martedì 21 gennaio 2020

Se la suonano e se la cantano. - Massimo Erbetti


Se la suonano e se la cantano, insomma creano una situazione spiacevole per loro stessi e poi si lamenteranno delle conseguenze, il tutto con il solo scopo di fare le vittime, insomma fanno tutto da soli, a quale scopo? 
In Emilia i sondaggi vanno male, la Borgonzoni è la scelta peggiore che potessero fare, fa una gaffe dopo l'altra, promette in caso di vincita di fare cose che già esistono da almeno 15 anni, è così tanto impresentabile che neanche ai comizi la portano, riesce addirittura a perdere un sondaggio lanciato sulla propria pagina, insomma una scelta infelice, ma ormai la frittata è fatta e siccome le elezioni in Emilia sono, per il volere del leader, un referendum per la tenuta del governo, se dovesse perdere le cose per lui si metteranno veramente male... 
L'altro Matteo insegna... Solo un paio di mesi fa il tizio dichiarava riferendosi al caso Gregoretti: "La magistratura italiana butta soldi e tempo a perseguire me che ho agito nel pieno interesse del Paese sulla scorta di accordi internazionali e non persegue chi davvero delinque".
Poi il cambio di rotta "dirò ai miei di votare per farmi andare a processo"... Perché logicamente lui comanda, lui decide, lui ha pieni poteri ed è lui che decide cosa devono fare i suoi, non si leggono le carte, non si valuta la situazione, si fa solo quello che serve al tizio e il tizio ora ha bisogno di riconquistare la scena, deve far parlare di lui, altrimenti è finito e lo sa bene, molto bene. 

Però stavolta ha fatto male i suoi conti, la maggioranza diserta la seduta e il voto per mandarlo a processo è solo quello dei suoi...se la suonano e se la cantano...ma qualcosa sta cambiando e la canzone che stanno cantando e suonando non arriverà ai vertici delle classifiche...e noi non possiamo che esserne felici.

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Le vernici che mangiano inquinanti e riscaldano le case.



Applicare una mano di vernice sulle pareti di una casa potrebbe presto aiutare a riscaldarla, risparmiando energia e riducendo le emissioni di CO2. Potrebbe anche pulire l’aria che respiriamo, abbattendo sostanze chimiche e inquinanti ed eliminando agenti patogeni dannosi.

In Europa, metà del consumo energetico annuo delle città è destinato al riscaldamento e al raffreddamento. Nonostante il passaggio dell’UE verso la decarbonizzazione, il 75% del riscaldamento e del raffreddamento proviene da combustibili fossili, mentre solo il 19% è generato da energia rinnovabile .

“Le energie rinnovabili non sono ampiamente utilizzate e si spreca molta energia”, ha affermato il professor Dmitry Shchukin dell’Università di Liverpool, nel Regno Unito.

Per questo ha sviluppato una vernice termoregolante in grado di assorbire e rilasciare calore all’interno degli edifici in mattoni, mantenendo le stanze calde quando necessario utilizzando l’energia in eccesso.

“L’idea principale era quella di ristrutturare vecchie case con tali vernici”, ha detto il prof. Shchukin. “Se hai una vecchia casa storica, ad esempio, non puoi distruggerla e costruirne una nuova. Gli edifici sono i maggiori consumatori di energia. La maggior parte sono vecchi e inefficienti dal punto di vista energetico e sono responsabili di circa il 40% del consumo totale di energia e del 36% delle emissioni di anidride carbonica (CO2) nell’UE”.

La vernice, che è stata sviluppata nell’ambito di un progetto chiamato ENERPAINT, potrebbe essere usata come una forma di isolamento per aumentare l’efficienza energetica delle vecchie case senza spendere una fortuna. Durante il giorno, raccoglie il calore prodotto dai radiatori o persino dalle persone, quindi lo rilascia durante la notte quando le temperature scendono perché le caldaie vengono solitamente spente per risparmiare sulle bollette.

“Funziona in modo molto semplice”, ha detto il prof. Shchukin. “I produttori di vernici e rivestimenti hanno le proprie vernici e noi forniamo solo alcuni additivi – circa il 5% – alla vernice. Questi additivi sono i cosiddetti materiali a cambiamento di fase (PCM), come paraffine, idrati di sale e acidi grassi, racchiusi in capsule protettive di dimensioni nanometriche che migliorano il trasferimento di calore. I PCM possono immagazzinare grandi quantità di energia termica e cambiare stato – da solido a liquido e viceversa – senza alterare la propria temperatura. Durante il giorno, quando queste nanocapsule di energia assorbono e immagazzinano il calore alla loro temperatura di fusione, i PCM si trasformano in liquidi e durante le notti fredde si cristallizzano a una temperatura definita, rilasciando calore e riscaldando l’ambiente”, spiega il Prof. Shchukin.

Le aziende europee, cinesi e russe stanno mostrando interesse per questa innovativa ricerca e  ora spera di realizzare nanocapsule per vernici che possano aiutare a raffreddare gli edifici.

Un altro tipo di vernice sviluppata e commercializzata, chiamata Airlite, utilizza nanoparticelle per purificare l’aria. Queste vernici possono ridurre le sostanze inquinanti, come il biossido di azoto, uccidere batteri, virus e muffe, rimuovere i cattivi odori e respingere polvere e sporco.

La vernice Airlite, realizzata dalla start up italiana Advanced Materials, è stata testata per la prima volta nel 2007 nel Traforo Umberto I a Roma. Dopo aver pulito il tunnel e aver rimosso tutta la fuliggine e lo sporco, è stato dipinto con una mano di vernice neutralizzante inquinante. Sono state installate luci UV per attivare le proprietà fotocatalitiche della vernice.

“I livelli di inquinamento si sono ridotti nel tunnel dopo il rinnovamento”, ha affermato Leighton di AM. Ad esempio, un mese dopo i lavori di ristrutturazione, i livelli di ossido di azoto si erano ridotti del 20% al centro del tunnel . Da allora la vernice è stata utilizzata in ospedali, scuole, aeroporti, uffici e case in tutto il mondo.

L’anno scorso, 21 artisti di strada hanno utilizzato questa vernice per creare il primo murale europeo che consuma inquinamento, che si estende su 100 mq di un edificio di sette piani a Roma.



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Beppe è sempre all'avanguardia su tutto.
Ricordo che tanti anni fa, quando approcciai il suo blog, incominciai a sentir parlare di ecosistema e dei danni che stavamo causando al pianeta.
Ma era un comico e nessuno gli dette importanza.

Cetta

lunedì 20 gennaio 2020

Cara Meloni, cosa ha fatto per l’Italia? - Luisella Costamagna

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Cara Giorgia Meloni, l’altra sera da Mario Giordano ho registrato per lei una domanda Fuori dal Coro, che diceva testualmente: “Il Times l’ha inserita tra le 20 persone che cambieranno il mondo. Per il futuro, vedremo. Ma per il passato, essendo lei in politica da un quarto di secolo, anche con ruoli importanti di governo e istituzionali – ministro, vicepresidente della Camera, deputata – com’è che, in tutto questo tempo, non dico il mondo, ma almeno un po’ l’Italia non è riuscita a cambiarla?”. Nella sua risposta – al di là dell’esordio ironico “Mi vuole un gran bene Luisella Costamagna… da sempre” – ha rivendicato quanto fatto da ministro della Gioventù, “il massimo con cui mi sono potuta misurare”, “per il resto sono sempre stata all’opposizione e pure da lì qualche cosuccia sono riuscita a portarla a casa, tipo i seggiolini Salva Bebè, approvati dal Parlamento in questa legislatura”. Applausi del pubblico.
Cara Meloni, tanto tengo a lei e alla sua (ir)resistibile ascesa (FdI oltre il 10% nei sondaggi), che non posso fare a meno di sopperire alla sua umiltà ricordando che lei di cose ne ha fatte eccome. Già, perché in questi 25 anni di carriera politica, in cui ha polverizzato tutti i record di ruoli ricoperti in giovane età, non è “sempre stata all’opposizione”, anzi, è stata a lungo al governo con Berlusconi e la Lega, votando le leggi ad personam (Lodo Alfano, legittimo impedimento…), le misure economiche e fiscali che ci rendono il “paradiso” che siamo oggi, su su fino all’epocale Ruby nipote di Mubarak. Da donna avrà agito in buona fede: non in difesa di Berlusconi (certo che no!), bensì della giovane marocchina e del suo sogno di avere radici certe. Era il 2011, di lì a poco – dopo un’estate più che sprint, spread – Berlusconi si dimise e nacque il governo Monti. E lei? Pancia a terra, da grande lavoratrice qual è, a sostenerlo e votare i provvedimenti Salva Italia cui il suo ex governo ci aveva costretti (e su cui ora lei dà battaglia): la legge Fornero, il ritorno della tassa sulla prima casa (Imu), l’abbassamento del tetto sull’uso del contante. Pure il Fondo Salva-Stati, che adesso la manda in “Bestia” sui social con Salvini, fu istituito dal governo in loden che lei (non la Lega) appoggiava. E pure sull’odiato Fiscal Compact, imposto dall’Europa matrigna, invece di dire no preferì non partecipare al voto.
Su una cosa, va riconosciuto, ha tenuto il punto: il taglio dei costi della politica. Almeno dei parlamentari, visto che ha votato sì e non ha firmato per il referendum. Non si può dire altrettanto, invece, dell’abolizione delle Province: la “nuova” Meloni oggi condivide l’insofferenza popolare verso i “carrozzoni”, ma la “vecchia” votò nel 2011 contro la soppressione delle Province in Costituzione.
Cara Meloni, per tornare alla mia domanda iniziale, lei sicuramente più che “stella nascente”, come l’ha definita il Times, è “già nata” parecchi anni fa (quelli so’ inglesi e nun ricordano). Ma “stella” del firmamento della politica italiana resta comunque. Per farla brillare ancora di più in futuro, ci permettiamo solo due consigli: 
1) faccia i conti col suo passato, invece di puntare sulle dimenticanze sue e degli italiani; 
2) combatta anche doppi incarichi e assenteismo: c’è ad esempio una deputata, leader di partito, che non lascia la poltrona di consigliere comunale a Roma, anche se va poco sia all’Assemblea Capitolina (solo 6 sedute su 60 nel 2019) sia alla Camera (assente al 71% delle votazioni in questa legislatura, sestultima in classifica). In compenso impazza in tv. 
La conosce?
Un cordiale saluto.

Amenità.





domenica 19 gennaio 2020

Molecola contro osteoporosi, la firma di una ricercatrice barese. - Francesca Di Tommaso

Molecola contro osteoporosi, la firma di una ricercatrice barese
La scienziata barese Maria Grano.

«Ci hanno tenuti sul filo per tre anni. Ma finalmente il brevetto americano è stato concesso». Una gran massa di capelli corvini e due occhi di carbone che brillano emozionati: la scienziata Maria Grano non nasconde la soddisfazione. La «sua» creatura, quella molecola Irisina che sconfigge l’osteoporosi, ha superato l’ultimo ostacolo burocratico per la vendita del farmaco in tutto il mondo.

«Dopo la concessione del brevetto italiano, nel 2016, ed europeo l’anno successivo, è arrivata la concessione statunitense. Dagli Usa ci hanno fatto soffrire: molte obiezioni benché i dati fossero inconfutabili - racconta Grano -. I ricercatori americani tendono a proteggere i brevetti interni. Ed erano un po’ piccati dal fatto che, benché fossero stati loro a scoprire l’Irisina, non avevano colto il suo ruolo primario nella lotta all’osteoporosi. Ora, aver ottenuto il brevetto americano significa che la vendita del farmaco, una volta sviluppato, può avvenire solo pagando il titolare del brevetto, ovvero l'università di Bari. Chiunque lo utilizzi per la cura dell'osteoporosi dovrà prendere accordi e dare le royaltes ad Uniba. Considerando che nel mondo gli osteoporotici sono oltre 200 milioni - continua la scienziata - si tratta di un mercato molto importante».

Maria Grano si è laureata a Bari. Qui dal 1987 si occupa di studi sul metabolismo osseo. Qui, dopo sette lunghi anni di precariato, è diventata ordinario di Istologia ed embriologia nella scuola di Medicina dell’ateneo barese e capo del team di ricerca. Quanti lavorano sull’Irisina? «Silvia Colucci, Giacomina Brunetti, Graziana Colaianni, Lorenzo Sanesi, Giuseppina Storlino, Giorgio Mori. Associati, ricercatori e dottorandi. L’80% donne - sorride Grano - in un laboratorio che lavora dalle nove del mattino alle nove di sera. Con una passione e un entusiasmo sorprendenti». Gli studi proseguono grazie ad un finanziamento regionale nell'ambito di un progetto chiamato «TecnoMedPuglia per la medicina di precisione». La produzione di un farmaco ha un percorso lunghissimo e costosissimo. «In pratica sono sempre in giro a divulgare la ricerca ma soprattutto a raccogliere fondi» chiosa Grano.

Da piccola, la scienziata nata ad Acri ma barese d’adozione, voleva fare il chimico. Nelle sue ricerche, l'Irisina compare nel 2012, quando questa molecola, prodotta dal muscolo durante l’esercizio fisico, viene scoperta da un gruppo di ricercatori di Harvard. E ad Harvard scoprono che Irisina trasforma il grasso bianco, cattivo, in grasso bruno, buono. Negli Usa, si apre così un nuovo mondo per la cura dell’obesità.

Maria Grano, invece, guarda oltre. E scopre che il ruolo principale dell'Irisina non è tanto sul grasso quanto sullo scheletro. Ha un’azione sia preventiva che curativa dell’osteoporosi. Fortifica le ossa, potrà cambiare la vita di anziani e malati che, impossibilitati a muoversi, non producono naturalmente la molecola. Il farmaco «farà attività fisica» al loro posto.

Dal 2000 la Grano coordina progetti di ricerca di Biomedicina spaziale per lo studio dell’osteoporosi e delle funzioni ossee in microgravità, in collaborazione con le Agenzie spaziali Asi, Esa e Nasa. «Gli astronauti, in assenza di gravità, perdono massa ossea e massa muscolare per assenza di peso -spiega la ricercatrice - Lo spazio rappresenta quindi per noi un laboratorio dove studiare l’osteoporosi. Anche perché nello spazio tutto avviene più rapidamente che sulla Terra. Per esempio, la massa ossea che perde un astronauta in un mese equivale più o meno a quello che un paziente, sulla Terra, perde in un anno». Ma le agenzie spaziali, che per un mese hanno ospitato a bordo della stazione spaziale internazionale partita dalla base Nasa di Cape Canaveral un esperimento in presenza di Irisina, sono interessati anche in prospettiva allo sviluppo della missione su Marte che prevede tempi lunghissimi di permanenza nello spazio.

I dati della missione di Cape Canaveral sono stati analizzati «Il lavoro non è stato ancora pubblicato ma vi posso assicurare - conclude Grano - che gli effetti di Irisina sono veramente impressionanti. Le cellule che fanno osso nello spazio senza trattamento si azzerano». L’agenzia spaziale europea ha finanziato un nuovo progetto. Quando si può ipotizzare la produzione del farmaco? «Gli studi su modelli animali di osteoporosi sono promettenti. Ora stiamo procedendo alla produzione industriale di Irisina, perché bisogna produrre una molecola pura, certificata - spiega Grano - Tra studi di tossicità e sperimentazione umana, presumibilmente nel 2025».

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/bari/1198648/molecola-contro-osteoporosi-la-firma-di-una-ricercatrice-barese.html?fbclid=IwAR0-pYSD2Ch9ybvapGXpjMf3W0USxHLRcsWozgzLf8pQ_0QC4ZwKm5WS-Yk

Il bottino di Bettino: ecco la lista delle spese private. - Marco Travaglio


Nel giorno del pellegrinaggio ad Hammamet con figli d’arte, complici, coimputati, miracolati, noti ladroni o aspiranti tali (chi non è capace a rubare invidia tanto chi ci riesce), scassinatori, pali e addetti al piede di porco, ci uniamo anche noi al ricordo dell’indimenticabile statista pregiudicato morto latitante 20 anni fa.
Purtroppo il nostro è il ricordo di chi ricorda, non di chi s’è scordato tutto o non sa nulla, come l’intera stampa italiana, che da giorni riempie paginate su Bettino senza mai citare il bottino.
L’inviata del Corriere sul luogo del delitto e del relitto, per dire, si domanda pensosa se Craxi fosse “latitante, come accusano gli esponenti del M5S (sic, ndr) o esule, come vorrebbe la figlia” e si risponde che “l’enigma ancora divide. Ma il tempo della damnatio memoriae può dirsi finito”. Invece è appena cominciato, a giudicare dalla sua, di memoria, e da quella degli altri “giornalisti” all’italiana.
Segnatevi questa data: 29 settembre 1994. Mentre il premier Silvio B. compie 58 anni, il pool Mani Pulite fa arrestare Giorgio Tradati, vecchio amico di Craxi e uno dei prestanome dei suoi conti esteri. Il 4 ottobre il pm Antonio Di Pietro lo fa deporre al processo Enimont. E il suo racconto rade al suolo la difesa di Craxi sui “finanziamenti irregolari alla politica”:
“Nei primi anni 80, Bettino mi pregò di aprirgli un conto in Svizzera. Io lo feci, alla Sbs di Chiasso, intestandolo a una società panamense (Constellation Financière). Funzionava così: la prova della proprietà consisteva in una azione al portatore, che consegnai a Bettino. Io restavo il procuratore del conto… il prestanome”. Lì cominciano ad arrivare “somme consistenti”: nel 1986 sono già 15 miliardi. E altri 15 su un secondo: quello che Tradati, sempre su input di Bettino, intesta a un’altra panamense (International Gold Coast) presso l’American Express di Ginevra. Ma stavolta c’è una variante: un conto di transito, il Northern Holding, messo a disposizione da un funzionario della banca, Hugo Cimenti, per rendere meno individuabili i versamenti.
Come distinguevate – domanda Di Pietro – i bonifici per Cimenti da quelli per Craxi-Tradati? Risposta: “Per i nostri si usava il riferimento “Grain”, che vuol dire grano…”. Risate in aula. Poi con Tangentopoli tutto precipita. “Intorno al 10 febbraio 1993 Bettino mi chiese di far sparire il denaro dai conti, per evitare che fossero scoperti dai giudici di Mani Pulite. Ma io rifiutai… avrei inquinato le prove… E fu incaricato un altro. I soldi non finirono al partito… Hanno comprato anche 15 chili di lingotti d’oro (poi ritrovati dai giudici elvetici, per un valore di 300milioni di lire, ndr).
Craxi rimpiazza Tradati e affida i suoi conti a Maurizio Raggio, ex barista di Portofino, strano personaggio con interessi in Italia e all’estero, fidanzato con la contessa Francesca Vacca Agusta, vecchia amica di Craxi. Raggio si precipita in Svizzera, svuota i conti e si ritrova fra le mani 40 miliardi di lire. Di Pietro sguinzaglia i carabinieri a Portofino, dove vive con la contessa a Villa Altachiara. Troppo tardi. La coppia se l’è già svignata in motoscafo, prima a Montecarlo, poi in Messico. Cimenti intanto conferma ai pm: Raggio ha lasciato sui conti solo un milione di dollari e trasferito il resto su depositi alle Bahamas, alle Cayman e a Panama.
Intanto Tradati continua a raccontare: “I prelievi dai conti svizzeri di Craxi servivano anzitutto per finanziare una tv privata romana, la Gbr di Anja Pieroni (una delle amanti, ndr)… e acquistare un appartamento a New York e uno a Barcellona”.
Donne e motori. Il resto lo racconta Raggio, arrestato il 4 maggio ’95 in Messico, dal carcere di Cuernavaca.
In poco più di un anno di latitanza, ha speso 15 miliardi su 40. Il resto, l’ha riportato a Craxi, latitante ad Hammamet, che gli ha detto come e dove spenderlo. La sua deposizione verrà autenticata dal Tribunale e dalla Corte d’appello di Milano, nelle sentenze del processo All Iberian confermate dalla Cassazione (Craxi e B., condannati in primo grado e prescritti in appello).
Ecco quella d’appello: “Craxi dispose prelievi… sia a fini di investimento immobiliare (l’acquisto di un appartamento a New York), sia per versare alla stazione televisiva Roma Cine Tivù (di cui era direttrice generale Anja Pieroni, legata a Craxi da rapporti sentimentali) un contributo mensile di 100 milioni di lire… Dispose l’acquisto di una casa e di un albergo (l’Ivanhoe, ndr) a Roma, intestati alla Pieroni”. Alla quale faceva pure pagare “la servitù, l’autista e la segretaria”.
A Tradati diceva sempre: “Diversificare gli investimenti”. E Tradati eseguiva, con varie “operazioni immobiliari: due a Milano, una a Madonna di Campiglio, una a La Thuile”. Senza dimenticare gli affetti familiari: una villa e un prestito di 500 milioni per il fratello Antonio (seguace del guru Sai Baba) bisognoso di soldi per una mostra itinerante e una fondazione dedicate al santone indiano.
Intanto il Psi è finito in bolletta per l’esaurimento delle mazzette e prima il tesoriere Vincenzo Balzamo, poi i segretari Giorgio Benvenuto e Ottaviano Del Turco, non sanno più come pagare i dipendenti. Ma Craxi se ne infischia e tiene tutto per sé. Poi vengono le spese di Raggio: 15 miliardi per “il mantenimento della sua detenzione” in Messico e la latitanza in Centroamerica con la contessa e certe distrazioni piuttosto care: 235.000 dollari “per un’amica messicana”; e una Porsche acquistata a Miami.
Case, aerei e Bobo. Il resto rimase nella disponibilità di Craxi, che da Hammamet commissionò a Raggio alcune spesucce: l’acquisto di “un velivolo ‘Citation’ del costo di 1,5 milioni di dollari”, l’estinzione di un “mutuo personale” acceso da Raggio (circa 800 milioni di lire), le parcelle degli avvocati e una raffica di “bonifici specificatamente ordinati da Craxi, tutti in favore di banche elvetiche, tranne che per i seguenti accrediti”: 100.000 dollari al finanziere arabo Zuhair Al Katheeb; 80 milioni di lire alla Bank of Kuwait Ltd “in pagamento del canone relativo a un’abitazione affittata dal figlio di Craxi in Costa Azzurra”. Il povero Bobo – spiega Raggio – “aveva affittato una villa sulla Costa nell’ottobre-novembre 1993, per sottrarsi al clima poco favorevole creatosi a Milano”.
Dunque, conclude il Tribunale, i conti di Craxi servivano “alla realizzazione di interessi economici innanzitutto propri” e “Craxi è incontrovertibilmente responsabile come ideatore e promotore dell’apertura dei conti destinati alla raccolta delle somme versategli a titolo di illecito finanziamento quale deputato e segretario esponente del Psi. La gestione di tali conti… non confluiva in quella amministrativa ordinaria del Psi, ma veniva trattata separatamente dall’imputato tramite suoi fiduciari, così da mettere in difficoltà lo stesso Balzamo…
Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito questi conti, se non per soccorrere finanziariamente Gbr, in cui coltivava soprattutto interessi ‘propri’”. E, da vero uomo d’affari, “si informava sempre dettagliatamente (con Tradati, ndr) dello stato dei conti esteri e dei movimenti sugli stessi”.
I tesori nascosti. Le rogatorie dalla Svizzera confermano che Tradati non mente. E dimostrano che sui conti di Craxi, nel 1991, mentre l’amico Bettino imponeva la legge Mammì scritta su misura per la Fininvest, Berlusconi bonificava 23 miliardi di lire in più rate tramite la società occulta All Iberian.
Nessuna risposta, invece, avranno le rogatorie del pool sugli altri tesori di Craxi: quelli gestiti da altri tre prestanome – Gianfranco Troielli, Mauro Giallombardo e Agostino Ruju – su conti e società fantasma fra Hong Kong, Singapore, Bahamas, Cayman, Liechtenstein e Lussemburgo. Tutti miliardi rimasti inaccessibili, almeno ai giudici.
Chissà mai chi ci campa a sbafo da 26 anni.

https://www.facebook.com/giuseppe.stelluti/posts/2895436570517063

Lega, niente multe al candidato Salvini. Che reclama l’immunità e non le paga.- Thomas Mackinson

Lega, niente multe al candidato Salvini. Che reclama l’immunità e non le paga

Salvini e il suo autista sono in corsa per le amministrative di Milano. Corrono anche in città: a 90 all'ora, in città. Quando si beccano il verbale non fanno come tutti i milanesi, che pagano, ma mettono di mezzo i legali del Carroccio. Il risultato è un ricorso che fa leva sul "ruolo istituzionale" e sul "rischio sicurezza". Sei mesi fa se la prese con Napoli "capitale delle multe evase".
Matteo Salvini e il suo autista sono in corsa per le amministrative di Milano. E in città vanno proprio forte, a 87 chilometri all’ora per l’esattezza. Quando beccano la multa però non fanno i milanesi che pagano, ma mettono in mezzo gli avvocati del partito. Tutto per non sborsare 165 euro di sanzione al Comune che si propongono di amministrare e salvare i punti della patente del dipendente della Lega. Il risultato è un surreale ricorso che fa leva sul “ruolo istituzionale” e sul “rischio sicurezza“. La multa risale al 9 novembre scorso, di prima mattina, mentre l’auto di servizio della Lega passava a gran velocità su viale Enrico Fermi, dove il limite è 70, diretta alla sede della Lega lì a due passi.
Salvini, capolista a Milano nonché candidato a leader di tutto il centrodestra, sta dietro. Davanti c’è Aurelio Locatelli, lo storico autista dei big del Carroccio con licenza di agente di pubblica sicurezza che, scarrozzando Salvini, s’è guadagnato pure lui la sua candidatura. E allora: nessuno rallenti la corsa elettorale dei due compagni di viaggio uniti dal partito, dal motore a scoppio e da un singolare ricorso. In via Bellerio la pensano così ma prendono l’imperativo un po’ troppo alla lettera. Su procura del segretario, i legali del Carroccio hanno infatti chiesto di annullare la sanzione con un ricorso di sei pagine depositato l’11 marzo scorso. Non contestano affatto la violazione, certificata da telecamere ben note ai milanesi, ma rivendicano una sorta di “immunità” da codice della strada per il leader.
In premessa ricordano che il segretario “ricopre incarichi istituzionali e che, per ragioni politico istituzionali, deve presenziare…”. Si tenga cioè presente l’alto valore trasportato. Salvini finisce così nel pubblico registro dei politici furbetti, quelli che prendono le multe come tutti i cittadini ma pretendono di non pagarle, perché al di sopra di regole e leggi buone solo per gli elettori. Un titolo che non farà felice il popolo leghista e mal si sposa con l’immagine da tribuno della rabbia popolare contro i privilegi della Casta. Non solo, giusto sei mesi fa il leghista aveva eletto Napoli “capitale delle multe evase”, attirandosi prevedibili polemiche: ora si scopre che Milano e Salvini non sono da meno, anzi.
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Il passaggio forse più ardito verte su ragioni imperative di sicurezza. I legali ricordano che il loro assistito ha subito “recenti e gravissimi attacchi alla sua persona e alla vettura su cui viaggia” e per questo la sua auto “è regolarmente preceduta e scortata da vetture condotte da agenti delle Forze dell’Ordine”, sostenendo una sorta di diritto transitivo a commettere violazioni. È vero, argomentano, che l’auto della Lega è una vettura privata e come tale non può eludere limiti e divieti, come una volante che invece può farlo nei limiti di prudenza e diligenza e “nell’espletamento dei servizi di istituto”, cioè accendendo la sirena. Ma – scrivono – “tale obbligo può ritenersi assolto nella misura in cui l’auto di proprietà della Lega Nord viene affiancata e/o preceduta costantemente da una vettura della PS con apposito dispositivo attivo”. Ammesso che sia così, c’è un problema: le foto scattate al varco elettronico mostrano l’auto di Salvini in perfetta solitudine sul ponte. Nessuna volante, né davanti né di fianco. Così, la multa per ora resta e tocca vedere che cosa ne farà il Prefetto, mentre si scopre un’altra funzione di estrema utilità della scorta ai politici: far da paraurti alle multe che si meritano, perfino nelle città che vorrebbero amministrare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/12/lega-niente-multe-al-candidato-salvini-che-reclama-limmunita-e-non-le-paga/2715364/?fbclid=IwAR03BGGOMRPfVbxuL0y6c7oyFlObliur9ToLjzAKFTwJyHamfMN5FzHEtG0