venerdì 15 gennaio 2021

Gli Italovivi. - Antonio Padellaro

 

L’altra notte, mentre l’uomo più impopolare della nazione (ora iscritto alla Champions della specialità) si dileguava nel buio dopo aver sfasciato il governo, ai suoi parlamentari veniva richiesto di sacrificarsi come scudi umani su tutte le frequenze radiotelevisive. Salvo qualche eccezione, come Luigi Marattin e Luciano Nobili, che si sono limitati a un paio di generici tweet (forse adducendo ragioni familiari), la chiamata al sacrificio supremo ha coinvolto, tra gli altri, gli eroici onorevoli Ettore Rosato e Ivan Scalfarotto.

Il primo, ospite di Radio anch’io, è stato bastonato perfino dal berlusconiano Renato Schifani, che abbiamo sentito particolarmente indignato “per questa crisi inspiegabile aperta da Renzi in un momento tragico per il Paese”. È stato allora che abbiamo provato una sincera solidarietà per Rosato, persona squisita, costretto a subire le rampogne di chi, in un’altra vita, aveva sostenuto essere Ruby la nipote di Mubarak. No, era troppo.

Del valoroso ex sottosegretario Scalfarotto (recordman, fin dal lontano febbraio 2020 delle dimissioni annunciate e congelate, e adesso sbrinatosi) abbiamo colto un certo smarrimento nel motivare il martirio. Devono essere ore terribili per i deputati e i senatori di Italia Viva, tutte persone, presumiamo di buon senso, prese in ostaggio e immolate per ragioni che anche a loro devono apparire incomprensibili, come avvenne nel Tempio del Popolo con la setta del Reverendo Jones. Immaginiamo le scene strazianti nelle dimore di costoro a cui dal Macron di Rignano sull’Arno era stato garantito un futuro di soddisfazioni e di sonanti rivincite sul Pd. E che si ritrovano imballati e senza prospettiva alcuna, se non la probabile trombatura elettorale, in un partitino che non si schioda dal 3%. All’artefice di questo miracolo al contrario, bisogna comunque riconoscere due primati. La gragnuola di accuse della stampa internazionale (dal Financial Times che lo chiama Demolition Man, a Die Zeit che definisce il suo “un atto disperato”) come non si ricordava dai tempi del Caimano di Arcore. Ma soprattutto aver saputo calamitare sulla sua persona tutta l’incazzatura accumulata da un Paese stremato, giungendo finalmente alla rottamazione di se stesso.

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Panico tra i peones renziani: “Quindi ora che facciamo?”. - Giacomo Salvini

 

A un certo punto di ieri, subito dopo il colloquio al Quirinale tra Sergio Mattarella e Giuseppe Conte, i ruoli si erano magicamente invertiti: i maggiori sostenitori del premier erano diventati i parlamentari di Italia Viva. Gli stessi che, sui social e in tv, da giorni bombardavano il presidente del Consiglio bollato come “arrogante”, “irresponsabile” o “il migliore amico di Mastella”, ieri dopo pranzo si preoccupavano per il futuro dell’avvocato del popolo. E quindi per se stessi. “Adesso che fa, apre al patto di legislatura?” si è sentito chiedere da una collega renziana l’ex capogruppo del M5S al Senato, Gianluca Perilli. Il terrore dei parlamentari renziani correva anche nelle chat sotterranee, ché quella ufficiale del gruppo era aggiornata a martedì sera con l’ultimo messaggio del capo: “Indipendentemente da come andrà la conferenza stampa voteremo le comunicazioni di Speranza, il decreto ristori e lo scostamento di mercoledì” aveva serrato le fila Renzi. E, quando qualcuno si è azzardato a chiedergli se sarebbe andato fino in fondo sulle dimissioni delle ministre, la risposta era stata lapidaria: “Sarà deciso prima della conferenza”. Nient’altro. Sicché, esclusi da ogni altra comunicazione, i peones renziani si aggiravano per il Palazzo con fare sconsolato, quasi storditi. “Non sappiamo niente” la risposta ai colleghi della maggioranza che gli chiedevano notizie. Qualcuno, come il senatore fiorentino Riccardo Nencini, che porta in dote il simbolo del Psi per tenere in vita il gruppo di IV al Senato, ha provato anche a far riflettere Renzi: “Matteo, è un momento molto delicato. Pensaci”.

Nel mentre – raccontano fonti di maggioranza – iniziavano le proposte mirabolanti dietro le quali si celava il terrore di perdere la poltrona: “Vi andrebbe bene Di Maio premier?” si è sentito chiedere un senatore del M5S. Quando però hanno capito che i grillini avrebbero fatto quadrato intorno al premier, i renziani hanno alzato la posta: “Glieli do io i responsabili” scherzava Renzi martedì sera. Una battuta, che in questa folle crisi, è diventata in un attimo verità. Quattro o cinque senatori erano già pronti a rientrare nel Pd, ma c’è chi sostiene che arrivassero a otto al momento della conta in aula. La senatrice Udc Paola Binetti, leader in pectore dei “responsabili per Conte”, nel Salone Garibaldi di Palazzo Madama la spiegava così: “Ma voi ci credete che i renziani vogliano rischiare la poltrona per seguire le ambizioni di Renzi?”.

E allora, quando è arrivata la tanto agognata apertura di Conte a un “patto di legislatura” e il segnale proprio a Italia Viva (“Ritroviamoci attorno a un tavolo, Iv troverà da me massima attenzione”), i peones renziani (e non solo) d’un tratto cambiavano umore. La senatrice Daniela Sbrollini, durante le comunicazioni di Roberto Speranza, usciva dall’aula con un sorriso a 32 denti, la collega trentina Donatella Conzatti faceva sapere urbi et orbi che IV era disposta a un “nuovo patto di legislatura” chiedendo al premier di convocare “ un tavolo con i segretari”. E poi la napoletana Annamaria Parente tirava un sospiro di sollievo ché di lasciare la poltrona da presidente della Commissione Sanità non aveva nessuna voglia. Sempre Nencini, alla buvette del Senato, sorrideva garrulo scorrendo le agenzie dove trapelavano le trattative dei pontieri per ricucire: “Mi sembra che la situazione si sia rimessa a posto”. Non sapeva che un paio di ore dopo Renzi avrebbe fatto dimettere le ministre aprendo la crisi. “E adesso che facciamo?” il messaggio che girava di più tra i renziani spiazzati. Qualcuno difendeva “Matteo”, altri lo criticavano apertamente (“Ci ha tenuti fuori da tutto”). Alle 22 Renzi, fiutato il clima, li ha convocati via zoom per compattare il gruppo. E non è escluso che nelle prossime ore potrà arrivare qualche uscita eclatante. Anche perché i primi transfughi del Parlamento sono proprio quelli di IV: su 30 deputati, 25 deputati sono stati eletti con il Pd e gli altri in Forza Italia, Leu e Maie, mentre al Senato gli ex dem sono 15 a cui vanno aggiunti Nencini (Psi), Vono (ex M5S) e Conzatti (FI).

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No vabbè, ma questa è una notizia clamorosa. - Stefano Ragusa

 

No vabbè, ma questa è una notizia clamorosa. Secondo PiazzaPulita, sei senatori di Italia Viva rimarrebbero con Conte.
Il senatore Nencini che ha prestato il simbolo a Renzi per formare il gruppo, rimarrebbe con Conte. Se fosse confermata, Il gruppo di Renzi rimarrebbe in appoggio di Conte, mentre Renzi finirebbe nel gruppo misto.
Un autovaffanculo più fragoroso di quello dell'altro Matteo.
Io voglio chiarire una cosa però sui cosiddetti responsabili. Si continua a ripetere che per il MoVimento sarebbe un rospo.
Questa è una grandissima stronzata. Se c'è un gruppo di transfughi conclamato, quello è il Gruppo di Italia Viva, che alle elezioni non esisteva.
Non c'era sulla scheda elettorale.
Non c'è neppure oggi in Parlamento.
Usa abusivamente il simbolo di un altro. Ha portato via con sé gente eletta in un altro partito. Ha fatto una scissione dal suo partito dopo aver spinto per un governo dall'interno del PD, presentandosi a Conte come un fungo sbucato dal nulla.
Ha tradito, i suoi compagni e l'intero campo progressista, oltre che la coalizione di Governo, aprendo una crisi.
Ora i traditori sarebbero gli altri?
Chi rimane con Conte è sempre stato dove stava prima. Il 90% dei suoi senatori, sono Piddini! Dove dovrebbero andare, se il loro capo impazzisce e spalanca le porte ai nazionalisti trumpisti? Ritornano col partito che li ha eletti in Parlamento. Idem per i 5stelle, ci sono decine di ex M5S eletti con M5S. Perché mai sarebbero "responsabili" se votano la fiducia a un Governo M5S? Li ha fatti eleggere M5S!
Qui colgo l'occasione per una riflessione. Ci sono state alcune espulsioni che hanno fatto molto rumore. Non dico di accoglierli di nuovo nel gruppo.
Non credo nemmeno loro vorrebbero.
Mi piacerebbe venisse colta l'occasione per una riconciliazione, un chiarimento e un impegno, qualora il Governo dovesse rimanere in carica, sui punti che ci contestavano. Ricordo che alcuni espulsi, firmarono una lettera in coda a un appello di Di Battista, tempo fa. Presumo si riconoscessero in lui.
Sarebbe una bella cosa, in questo periodo di merda, se ci fosse almeno un chiarimento e un impegno con loro. Al di là del gruppo nel quale confluiranno.

Scilipoti è lui. - Marco Travaglio

 

Il renzismo ormai è estinto su tutto il territorio nazionale (e perfino sui suoi social: decine di migliaia di commenti, tutti di insulti e sberleffi, neppure un parente a riequilibrare). Per non parlare di quello internazionale (“Demolition man” è la definizione più amichevole). Ma sopravvive come se nulla fosse tra i giornalisti e i telecommentatori italioti. Che si dividono in cinque categorie. 

1) Quelli che “R. ha rovesciato il governo che aveva inventato e di cui faceva parte, dunque è colpa di Conte che deve andare a casa”. 

2) Quelli che “R. ha tradito per l’ennesima volta i suoi alleati, quindi va invitato a fare un nuovo governo e Conte vada a casa per non disturbarlo”. 

3) Quelli che “R. sul merito ha ragione, ma forse ha sbagliato qualcosa nei tempi e nei modi, dunque Conte deve andare a casa”. 

4) Quelli che “un governo non può reggersi sui responsabili alla Scilipoti&Mastella, ergo Conte deve andare a casa”.

Per le prime 3 specie non c’è logica che tenga: al cuore non si comanda. La 4 dimentica che fu proprio R. a governare con transfughi e responsabili (Ncd e verdiniani) e poi a fondare un partito col 100% di similScilipoti&Mastella e ora rovescia il Conte-2 come Mastella il Prodi-2, senz’alcuno scandalo tra le vergini violate che ora strillano all’ipotesi di rimpiazzarlo con “ex” di altri partiti (soprattutto il suo). Poi ci sono quelli che, ansiosi di liberarsi dell’unico premier che non si fila i loro padroni, menano scandalo perché non s’è ancora dimesso. Purtroppo ignorano la Costituzione (art. 94): “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale”. Che non pare sostituibile con conferenze stampa, interviste, tweet, post, storie o lettere di dimissioni. Quindi a oggi la crisi è tutta mediatica: nessuno l’ha formalizzata e giuridicamente non esiste. Nella Prima Repubblica i premier bypassavano il Parlamento e si dimettevano al Quirinale per averne il reincarico. Una furbata rotta solo da Prodi (due volte) e ora da Conte (due volte), che lunedì sarà alla Camera e poi al Senato per “parlamentarizzare” la crisi annunciata. Senz’averne alcun obbligo, visto che né Iv né le destre hanno presentato mozioni di sfiducia. Del resto le mozioni devono essere “motivate” e, se le destre hanno i loro motivi, sfuggono quelli dell’Innominabile. A meno di non credere davvero che Conte è un “vulnus per la democrazia”, “abusa dei social” e “spettacolarizza la liberazione dei pescatori” (giuro: ha detto così, lui). In attesa di lunedì, si annuncia l’addio a Iv di Nencini, padrone del marchio, che lo spedirebbe nel gruppo misto. Se tutto va bene, per vederlo sparire pure dal Parlamento, non dobbiamo neppure attendere le elezioni.

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Superata la fase del grottesco... - Giancarlo Selmi

 

Superata la fase del grottesco, il partito unico dei giornalisti italiani, capeggiato in questo momento da Mentana, ha imboccato quella del tragicamente comico. Si sta avverando quello che meno auspicavano. L'entrata nella maggioranza di un cospicuo gruppo di "responsabili".

L'aumento della credibilitá dell'eventualitá, é stato direttamente proporzionale alla progressiva scomparsa del sorriso dal volto del "mitraglietta", sorriso che ieri fu eterno con molti sconfinamenti nell'ilaritá.
In un paese dove il 90% dei governi si é sostenuto con gente che cambiava schieramento come mia moglie cambia il pannolino al bimbo, i giornalisti italiani, che fino a ieri avevano digerito di tutto senza scrivere una sola riga sull'argomento, sui "responsabili" hanno dato giudizi di moralitá, etica politica, costituzionalitá, opportunitá e legalitá, letteralmente terrorizzati dall'eventualitá che si realizzi quello che temevano: la prosecuzione dell'attuale Governo. Eventualitá che, in questo momento pare sempre piú probabile.
Sto guardando Mentana, ha la faccia da funerale. Spingendosi perfino ad ipotizzare una parallela campagna acquisti da parte della destra (che, in questo caso invece, sarebbe legalissima).

A proposito dei "costruttori" o "responsabili" che dir si voglia, va detto che:

- la fiducia a Conte fu data dal PD e non da IV. Questo gruppo si é formato dopo l'insediamento del Governo Conte II. Pertanto puó ritenersi in carica fino ad un passaggio parlamentare che lo sfiduci.
- l'attuale legge elettorale proporzionale, permette legittimamente la ricerca di maggioranze in parlamento.
- il Governo D'Alema fu reso possibile da Parlamentari eletti con il centro dx e che cambiarono schieramento con l'occasione. Alcuni di loro assicurarono il voto di fiducia senza aver costituito nessun gruppo. Ció avvenne nonostante leggi elettorali chiaramente maggioritarie. Lo stesso avvenne con Berlusconi.
- Non si capisce perché Conte sarebbe piú debole con il voto dei costruttori, rispetto a quanto lo fosse con l'appoggio di Italia Viva.
- Nella Costituzione non vi é nulla che impedisca a Conte di chiedere a chi ci sta, di dargli la fiducia.

Sono fiducioso. Diventa sempre piú consistente la desiderata eventualitá della relegazione nell'oblio di Renzi, insieme allo spappolamento (metaforico) del fegato di Mentana e dei soloni del partito unico anti-Conte dei giornalisti italiani. Ad maiora!
#AvantiConConte

Giancarlo Selmi 

https://www.facebook.com/photo?fbid=490886675405297&set=a.163384871488814

giovedì 14 gennaio 2021

QUEL GRAN FIGLIO DI INDAGATI. - Bruno Fusco

Con Conte, l'Italia ha riacquistato stile, dignità e ruolo, sa parlare con tutti, dall'ultimo operaio in difficoltà, ai massimi esponenti mondiali, lo ha fatto dal primo giorno in cui ha assunto la carica di Presidente del Consiglio con grande visione e lungimiranza del M5S.

Conte è una figura che finalmente non fa figure di merda, ricordiamo tutti le corna di Berlusconi e le risatine di Francia e Germania, ricordiamo il cappotto di Tatteo Tenzi, abbottonato a cazzo di cane, e il suo inglese imparato da un corso in edicola, pieno di sputazzelle gutturali, ma parla come mangi, impara dall'altro cazzaro verde, almeno la base dei rutti liberi!
Ricordiamo il loden di Monti che portava l'Italia a vittima sacrificale sull'altare dell'austerità!
Conte sa usare le parole, scansiona il giornalista di turno, che spara le sue domande come un fucile puntato, e lui, con la stessa capacità di un'aquila reale, di avvistare un topolino da un chilometro, risponde al colpo senza ferirsi, Conte conosce i suoi polli, ha un bagaglio di serenità e professionalità raro da confrontare, e non ha bisogno di far pubblicare foto di case di giornalisti, incitare all'odio sui social, o cacciarli dalla RAI, come hanno fatto Renzi e Berlusconi, lui risponde a tono, con chiarezza e competenza, vola più in alto dei suoi interlocutori, soprattutto, non ha lobby e interessi da difendere.
Sa scegliere i giusti contenitori per comunicare, credo mai lo vedremo in programmi scadenti e rabbiosi, tipo quelli di De Debbio, Porro e Giordano, almeno spero.
Gli attacchi di Renzi hanno il sapore della vendetta, puzzano di odio fritto e rosolato per mesi, sputato tutto in una volta con una rabbia incontrollata, ha fallito su tutto e prova ad esporsi per riconquistare credibilità, ma non puoi ingannare chi ti ha già giudicato un nulla!
L'Italia merita un presidente del consiglio come Giuseppe Conte, persone di questo calibro sono preziose e attirano su di sé invidie e gelosie ai limiti dell'autodistruzione e chiunque sappia distinguere le opportunità dall'opportunismo è tenuto a difenderlo.
Renzi trascina nell'oblio ogni cosa che tocca, lascia tracce di perplessità in ogni sua dichiarazione e sputa frasi che gli rimbalzano come riflesse in uno specchio, che gli mostrano la bestia che ha governato con decreti leggi, ghigliottine, canguri, 32 voti di fiducia in un solo anno, e tutto questo senza un Virus maledetto da tenere a bada!
Mi auguro che chi lo ha seguito nel suicidio politico si svegli prima del baratro e lo lasci, da solo, a rimuginare sui suoi fallimenti e i suoi rancori personali, e abbandoni questo gran figlio di indagati al suo destino triste.

Renzi non poteva almeno lasciare che Bellanova e Bonetti annunciassero le dimissioni?

 

Renzi, Bellanova, Bonetti durante la conferenza stampa in cui il leader di Italia Viva ha annunciato le dimissioni delle ministre del Governo Conte.

Bellanova e Bonetti, più dimesse che dimissionarie. Con tutto quello che dobbiamo affrontare, Renzi incluso, serviva l’ennesima polemica sulle donne ‘usate’ dall’ennesimo uomo più potente di loro? In poche parole, poteva almeno lasciarglielo dire a loro?

Come se ne avesse bisogno, l’uomo “più impopolare del Paese” che ha messo nei guai quello più popolare, squadernando una crisi di governo in piena emergenza pandemica, è riuscito invece nell’impresa di farlo attirandosi oltre alle solite accuse di egocentrismo anche quelle ben più velenose di sessismo.

Nel mondo reale e nei famigerati social (trovare le differenze ormai), all’hashtag di battaglia #renzivergogna, sono stati in molti a puntare il dito contro il leader di Italia Viva che pur di prendersi la scena, si arroga anche il diritto di annunciare le dimissioni delle sue ministre Bellanova e Bonetti, sedute al suo fianco, come “due corpi ostaggi”, come ha osservato non senza sarcasmo Lucia Annunziata al tg3.

E a proposito di giornalisti, c’è Alberto Infelise (la Stampa), che twitta: “Dire che la Bellanova non farà mai da segnaposto mentre le sta facendo fare esattamente la segnaposto è un estratto puro di renzismo”. Sulla stessa linea Selvaggia Lucarelli (Tpi): “Nel frattempo da 1 ora non hanno detto una parola, mentre fanno da segnaposto accanto a lui”.

Altri come Gad Lerner preferiscono ricorrere ad altre categorie. “Neanche il buon gusto, l’osservanza delle regole istituzionali o, se preferite, la cavalleria di lasciare che fossero le ‘sue’ due ministre a comunicare le proprie dimissioni, ha avuto @matteorenzi”, twitta l’ex editorialista di Repubblica.

C’è poi chi osserva come alle stesse, “dimesse”, politicamente e umanamente, ben pochi presenti in conferenza stampa hanno rivolto domanda. Per Marika Surace, esperta di diritti umani molto attiva sui social, “Renzi sta praticamente pregando i giornalisti di fare domande alle ministre e a Scalfarotto, inascoltato. Perché alla stampa interessa solo il suo rapporto con Conte e questo governo. Le due donne di Italia Viva non chiedono di intervenire. E però è Renzi che è sessista”.

Ma è anche vero - si ribatte- che una volta aperta la conferenza stampa con la notizia delle dimissioni, tutte le attenzioni erano rivolte alla mossa successiva di Renzi. Non è sfuggito che un ‘metronomo’ delle news come Enrico Mentana, abbia trovato normale rientrare in studio appena le stesse sembravano finalmente prendere la parola.

Sessismo o egocentrismo, c’è infine chi ha trovato la polemica stucchevole e irrilevante rispetto sia al tema delle donne sia rispetto al casino politico che era in procinto di innescarsi. Non resta che rifugiarsi nell’ironia feroce di Spinoza: “Renzi ha chiesto rispetto per le sue ministre. Altrimenti le farà parlare”.

(foto ANSA)

https://www.huffingtonpost.it/entry/renzi-non-poteva-almeno-lasciare-che-bellanova-e-bonetti-annunciassero-le-dimissioni_it_60002d9dc5b6c77d85ed2794?utm_hp_ref=it-homepage