Raimondo Ibba, dei Socialisti Uniti, aveva utilizzato illecitamente 135mila euro prelevati dai fondi destinati ai gruppi politici. Ma, dopo tre anni, conserva ancora tre incarichi.
Da consigliere regionale dei Socialisti Uniti, nel febbraio del 2017 è stato condannato per peculato per aver utilizzato illecitamente 135mila euro prelevati dai fondi destinati ai gruppi politici. Pochi mesi dopo, stavolta in qualità di presidente dell’Ordine dei medici di Cagliari, la stessa Regione lo ha nominato presidente della commissione d’esame per l’accesso alla formazione specifica in Medicina dietro un gettone onnicomprensivo di 10mila euro. Quell’incarico però, Raimondo Ibba non avrebbe potuto ricoprirlo, visto che le norme precludono ai condannati per reati contro la pubblica amministrazione – a cominciare dal peculato – ogni incarico pubblico. E questo fin dal primo grado di giudizio, come specifica il decreto legislativo 39 del 2013, al comma 6 dell’articolo 3. Ecco perché fin dal 29 settembre 2017 l’assessorato regionale alla Sanità non avrebbe potuto assegnare, come invece ha fatto, la presidenza della commissione d’esame al neo-condannato Ibba. E invece negli ultimi tre anni il professionista ha guidato almeno sette commissioni e ancora oggi riveste ulteriori incarichi che, per legge, non potrebbe ricoprire.
Il fil rouge è stato reciso solo pochi giorni fa, quando gli uffici regionali dell’assessorato alla Sanità hanno per la prima volta richiesto a Ibba la ‘Dichiarazione di insussistenza cause di inconferibilità’. Un documento che nella pubblica amministrazione non è certo una novità, visto che per ottenere ogni incarico pubblico, dal 2013, andrebbe presentato. “E invece fino a pochi giorni fa, anche dopo la condanna, non mi hanno mai chiesto niente”, commenta oggi Ibba.
L’eminenza bianca dei camici cagliaritani risulta Raimondo solo all’anagrafe. Per tutti è Mondino, nato nel 1950 a Quartu Sant’Elena e di “religione cattolica”, specifica nel curriculum zeppo di specializzazioni e incarichi. Fa parte, giusto per fare un esempio, del comitato centrale della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Nell’isola è il dominus indiscusso dei camici bianchi fin dal 1980, quando fresco di laurea viene eletto per la prima volta alla guida dell’organo di autogoverno dei medici di Cagliari. Un posto che occupa ancora oggi, senza soluzione di continuità: confermato dai colleghi per quarant’anni di fila. Un record che non hanno insidiato neppure le ultime elezioni dell’Ordine, nel novembre 2017: premiato dalle urne nonostante la condanna per peculato arrivata nove mesi prima.
E premiato anche dall’assessorato regionale alla Sanità, che dopo il primo incarico post-condanna – settembre 2017, come detto – fino a oggi ha assegnato la presidenza della commissione d’esame dei concorsi a Mondino Ibba almeno altre sei volte. Senza contare gli incarichi degli anni precedenti, quando il più delle volte il vice in commissione d’esame era il collega Luigi Arru, medico e assessore regionale alla Sanità nella giunta di centrosinistra di Francesco Pigliaru, dal 2014 al 2019. Retribuzione per ogni presidenza di commissione, come emerge da alcuni documenti riservati in possesso de ilfattoquotidiano.it: circa 10mila euro. Che si sommano ai 3.813 euro netti mensili che Ibba percepisce dal consiglio regionale – ‘parte lesa’ nel processo sui fondi ai gruppi – come vitalizio per i dieci anni trascorsi nel parlamento isolano, dal 1999 al 2009, graniticamente tra i banchi socialisti. A far da contraltare al profluvio di denaro partito dalla Regione verso il conto corrente di Ibba, i 135mila euro contestati dal pm Marco Cocco al processo sui fondi ai gruppi che il politico col Garofano all’occhiello ha restituito al consiglio regionale pochi mesi prima della condanna in primo grado.
Per il resto, tra presidenze di commissioni d’esame, ulteriori incarichi e vitalizio, il flusso di denaro è stato a senso unico: dalla Regione a Ibba. Almeno fino a pochi giorni fa, quando l’assessorato ha per la prima volta subordinato la nomina alla presentazione della dichiarazione di assenza di cause d’inconferibilità. “A quel punto ho consultato i miei avvocati. Hanno sollevato forti dubbi sulla legittimità giuridica della norma ma nonostante questo – dice Ibba – non avevo e non ho alcuna intenzione di entrare in conflitto con la Regione e con la pubblica amministrazione in genere. Quindi ho fatto un passo indietro e al mio posto ho designato il vicepresidente dell’Ordine”.
Rimangono in piedi altri tre incarichi: oltre alla presidenza dell’Ordine, che giuridicamente è un ente di diritto pubblico, su proposta dell’Associazione mutilati e invalidi il 18 marzo 2019 Ibba è stato nominato componente della commissione medica per il riconoscimento della invalidità civile, handicap e disabilità dell’Ats, l’azienda sanitaria unica della Sardegna. Pochi giorni dopo, il 26 marzo 2019, è arrivata la condanna in appello per peculato. Ciò nonostante, dopo due mesi, l’ennesimo incarico arriva ancora dall’assessorato alla Sanità, che il 13 maggio 2019 inserisce Ibba nel Comitato tecnico scientifico per la formazione specifica in medicina generale. Che deve essere composto, dice la legge, dal presidente dell’Ordine dei medici del capoluogo di regione o da un suo delegato. Stesso discorso vale per la presidenza delle commissioni d’esame. Si tratta di direttive che sembrerebbero scontrarsi con il principio della netta separazione tra ambito politico e amministrativo, tanto che pochi giorni fa gli uffici regionali si sono rivolti all’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, per un parere sull’applicabilità della norma. Ciò non toglie che la condanna in primo grado del 2017 abbia modificato per tabulas le carte in tavola e sbarrato in automatico ogni incarico a favore di Mondino Ibba. Già tre anni fa.
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Di solito, chi entra a far parte della politica non lo fa per il bene comune, ma per un proprio tornaconto.
In pochi, una percentuale bassissima, lo fa per il bene comune e, solitamente, viene fatto fuori da chi non la pensa allo stesso modo e fa di tutto per salvaguardare e mantenere il proprio stato.
In pochi, una percentuale bassissima, lo fa per il bene comune e, solitamente, viene fatto fuori da chi non la pensa allo stesso modo e fa di tutto per salvaguardare e mantenere il proprio stato.
Cetta.