venerdì 29 novembre 2019

Depositi&prestiti. - Marco Travaglio

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Non essendoci lasciati intimidire dal trio B.-Previti-Dell’Utri e neppure da Salvini, specializzati in querele e cause per danni a raffica, figuratevi se ci spaventa la loro controfigura parodistica e farsesca, al secolo Matteo Renzi. Da qualche giorno le nostre buche delle lettere – la mia e quella del Fatto – sono intasate di atti di citazione a mazzi, anzi a strascico firmati da questo pover’uomo, che ci accusa di diffamarlo e ledere la sua presunta onorabilità perché ci ostiniamo a raccontare le sue imprese. Politiche e soprattutto affaristiche, visto che non si capisce più che mestiere faccia. Con tutto quel che avrebbe da fare con i compari di Open e di Eyu inseguiti dalle Procure e dalla Finanza, trova il tempo di annunciare di averci chiesto “poco meno di un milione di danni”, col simpatico hashtag “colpo su colpo”, degno di un bullo di Ostia più che di un senatore di Scandicci. Poi, per cambiare un po’, ha pure minacciato una querela penale perché ieri ho scritto di un aiutino del “governo Renzi” nel 2017 al gruppo Toto, che poi finanziò Open: la svista era evidente e l’avrei rettificata spontaneamente, ben sapendo che nel 2017 il governo era presieduto da Gentiloni. Ma il nome del premier non sposta di un millimetro la questione. Di quel governo, Renzi fu l’artefice e il dominus: avendo giurato l’addio alla politica, era rimasto segretario del Pd, partito di stra-maggioranza, e aveva piazzato tutti i suoi uomini nei posti-chiave, da Gentiloni alla Boschi, da Delrio a Lotti, dalla Madia a De Vincenti, da Padoan a Calenda, dalla Bellanova a Faraone, da Scalfarotto a Migliore. Dunque, ammesso e non concesso che Toto volesse ricambiare il favore finanziando Open, non avrebbe sbagliato indirizzo.
In ogni caso, in veste di querelati e denunciati, siamo in buona compagnia: il disperato sta trascinando in tribunale tutti quelli che osano parlare di lui senza leccargli l’epa e la pappagorgia. Affinchè smettano anche loro, come già fanno spontaneamente i giornaloni che da due giorni nascondono lo scandalo Open con titolini invisibili in prima pagina, perlopiù dedicati non ai fatti oggetto dell’inchiesta, ma alle farneticazioni del rignanese. Il quale è talmente disabituato alla critica e persino alla satira che ha denunciato persino Crozza, per dire quanto è lucido e sereno. Se ci avesse chiesto un consiglio, gli avremmo suggerito di lasciar perdere i tribunali. Sia perché quelli come lui dovrebbero starne alla larga. Sia perché un laureato in legge dovrebbe conoscere la differenza fra uno sbaglio innocuo o una parodia di Crozza e un reato di diffamazione.
Sia perché fare causa a chi dice la verità porta sfiga: si rischia di perdere (Salvini), ma pure di finire in galera (Previti e Dell’Utri) o ai servizi sociali (B.). In ogni caso, se il poveretto si diverte così, faccia pure: casomai la sua pesca a strascico nelle nostre tasche gli portasse davvero “parecchi soldini”, almeno di quelli si conoscerebbe la provenienza. Resta invece da spiegare dove abbia preso tutti gli altri: quelli che gli hanno consentito di passare da un misero conto in banca con 15mila euro (fu lui a esibirne l’estratto a Matrix nel gennaio 2018) all’acquisto in giugno di una villa da 1,3 milioni e di totalizzare – lo dice lui – 800mila euro di entrate l’anno scorso e 1 milione quest’anno. Ai primi del 2018 la sua carriera di conferenziere-globetrotter (pagato non si sa bene da chi né come: c’è persino una misteriosa associazione intestata all’incolpevole Giovanni Spadolini) era appena agli inizi. Lo stipendio da parlamentare scattò solo dall’aprile 2018 (non più di 400 mila euro lordi l’anno, comunque). E i libri e i documentari tv -per quanto geniali come i suoi – non portano guadagni milionari, salvo che ci si chiami Camilleri o Angela.
Dunque attendiamo fiduciosi la lista dei bonifici con relativi donatori. Ma con tutti i processi che sta innescando con le sue mani, non mancherà occasione. Tantopiù che oltre la metà del costo della villa, 700mila euro su 1,3 milioni, gliel’anticipò la generosa madre dell’imprenditore Riccardo Maestrelli, che lui aveva nominato a Cassa Depositi e Prestiti e naturalmente finanziava Open. Un prestito – dice Renzi – che lui restituì nel giro di quattro mesi. Cioè fra giugno e ottobre di quell’anno d’oro che è stato per lui il 2018: l’anno in cui, mentre completava nelle urne la distruzione della sinistra italiana, ingrassava il suo conto corrente da 15mila a 800 mila euro in pochi mesi. Non sono questioni penali, almeno per lui e per ora. Ma politiche, etiche, deontologiche. 
Un politico che da premier nomina un imprenditore a un incarico pubblico (Cdp) non dovrebbe accettare un euro di finanziamento al suo partito o alla sua fondazione, né tantomeno chiedergli un prestito per la sua villa. Altrimenti, come minimo, è conflitto d’interessi e, come massimo, corruzione. Per informazioni, rivolgersi a Raffaele Marra, arrestato quand’era capo del Personale della giunta Raggi e condannato in primo grado per corruzione perché, ai tempi di Alemanno, si era fatto dare soldi per una casa dal costruttore Scarpellini, senza peraltro dargli nulla in cambio. Vedremo se la legge è uguale per tutti. Le indagini dell’Antiriciclaggio sono appena partite. Nell’attesa, siccome Renzi conferma il mega-prestito alla famiglia del suo nominato, e ne ha pure ricevuto un altro da 20mila euro da Marco Carrai che colleziona incarichi pubblici nella Firenze renziana, dovrebbe spiegare se li ritenga conformi all’art. 57 della Costituzione: “…I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore…”. Ma forse ha solo equivocato il significato di Cassa Depositi e Prestiti. I prestiti li abbiamo visti: attendiamo notizie sulla cassa e i depositi.

giovedì 28 novembre 2019

Fontanarossa ai privati, la vergogna dei vitalizi dell’Ars e la legge killer sulla Formazione/ MATTINALE 459.

Fontanarossa ai privati, la vergogna dei vitalizi dell’Ars e la legge killer sulla Formazione/ MATTINALE 459

La privatizzazione dell’aeroporto Fontanarossa di Catania non è la solita operazione di ascarismo: è la capitolazione finale che aprirà la strada alla fine dell’agricoltura siciliana e alla privatizzazione dei beni culturali, delle autostrade, delle strade e via continuando. Il grottesco balletto sui vitalizi di Gianfranco Miccichè. La vergognosa riforma della Formazione professionale che completa la ‘macelleria sociale’ dei Governi Lombardo e Crocetta
Tre notizie – una di affari e due vergogne della politica siciliana – meritano di essere commentate. Sono la privatizzazione dell’aeroporto Fontanarossa di Catania, il tentativo di salvare i vitalizi degli ex parlamentari e dei futuri ex parlamentari di Sala d’Ercole e una riforma della Formazione professionale fatta su misura per assestare il colpo finale a circa 8 mila persone.
FONTANAROSSA AI PRIVATI – Cominciamo con la privatizzazione dell’aeroporto di Catania. Ieri e nei giorni scorsi abbiamo dato spazio  coloro i quali sono contrari alla privatizzazione del più importante aeroporto del Mezzogiorno d’Italia. L’abbiamo fatto – e continueremo a farlo – non soltanto perché a noi la privatizzazione sembra un’operazione affaristica e ‘banditesca’, ma anche perché i signori che la stanno ‘pilotando’ – a cominciare dai rappresentanti del Governo regionale – si tengono chiusi.
Perché siamo contrari alla privatizzazione? Per tanti motivi. Il rimo motivo – che è il più importante – è perché consideriamo il liberismo economico una iattura.
Il liberismo sta distruggendo l’Unione Europea. Con il liberismo i circa 500 milioni di abitanti dell’Eurozona, da cittadini, sono stati trasformati in consumatori. Con l’aggravante che non c’è nemmeno la libertà di scegliere.
L’Unione Europea – che non è un’entità astratta – decide, ad esempio, che il grano che bisogna utilizzare deve essere di un certo tipo, anche se è ‘avvelenato’. E se i regolamenti europei – che sono nati a tutela della salute pubblica – non consentono l’arrivo in Europa di grani – duri e teneri – con alti gradi di sostanze contaminanti, ebbene, si cambiano i regolamenti per consentire ai questi grani di finire sulle nostre tavole sotto forma di prodotti trasformati (pasta, pane, pizze, biscotti, dolci e via continuando).
Può sembrare una follia. Questa alimentazione provoca disturbi a milioni di persone in Europa e nel mondo, mettendo in moto un demonico ‘effetto moltiplicatore’: nel senso che moltiplica gli affari delle case farmaceutiche che propongono e vendono i ‘rimedi’ per fronteggiare i problemi creati da questi grani.
Non è un caso se chi produce certi prodotti chimici – che servono proprio per coltivare certi cereali – siano gli stessi che producono i medicinali per curarne gli effetti!
Potremmo continuare con altri esempi nel settore agroalimentare e in altri settori. Questa è l’Unione Europea che plaude alle privatizzazioni, con la ‘benedizione’ dei falliti del Partito Socialista Europeo (PSE), servi apparentemente sciocchi del liberismo dominante.
Nel caso dell’aeroporto Fontanarossa non possiamo non sottolineare il PROGETTO ASCARO di un aeroporto con 10 milioni di passeggeri all’anno – con grandi margini di miglioramento – che verrà ceduto a chi, con molta probabilità, lavora per far fallire gli agricoltori siciliani e, in generale, per cedere ai privati non siciliani l’intera Sicilia.
Catania, Siracusa, Ragusa hanno tutti i numeri per puntare sull’agricoltura, sul turismo e sui beni culturali. Peraltro con due aeroporti: quello di Catania e quello di Comiso.
Noi – concetto che ribadiamo spesso – non crediamo che la Sicilia debba esportare i propri prodotti agricoli, perché non può reggere la concorrenza di chi produce in alcuni casi munnizza a prezzi super-concorrenziali. L’agricoltura siciliana, oggi, deve puntare al consumo interno, anche per riequilibrare la propria bilancia commerciale nel settore agroalimentare. I siciliani, ogni anno, spendono circa 13 miliardi di euro per l’alimentazione; ebbene, di questi 13 miliardi, 11 miliardi di euro vengono spesi per l’acquisto di cibi che arrivano dal resto d’Italia e, soprattutto, da Paesi esteri.
Cosa vogliamo dire? Che anche l’aeroporto di Comiso, insieme con quello di Catania, deve puntare sul turismo.
Ci dicono che con la privatizzazione dell’aeroporto di Catania e dell’aeroporto di Comiso il territorio ne trarrà giovamento. Ma è solo una volgare presa in giro. Lo ribadiamo: chi trarrà giovamento da questa privatizzazione saranno i soggetti esterni alla Sicilia che già hanno messo le mani su ‘pezzi’ della nostra Isola e che, con il sistema aeroportuale tra le mani, potranno completare l’opera di colonizzazione della Sicilia.
Ci dicono che non ci sono i soldi per investire nel potenziamento dell’aeroporto Fontanarossa. Questa, forse, è la più grande fesseria messa in giro. A parte la Cassa Depositi e Prestiti e altre banche internazionali, l’urbanistica – in un territorio come la Sicilia – consentirebbe mille altre operazioni per reperire capitali.
La verità è che gli interessi in ballo sono enormi. Prendendosi l’aeroporto di Catania e di Comiso, nel giro di pochi anni assisteremo alla stretta finale sugli agricoltori siciliani e alla privatizzazione dei beni culturali, delle autostrade e, in generale, di tutto quello che potrà essere privatizzato.
Quella di Fontanarossa, per chi non l’avesse capito, è un’operazione che va ben al di là dell’ascarismo che abbiamo conosciuto fino ad oggi: è la capitolazione della Sicilia intesa come terra con una propria identità culturale.
IL GROTTESCO BALLETTO SUI VITALIZI – Contemporaneamente alla svendita di Fontanarossa assistiamo al grottesco balletto sui vitalizi degli ex parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana (e dei futuri ex parlamentari).
Chi ha svenduto e chi sta svendendo la Sicilia dovrà pure andare in pensione. Vero è che, tra meno di vent’anni, la Sicilia non sarà più dei siciliani, ma per un altro po’ di anni gli ascari di ieri e gli ascari di oggi ci saranno. E come dovranno vivere questi signori? Con meno di 5 mila, 6 mila, 7 mila, 8 mila, 9 mila, 10 mila euro al mese? Non sia mai!
Certo, c’è una legge nazionale che ha tagliato i vitalizi in tutte le Regioni italiane. A tutte tranne che alla Sicilia. Dove l’Autonomia, che non viene applicata sulle cose serie, viene invece applicata per tutelare gli interessi dei pochi. A cominciare, appunto, dagli ex parlamentari e dagli attuali parlamentari che tra qualche anno saranno ex parlamentari.
Migliaia di giovani siciliani ogni anno sono costretti a lasciare la Sicilia per mancanza di lavoro, le strade e le autostrade della nostra Isola cadono a pezzi, le Province non svolgono i servizi previsti dalle leggi perché sono senza soldi, i Comuni pensano solo a tartassare i cittadini con tasse, imposte, autovelox, Ztl, la sanità pubblica siciliana è allo sbando (ormai aspettare giornate intere in un Pronto Soccorso o, magari, morire per esempio dopo aver lasciato un Pronto Soccorso non sono più notizie…), prendere un aereo senza prenotazione, per un siciliano, significa spendere da 500 a 800 euro!
Ebbene, a fronte di tutto questo – e di altre vergogne senza fine – qual è il pensiero fisso del presidente del parlamento siciliano, Gianfranco Miccichè, da un anno a questa parte? Salvare i vitalizi degli ex parlamentari e il proprio vitalizio!
Ieri, dopo batti e ribatti, Miccichè ha diramato un comunicato che è lo specchio del fallimento della politica siciliana che lo stesso Miccichè rappresenta in modo ‘esemplare’:
“Smentisco in maniera assoluta la notizia secondo la quale sono stato a Roma per chiedere un ok sul disegno di legge sui vitalizi approvato dalla commissione dell’Ars. Abbiamo incontrato gli esperti del ministero con i quali abbiamo discusso alcuni punti su cui avevamo dei dubbi. Per quanto mi riguarda, ritengo che la proposta di legge sui vitalizi sia ineccepibile dal punto di vista costituzionale. Ma con i tecnici ministeriali non ci siamo assolutamente soffermati su questo aspetto, anche perché non è di loro competenza”.
Così Gianfranco Miccichè adesso è diventato anche “costituzionalista”: e abbiamo detto tutto!
Rimane un sentimento che va oltre la vergogna: pensare che l’Autonomia siciliana, costata sangue e fatica ai siciliani negli anni ’40 del secolo passato, sia stata ridotta a protezione dei vitalizi è veramente penoso: ma i personaggi politici di oggi sono questi: Mazzarò alla ricerca della ‘roba’…
LA LEGGE KILLER SULLA FORMAZIONE – Un’altra vergogna è rappresentata dalla legge di ‘riforma’ della Formazione professionale varata ieri dal Parlamento siciliano.
Noi facciamo nostre le considerazioni che il sindacalista Sandro Cardinale e l’ex sportellista Adriana Vitale hanno messo nero su bianco.
Cominciamo con Sandro Cardinale, dell’Unione Sindacale di Base (USB):
“E con il ddl 506/128 si decreta la mazzata finale per il lavoratori della formazione professionale siciliana, dove le tutele dei licenziati della formazione vengono eliminate. Un disegno criminoso che da anni l’assessore Lagalla tenta di mettere in atto, oggi (ieri per chi legge) ci è riuscito grazie alla complicità di tutti gli schieramenti politici, maggioranza e opposizione, tutti indistintamente hanno votato a favore della condanna di migliaia di donne e uomini già massacrati con i Governi precedenti.
I Gattopardi hanno colpito ancora.
Complimenti al Presidente Musumeci che in campagna elettorale ha promesso la risoluzione della vertenza.
Complimenti al PD, al 5 Stelle che si è astenuto.
Complimenti ai tantissimi assenti, ma soprattutto complimenti al compagno Claudio Fava che ha prestato il fianco!
Cambiano gli orchestranti ma la musica è sempre quella.
Adesso tocca a noi fargli ingoiare il ddl!!!”.
Adriana Vitale:
Una grandissima “puttanata” approvare una riforma prima di dare risposte ai lavoratori massacrati. È come comprare una nuova macchina da un nuovo concessionario prima di estinguere il debito con il vecchio.
Vergognatevi TUTTI, ma proprio TUTTI.
Non riescono a mettersi d’accordo su nulla, solo per finire di massacrare i lavoratori, si sono accordati. Pane per i denti di quelli che ci considerano zavorra e di quelli che, con la puzza sotto il naso, ci considerano figli cooptati di un sistema, dunque da cancellare. Una proposta, figuriamoci, uscita dal cilindro dal PD, artefice del nostro massacro, che ha immediatamente trovato sponda anche tra quelli che nella scorsa legislatura si battevano il petto. Evidentemente più di qualcuno aveva cambiali elettorali da estinguere.
La restaurazione è servita con gli emergenti e con nuova e fresca carne elettorale da giocarsi a tempo debito. La manciugghia ha cambiato pelle ma non sostanza.
Qual è la differenza tra chi ci ha messi in ginocchio e chi, al posto di darci una mano per alzarci, con un calcio, ci stende per terra completando l’opera?
Gli assenti hanno sempre torto, gli astenuti sono solo ignavi che mantengono il numero legale per favorire l’approvazione, chi ha votato “SI” si qualifica da solo. Nessuno ha votato “NO”, dunque tutti complici!
Pagherete a caro prezzo le lacrime e la disperazione di coloro che avete ammazzato, il male prima o poi ritorna indietro.
Ci avete fatti sentire vecchi e inutili, ci avete distrutto la vita, la serenità, la normalità. Vi arrivi il mio sdegno per intero, pusillanimi inutili.
Leggere il giubilo di chi vanta la grande prodezza, che offende la nostra intelligenza, umilia la loro stessa dignità.
Tutto questo mentre taluni fanno i viaggi in quel di Roma per garantirsi i privilegi e operare un taglietto che corrisponde a qualche cena fuori, mentre noi non ci possiamo permettere neppure il pane da mettere a tavola. Senza pudore.
Questa legge di riforma della Formazione Professionale nulla cambia alla nostra vertenza, che esula dalla Formazione in quanto tale. Il punto non è questo: il punto, per come la vivo io, è la totale mancanza di rispetto: è ignorare la voce del popolo: è considerarci nessuno: è sentirsi attraversati da quattro buffoni che hanno in mano la mia vita e quella della mia famiglia: è essere considerati una spanna sotto gli ultimi: è sentirsi invisibili.
Avrebbero dovuto, prima di approvare un qualcosa che cancella irrimediabilmente trent’anni di vita e di un vissuto, dare risposte ad un problema di sopravvivenza che loro stessi hanno causato, e non importa la mano che ha trafitto la nostra vita se chi viene dopo non pone rimedio. Quella di oggi è la lama che trafigge e si conficca nella stessa identica ferita, causando dolore che si aggiunge al dolore. Uno sfregio che brucia peggio di uno schiaffo in pieno viso, che ti sbatte in faccia la realtà cruda e nuda, che ti fa sentire piccola e indifesa, ti fa sentire nessuno.
Foto tratta da Il Belice Informa
https://www.inuovivespri.it/2019/11/27/fontanarossa-ai-privati-la-vergogna-dei-vitalizi-dellars-e-la-legge-killer-sulla-formazione-mattinale-459/#GbjMWRBrBlQroU5b.99

Cucciolo di 18mila anni fa ritrovato congelato nel ghiaccio. E’ il più antico cane della storia. - Laura De Rosa

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(Photo: S Fedorov)


Lupo? Cane? O un antenato comune? Ancora non si sa, quel che è certo è che si tratta di un esemplare risalente a 18mila anni fa, in perfetto stato di conservazione. Lo hanno ritrovato in Siberia ed è stato analizzato presso un centro specializzato di Stoccolma, il Centre for Palaeogenetics, dove al momento è conservato.
Sulla pagina Twitter del centro specializzato nello studio del Dna delle specie estinte, i ricercatori specificano che “è necessario più sequenziamento!” per capire di che animale effettivamente si tratti.
L’esemplare è stato trovato nei pressi del fiume Indigirka e ora stanno continuando ad analizzarlo 4 scienziati, Dave Stanton, Pontus Skoglund, Love Dalén e Anders Bergström.
Qualora si scoprisse che si tratta di un cane, sarebbe il più antico mai rinvenuto. Mentre se dovesse presentare Dna endogeno come lupo-cane, questa scoperta sarebbe davvero importante per ricostruire la storia genetica dei suoi discendenti.
lupo cane
A giugno, sempre in Siberia, era stata ritrovata la testa di un lupo gigante vissuto 40mila anni fa deceduto tra i 2 e i 4 anni d’età e nello stesso sito dove era sepolto il cranio, è stato scoperto anche un cucciolo di leone delle caverne in perfetto stato di conservazione. Periodo fortunato per i ricercatori siberiani!

Renzi attacca i magistrati.

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Io ritengo che un uomo delle istituzioni non dovrebbe mai scagliarsi contro un'altra istituzione.
Ciò che ha fatto e sta facendo quest'uomo, degno della fama dei suoi peggiori predecessori, è di una gravità inaccettabile, inammissibile!
Non possiamo e non dobbiamo permettere che ciò accada ancora.
Quest'uomo è nelle istituzioni non per lavorare per la società, come dovrebbe essere, ma per garantire e procurare per sè e per chi gli sta intorno e lo coadiuva un benessere economico carpito anche illegalmente e con estrema sfacciataggine.

Quest'uomo crede di essere al di sopra della legge, di essere un intoccabile, emulo dei peggiori politici succedutisi nel tempo in questa povera Italia distrutta dalla corruzione.
Spero che la magistratura faccia il suo dovere e ci liberi da personaggi di questo bassissimo livello intellettuale e morale.

Spero che la politica ritorni a rifulgere nel suo ruolo principale che è quello della tecnica, dell'arte di governare uno stato.

cetta.

Natale ad Hammamet. – Marco Travaglio


Sullo scandalo Open si leggono così tante scemenze, fra l’altro copiate da B. senza pagargli i diritti d’autore, che è meglio mettere qualche puntino sulle i.
“Mi scuso con le persone perbene perquisite perché colpevoli di contribuire in modo onesto alla politica. Subiscono la gogna mediatica pur avendo seguito le regole con la massima trasparenza” (Matteo Renzi). Gli imprenditori in questione non sono stati perquisiti per la loro “onestà” e “trasparenza”, ma perché sospettati di aver finanziato la fondazione renziana Open dal 2012 al 2018, cioè dall’inizio della scalata al Pd fino all’ultima débâcle elettorale, aggirando la legge sul finanziamento privato ai partiti. Come? Pagando una fondazione anziché un partito o suoi eletti. Con due possibili finalità, tutt’altro che incompatibili fra loro: non far sapere di foraggiare Renzi (possibili illecito finanziamento e appropriazione indebita, anche tramite false fatture) e ricevere favori dal suo governo e/o partito (possibile traffico d’influenze).
“Non si può abolire il sostegno pubblico ai partiti e poi demonizzare quello privato” (Matteo Orfini, deputato Pd). Il finanziamento pubblico fu abolito dagli italiani nel referendum del ’93, truffaldinamente riesumato sotto le mentite spoglie del “rimborso elettorale” e riabrogato nella forma diretta dal governo Letta nel 2014 anche col voto di Orfini. Ma il “sostegno privato” è sempre stato lecito, solo che qui non c’entra una mazza: i soldi arrivavano a una fondazione, cioè a una società privata messa su da politici e pubblici ufficiali come Renzi, Boschi, Lotti, Bianchi, Carrai & C. che nascondeva i donatori con la scusa della privacy. La legge consente a qualunque imprenditore di dare soldi a partiti e a politici, purché: il donatore li registri a bilancio (altrimenti è appropriazione indebita, falso in bilancio e frode fiscale); il percettore li dichiari nel registro parlamentare (se no è illecito finanziamento); il contributo sia gratuito e disinteressato (in caso contrario, anche se dichiarato, è corruzione). E qui risultano finanziamenti da Toto (beneficato dal governo Renzi nel 2017 con l’abbuono di 121 milioni per la concessione delle Autostrade dei Parchi). Ma non solo: l’altra fondazione renziana Eyu era finanziata da Msc Crociere (che sotto il governo Renzi firmò un contratto da 2,1 miliardi con Fincantieri e di cui Renzi scarrozzò il top manager Pierfrancesco Vigo nella visita ufficiale a Cuba); da Lottomatica (altri aiutini dal governo Renzi); da Google (devota a Renzi che fece saltare la Web tax voluta da Letta); ecc. Tutte coincidenze?
“Nel 2018 ho guadagnato 830 mila euro. Nel 2019 saranno più di 1 milione. Dovendo effettuare un anticipo bancario (per la sua nuova villa sulle colline fiorentine, ndr) ho fatto una scrittura privata con un prestito concesso e restituito in 4 mesi”. Intanto siamo curiosi di sapere chi gli ha dato quel milione. E poi l’autore del prestito di ben 700 mila euro, per una villa pagata 1,3 milioni, è l’anziana madre di Riccardo Maestrelli, imprenditore che Renzi nominò a Cassa Depositi e Prestiti nel 2015 e finanziava Open. Farsi pagare da chi si è nominato a cariche pubbliche è inelegante. Come minimo, è conflitto d’interessi.
“Chi decide come si fonda un partito? La politica o la magistratura? Colpisce il silenzio di commentatori” (Renzi). Sì, colpisce, ma nel senso opposto: Renzi dovrebbe ringraziarli, i commentatori silenti. Quando finì sotto inchiesta la Raggi, per fatti infinitamente più lievi di questi, tutti i giornali ci aprirono le prime pagine. Come quando le Iene scoprirono una baracca abusiva e una carriola abbandonata del padre di Di Maio. O quando il Corriere partì in quarta contro l’ex ministra Trenta perché occupa lecitamente (fino al 5 dicembre) un appartamento dell’Esercito. Invece ieri le prime pagine dei giornaloni si tenevano ben alla larga dal mega-scandalo Open. I pm comunque non “decidono come si fonda un partito”, anche perché indagano su una sigla chiusa prima che Renzi fondasse Iv, ma aperta mentre affondava il Pd. Si accontentano di accertare perché tanti imprenditori riempirono le casse di Open con 6 milioni in 6 anni e dove finirono i soldi, mentre il Pd era in bolletta, licenziava i dipendenti, chiudeva le sedi e pure l’Unità. Come il Psi di Craxi nell’immortale definizione di Formica: “Il convento è povero, ma i frati sono ricchi”.
“Qualcuno unirà i fili di ciò che è successo in questi mesi: a me sembra tutto chiaro. I pm sono gli stessi che hanno arrestato i miei genitori. Arresto annullato dopo qualche giorno dal Riesame” (Renzi). L’arresto di babbo Tiziano e mamma Laura fu revocato dal Riesame dopo 20 giorni, col divieto di esercitare attività imprenditoriali per 8 mesi, perché erano scadute le esigenze cautelari, non perché le accuse di bancarotta e false fatture fossero infondate, anzi: la chiusura-indagini prelude alle richieste di giudizio. Solo Renzi può menare scandalo perché, su fatti avvenuti a Firenze, indagano i pm di Firenze. E chi dovrebbe farlo: la Procura di Vipiteno? Fra l’altro il procuratore Creazzo è quello contro cui tramava Lotti con Palamara&C. L’ultimo a doversi augurare che qualcuno unisca i fili è lui: collegando le innumerevoli indagini su suoi genitori e fedelissimi, un maligno potrebbe pensare malissimo di lui.
“I pm attaccano la democrazia… Presto parlerò in Parlamento”. Qui il copyright, oltreché a B., andrebbe versato agli eredi di Craxi. Anche lui nel ’93 attaccò i pm alla Camera e chiamò in correità gli altri partiti col famoso “così fan tutti”. Poi si diede alla latitanza. Per completare l’opera, a Silvio Renxi manca poco: un mausoleo egizio nel parco della villa di Firenze e le vacanze natalizie ad Hammamet.

“Governo Renzi lo nomina in Cassa depositi e prestiti, lui presta a Matteo Renzi 700mila euro usati per comprare la villa a Firenze”.

“Governo Renzi lo nomina in Cassa depositi e prestiti, lui presta a Matteo Renzi 700mila euro usati per comprare la villa a Firenze”

A rivelarlo è l'Espresso che mette in luce alcune anomalie emerse nell'indagine della procura di Firenze sui finanziamenti alla fondazione. Il "prestito", così era la causale del bonifico, è stato fatto a giugno 2018 tramite la madre anziana dell'imprenditore Riccardo Maestrelli.
Un imprenditore nominato dal governo Renzi in Cassa depositi e prestiti Immobiliare Spa e tra i finanziatori della fondazione Open, secondo quanto rivelato da l’Espresso, ha prestato 700mila euro al senatore Matteo Renzi tramite la madre per comprare la villa sulle colline toscane. L’acquisto per un totale di 1,3 milioni di euro risale a giugno 2018, la nomina nella società pubblica di Riccardo Maestrelli al 2015. Poco dopo la pubblicazione dell’articolo, l’ex premier ha fatto una conferenza stampa da Parma durante la quale ha attaccato i pm dicendo che i loro atti sono “un vulnus per la democrazia”. Poi ha annunciato che denuncerà l’Espresso per “rivelazione di segreto bancario” e ha garantito di aver restituito il prestito nel giro di pochi mesi: “Nel 2018 ho ricevuto un importante ritorno economico dalle mie attività: 830mila euro. Nel 2019 saranno più di un milione, sono i miei proventi. Dovendo effettuare un anticipo bancario ho fatto una scrittura privata con un prestito concesso e restituito nel giro di qualche mese, quattro mesi circa”. Interpellato da l’Espresso prima della pubblicazione del pezzo aveva detto “non commento e non smentisco la notizia”.
Della villa in questione si era già parlato al momento dell’acquisto nell’estate 2018: Renzi venne criticato perché poco prima aveva detto di avere solo 15mila euro sul conto. E in quel caso l’ex premier si difese dicendo che aveva semplicemente iniziato un mutuo. E che, concluso l’acquisto, avrebbe rivelato tutte le informazioni. Di quel passaggio però non si era saputo più niente. Oggi l’Espresso scrive che i coniugi Matteo e Agnese, la casa è intestata a entrambi, hanno acquistato la villa con i soldi arrivati dalla famiglia Maestrelli. Come emerge dalle indagini della procura di Firenze sulla fondazione Open, i due coniugi il 12 giugno 2018 hanno fatto un bonifico con la causale “prestito” dal conto corrente di Anna Piccioni, anziana madre dei fratelli Maestrelli per un totale di 700mila euro. I soldi sul conto corrente dell’anziana in Cassa di Risparmio di Firenze arrivano dalla Pida spa, holding fiorentina fondata dal marito e ora gestita dai tre figli e dalla stessa Anna Picchioni. La causa del bonifico è: “Pagamento in conto acquisto 25 partecipazione Mega srl”. Il giorno dopo viene fatto un bonifico di pari importo da quello stesso conto a un altro aperto dal leader di Italia viva presso il Banco di Napoli. Il 13 giugno i coniugi ritirano i fondi chiedendo 4 assegni per 100mila euro ciascuno che sarebbero serviti per pagare la caparra.
Proprio Riccardo Maestrelli era stato nominato dal governo Renzi il 5 maggio 2015 nel cda di Cassa depositi e prestiti Immobiliare Spa. L’imprenditore, come raccontato dal Fatto Quotidiano nel 2016, è proprietario dell’hotel di Forte dei marmi dove l’ex premier fa le vacanze (e ci ha tenuto più volte a specificarlo, sostiene di pagare nonostante l’amicizia). Maestrelli è noto che abbia finanziato la campagna elettorale per le amministrative a Firenze di Matteo Renzi nel 2013. Scrive sempre il settimanale che il marito della Picchioni e padre dell’imprenditore, Egiziano Maestrelli, stando a quanto ricostruito nell’inchiesta su Open, era tra i principali finanziatori della fondazione. Nel marzo 2017 ha donato 150mila euro. A febbraio 2018, dopo la sua morte, dalle srl controllate dai figli partono tre bonifici per un totale di 150mila euro.

mercoledì 27 novembre 2019

Inchiesta Open, ira di Renzi: 'Giudici decidono cos'è Partito?'

Matteo Renzi e Marco Carrai © ANSA

'Su questo si gioca la sfida decisiva per la democrazia'. Carrai indagato per finanziamento illecito.

"Chi decide oggi che cosa è un partito? La politica o la magistratura? Su questo punto si gioca una sfida decisiva per la democrazia italiana. Chiameremo in causa tutti i livelli istituzionali per sapere se i partiti sono quelli previsti dall'articolo 49 della Costituzione o quelli decisi da due magistrati fiorentini". Su fb Matteo Renzi torna all'attacco sull'inchiesta Open sostenendo che "due giudici fiorentini decidono che Open non è una fondazione ma un partito. E quindi cambiano le regole in modo retroattivo". 
"Perquisire a casa - sostiene il leader Iv - e in azienda, all'alba, persone non indagate che hanno dato lecitamente contributi alla fondazione Open è un atto senza precedenti nella storia del finanziamento alla politica. I finanziamenti alla fondazione sono tutti regolarmente tracciati: trasparenza totale! Due giudici fiorentini decidono che Open non è una fondazione ma un partito. E quindi cambiano le regole in modo retroattivo. Aprendo indagini per finanziamento illecito ai partiti! Ma come? Se era una fondazione, come può essere finanziamento illecito a un partito?". "E allora - incalza Renzi - chi decide oggi che cosa è un partito? La politica o la magistratura? Su questo punto si gioca una sfida decisiva per la democrazia italiana. Chiameremo in causa tutti i livelli istituzionali per sapere se i partiti sono quelli previsti dall'articolo 49 della Costituzione o quelli decisi da due magistrati fiorentini". Nel frattempo, provoca Renzi, "raccomando a tutte le aziende di NON finanziare Italia Viva se non vogliono rischiare: possiamo raccogliere solo microdonazioni di cittadini che non accettano questa gara al massacro contro di noi. E che al sito italiaviva.it/sostieni stanno contribuendo in queste ore, dimostrandoci solidarietà e affetto"
Iv chiede dibattito Senato, interverrà Renzi - Il presidente dei senatori Iv Davide Faraone ha scritto alla presidente Casellati per chiederle "di calendarizzare urgentemente un dibattito in Senato viste le recenti vicende giudiziarie sulle regole del finanziamento alla politica e su chi stabilisce cos'è un partito e cosa no". E Matteo Renzi è pronto a intervenire in Aula dopo lo scontro apertosi con i magistrati fiorentini sull'inchiesta Open. Il punto, è la convinzione dei renziani, è che si è aperto "uno scontro non tra politici e magistrati ma tra la politica e la magistratura" perchè i giudici titolari dell'inchiesta Open hanno aperto "un'indagine per finanziamento illecito ai partiti" anche se Open è una fondazione. "A questo punto tutti i partiti politici devono dire nella sede delle istituzioni che cosa ne pensano", alzano il tiro i renziani.
Inchiesta Open, perquisito e indagato Marco Carrai - E' finanziamento illecito a partiti l'ipotesi di reato per la quale la procura di Firenze ha indagato, nell'ambito dell'inchiesta sulla Fondazione Open, l'imprenditore Marco Carrai, amico personale di Matteo Renzi e già membro del Cda della stessa Open. Ieri la Guardia di finanza ha perquisito, su ordine della procura fiorentina, l'ufficio di Carrai notificandogli anche un avviso di garanzia. "Ho fiducia che la magistratura chiarirà presto la mia posizione. So di non aver commesso reati e di aver sempre svolto i miei compiti rispettando la legge", ha dichiarato già ieri Carrai.
S'allarga ai finanziatori l'inchiesta della procura di Firenze sulla fondazione Open, istituita per sostenere le iniziative politiche di Matteo Renzi, tra cui la Leopolda, e finita ora in un'indagine molto ampia. Oltre 30 le perquisizioni eseguite dalla Gdf in tutta Italia e ordinate dai pm che, accanto ai reati di riciclaggio e traffico di influenze illecite, ora ipotizzano quello di finanziamento illecito ai partiti. 
Perquisito e indagato l'imprenditore Marco Carrai, amico personale di Matteo Renzi e già membro del Cda della stessa Open. La Guardia di finanza ha perquisito l'ufficio di Carrai a cui è stato notificato anche avviso di garanzia. Secondo quanto emerge , l'imprenditore sarebbe stato riferimento dentro la fondazione di parte dei finanziatori su cui si è diretta l'attenzione della procura di Firenze negli ultimi sviluppi dell'inchiesta e che sono stati perquisiti oggi.
Oltre 30 le perquisizioni eseguite dalla Gdf in tutta Italia e ordinate dai pm che, accanto ai reati di riciclaggio e traffico di influenze illecite, ora ipotizzano quello di finanziamento illecito ai partiti. Su questa scia, Luigi Di Maio ha attaccato subito. "C'è un problema serio su fondi e finanziamenti ai partiti: serve subito una commissione d'inchiesta, lo chiederemo nel contratto di governo che faremo partire a gennaio", ha detto prendendo l'inchiesta come un assist per ricompattare il Governo in funzione anti-Renzi. Il quale, in serata, ha commentato duro: "E' un massacro mediatico, i fondi sono regolari. Chi ha finanziato la Open ha rispettato la normativa sulle fondazioni", "se poi altri partiti utilizzano questa vicenda per chiedere commissioni di inchiesta sui partiti e sulle fondazioni io dico che ci sto". "Anzi, rilancio - ha detto Renzi -: dovremmo allargare la commissione d'inchiesta alle società collegate a movimenti politici che ricevono collaborazioni e consulenze da società pubbliche. Italiane, certo. Ma non solo italiane". I pm, ha continuato Renzi, "sono gli stessi che hanno firmato l'arresto dei miei genitori, Creazzo e Turco (procuratore capo e procuratore aggiunto di Firenze, ndr), provvedimento annullato pochi giorni dopo dal riesame". Quindi il senatore, con amarezza, ha invitato le aziende a "non finanziare Italia Viva" per non passare "guai di immagine" e a usare il crowfunding. 
Per gli inquirenti fiorentini Open avrebbe funzionato come articolazione di partito venendo impiegata, dunque, come strumento di finanziamento illecito. Le perquisizioni sono state fatte a Milano, Firenze, Pistoia, Torino, Alessandria, Parma, Modena, La Spezia, Roma, Napoli e Bari. I finanzieri hanno cercato documenti - ma anche bancomat, carte di credito e rimborsi spese che secondo fonti investigative sarebbero stati messi a disposizione di alcuni parlamentari - in case e uffici. Sotto la lente ancora l'avvocato Alberto Bianchi, già perquisito a settembre, e i rapporti tra Open e i suoi finanziatori. L'ex presidente di Open è accusato dei reati di finanziamento illecito e traffico di influenze illecite. Altri indagati sono alcuni imprenditori titolari di società con sede a Firenze, Chieti e Roma, ai quali sarebbero contestate a vario titolo anche le accuse di autoriciclaggio, riciclaggio, appropriazione indebita aggravata e false comunicazioni sociali. Altri imprenditori, che non sarebbero indagati, sono stati perquisiti perché legati da rapporti finanziari con un consigliere della fondazione Open. Di Open, procura e GdF di Firenze stanno valutando operazioni relative alle primarie 2012 e al 'Comitato per Matteo Renzi segretario'. L'attenzione si sarebbe centrata pure su alcune ricevute di versamento da parlamentari. Gli investigatori avrebbero individuato legami, ipotizzati come anomali, tra le prestazioni professionali, rese da Bianchi e collaboratori del suo studio, e i finanziamenti avuti dalla Open. Il primo passaggio di denaro indagato è quello che coinvolge il gruppo di costruzioni Toto. Nell'agosto del 2016 Bianchi, a fronte di una fattura emessa per prestazioni professionali, ricevette dal gruppo Toto un pagamento di oltre 800mila euro, denaro che per l'accusa sarebbe stato in parte usato per finanziare Open, sui cui conti Bianchi versò 200mila euro il mese successivo. Altri 200.000 li versò al Comitato per il sì al referendum sulla Costituzione. Nello stesso anno lo studio Bianchi aveva ricevuto dal gruppo Toto circa 2 milioni per prestazioni professionali. Al vaglio i rapporti tra la fondazione e l'imprenditore Patrizio Donnini, che a sua volta, sempre nel 2016, avrebbe ricevuto dal gruppo Toto oltre 4 milioni di euro in parte con operazioni di compravendita di quote societarie effettuate dalla società immobiliare Immobil Green.