domenica 18 aprile 2021

La Gronda di Genova, quella giusta. - Beppe Grillo

 

In questi giorni Autostrade per l’Italia – che attualmente è ancora in mano ai Benetton – torna all’attacco e rimette sul tavolo una delle “grandi opere” più controverse degli ultimi anni, sperando forse che il governo Draghi, con dentro la Lega, possa cancellare ciò che è stato fatto con gran fatica dal primo governo Conte e in particolare lo straordinario lavoro del nostro Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli.

La Gronda di Genova, così come progettata dal concessionario, è un regalo che volevano farsi da soli, pensato anni addietro principalmente per aumentare i guadagni e spuntare una proroga di quattro anni sui 3000Km di autostrade che Aspi ha in concessione.

Una doppia follia: primo perché il loro progetto è sovradimensionato rispetto alle reali necessità, secondo perché concedere quattro anni di proroga ad una concessione che già scadrà nel 2038 significa appunto fare un regalo da miliardi di euro al concessionario, alla faccia del libero mercato e della concorrenza. Miliardi che nel loro progetto iniziale avrebbero addirittura iniziato a incassare ancora prima di fare partire i lavori.

Pensate infatti che fino al 2018 i grandi concessionari autostradali aumentavano i pedaggi semplicemente pianificando investimenti sulla carta. Investimenti che molto spesso non venivano neppure realizzati o erano in grave ritardo e che le società poi usavano per spuntare proroghe delle concessioni.

Il sistema dei colossi del casello era rodato: prima della scadenza della concessione andavano dallo Stato sventolando il progetto di una o più opere ferme da anni, facendo intendere che, senza proroga, il progetto sarebbe finito nel cestino. Lo Stato, per evitare ulteriori ritardi, la concedeva.

In poche parole, prima dell’arrivo del M5S al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, i privati con questi giochetti incassavano sempre di più spendendo meno di quanto avrebbero dovuto. Un sistema che è rimasto in piedi fino all’approvazione del decreto Genova, dove abbiamo rivoluzionato il mondo delle concessioni legando gli aumenti tariffari agli investimenti effettivamente realizzati. Con meno investimenti i pedaggi diminuiscono. Una cosa mai vista prima in Italia!

Oggi probabilmente qualcuno in Autostrade pensa che i tempi siano tornati indietro di almeno tre anni. E allora eccoci di nuovo qui a ricordare che nell’agosto del 2019, un anno dopo il crollo del Morandi, venne pubblicata un’analisi costi benefici indipendente che contemplava diversi progetti alternativi alla Gronda dei Benetton, meno mastodontici, i cui risultati non lasciavano dubbi: era necessario intervenire per risolvere i problemi di traffico di quella tratta, ma si poteva farlo con progetti enormemente meno costosi e meno impattanti da tutti i punti di vista. Al posto di un progetto folle da oltre 4,5 miliardi di euro e una galleria di decine di chilometri scavata nella montagna, era possibile ottenere benefici maggiori potenziando il tratto dell’autostrada A7 già esistente e triplicando le corsie in direzione Genova aeroporto.

Chi vi racconta che il M5S è contro la Gronda vi sta mentendo. Noi siamo contro un progetto scellerato che regala miliardi ai concessionari scaricando tutti i costi sugli utenti e sull’ambiente.

Chi oggi parla della Gronda, di quella voluta dai Benetton, probabilmente lo fa perché pensa sia arrivato il momento di distruggere tutto il lavoro fatto con grande fatica fino ad oggi per riequilibrare il sistema delle concessioni.

Chi oggi parla di quella Gronda come l’unica soluzione possibile forse lo fa perché ha voglia di fare un regalo a chi, negli anni, si è sempre dimostrato generoso con chi di fatto gli ha quasi regalato le nostre autostrade.

Chissà che oggi qualcuno non speri che grazie alla Gronda dei Benetton questo sistema si rimetta in moto. Peccato per lui che si troverà ancora una volta il M5S a fare da muro.

IlBlogdiBeppeGrillo

sabato 17 aprile 2021

Che fine faranno i 209miliardi della UE?

 

209miliardi spariranno ma non sapremo mai come...
Importante e prioritario, per il governo dei migliori, è risultato ridare il malloppo ad avanzi di galera, condannati in via definitiva per corruzione, finanziamento illecito, appropriazione indebita, diffamazione, ed altri reati, anche se non hanno mai provveduto a risarcire 60milioni per danno erariale come da condanna della Corte dei Conti.

Siamo in democrazia? Non credo, siamo governati da un tizio che non è stato eletto, ma scelto da personaggi di potere;
direte: anche il precedente non era stato eletto dal popolo, vero, rispondo ma, almeno, era stato scelto e nominato da chi aveva vinto le elezioni, ed era stato accettato e da subito benvoluto. Ci sentivamo coccolati, tranquilli, finalmente contavamo qualcosa.

Ma tutto ciò che funziona, nella nostra Italia massacrata da individui senza scrupoli e assetati di soldi e potere, non può durare perché chi è abituato a campare sulle spalle degli altri godendo di benefici immeritati non rinuncerà mai ad approfittare della anomala situazione che ha creato.

Anche la giustizia ha due pesi e due misure, nel nostro malmesso paese, ci sono delinquenti diversi da altri delinquenti; siamo in una democrazia modificata in non si sa che cosa, certo, abbiamo ancora la libertà di parola, ... ma quale libertà? La stessa libertà che hanno i giornalisti seri ai quali è vietato dire la verità, pena una querela da parte di chi è stato nominato?
Possiamo definirla libertà quella di doversi sottoporre a vessazioni continue da parte di chi dovrebbe coccolarci e viziarci?

Chi si fregia di un titolo quale on. o sen. anche se delinque non sconta pena e non paga nessuno, chi un titolo non lo ha paga anche se non è colpevole.

Viene scontato, a questo punto, non credere più in nessuno e niente.
Nel nostro paese va avanti chi non rispetta le leggi, chi commette reati. Le persone per bene non hanno diritti.
Andare a votare è solo una perdita di tempo.

Ma lo perderò il mio tempo: imperterrita voterò Conte e il m5s.
Oltre loro c'è il nulla.
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cetta

Per sapere. - Marco Travaglio

 

Non so a voi, ma a me ieri Draghi è piaciuto. Non per l’azzardo delle riaperture premature, con 429 morti in 24 ore e il calo dei contagi in frenata, ma perché s’è assunto la responsabilità del “rischio ragionato” (se poi andrà male, come in Germania, sapremo chi ringraziare). E poi perché ha smentito l’ultima leggenda inventata dai fan per giustificare le difficoltà del suo governo e il calo dei consensi: che, cioè, Lui sia deluso da noi italiani. Quando l’ho sentito dire l’altra sera a Otto e mezzo, non ci ho dormito: l’avrò deluso anch’io? E come faccio adesso a recuperare? Invece ieri l’ho trovato pimpante e fiducioso in noi miseri mortali. Meglio così. Almeno lui conserva un po’ di logica, merce rara quant’altre mai. Prendete i giornaloni: han passato tre anni a lapidare Conte per conto dei loro padroni, imputandogli come delitti le stesse cose che ora esaltano come miracoli di Draghi; ma se Bettini nota che l’ex premier “non è caduto: è stato fatto cadere” perché non obbediva a certi interessi, s’indignano tutti. Come nell’ultima cena, quando Gesù comunica agli apostoli “Uno di voi mi tradirà” e tutti, compreso Giuda, gli domandano “Sono forse io?”. Solo che Giuda i 30 denari li aveva intascati di nascosto, mentre questi tartufi il golpettino bianco l’han fatto ogni giorno alla luce del sole, nelle migliori edicole. E non riescono più a fermarsi, con arrampicate sugli specchi da scompisciarsi.

Da due mesi il Giornale Unico ci rifila il Titolo Unico: “Vaccini, Figliuolo accelera”. Poi ieri leggiamo su La Stampa: “Roma frena il Piemonte: ‘Non superate le 22 mila dosi al giorno”. Ora, posto che Roma è una città e non è in grado di telefonare, men che meno al Piemonte, che è una Regione e non parla al cellulare, chi avrà mai ordinato al Piemonte di vaccinare meno? L’articolo parla pudicamente di “struttura commissariale”. Cioè di Figliuolo, quello che accelera. Problema: come si fa ad accelerare e frenare contemporaneamente? Ah saperlo. Da Rep apprendiamo poi che il Recovery Plan, a 14 giorni dalla consegna, non è più in ritardo (lo era quando c’era Conte e di mesi ne mancavano 6, 5, 4 ecc): “Draghi incontra i partiti e mette i paletti: il piano non cambia. Una mossa per aumentare il più possibile la condivisione dei progetti”. E con chi li condivide, di grazia, se non cambiano: con sua zia? 

Sempre su Rep, Manconi è tutto giulivo perché la Consulta dice che l’ergastolo è incostituzionale se non finisce mai, cioè se è ergastolo. E dà un anno al Parlamento per inventarne uno che finisca in anticipo. Noi siamo gente semplice, ma avevamo capito che l’ergastolo fosse la condanna a vita (vedi Madoff negli Usa): se finisce prima, che ergastolo è? Così, per sapere.

IlFattoQuotidiano

Chi tramava per fare cadere Conte. - Antonio Padellaro

 

Di trame, complotti e poteri occulti leggo ciò che scrivono coloro che ne sanno più di me (non è difficile). Ciò detto non mi azzardo a trarre conclusioni su quanto sostenuto da Goffredo Bettini nel manifesto di Agorà, la nuova area culturale che lancerà oggi. Dove c’è scritto che (riassumo) Giuseppe Conte è stato vittima di un complotto in quanto ritenuto “inaffidabile” rispetto a una “convergenza di interessi nazionali e internazionali” che l’ex premier “non avrebbe assecondato”. Ora, sulle modalità (note e meno note) della cacciata di Conte da Palazzo Chigi probabilmente non basterebbe un libro. Tuttavia, per non confondere le sedute spiritiche con le congiure di palazzo, mi limito a osservare che Bettini non è certo un cantastorie, come dimostra la sua lunga autorevole militanza politica a sinistra (dal Pci al Pd). Vicino all’ex segretario democratico Nicola Zingaretti, egli durante il governo giallorosso non ha fatto mancare i suoi consigli a Conte, e sempre alla luce del sole. Se dunque in un documento pubblico scrive di “convergenze” contro l’avvocato qualcosa di più preciso saprà. A meno che non si tratti di una deduzione basata più sulle sensazioni che sui fatti. Come indurrebbe a pensare l’espressione “interessi internazionali” ricorrente nella storia patria ogni qualvolta si vuole alludere all’intervento di poteri di entità superiore, e dunque inafferabili. Quanto agli “interessi nazionali”, nel contesto evocato da Bettini resta da capire se Demolition Renzi abbia agito in proprio o su mandato di qualche manovratore (sceicchi arabi inclusi). Mentre non sembra che Bettini tiri in ballo la figura di Mario Draghi, ma ne sapremo di più addentrandoci nella lettura di Agorà. Per fortuna il testimone diretto del possibile intrigo, Giuseppe Conte, è vivo, lotta insieme a noi e qualche appunto lo avrà pure preso.

IlFattoQuotidiano

Nuovo assalto della politica all’indipendenza dei giudici. - Gian Carlo Caselli

 

“Quod non fecerunt barbari fecerunt barberini”: è quel che fa venire in mente il progetto di una commissione parlamentare d’inchiesta sulla magistratura di vari deputati (FI, Lega, Iv e Az). C’è infatti un precedente che non ha funzionato ma che ora si ripropone sperando di farcela. Protagonista del precedente (2003) fu il parlamentare di FI Bondi: per verità un politico-poeta, nient’affatto un barbaro, per cui la “pasquinata” gli va stretta. Ma di fatto fu un precursore dei “barberini” di oggi. Bondi, mentre l’alleato leghista discettava sul “costo delle pallottole” per i magistrati, aveva pensato a una Commissione parlamentare “per accertare se ha operato e opera tuttora nel nostro paese un’associazione a delinquere con fini eversivi, costituita da una parte della magistratura, con lo scopo di sovvertire le democratiche istituzioni repubblicane”. Occorreva “sistemare” i magistrati che davano fastidio, non rispettando certi “santuari” tradizionalmente impuniti. Di quel progetto non si fece nulla, ma chi non crede nella giustizia vi trovò una spinta formidabile. Può accadere anche oggi, tanto più che si tratta di colpire un corpo (sia pure con lodevoli eccezioni) culturalmente indebolito e tramortito da crisi non solo di efficienza, ma anche di credibilità. Crisi che da tempo erodono la fiducia nella magistratura, da ultimo con il pingue contributo del caso Palamara (motore di un Sistema di cui ora si proclama vittima) e della pandemia che non ha risparmiato il servizio giustizia.

Certo, non è più quella di Bondi la formula oggi usata. Vi si parla di correnti, attribuzioni di incarichi direttivi e funzioni del Csm, di fatto accusato di “far come gli struzzi” a fronte delle sconvolgenti rilevazioni del sullodato Palamara. Ma la sostanza rimane la stessa: indagare sul supposto uso politico della giustizia e sul lavoro delle toghe in generale, compreso il Csm nell’esercizio nelle sue funzioni istituzionali. Si può rigirarlo fin che si vuole, ma resta – come ai tempi di Bondi – un attacco all’indipendenza della magistratura. E se allora l’iniziativa era stata di un “semplice” parlamentare, portavoce di FI, oggi tra i primi promotori troviamo addirittura un esponente dell’esecutivo, la ministra, sempre di FI, Gelmini. Ma certe cose non si possono fare in uno Stato democratico fondato sul principio della separazione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario): una conquista storica e politica della civiltà occidentale che garantisce l’indipendenza dei giudici. In Italia mai gradita dai poteri (pubblici e privati) restii al controllo di legalità, che in vari modi han sempre cercato di regolare i conti in sospeso, ricacciando i magistrati nel loro “tradizionale” angolo di sottomissione. La voglia di indagini parlamentari sulla magistratura per un verso o per l’altro tende sempre a questo scopo, tipico di chi si sgola per chiedere più giustizia ma in realtà ne vuole sempre meno. L’obiettivo sembra oggi a portata di mano grazie al clima mefitico che incombe. E allora ecco che invece delle serie riforme di ampio respiro assolutamente necessarie (quelle impostate dai ministri Bonafede e poi Cartabia), una certa politica innesca un’indebita ingerenza nell’esercizio di un altro potere dello Stato e quindi un conflitto fra poteri istituzionali le cui conseguenze potrebbero essere devastanti. Prima di tutto per l’indipendenza della magistratura: patrimonio dei cittadini che credono nell’uguaglianza, non della “casta” dei magistrati. Che però devono essere i primi a difenderlo, scacciando “i mercanti dal tempio” per recuperare l’orgoglio e la responsabilità che in momenti ben peggiori (terrorismo e stragi) han saputo esprimere.

IlFattoQuotidiano

Voglio fare una precisazione, tanto per chiarire. - Orso Grigio

 

Sono cose che ho già detto, ma ho tempo libero e voglio ripeterle.

Io sono di sinistra, convintamente, fermamente e senza mai nemmeno un dubbio sul perché di questa scelta. E da quando c’è ho votato il M5S, dopo aver perso già da parecchio qualsiasi riferimento in merito alla mia rappresentanza politica.
E se la prossima volta sarò ancora a sbattermi su questo mondo di merda e deciderò ancora di votare, forse sarà sempre per il Movimento, se ne sarà rimasta traccia.
Tuttavia non ho nessuna vocazione al martirio e nemmeno all'integralismo ottuso.
Dico quello che penso, sempre e comunque, e non mi chiedo mai se quello che dico potrà essere condiviso oppure portarmi consenso. Non mi interessa.
Sono contento quando le mie idee e le vostre coincidono, significa appartenenza e non sentirsi soli, ma non mi importa dei like e non faccio calcoli di opportunità. Il rispetto per le mie idee, e per me stesso, viene prima di tutto. E di tutti.
E sono nato contro, quando mi danno ragione in troppi mi viene voglia di cambiare idea, anche se poi non lo faccio.
Recitata questa filastrocca un po’ retorica, se qualche volta sembro ‘attaccare’ il Movimento non lo faccio per il gusto della polemica a tutti i costi o tanto per fare un post in mancanza di idee migliori.
Lo faccio perché quella “cosa” era, e in qualche modo resta, tutto quello che abbiamo per sperare in un cambiamento, ma non crescerà con la comprensione acritica, le giustificazioni e le genuflessioni scontate, e nemmeno con i luoghi comuni dell’onestà e bla bla bla.
Se a sbagliare sono le tre grazie di destra, lo sbruffone o quello della foto col cigno non me ne frega un cazzo. Certo, ci sto male, ma so che loro sono così, il peggio che esista sulla faccia della politica, e io non posso certo cancellare quelli che li votano, non ci posso fare niente. Ma se a sbagliare sono quelli che ho votato io e di cui mi fido trovo legittimo incazzarmi come una iena bengalese. Perfino doveroso. Mi sembra naturale spronarli e invitare chi li vota a fare altrettanto, perché è così che si cresce. Può esserci più amore in un ceffone che in una pietosa carezza, e di sicuro certe volte funziona di più.
In quel Movimento ci sono persone stupende, altre mancano troppo e di questo bisognerà parlarne prima o poi, ma ci sono anche, e ci sono stati, soggetti del tutto improponibili e impreparati, e si sono commessi errori gravissimi, spesso per inesperienza ma troppe volte per incoerenza, incapacità, ottusità e mancanza della pur minima strategia. Diciamo che parlare di strategia nel Movimento è come parlare di testata giornalistica per la d’urso, o di accordi nelle canzoni di Ligabue.
Entrare in questo governo è stato un suicidio e continuare a restarci, in queste condizioni, rischia di essere vilipendio di cadavere.
Ha senso per il pd, che con Letta non solo ha avviato l’ennesima restaurazione verso il centro, e visto poi che il centro non bastava più il nostro eroe ha pure dichiarato di non escludere alleanze con berlusconi, come mi ha appena messaggiato una delle persone che stimo di più in questo gran letamaio, ma non ne ha nessuno per il Movimento, stretto fra l’incudine del pd e il martello a destra, e condannato all’irrilevanza totale, nonostante abbia la rappresentanza maggiore in Parlamento. Bizzarra ‘sta cosa.
E quel barlume di speranza nel progetto Conte, in tutta onestà, lo vedo già affievolito, a solo un piccolo soffio dallo spegnersi. E sta evaporando anche il progetto comune idealizzato su posizioni, se non proprio di sinistra, almeno quasi, fra Movimento e pd, sostituito dal progetto iniziale, quello originale, più vivo che mai e comune a tutti i partiti, e cioè di far fuori quei rompicoglioni del Movimento.
In queste condizioni i 5S servono solo da foglia di fico per coprire qualsiasi nefandezza verrà commessa. E potete scommetterci che ce ne saranno tante.
Secondo voi, avrà più forza opporsi da fuori o subire da dentro?
Sul ripristino del vitalizio dico ancora che temo sia da ingenui ritenere che quei tre abbiano fatto tutto di propria iniziativa. Niente succede per caso, meno che meno in politica.
E allora si dovevano affrontare i loro padroni, a brutto muso, e pretendere chiarezza, si doveva andare in tv a denunciare, bloccare qualsiasi lavoro, togliere la fiducia e andare a casa senza passare dal via.
Ma non è successo niente di tutto questo, al di là di qualche bla bla di circostanza, tanto che viene il sospetto che nessuno voglia turbare la navigazione, in cerca ognuno del proprio approdo sicuro.
All’opposizione è tutto libero, non c’è nessuno, visto che quella della meloni è pura finzione opportunistica.
E allora, visto che tutti sbavano dietro Draghi e il suo governo dei migliori, lasciamo che se lo sussino, ma senza esserne complici.
Poi, quando Mattarella o chi per lui ce lo concederà, nella sua infinita grazia, diremo la nostra.
Ci vogliono passione e idee per costruire un progetto, e io vedo solo assenza e calma piatta.
La rivoluzione non è un pranzo di gala, diceva qualcuno.
Qui non si parla certo di rivoluzione, ma almeno di un atto di coraggio.
E di coerenza.

Da Fb

venerdì 16 aprile 2021

Un paese di santi, eroi e generale Figliuolo. - Lorenzo Giarelli

 

Ormai lo abbiamo capito: al Gen. Com. Francesco Paolo Figliuolo non manca la capacità di persuasione. Inguaribile ottimista, ogni volta che cambia versione sul piano vaccinale riesce a far credere a tutti che l’ultimo annuncio sia quello giusto. E in questo di certo lo aiuta la gran parte della stampa italiana, che da subito si è approcciata a Figliuolo con la stessa estasi mistica del telecronista Victor Hugo Morales di fronte al gol del secolo di Diego Armando Maradona: “Da che pianeta vieni, generale cosmico?”.

Da che pianeta viene, questo Figliuolo che ci ha presi per mano dopo la cacciata di Domenico Arcuri e giura di tirarci fuori dalla pandemia entro la fine dell’estate? Classe 1961, nato a Potenza, “figlio del popolo” per autodefinizione, frequenta l’Accademia militare a Modena e a 25 anni prende servizio nella caserma di Saluzzo, nel Cuneese, che Totò ha reso immortale fucina di uomini di mondo. E infatti Figliuolo, che in Piemonte diventa comandante degli alpini, a fine millennio vola all’estero, guidando l’unità in missione prima a Sarajevo e poi in Kosovo, nell’enclave di Goradzevac.

Il tutto mentre prende tre lauree: Scienze politiche a Salerno, Scienze strategiche a Torino e Scienze internazionali a Trieste. Merito di quello che alla Stampa definisce “pensiero parallelo”. Non è chiarissimo se il pensiero parallelo sia una sorta di pensiero laterale o se sia da contrapporre a un fantomatico pensiero ortogonale, certo è che i filosofi greci erano arrivati a disquisire di pensiero circolare, ma su altri generi della geometria Figliuolo risulta avere il copyright, qualunque cosa significhino.

Nel 2004 il Nostro comanda il contingente italiano in Afghanistan, poi rientra in patria, a Torino, dove nel 2009 diventa vice comandante della Brigata Tauriniense e nel 2011 è promosso a comandante. Qui, in un’intervista, si lascia andare: “Ho dato tre parole d’ordine: disciplina, addestramento e alpinità”. Che sarebbe l’orgoglio di sentirsi alpino, concetto che Figliuolo declina con generosità. Una volta, in un incontro pubblico con l’astronauta Paolo Nespoli, lo elogia di fronte ai cronisti: “Anche lui è militare, viene dalla Folgore. Lui è abituato a lanciarsi dall’alto, e noi siamo abituati a salire”.

Poi c’è di nuovo il Kosovo, chiamato nel 2014 a guidare le forze della Nato, e la carriera nella logistica dell’Esercito: Capo Ufficio Logistico degli alpini, Capo Reparto Logistico dello Stato maggiore, Comandante logistico dell’Esercito. Da qui gli infiniti nastrini incollati alla divisa: sono 27, tra cui quello di Ufficiale della Legion of Merit degli Usa e la Croce d’oro d’onore della Bundeswehr. E non si può dire che Figliuolo lesini sulla loro esposizione, dato che non si perde una visita senza l’adorata divisa militare. Ieri, per esempio, era all’inaugurazione del- l’hub vaccinale della Fondazione Ferrero, ad Alba. “Se vado sul campo, indosso la divisa”, dice lui, sempre “zaino in spalla, freno a mano tirato e strada in salita”. Pare sia “il modo di intendere la vita” degli alpini, anche se qui sembra più un modo per indorare la pillola di un piano vaccinale a rilento.

Anche perché il Generale, in carica da marzo, inizia promettendo 500 mila somministrazioni al giorno per “la metà di aprile”, cioè ieri, poi il traguardo si sposta a una generica “seconda decade”, poi alla “terza settimana”, a “fine mese” e ora chissà: “Riusciremo a centrare l’obiettivo delle 500 mila vaccinazioni al giorno”. Finale aperto.

Non è chiaro poi vaccinando quali categorie ci si arrivi, visto che pure su questo il Generale sembra confuso. A marzo va in tv e scandisce il suo più celebre motto: “Bisogna vaccinare chiunque passi di lì”. I primi ripensamenti arrivano 15 giorni più tardi, quando mette in guardia dal “nepotismo” e firma un’ordinanza per dare priorità assoluta agli anziani. Ora, come nulla fosse, butta lì che a breve “potremo vaccinare anche la fascia 30-59 anni, anche valutando le mansioni e l’esposizione al rischio”. E il nepotismo? Menomale che “le persone hanno bisogno di certezze e bisogna essere chiari”. Poi l’epifania: “Procederemo a parallelo multiplo”. E tutti quelli che non hanno capito si dotino di pensiero parallelo, per favore.

IlFattoQuotidiano