domenica 20 dicembre 2020

Il monoclonale si poteva usare (ed era pure gratis). - Thomas Mackinson

 

La legge consentiva l’acquisto anche senza il visto Ema. Si sarebbero evitati 950 ricoveri: una goccia nel mare, ma utile.

Il monoclonale della Eli Lilly offerto gratis all’Italia? Poteva evitare almeno 950 ricoveri. Una goccia nel mare degli ospedalizzati, ma comunque una speranza di fronte alla mancanza di una cura specifica contro il Covid, sia per le casse dello Stato, visti i costi di un ricovero. Già da novembre avremmo potuto somministrare 10 mila dosi del Cov-555, prodotto in Italia, e diventare il primo Paese Ue a sperimentare l’unica cura autorizzata contro il virus. Il tutto a costo zero.

L’offerta, però, è stata fatta cadere nel vuoto e i furgoni dalla BSP Pharmaceuticals di Latina partono verso Stati Uniti e Canada. Lo scoop del Fatto sul trial mancato non ha una risposta. Il viceministro Sileri l’attende da 74 giorni. Parla al Corriere il dg Aifa Nicola Magrini. “I monoclonali sono seguiti con grande attenzione da parte di Aifa, Ema e comunità di ricerca. Non è vero che non abbiamo accettato usi compassionevoli.” E i 10 mila flaconi offerti gratis per lo studio clinico? “I dati che hanno consentito l’uso in emergenza negli Usa non sono forse sufficienti per un’approvazione europea da parte di Ema”. Ma poteva l’Aifa autorizzarlo senza aspettare l’Ema? Sì. In passato sono stati autorizzati farmaci in base alla legge 648, art.1 comma 4, che lo permette per “medicinali autorizzati all’estero ma non sul territorio nazionale”. Inoltre, una direttiva europea sui medicinali (2001/83 EC) consente ai singoli Paesi Ue l’acquisto in emergenza dove non ci sia ancora l’approvazione Ema. Magrini ne ricorda i limiti d’utilizzo: “Vanno usati precocemente con infusione endovenosa a domicilio”. In realtà, negli Usa sono somministrati negli infusion centres ospedalieri. Il 4 dicembre, come si legge nel sito della multinazionale, la Eli Lilly ha siglato un accordo per le flebo a domicilio per limitare saturazione degli ospedali e rischi di contagio. Il dg Aifa ammette ora: “Sarebbe utile fare uno studio clinico comparativo”. Ottima idea, ma allora perché quasi due mesi fa ha rifiutato lo studio clinico che avrebbe consentito di trattare gratis 10mila pazienti?

Il professor Giuseppe Ippolito, membro del Cts e direttore dello Spallanzani di Roma, era presente in qualità di “osservatore” del Cts alla riunione del 29 ottobre. La sua contrarietà, stando a chi c’era, fu determinante. Ippolito nega sia dipeso dalla sua contestuale partecipazione a un analogo progetto di ricerca finanziato dal governo: solleva piuttosto obiezioni sull’efficacia e cita un trial del 28 ottobre (Blaze-1) che dimostrerebbe risultati modesti nel ridurre la carica virale con sintomi lievi o medi e un calo relativo del rischio di ricovero, dal 5.8% a 1.6%. Percentuali che dicono poco, ma rapportate a 10 mila pazienti con Covid iniziale ad alto rischio significa passare da 1.350 a 400 ospedalizzazioni: 950 ricoveri in meno, con una cura a costo zero. Ricorda che il 26 ottobre l’organismo di valutazione indipendente DSMB aveva interrotto il trattamento nei pazienti ospedalizzati per “assenza di benefici clinici”. “Tre giorni dopo – scrive il professore – la società farmaceutica proponeva di testare il farmaco in Italia. Quando si dice la coincidenza”, ventilando il grave sospetto che la sperimentazione venisse propinata agli italiani come cavie di serie B. Ma la proposta è del 7 ottobre, 19 giorni prima del “blocco” superato con l’autorizzazione Fda del 9 novembre.

Guido Silvestri, il virologo alla Emory University che da Atlanta si era speso per la donazione non ci sta. “Non è stata la Lilly a farsi avanti. Li ho dovuti trascinare io, quasi pregandoli in ginocchio e sfruttando l’amicizia personale con il loro ceo”, risponde. Anche l’azienda conferma l’invito alla riunione del 29 ottobre, non di averla organizzata. Gianluca Rocco, giornalista del TgCom, ai primi di dicembre ha perso il padre. “Quando si è aggravato – racconta – ho chiesto ai medici del Galliera di Genova della terapia anticorpale, se ne parlava da mesi. Mi hanno spiegato che serve per evitare che i positivi si ammalino al punto in cui è arrivato mio padre, per lui era tardi. Scoprire che la si produce a Latina e ce la volevano pure regalare mi lascia senza parole”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/20/il-monoclonale-si-poteva-usare-ed-era-pure-gratis/6043034/

Due Raggi e due misure. - Marco Travaglio


A volte la cronaca sa essere ancor più ironica della storia. E così accade che in poche ore la mitica Procura di Roma del grande Pignatone e dei suoi allievi, santificata per anni dai turiferari dei giornaloni, venga messa definitivamente in mutande da due eventi giudiziari che parlano da soli: le richieste di rinvio a giudizio per Tiziano Renzi, Alfredo Romeo &C. che Pignatone &C. volevano a tutti i costi far archiviare sul caso Consip; e l’assoluzione anche in appello di Virginia Raggi che Pignatone &C. volevano a tutti i costi far condannare sul caso Marra. Il fatto poi che l’inchiesta Consip sia partita a Roma nel dicembre 2016 e sia ancora impantanata in udienza preliminare, mentre l’inchiesta Raggi è partita nel gennaio 2017 e ha già finito l’appello, è solo la ciliegina sulla torta. Ma rende l’idea del degrado di gran parte della magistratura, che nessuna persona sensata può ridurre al caso Palamara. Antonio Massari ne ha appena pubblicato un’impietosa radiografia in Magistropoli (ed. PaperFirst). Che ora va aggiornata coi fatti di ieri e dell’altroieri, degni coronamenti di una stagione partita con le grancasse su “Mafia Capitale”, un’ordinaria storia di corruzioni e sganassoni gabellata per la nuova Piovra.

Tutto comincia nel 2016. Al governo c’è l’Innominabile, che si gioca tutto nella campagna per il referendum costituzionale del 4 dicembre. La Procura è costretta ad aprire un fascicolo dopo la denuncia della Consob su uno scandalo che coinvolge il premier e il suo editore preferito, Carlo De Benedetti. Che è stato registrato al telefono col suo broker Gianluca Bolengo il 16 gennaio 2015 mentre gli ordina di investire 5 milioni nelle banche popolari perché il giorno prima l’amico Matteo gli ha preannunciato un imminente decreto che le trasforma in Spa e ne aumenta il valore. “Passa, ho parlato con Renzi ieri, passa”, dice l’Ingegnere al broker parlando del decreto. Che infatti passa il 20 gennaio e, grazie a quell’informazione privilegiata e vietata, CdB guadagna 600mila euro. Per i codici penali di tutto il mondo, si chiama insider trading, infatti Consob lo denuncia ai pm romani. I quali non delegano indagini al Nucleo tributario della Gdf e non indagano né Renzi né CdB, ma solo il povero Bolengo. Poi, nel giugno 2016, chiedono l’archiviazione. Il tutto in gran segreto, tant’è che emergerà solo nel 2018 in Commissione Banche. Ma torniamo a giugno 2016. La Raggi viene eletta sindaco. Subito i giornaloni svelano un’indagine sulla sua neo-assessora all’Ambiente Paola Muraro per fantomatiche infrazioni ambientali commesse in 14 anni di consulenze per l’Ama, emerse proprio all’atto di nomina.

Per mesi la Muraro viene mostrificata a suon di luride allusioni alla sua vita privata e accostamenti financo a Mafia Capitale. Il 21 settembre la Raggi ritira la candidatura olimpica di Roma. Il 4 dicembre il premier perde il referendum e lascia il governo a Gentiloni. Il 13 la Procura di Roma invia un avviso di garanzia alla Muraro, che si dimette (dopodiché le accuse, come per miracolo, evaporano). E il 16 dicembre fa arrestare il vicecapo di gabinetto della sindaca, Raffaele Marra, per un alloggio pagato dall’immobiliarista Sergio Scarpellini tre anni prima (èra Alemanno). Scarpellini accusa altri 10 politici, inclusi Verdini e il pd Montino, per altri stabili regalati o affittati gratis, ma nessuno viene arrestato, mentre Marra si fa un anno e mezzo di custodia cautelare. Il 22 dicembre i pm napoletani Woodcock e Carrano trasmettono ai colleghi romani l’inchiesta Consip su presunte manovre fra l’imprenditore Romeo, Tiziano Renzi e il suo galoppino Carlo Russo per pilotare il più grande appalto pubblico d’Europa (da 2,7 miliardi): l’ad di Consip, il renziano Luigi Marroni, ha appena svelato una fuga di notizie sulle cimici piazzate negli uffici della società e fatto i nomi delle talpe: il ministro renziano Lotti, il comandante dei carabinieri Del Sette e il capo dell’Arma toscana Saltalamacchia. Il Fatto rivela l’inchiesta, mentre gli altri giornali preannunciano un avviso di garanzia alla Raggi. Che non è neppure indagata, ma chi di dovere già sa che lo sarà.

Su Consip la Procura di Roma fa ben poco, salvo indagare su chi ha scoperto lo scandalo (il pm Woodcock e il capitano Scafarto): evita addirittura di sequestrare il cellulare di babbo Renzi, poi ne chiede l’archiviazione per mancanza di indizi (che magari erano nell’iPhone). Ma il gup Gaspare Sturzo la respinge, intimando ai pm di indagare meglio. Sulla Raggi invece i pm capitolini fanno di tutto: avviso di garanzia il 24 gennaio, 8 ore di interrogatorio l’8 febbraio, cinque reati contestati (tre abusi d’ufficio, un falso, una rivelazione di segreti d’ufficio). Alla fine la montagna partorisce il topolino: tutto archiviato tranne il falso per la dichiarazione della Raggi all’Anticorruzione sul ruolo “meramente compilativo” di Marra, capo del Personale, nella nomina del fratello a capo dell’Ufficio Turismo, decisa da lei e dall’assessore competente in un “interpello” per far ruotare i 190 dirigenti comunali. Un processo senza reati né moventi né prove, già caduto con l’assoluzione in tribunale, ma replicato dai pm in appello. Risultato finale: l’altroieri babbo Renzi, Romeo&C. imputati per Consip; ieri la Raggi assolta anche in secondo grado. Come dice sempre qualcuno, “il tempo è galantuomo”. Almeno il tempo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/20/due-raggi-e-due-misure/6043019/

Assolta!

 

sabato 19 dicembre 2020

Il caso degli anticorpi monoclonali, la lettera del professor Ippolito e la risposta del FattoQuotidiano.it.

 

Il FattoQuotidiano.it ha pubblicato un'inchiesta sulla mancata possibilità di utilizzare - gratuitamente - in ottobre in Italia 10mila dosi del farmaco che riduce i rischi di ospedalizzazione. Il direttore scientifico della Spallanzani ci ha scritto per spiegare le critiche sollevate sulla sperimentazione e il Fatto chiede perché non è stato fatto il possibile per utilizzare un composto autorizzato da oltre un mese negli Usa. Intanto l'Aifa tace.

Il 17 dicembre il FattoQuotidiano e ilfattoquotidiano.it hanno pubblicato un’inchiesta (qui il link) in cui si dava conto del fatto che a inizio ottobre l’Italia aveva avuto la possibilità di sperimentare con almeno 10mila dosi gratis gli anticorpi monoclonali dell’azienda Usa Eli Lilly che riduce i rischi di ospedalizzazione dal 72 al 90%. Possibilità evaporata dopo una riunione all’Aifa. Al Fatto risultava presente, tra gli altri, anche il professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani, che avrebbe sollevato una serie di critiche. Interpellato prima telefonicamente e poi tramite email lo scienziato ha risposto alle domande con una lettera al direttore. Qui di seguito le domande rivolte, la lettera del professor Ippolito, la nostra risposta.

LE DOMANDE

Il 7 ottobre 2020 l’Aifa ha ricevuto la richiesta di valutazione di un “trial clinico pragmatico” proposto da una multinazionale che lo aveva somministrato in via sperimentale negli Usa. Vorremmo sapere quali valutazioni sono state fatte e perché, come ci risulta, si è deciso di non dar corso alla proposta che si basava anche sulla fornitura a titolo gratuito di 10mila dosi.

Al FattoQuotidiano risulta che nelle riunioni citate il suo parere è stato fortemente negativo? Perché? Quali riserve sul farmaco stesso, quali sugli studi disponibili, quali di rango regolatorio

C’è chi pensa che lei abbia voluto frenare questa possibilità perché lo Spallanzani è impegnato con la Fondazione Toscana Life Sciences proprio nei test di anticorpi monoclonali. Che risponde?

A che punto è quella sperimentazione? Fino a poco tempo fa se ne parlava molto e si dava come orizzonte la prossima primavera…

Ci risulta che dopo Usa – dove dal 10 novembre è autorizzato pare con successo l’uso degli anticorpi – e Canada alcuni Paesi della Ue stiano per ufficializzare un’autorizzazione d’emergenza rispetto alle procedure dell’Ema che non consentono autorizzazioni senza la chiusura degli studi. È una strada impraticabile per l’Italia? Perché lo sarebbe per la Germania?

LA LETTERA.

Egregio direttore,

contrariamente alle mie abitudini, sono costretto a intervenire in merito all’articolo “Il salvavita italiano che noi non usiamo”, pubblicato sul Fatto Quotidiano del 17 dicembre, per fornire ai suoi lettori alcune precisazioni. L’articolo, riassumo liberamente per chi non avesse avuto la fortuna di leggerlo, ipotizza che io avrei dato, nel corso di una riunione svoltasi in sede Aifa il 29 ottobre scorso, parere negativo all’avvio in Italia del trial clinico di un farmaco prodotto dalla multinazionale Eli Lilly che qualche giorno dopo avrebbe ottenuto l’autorizzazione all’uso emergenziale negli Stati Uniti, privando così il nostro Paese di uno strumento in grado di salvare migliaia di persone dalla malattia COVID-19.

Chi mi conosce sa che ho troppo rispetto per le istituzioni alla quali sono chiamato a collaborare per venire meno al dovere della riservatezza e prestarmi invece al giochino tutto italiano dell’indiscrezione, della soffiata, della confidenza. Di fronte ad una richiesta di questo tipo, sono stato forse un po’ brusco ma certamente corretto nell’indicare al giornalista il luogo istituzionale – l’Aifa appunto – al quale avrebbe potuto chiedere informazioni.

Quanto all’accusa di conflitto di interessi, ovvero che sarei stato contrario al trial del farmaco Eli Lilly perché lo Spallanzani partecipa ad un altro progetto di ricerca finalizzato allo sviluppo di un medicinale analogo, non riesco neanche ad offendermi tanto è evidente la sua inconsistenza: in base alla stessa logica, dovrei essere contrario alla somministrazione del nuovo vaccino Pfizer dal momento che il mio istituto – istituto pubblico, è il caso di ricordare – è impegnato a condurre uno studio di fase 1 di un altro vaccino sviluppato in Italia, e uno di fase 3 del vaccino AstraZeneca, e sono personalmente impegnato nel comitato di sicurezza e monitoraggio di un ulteriore vaccino. Chiunque voglia fare ricerca nel nome della scienza sa che allo Spallanzani troverà sempre le porte aperte: a breve, solo per fare un esempio, avvieremo la sperimentazione per un nuovo anticorpo monoclonale.

Vorrei approfittare di questa occasione, visto che si parla di argomenti sui quali ho qualche competenza, per rassicurare i lettori che probabilmente si chiedono come mai non si sia accolta la possibilità di avere questo farmaco, “una mano dal cielo misteriosamente respinta”, una occasione “da cogliere al volo”, che “avrebbe permesso di salvare migliaia di persone” come scrive l’autore dell’articolo con una enfasi un po’ sospetta. Il trial BLAZE-1 cui si riferisce lo studio del New England Journal of Medicine citato nell’articolo in realtà attesta una modesta efficacia del farmaco nei pazienti con sintomi lievi o medi: solo per uno dei tre dosaggi utilizzati è stata riscontrata, a 11 giorni dal tampone positivo, una riduzione della carica virale maggiore rispetto a quella osservata nei pazienti trattati con placebo, mentre vi è stata sì una migliore performance per quanto riguarda la percentuale dei ricoverati (1,6% nel gruppo del farmaco, 6,3% in quello del placebo), ma con numeri assoluti troppo bassi (cinque ricoverati nel gruppo dei farmaci, nove in quello del placebo) per poter avere una robusta rilevanza statistica. Né tra i pazienti trattati col farmaco né tra quelli ai quali è stato somministrato il placebo, infine, vi è stato alcun decesso.

Ciò che però nell’articolo non viene detto, e che secondo me sarebbe stato invece opportuno riportare per completezza di informazione, è che un altro trial (ACTIV-3), che si proponeva di valutare l’efficacia dello stesso farmaco nei pazienti ricoverati in ospedale, è stato interrotto dal board indipendente di valutazione a causa di “assenza di benefici clinici” per i pazienti ospedalizzati. In parole semplici: sui pazienti più gravi questo farmaco non ha dimostrato alcun effetto.

La chiusura negativa del trial americano avveniva il 26 ottobre: tre giorni dopo, in una conversazione informale e non – come viene sostenuto nell’articolo – in una riunione ufficiale in sede Aifa per esprimere un parere, la società farmaceutica proponeva di testare il farmaco in Italia. Quando si dice la coincidenza…

Concludo: di fronte ad una pandemia che ha sconvolto le nostre vite, causato tante morti e travolto la nostra economia, il nostro dovere di uomini di scienza, ma anche di operatori dell’informazione, dovrebbe essere quello di comportarci in maniera corretta ed etica, rispettando il ruolo e le funzioni delle agenzie regolatorie alle quali spetta l’ultima parola, senza alimentare false speranze in rimedi miracolosi, che purtroppo non esistono, e senza seminare dubbi non suffragati da prove sulle scelte degli organismi preposti a decidere in materia di salute pubblica.

LA RISPOSTA.

Il FattoQuotidiano non ha chiesto al professor Ippolito di venir meno al dovere di riservatezza, ma di avere un riscontro per verificare quella che senza dubbio era una notizia riportando la sua pur breve dichiarazione: “Non prescrivo farmaci, mi occupo solo di scienza”. Rassicuriamo i nostri lettori che l’Aifa è stata più volte contattata per chiedere delucidazioni. Invano. Il FattoQuotidiano non ha accusato nessuno di conflitto di interessi, ma avanzato una ipotesi in assenza di una risposta completa ed esauriente a domande legittime.

Per quanto riguarda il trial ci siamo impegnati per comprendere – in un settore piuttosto tecnico – che l’effetto sulla riduzione della carica virale è di importanza secondaria rispetto al rischio di ricoveri ospedalieri che cala, stando allo studio pubblicato su The New England Journal of Medicine (qui il link), da 5.8% a 1.6%. In considerazione, quindi, delle 10mila dosi di anticorpi a 10mila pazienti con Covid iniziale (ma ad alto rischio) si sarebbe potuti passare da 1.350 a 400 ospedalizzazioni: quindi 950 ricoveri in meno.

Riguardo al trial interrotto (Activ-3) questo non concerneva il potenziale protocollo di uso del farmaco Ly-CoV555 in Italia per il quale si parlava di un progetto per pazienti con sintomi iniziali e non ospedalizzati. Il punto fondamentale era quindi un altro: la tempistica. Sulla “coincidenza” della chiusura negativa del trial possiamo tranquillamente dire è non solo irrilevante perché non riguarda l’Italia, ma anche infondata perché i contatti con l’azienda sono partiti il 7 ottobre e il professor Ippolito ne è stato informato proprio in quei giorni.

Condividiamo con il professore Ippolito l’idea che il dovere di tutti sia quello di comportarsi in maniera corretta ed etica ed è per questo che pensiamo che sarebbe stato opportuno ed importante fare il possibile per usare in piena fase pandemica un farmaco che – approvato dalla Food and drug administration ormai da oltre un mese – causa una riduzione di oltre il 70% del rischio di ricovero ospedaliero in apparente, fino a questo momento, assenza di effetti collaterali. In settimane in cui, ricordiamolo, l’alternativa era nulla e a costo zero per le finanze pubbliche. Da oltre un mese invece negli Usa viene utilizzata, in via emergenziale, quella che viene considerata dalla comunità scientifica e non dal Fatto la prima terapia mirata per Covid 19.

Ci chiediamo e continueremo a farlo perché l’Agenzia italiana del farmaco, che ha tra le sue mission il contributo alla tutela del diritto della salute oltre che la regolamentazione dell’immissione in commercio, dell’uso e della vigilanza dei prodotti farmaceutici ad uso umano, che era ed è l’unico organo competente a valutare e autorizzare la procedura, non si sia ancora espressa, né abbia risposto alle legittime domande che allo stato restano inevase.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/18/il-caso-degli-anticorpi-monoclonali-la-lettera-del-professor-ippolito-e-la-risposta-del-fattoquotidiano/6041878/

Il sogno di un “vaffa” da un Matteo all’altro.

 

Sul Fatto Quotidiano di ieri, Antonio Padellaro raccontava di “aver fatto un sogno” a proposito della crisi di governo minacciata da Italia Viva: “Giuseppe Conte che sfancula Matteo Renzi nell’aula del Senato come fece con l’altro Matteo in quell’indimenticabile (per me, ma penso anche per voi) 20 agosto 2019”. Leggendo queste parole, tantissimi lettori hanno scritto a lettere@ilfattoquotidiano.it per raccontarci come anche il loro “sogno” fosse molto simile a quello del nostro fondatore. Per questo abbiamo deciso di pubblicare qui accanto alcune delle tante lettere ricevute.

Io e molti altri siamo con Padellaro.

Io credo che il sogno di Antonio Padellaro sia quello di tanti italiani che lo condividono. Io in prima persona.

Alessia Bussetta

Ci vorrebbe un altro confronto memorabile.

Caro Padellaro, leggendo il suo articolo avrei voluto abbracciarla. Anch’io ho fatto lo stesso sogno! Sono diversi giorni che aspetto che si avveri e pur essendo consapevole che forse non sarebbe opportuno e che il presidente Conte – essendo più saggio di me – probabilmente si asterrà (ma chissà che voglia ne avrebbe anche lui!) non posso fare a meno di sperarci. Il 20 agosto del 2019 è rimasto per me un giorno memorabile, una gioia incontenibile dinanzi ad un discorso perfetto nei modi nei toni e nei contenuti. Sono d’accordo con lei: quanto mi piacerebbe oggi che Conte riservasse lo stesso trattamento a chi forse lo merita se possibile ancor di più…

Ma anche se rimarrà solo un sogno è bello pensarlo.

Alessandra Martini

Matteo-destra insieme e sarà guerra al “Fatto”.

È dal lontano 1960 che sogno un governo e un leader che onorino il loro ruolo. Ho sognato di vedere Andreotti in carcere, poi Craxi, poi Berlusconi. E poi Renzi che si ritira a vita privata assieme alla Boschi, come da loro promesso, dopo il flop del referendum. Però sono ottimista, spero che il sogno di Padellaro si avveri! Ma temo che il governo cada, se andasse al potere la destra con Renzi che occupa una poltrona, prevedo una guerra al Fatto di proporzioni bibliche!

Marco Pedriali

Gli italiani sono stufi delle minacce di Iv.

Matteo Renzi ormai ha stufato gli italiani responsabili.

Credo che abbia voluto provocare il premier per visibilità, atteso che i vari sondaggi lo vedono sempre in preoccupante discesa.

In ogni caso, basterebbe il simpatico sorriso con cui il buon Bersani ha risposto a un conduttore televisivo che gli chiedeva il parere sull’argomento.

Ritengo che Conte adesso debba essere consequenziale per sua dignità, anche perché non vi è preoccupazione in quanto nessun parlamentare, compresi i renziani, vorrà tornarsene a casa prima della lontana scadenza del mandato, con la grande eventualità di non ritornare in Parlamento, anche per via della riduzione dei seggi.

Mario De Florio

Da Briatore a Verdini: un governo da incubo

I have a dream! Eccolo.

Prima di tutto Matteo Salvini come presidente del Consiglio, poi i seguenti ministri: Giorgia Meloni all’Interno, Niccolò Ghedini alla Giustizia, Ignazio La Russa alla Salute, Maurizio Gasparri alla Difesa (“Dichiaro guerra alla Jugoslavia”, ha subito proclamato nel sogno), Daniela Santanchè all’Istruzione, Adriano Galliani allo Sport, Roberto Calderoli agli Esteri, Denis Verdini all’Economia, infine Flavio Briatore al Lavoro…

Da questa Repubblica delle Banane credo che scapperebbero persino le pantegane romane! I partiti della maggioranza vogliono davvero arrivare a tutto questo? Allora si adoperino per evitarlo.

Andrea Pellizzari

Per quanto ancora si andrà avanti?

Tra noi poveri amministrati/governati è ormai diffusa l’impressione di trovarsi nella curiosa circostanza di cui al celebrato film di Tarantino: un duello in cui ciascun partecipante tiene sotto tiro un altro ed è a sua volta tenuto sotto tiro da un terzo e così via, con conseguente totale e buffa immobilità.

Sarebbe l’immagine plastica del celebre aforisma di Flaiano: la situazione è grave ma non è seria. Allo stato, sembrerebbe che Renzi, dopo aver scatenato l’inferno per le nobili ragioni che possiamo intuire, abbia provato ad uscirne fischiettando, con la sciocca farsa della sua ministra impegnata a Bruxelles.

Questo soggetto è infatti del tutto indifferente alle figuracce che va collezionando. E ugualmente indifferenti al “bagno” di discredito sono anche i suoi accoliti, sia nel partitucolo di riferimento che nel Partito democratico, cioè i “nominati” dal suddetto, rimasti a presidiare “da vicino” gli interessi del capo e dei suoi sponsor.

Ma fino a quando si può continuare in questo modo? Mi chiedo se si sia già verificata in passato una simile paralisi nel funzionamento delle istituzioni a seguito delle manovre pregresse, spudorate, si direbbe premeditate, di costui e di chi ha avuto e ha ancora interesse a ostacolare la rinascita del nostro Paese. Tutto ciò in piena pandemia e con ottocento vittime al giorno. Come si fa a governare con questi?

Patrizia Cozzolino

Adesso non resta che incrociare le dita

Stranamente anche io ho fatto lo stesso sogno di Antonio Padellaro!

E credo che, come me, moltissimi italiani abbiano fatto lo stesso sogno.

Allora adesso incrociamo le dita e speriamo che si avveri presto.

Fiorella Fant

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/19/il-sogno-di-un-vaffa-da-un-matteo-allaltro/6042391/

L'Imperatore sfida il Covid, a Roma riapre il Mausoleo di Augusto.

 

Raggi: "E' un messaggio di speranza". Visite guidate fino al 21 aprile.

ROMA - Dopo 14 anni riapre al pubblico il Mausoleo di Augusto. Al termine di un lungo progetto di recupero e restauro, una delle più imponenti opere architettoniche della romanità e il più grande sepolcro circolare del mondo antico sarà nuovamente accessibile ai visitatori dal 1° marzo. "Dopo 14 anni riapre al mondo questo monumento unico. È un momento storico - ha detto la sindaca Virginia Raggi -. A pochi giorni dal Natale facciamo un regalo ai romani e ai cittadini di tutto il mondo. Un capolavoro dell'antica Roma, un tesoro di inestimabile valore che rinasce in tutto il suo splendore. Un obiettivo raggiunto grazie a un proficuo lavoro di squadra, soprattutto, grazie al sostegno e all'atto di mecenatismo della Fondazione Tim. Una testimonianza significativa dell'efficacia e della lungimiranza della collaborazione tra pubblico e privato" ha proseguito.

Una riapertura, in tempi di Covid, che la sindaca ha definito «un messaggio di speranza». «Dal 1° marzo fino al 21 aprile, Natale di Roma, la visita sarà gratuita per tutti - ha detto Raggi - e per tutto il 2021 sarà gratis per i romani. È un regalo che faccio ai miei concittadini». Dal 21 dicembre sarà aperto il sito per le prenotazioni e «potremo organizzare le visite nel rispetto delle norme Covid».

Dopo la prima fase di restauro conservativo terminata nel 2019 e realizzata attraverso un finanziamento pubblico di 4.275.000 euro (di cui 2 milioni versati dal Mibact e 2.275.000 da Roma Capitale), è attualmente in corso la fase di valorizzazione del monumento, finanziata dalla Fondazione TIM con un atto di mecenatismo. I lavori, diretti dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, permetteranno di realizzare un itinerario che racconterà le varie fasi storiche del Mausoleo, affiancato da un percorso senza barriere architettoniche, in concomitanza con i lavori di sistemazione di Piazza Augusto Imperatore, avviati a maggio. E per quanto riguarda gli interventi sulla piazza la sindaca ha spiegato: "contemporaneamente al recupero della parte monumentale procediamo a spostare il capolinea dei bus e alla progressiva pedonalizzazione della piazza per valorizzarlo e dare l'importanza che merita".

A presentare l'intervento di recupero e restauro del Mausoleo di Augusto, assieme alla prima cittadina, il Presidente della Fondazione TIM Salvatore Rossi, il Vicesindaco di Roma con delega alla Crescita culturale Luca Bergamo, la Soprintendente speciale di Roma Daniela Porro e la Sovrintendente Capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli. "In primavera, grazie alla collaborazione tra Fondazione TIM e Sovrintendenza, i visitatori potranno inoltre navigare attraverso la storia del Mausoleo grazie alle possibilità offerte dalle tecnologie multimediali" ha detto il vicesindaco aggiungendo: "l'apertura del Mausoleo ha un significato ancora ulteriore perché si collega all'impegno della Sovrintendenza grazie a cui sono partiti i lavori nella piazza Augusto Imperatore, che dovrebbero concludersi per questa prima fase a dicembre 2021".

https://www.ansa.it/canale_viaggiart/it/regione/lazio/2020/12/18/archeologia-dopo-14-anni-riapre-a-roma-mausoleo-di-augusto_d02914ae-73fd-4046-a408-6b761194c44d.html

Inchiesta Consip, atto finale: “Processate Tiziano Renzi”. - Marco Lillo e Valeria Pacelli

 

La richiesta - I pm vogliono il giudizio per il padre dell’ex premier Contestati quattro reati. “Romeo e l’offerta dei 30 mila euro al mese”.

Il “babbo” di Matteo Renzi potrebbe presto dover affrontare un processo. Per Tiziano Renzi la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro capi d’imputazione. Traffico di influenze e turbativa d’asta sono i reati contestati in relazione a due gare: l’appalto Fm4 indetto da Consip (del valore 2,7 miliardi di euro) e la gara per i servizi di pulizia bandita da Grandi Stazioni. Sarà il gup (l’udienza deve essere ancora fissata) a decidere se mandare a processo Renzi e altre dieci persone: tra queste l’amico di Tiziano, Carlo Russo, l’imprenditore campano Alfredo Romeo, gli ex deputati Denis Verdini e Ignazio Abrignani e pure gli ex ad di Consip e Grandi Stazioni, Domenico Casalino e Silvio Gizzi.

Per Tiziano Renzi, inizialmente indagato solo per traffico di influenze, la Procura aveva chiesto l’archiviazione. Respinta dal Gip Gaspare Sturzo che ha disposto nuove indagini. E così le cose si sono messe male: alla fine della ulteriore attività investigativa, i pm hanno contestato a Renzi, seguendo linee guida fissate da Sturzo, non uno, bensì quattro reati.

C’è dunque la gara Fm4, appalto indetto nel 2016 e sospeso dopo l’esplosione dell’inchiesta partita a Napoli e poi trasferita a Roma per competenza. Stando alle accuse, era Carlo Russo a farsi promettere denaro in nero da Romeo per sé e per Renzi sr., in cambio della propria mediazione sull’ex ad di Consip, Luigi Marroni (estraneo alle indagini) affinché favorisse le società dell’imprenditore campano nella gara Fm4. Russo (accusato di turbativa d’asta), secondo le accuse, quindi “agiva in accordo con Tiziano Renzi” (che però ha sempre smentito). La “mediazione illecita” di Russo consisteva così nell’istigare Marroni a intervenire “sulla commissione aggiudicatrice della gara Fm4 (…) e in particolare sul presidente Francesco Licci (allora presidente della commissione di gara di Fm4, indagato per traffico di influenze, ndr) anche per il tramite di Domenico Casalino, per facilitare la Romeo Gestioni Spa”, società che partecipava a quell’appalto. In cambio di questa “mediazione illecita”, Russo “si faceva promettere da Alfredo Romeo”, tra le altre cose, “numerose ospitalità negli hotel di proprietà del gruppo Romeo”, oltre che “denaro in nero per sé e per Tiziano Renzi”. Nella questione della gara Fm4, la turbativa d’asta e il traffico di influenze sono contestati anche a Romeo, Casalino e a Italo Bocchino.

L’altra grana di Tiziano Renzi riguarda poi la gara per i servizi di pulizia indetta da Grandi Stazioni. Anche in questo filone, Romeo e Bocchino sono accusati di traffico di influenze e turbativa d’asta. Reato, quest’ultimo, contestato anche a Russo e a Silvio Gizzi, ex amministratore delegato di Grandi Stazioni. Anche in questo caso, per i pm, è il solito Russo a voler favorire la Romeo Gestioni Spa, agendo sempre “in accordo con Tiziano Renzi”. E anche questa volta sfruttava le proprie relazioni, stavolta però con l’ex numero uno di Grandi stazioni, Gizzi, “relazioni – è scritto nel capo di imputazione – ottenute anche per il tramite di Maurizio Gentile, ad di Rfi Spa (estraneo alle indagini, ndr), a sua volta sollecitato da Tiziano Renzi”. Come prezzo della propria mediazione, Russo “si faceva promettere da Romeo, il quale agiva in accordo con Italo Bocchino, utilità consistenti in somme di denaro periodiche”.

Nell’indagine romana, il solo Russo è accusato anche di estorsione: avrebbe minacciato Marroni, spiegandogli che qualora non fosse intervenuto su Fm4 a favore della Romeo Gestione Spa, “sarebbero intervenuti Tiziano Renzi e Denis Verdini, persone che per relazioni e ruolo potevano farlo licenziare”. Non riuscì nell’intento, “per la resistenza” di Marroni”.

Proprio Verdini, che ora si trova in carcere per altre vicende di bancarotta, ha qualche grana pure in questa inchiesta romana. Il fondatore di Ala è indagato insieme anche all’ex deputato Abrignani. I due, per i pm, avrebbero concorso nella turbativa della gara Fm4 parteggiando per Cofely. Sono accusati anche di concussione: secondo i pm, Verdini, nel 2016 quando era ancora parlamentare, “costringeva Marroni”, Ad di una “società pubblica i cui vertici vengono designati proprio dal governo”, “a erogare a Ezio Bigotti (…) l’utilità consistita nell’incontrarlo e ascoltarlo in quanto interessato a conoscere notizie riservate sulla gara FM4 e a sollecitare una minore resistenza di Consip nei contenziosi pendenti”. Ancora qualche tempo e il gup deciderà se dare vita a un ulteriore processo Consip.

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