tutti i tg, nulla è previsto perché per lorsignori il problema non esiste: e ci mancherebbe, visto che giornaloni e tg li controllano loro e spacciano solo le fake news che vogliono loro. La madre di tutte le fake news dell’ultimo quarto di secolo la raccontano gli ex pm Caselli e Lo Forte nel libro "La verità sul processo Andreotti" (ed. Laterza): la falsa assoluzione, annunciata a reti ed edicole unificate, del sette volte premier, dichiarato colpevole in appello e in Cassazione di associazione per delinquere con Cosa Nostra fino alla primavera del 1980, reato “commesso” ma prescritto poco prima della sentenza. Fecero tutto le tv e i giornaloni. E tutt’oggi milioni di italiani non sanno come finì il processo del secolo, anzi peggio: sono convinti dell’opposto della verità.
C’è poi un altro trascurabile dettaglio: che si fa se le fake news le raccontano direttamente i politici? La polizia irrompe negli studi televisivi per imbavagliarli e ristabilire ipso facto la verità? L’altra sera abbiamo tanto sperato che ciò avvenisse a Matrix, mentre B. sparava le sue cifre mirabolanti sulla flat tax che aumenta il gettito (uahahah), sulla lotta all’evasione (parola di un pregiudicato per frode) e sulla sua prossima abolizione dell’Imu sulle prime case (abolita due anni fa). 
Se poi la guerra alle fake news fosse retroattiva, non vorremmo essere nei panni di Renzi che, tra un “Enrico stai sereno” e un “Se vince il No lascio la politica”, dovrebbe subire il sequestro della lingua a vita. 
Infine ci sarebbero le fake news sulle fake news, tipo le balle senza prove sul mandante Putin, per nascondere le vere interferenze straniere nelle elezioni italiane: quelle degli americani e dei governi europei, ma anche della Ue (ultimo esemplare: il commissario Moscovici, lo stesso Nostradamus che nel 2016 vaticinò l’apocalisse “populista” in caso di No al referendum). Ma di questo si occuperà senz’altro la “Task force europea contro le fake news” istituita da Juncker al quarto whisky e composta da 39 “esperti”, fra cui Gianni Riotta. Quindi tranquilli, siamo in buone mani.

venerdì 19 gennaio 2018

Gentiloni vuole l'ex sottosegretario di Monti a Segretario generale del Cnel. La destra attacca: "Lottizzazione a Camere sciolte". - Claudio Paudice


L'ente che il Pd voleva abolire verso la ricomposizione. Ma centrodestra e Confimprenditori attaccano.


C'è vita al Cnel. Il "vituperato" Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro ha un nuovo presidente da maggio e 48 consiglieri già scelti a fine agosto, la cui nomina è stata firmata dalla sottosegretaria Maria Elena Boschi, madrina della riforma costituzionale che voleva abolirlo. 
A breve avrà anche un nuovo Segretario generale: si tratta di Paolo Peluffo, ex sottosegretario all'Editoria e alle Comunicazioni del Governo Monti e storico portavoce di Ciampi. Paolo Gentiloni, premier del governo in carica per gli affari correnti, ha inviato una lettera al presidente di Villa Lubin Tiziano Treu - pubblicata da LabParlamento - informandolo "dell'intendimento di proporre il cons. Paolo Peluffo per la nomina a Segretario generale" dell'organo costituzionale. Dopo la scampata abolizione con la vittoria del No al referendum che ha bocciato la riforma Boschi, il Consiglio si rimette quindi a nuovo nel giro di pochi mesi.
Ma il nuovo look non piace affatto al centrodestra né ad alcuni esponenti del mondo imprenditoriale che, insieme a quello del lavoro, delle categorie e delle libere professioni, forma il Consiglio. La notizia della nomina di Peluffo da diversi giorni gira nei Palazzi e c'è chi, annusata la nomina, ha subito storto il naso perché si tratta pur sempre di una scelta fatta "a Camere sciolte" da parte di un governo dimissionario se non nella forma (Gentiloni non ha mai rassegnato le dimissioni ma ha dichiarato "esaurito" il suo mandato) almeno nella sostanza. Come Daniele Capezzone, esponente della "quarta gamba" di Noi con l'Italia: "Se non parlassimo di cose serie, ci sarebbe perfino da sorridere. Un governo in articulo mortis pronto a nominare, occupare, lottizzare il Cnel (che voleva abolire). Spero sia uno scherzo, un pesce d'aprile anticipato...".
Anche la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni, qualche giorno fa, aveva lanciato sottili moniti contro la scelta che Palazzo Chigi si appresta a fare: "Dopo le nomine scandalose del Consiglio di amministrazione di Ferrovie dello Stato, gira voce che il Governo stia per nominare i nuovi vertici del Cnel, lo stesso Cnel che Renzi e il Pd volevano abolire perché ritenuto inutile e che ora si trasforma in un prezioso strumento di abolizione del potere". Meloni annuncia quindi battaglia: "Se è vero, a Camere sciolte e con un governo in carica solo per l'ordinaria amministrazione sarebbe un'altra dimostrazione del disprezzo che questa gente nutre verso le istituzioni e i cittadini. Speriamo sia solo una diceria, perché se fosse vero lo denunceremmo a ogni livello possibile".
Come detto, ci sono anche le proteste delle imprese riunite in Confimprenditori, l'unica associazione datoriale che si era schierata per il No al referendum del 4 dicembre 2016. "In queste ore - si legge in una nota - sta emergendo come il governo Gentiloni, in carica solo per l'ordinaria amministrazione, si stia affrettando a nominare un nuovo segretario generale dell'ente di Palazzo Lubin". L'associazione critica anche il decreto di rinnovo per il quinquennio 2017-2022: "Il governo si sta preparando a respingere i 19 ricorsi presentati dagli esclusi del nuovo consiglio del Cnel - nominato per cooptazione con criteri di assoluto arbitrio - per blindare le nomine attuali", puntando il dito contro la "selvaggia lottizzazione".
La nomina di Peluffo riporta così il Cnel al centro dell'agone proprio mentre inizia la campagna elettorale. Allievo della Normale di Pisa, ex giornalista del Messaggero, pur non avendo mai legato la sua figura ad un partito politico gode di un cursus honorum di tutto rispetto: diventa, a soli 29 anni Capo ufficio stampa del Governo Ciampi nell'aprile del 1993, nel dicembre del '98 viene nominato dirigente generale al ministero dell'Economia. Pochi mesi dopo ottiene l'incarico di Consigliere per la Stampa e l'Informazione del Presidente della Repubblica, sempre con Carlo Azeglio Ciampi. A marzo del 2006, ancora, approda alla Corte dei Conti come consigliere. Nel 2011 è consulente per Palazzo Chigi per il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia e infine viene scelto da Mario Monti come sottosegretario alle Comunicazioni e poi, dopo le dimissioni di Malinconico, anche all'Editoria nel Governo tecnico dopo la crisi dello spread.
Ultimo appunto sulle peripezie del Cnel: l'ente considerato inutile dalla maggioranza uscente e dal Pd in particolare si era adoperato con un ricorso contro il Governo perché lasciato dal 2015 senza "diritto al rimborso delle spese per la partecipazione alle riunioni e all'indennità". Ragione che aveva indotto diversi consiglieri "fuori sede" a dimettersi. Ma con l'ultima legge di Bilancio il Cnel è stato accontentato grazie a una norma che autorizza rimborsi viaggi per i membri, ovviamente con le risorse del budget a disposizione per il funzionamento dell'ente. La norma che ha accolto le richieste dei membri del Consiglio è stata presentata dal Partito Democratico.

L’albero dai 40 frutti di Sam Van Aken. - Laura Cannarella

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Il risultato del progetto The Tree of 40 Fruit dell’artista-agricoltore americano Sam Van Aken è un’opera d’arte che è sia un museo vivente che un esperimento di botanica fuori dall’ordinario: “l’Albero dai 40 frutti”.
L’incredibile albero capace di produrre quaranta diversi tipi di frutta a nocciolo, tra cui pesche, prugne, albicocche, nettarine, ciliegie e mandorle, è stato realizzato senza interventi genetici ma esclusivamente tramite una lunga serie di innesti.

Albero dai 40 frutti Sam Van Aken
La sua incredibile storia non è solo la realizzazione di una scommessa di un eclettico artista dal pollice verde ma è il frutto del salvataggio di alcune varietà native di frutti con nocciolo in pericolo, alcune delle quali avevano alle spalle una storia di più di 150 anni.
Un antico frutteto da salvare
Nel 2008 Sam Van Aken, professore d’arte alla Syracuse University, era alla ricerca di esemplari per creare un albero in fiore a più colori per un progetto artistico e ha deciso di acquisire un antico frutteto urbano di 3 acri dalla Experiment Station di New York State Agricultural che stava per chiudere e salvare così centinaia di varietà autoctone di alberi da frutta con nocciolo dalla storia centenaria dal rischio di andare perdute per sempre.
Quaranta frutti in un unico albero.
Dopo 5 anni, diversi tentativi e fallimenti, l’albero dai 40 frutti è diventato realtà!
Van Aken, figlio di agricoltori con ottime conoscenza di botanica, ha lavorato su 250 diverse specie di frutti con nocciolo e ne ha selezionate solo qualche decina.
Il primo abbozzo per l’albero dai 40 frutti era una sorta di tabella con l’analisi dei tempi di fioritura e di maturazione delle drupacee per poter programmare con precisione unacatena di innesti su un singolo albero da frutto, con tecniche complesse come quella del sovrainnesto, chiamata “chip-budding”, per consentire di far germogliare sui rami diverse gemme di differenti varietà.
Si parte prendendo un pezzo di un albero da frutto che includa delle gemme e viene inserita in una incisione corrispondente in un albero ospite che abbia almeno tre anni.
Albero dai 40 frutti Sam Van Aken fioritura

Da tavolozza di colori a frutteto in miniatura

In primavera l’Albero dai 40 frutti fiorisce in molte tonalità di bianco, rosa e viola e in estate comincia a dare frutti in successione e ha inizio la raccolta di decine di varietà di frutta: prugne, pesche, noci, albicocche, ciliegie, mandorle.
L’agenda perfettamente sincronizzata da Van Aken permette che venga prodotta una corretta quantità di frutti, con la giusta alternanza e senza esagerare, per variare spesso e contenere gli sprechi.
Albero dai 40 frutti Sam Van Aken raccolta frutti

Non uno ma tanti “alberi dai 40 frutti”

Non esiste un solo albero ma più di una decina di “alberi dai 40 frutti” ibridati da Sam Van Aken e innestati in diversi luoghi degli Stati Uniti; ogni albero è adatto all’ambiente in cui è stato piantato perché innestato con varietà locali.
16 esemplari creati finora sono conservati presso vari musei, istituzioni e collezioni d’arte con l’obiettivo di prolungare la discendenza di specie di drupacee che non rispondono alle leggi commerciali della grande distribuzione e che altrimenti sparirebbero.

ReTuna: il primo centro commerciale del mondo dedicato solo al riciclo e al riuso. - Francesca Mancuso

ReTuna

Un centro commerciale dove ogni cosa è già stata usata ma può tornare a nuova vita. La Svezia crede davvero alla filosofia del riciclo e riuso. Ne è la prova ReTuna, un grosso shopping center che vende solo prodotti riciclati ed è il primo centro commerciale al mondo di questo tipo.
Nelle nostre città, i centri commeciali sono sempre più numerosi. Luoghi affollati, a volte caotici, dove ci si affanna alla ricerca di abiti, scarpe, accessori e dove l'economia circolare non è di certo di casa.
La città di Eskilstuna si sforza di essere un modello di riferimento ecologico. Nel suo lavoro di sviluppo legato all'ambiente, è nata così l'idea di aprire un centro commerciale con negozi veri e propri ma con una gamma di prodotti riutilizzati.
Nella ReTuna Återbruksgalleria si possono trovare solo prodotti riciclati. Al suo interno ospita 14 negozi, un ristorante, un'area espositiva e ha all'attivo un programma educativo in modo che gli svedesi interessati possano imparare a riciclare ancora di più.
ReTuna Återbruksgalleria è il primo centro commerciale di riciclaggio al mondo e promette di rivoluziore lo shopping in modo intelligente per l'ambiente. Qui i vecchi oggetti tornano a una nuova vita attraverso la riparazione e l'upcycling. Inoltre, tutto ciò che viene venduto è riciclato o riutilizzato o ancora è stato prodotto in modo sostenibile.
Il centro commerciale ha aperto i battenti nell'agosto del 2015 e si trova vicino al centro di riciclaggio Retuna Återvinningscentral. È gestito dall'azienda municipale Eskilstuna Energi och Miljö (EEM).
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I visitatori possono portare nel deposito del centro commerciale, chiamato "Returen", ciò che non usano, da giocattoli a mobili, vestiti, oggetti decorativi e dispositivi elettronici. Nel deposito, il personale esegue una prima raccolta di ciò che è utilizzabile e ciò che non lo è. Gli articoli vengono poi distribuiti ai negozi del centro commerciale. Il personale di ogni negozio esegue quindi una seconda selezione, in cui sceglie ciò che desidera riparare, convertire, perfezionare e, infine, vendere. In questo modo, i materiali hanno una nuova vita.
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E l'idea sta funzionando: nel 2016, ReTuna Återbruksgalleria ha venduto 8,1 milioni di corone svedesi di prodotti riciclati, pari a 830mila euro.
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"ReTuna è più di un semplice mercato. Vuole anche essere un momento educativo. Organizza eventi, workshop, conferenze, giornate tematiche e altro, il tutto incentrato sulla sostenibilità. Ci sono anche sale conferenze. Il Café Returama propone pranzi e cene biologici" si legge sul sito ufficiale.
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Non ultimo. Il centro commerciale ReTuna ha generato oltre 50 nuovi posti di lavoro. Ce ne vorrebbe uno in ogni città, non credete?

Strada delle fiabe: l'itinerario sulle orme dei Fratelli Grimm.

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Un itinerario che fa sognare ad occhi aperti perché è quello che ripercorre le numerose storie raccontate dai fratelli Grimm. E’ la Deutsche Märchenstraße, ovvero la strada tedesca delle fiabe.
Sarà capitato a tutti di leggere una delle storie dei fratelli Grimm, pubblicate per la prima volta nel 1812, ma forse in pochi sanno che esiste un percorso fatto di borghi, città e villaggi che ricordano i loro personaggi.
La Deutsche Märchenstraße è stata costruita nel 1975 in Germania: 664 chilometri di paesaggi e 70 luoghi ‘da fiaba’. Lungo la via si animano rappresentazioni all’aperto e rivisitazioni di Biancaneve e i sette nani, il Principe Ranocchio, il Gatto con gli stivali e Hansel e Gretel, tanto per citarne alcuni.
Naturalmente la Strada delle fiabe va percorsa in diversi giorni, tra i percorsi preferiti c’è quello che parte da Brema e arriva ad Hanau e viceversa, ma si può liberamente scegliere da dove iniziare. Tutto l’itinerario fa sognare ad occhi aperti, è però consigliabile farlo nel periodo primaverile o estivo per evitare le rigide temperature.
I personaggi di Jacob e Wilhelm Grimm vengono messi in scena anche nell’anfiteatro delle città di Hanau e di Kessel dove si svolge un vero e proprio festival dedicato ai fratelli Grimm.

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Strada delle fiabe: le tappe da non perdere.
Quali sono le tappe da non perdere? Tutto dipende da chi volete incontrare. A Brema ci sono i quattro musicanti: un asino, un cane, un gatto e un gallo che nelle pagine dei Grimm, fuggono di casa per arruolarsi nella banda musicale di Brema e che riescono a vincere una banda di briganti.

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I quattro musicanti

Amate Cenerentola? La incontrate al castello Burg Polle dove vi accoglie una fanciulla con la scarpetta smarrita tra le possenti rovine del castello rinascimentale; Biancaneve e i sette nani, invece, assieme al Gatto con gli stivali si trovano nella regione del Reinhardswald, in località Oberweser tra boschi e ambienti da favola.
Ancora, il vero gioiello è il castello di Sababurg, dove nasce la storia della Bella Addormentata, risvegliatasi dopo un profondo sonno grazie al bacio del suo bel principe. Ai piedi del castello c’è la foresta del Reinhardswald e qui ogni sabato alle 16.30 c’è una rivisitazione ispirata alla fiaba. Poco distante, a Trendelburg, c’è la torre che ci rimanda a Raperonzolo, dove vengono organizzati spettacoli a tema.

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Castello di Sababurg

E Cappuccetto rosso? Bisogna addentrarsi nei boschi della zona di Schwalmstadt nella regione del Bergland, dove c’è un oasi verde, quella tanto amata dalla bambina con la mantellina rossa.

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Statua dei Fratelli Grimm

A Marburg, una città medievale che sorge sul fiume Lahn, c’è un castello che domina dall’alto, nei pressi di questa località, esattamente a Christenberg, sono ambientate le famose fiabe di Hansel e Gretel e quella di Madama Holle.

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Trendelburg

E come dimenticare il Pifferaio magico? Si trova ad Hameln e qui che prende vita la leggenda sulla città invasa dai topi, la situazione viene risolta grazie a un giovane che con il suo piffero allontana i ratti verso il fiume.

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I fratelli Grimm

Sempre sui fratelli Grimm:

I PAESAGGI DEI FRATELLI GRIMM NELLE FOTO DI KILIAN SCHÖNBERGER [FOTO]
I RACCONTI DEI FRATELLI GRIMM NELLE FOTO DI KILIAN SCHOENBERGER

https://www.greenme.it/viaggiare/europa/germania/26254-strada-delle-fiabe-fratelli-grimm

giovedì 18 gennaio 2018

Firenze. Nardella assume per chiamata diretta la figlia della pm che archiviò Renzi. - Davide Vecchi

Firenze. Nardella assume per chiamata diretta la figlia della pm che archiviò Renzi

Coincidenze - Chiamata diretta per “il patto per la giustizia”.

Come Matteo Renzi anche Dario Nardella nutre aspirazioni da talent scout. E se il rottamatore nel 2009, da sindaco di Firenze, nominò nella controllata Publiacqua la giovanissima – appena 28enne – Maria Elena Boschi, ora il suo erede a Palazzo Vecchio, Dario Nardella, tenta altrettanto e scommette su Celeste Oranges, anche lei 28enne, come Boschi laureata in legge e al suo primo impiego. Ma per quanto abbiano molte cose in comune – sono pure entrambe nate a Montevarchi, in provincia di Arezzo – difficilmente Nardella riuscirà a eguagliare quanto il suo Principe ha fatto per Maria Elena. Inizia dal tentare di evitare gli stessi errori, tanto che nella scelta sembra aver tenuto conto anche dei genitori così da non incappare in un nuovo caso Etruria. E Celeste Oranges ha natali specchiati: la mamma, Acheropita Mondera Oranges, dal 6 giugno guida la procura della Corte dei Conti della Toscana dopo esserne stata a lungo viceprocuratore generale.
Un ruolo piuttosto rilevante, considerati i burrascosi trascorsi con i giudici amministrativi avuti sia da Renzi sia dallo stesso Nardella: i bilanci di entrambi sono stati sovente bocciati. L’ex premier si era visto contestare anche spese per 20 milioni negli anni in cui ha guidato la Provincia di Firenze, poi finito in nulla. Un altro fascicolo, sempre della Corte dei Contie sempre relativo al periodo in cui Renzi era presidente di Palazzo Medici Riccardi, si è chiuso solo nel settembre 2014. Ironia della sorte: fu proprio Acheropita Mondera Oranges, in veste di viceprocuratore generale, a formulare la richiesta d’archiviazione dell’allora premier decretando che il danno erariale era da attribuire agli amministratori e non ai vertici politici. Eppure fu Renzi a nominare ben quattro dirigenti per sostituirne uno, portando i costi da 3,5 milioni di euro del 2006 a 4,2 milioni.
Nardella sarà sicuramente all’oscuro della coincidenza e, come fa sapere Palazzo Vecchio, la nomina di Celeste Oranges è dovuta “alla necessità di creare un gruppo di lavoro specifico con determinati profili professionali”. Nel decreto di nomina del “sindaco metropolitano” Dario Nardella il 26 ottobre 2017 si fa riferimento al “patto per la giustizia della città metropolitana di Firenze” e alla “individuazione di una figura specializzata in ambito giuridico”. 
L’incarico prevede un compenso annuo di 47mila eurolordi e viene assegnato a Celeste Oranges “visto il curriculum” da lei presentato, scrive Nardella nel decreto. L’unico curriculum, trattandosi di chiamata diretta, è allegato all’atto. Dopo una laurea magistrale in legge conseguita nel 2014 con una votazione di 106/110 svolge 6 mesi di pratica legale nello studio di Gaetano Viciconte. Poi frequenta vari corsi. Dal giugno 2016 è tirocinante presso la procura della Repubblica di Firenze, nel settembre dello stesso anno frequenta il corso di preparazione al concorso per magistrato ordinario tenuto a Roma da Rocco Galli, infine, nel 2017 frequenta un master universitario di secondo livello in Criminologia presso l’università Internazionale di Roma. Queste le voci indicate come “istruzione e formazione”. Esperienze professionali? Nessuna. Lasciate in bianco anche le “capacità e competenze personali”. Tra quelle tecniche, invece, Oranges annovera, testuale: “Conoscenza informatica Office discreta”, “conoscenza Internet discreta”, “superamento del testo obbligatorio per il corso di laurea Magistrale in Giurisprudenza”. Infine le “capacità e competenze artistiche”: “Attitudine alla grafica, ritrattistica ed all’arte canora”. Sarà forse questo ad aver colpito il sindaco Nardella. Lui, appassionato violinista sopraffino, recente massacratore del finale della Carmen, avrà apprezzato le doti artistiche.

mercoledì 17 gennaio 2018

Bernie Sanders: togliamo il mondo dalle mani di un gruppo minuscolo di miliardari. - Sara Ligutti

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(Bernie Sanders | John Minchillo/AP Photo)

Ecco a che punto siamo come pianeta nel 2018: dopo tutte le guerre, le rivoluzioni e i summit internazionali degli ultimi cento anni, viviamo in un mondo dove un gruppo minuscolo di individui incredibilmente ricchi può esercitare un controllo spropositato sulla vita economica e politica della comunità globale.

Nonostante sia difficile da capire, la verità è che le sei persone più ricche del mondo adesso possiedono più ricchezza della parte più povera della popolazione mondiale – 3,7 miliardi di persone. Inoltre, l’1% più benestante adesso ha più soldi del restante 99%

Nel frattempo, mentre i miliardari ostentano la loro ricchezza, quasi una persona su sette cerca di sopravvivere con meno di un dollaro e 25 al giorno e – orribile – circa 29.000 bambini muoiono ogni giorno per cause totalmente prevedibili come la diarrea, la malaria e la polmonite.

Al contempo, in tutto il mondo élite corrotte, oligarchi e monarchie anacronistiche spendono miliardi nelle stravaganze più assurde. […] In Medio Oriente, che vanta cinque dei dieci monarchi più ricchi al mondo, giovani reali fanno la bella vita in giro per il mondo mentre la regione soffre per il tasso di disoccupazione giovanile più alto del mondo e almeno 29 milioni di bambini vivono in povertà senza avere accesso ad alloggi decenti, acqua pulita e cibo nutriente. Inoltre, mentre centinaia di milioni di persone vivono in condizioni terribili, i mercanti d’armi diventano sempre più ricchi mentre i governi spendono migliaia di miliardi in armi.

Negli Stati Uniti, Jeff Bezos – fondatore di Amazon e attualmente la persona più ricca del mondo – ha un patrimonio netto di più di 100 miliardi. Possiede almeno quattro mansioni, che nel complesso valgono decine di milioni di dollari. E se questo non fosse abbastanza, sta spendendo 42 milioni di dollari per costruire un orologio all’interno di una montagna, in Texas, che dovrebbe funzionare per 10.000 anni. Ma nei magazzini di Amazon di tutto il paese, i suoi impiegati spesso lavorano per lunghe, estenuanti ore e ricevono salari così bassi che devono fare affidamento sulla Medicaid, sui buoni spesa e sugli alloggi popolari pagati dai contribuenti statunitensi.

Non solo, ma in un periodo di enorme disuguaglianze di ricchezza e di reddito, le persone di tutto il mondo stanno perdendo la fiducia nella democrazia – nei governi scelti dal popolo, per il popolo e del popolo. Le persone sono sempre più coscienti che l’economia globale è stata truccata per favorire quelli che stanno già in alto a spese di tutti gli altri. E sono arrabbiate.

Milioni di persone lavorano sempre di più per salari sempre più bassi rispetto a 40 anni fa, sia negli Stati Uniti che in molti altri paesi. 
Osservano la situazione, sentendosi indifesi di fronte ai pochi potenti che comprano le elezioni e a una élite politica ed economica che diventa sempre più ricca, mentre il futuro dei loro figli diventa sempre più cupo.

Al centro di tutta questa disparità economica, il mondo assiste a un’avanzata allarmante dell’autoritarismo e dell’estremismo di destra – che alimenta, sfrutta e amplifica il risentimento di coloro che sono stati lasciati indietro, e soffia sul fuoco dell’odio etnico e razziale.

Adesso, più che mai, quelli di noi che credono nella democrazia e nei governi progressisti devono unire i lavoratori e le persone a basso reddito di tutto il mondo dietro a programmi che riflettano i loro bisogni. Invece dell’odio e delle divisioni, dobbiamo offrire un messaggio di speranza e di solidarietà. 
Dobbiamo sviluppare un movimento internazionale che affronti l’avidità e l’ideologia della classe miliardaria e che porti a un mondo di giustizia economica, sociale e ambientale. Sarà una lotta facile, questa? Ovviamente no. Ma è una lotta che non possiamo evitare. La posta in gioco è troppo alta.

Come ha detto giustamente Papa Francesco in un discorso in Vaticano nel 2013: “Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata immagine nel feticismo del denaro e nella dittatura dell’economia senza volto né scopo realmente umano”. E poi: “Oggi è tutto assoggettato alle leggi della competizione e della sopravvivenza del più adatto, dove i potenti si nutrono di coloro che non hanno potere. Di conseguenza, masse di persone si ritrovano escluse e marginalizzate: senza lavoro, senza possibilità, senza mezzi per fuggire”.

Un nuovo e internazionale movimento progressista deve impegnarsi a contrastare le disuguaglianze strutturali sia fra che dentro le nazioni. Un movimento del genere deve superare le mentalità del “culto del denaro” e la “sopravvivenza del più adatto” contro cui ci ha messo in guardia il Papa. Deve supportare politiche nazionali e internazionali finalizzate ad aumentare gli standard di vita delle persone povere e della classe operaia – piena occupazione, un salario dignitoso, istruzione superiore e sanità universalistiche, accordi di commercio equo e solidale. Inoltre, dobbiamo tenere sotto controllo il potere delle grosse aziende e impedire la distruzione ambientale del nostro pianeta come conseguenza dei cambiamenti climatici.

Questo è solo un esempio di ciò che dobbiamo fare. Un paio di anni fa, il Tax Justice Network ha calcolato che le persone più ricche e le aziende più grosse del mondo hanno ammassato almeno 21-32 trilioni di dollari in paradisi fiscali offshore per evitare di pagare le tasse. Se lavoriamo insieme per eliminare gli abusi fiscali offshore, il gettito fiscale generato potrebbe mettere fine alla fame nel mondo, creare centinaia di milioni di nuovi posti di lavoro e sostanzialmente ridurre le estreme disuguaglianze di reddito e ricchezza. Potrebbe essere utilizzato per portarci con decisione verso un’agricoltura sostenibile e per accelerare la trasformazione del nostro sistema energetico, portandoci lontano dai combustibili fossili e verso fonti di energia rinnovabili.

Affrontare la cupidigia di Wall Street, il potere delle multinazionali giganti e l’influenza della classe miliardaria globale non è solo l’unica cosa morale da fare – è un imperativo strategico geopolitico. Ricerche del programma di sviluppo delle Nazioni Unite hanno mostrato che la percezione dei cittadini delle disuguaglianze, della corruzione e dell’esclusione sono fra i segnali più affidabili sulla possibilità che le comunità supportino l’estremismo di destra e gruppi violenti. Quando le persone sentono che tutto è in loro sfavore e non vedono possibilità di cambiare le cose, è molto più probabile che si rivolgano a soluzioni pericolose che non fanno altro che esacerbare il problema.
Questo è un momento cruciale nella storia mondiale. Con l’esplosione della tecnologia avanzata e i progressi che questa ha portato, abbiamo la capacità di aumentare notevolmente la ricchezza globale in maniera equa. Abbiamo tutti i mezzi a nostra disposizione per eliminare la povertà, aumentare le aspettative di vita e creare un sistema energetico globale economico e non inquinante.
Questo è quello che possiamo fare se avremo il coraggio di unirci e affrontare gli interessi particolari dei più potenti che vogliono solo di più per loro stessi. Questo è ciò che dobbiamo fare per il bene dei nostri figli, dei nostri nipoti e per il futuro del nostro pianeta.

Traduzione dell’articolo di Bernie Sanders pubblicato sul Guardian con il titolo “Let’s wrench power back from the billionaires” (14 gennaio 2018).

http://www.largine.it/index.php/bernie-sanders-strappiamo-il-mondo-dalle-mani-di-un-gruppo-minuscolo-di-miliardari/