Ho fatto un sogno. Indossavo infradito, bevevo Ronco e ascoltavo Povia. A quel punto ho preferito svegliarmi.
Ho così potuto vedere, ebbro di gioia e satollo di gloria, il redde rationem tra Ho Chi Finh e il Sultano Tascabile. L’ho trovato eccitante.
Alcune considerazioni.
1) Nemmeno dopo lo scontro, che sembra (ho detto sembra) aver fiaccato il dominio berlusconiano, Pigi Bersani ha abbandonato quell’aria compassata da triglia agonizzante nei fondali del Vingone.
2) Ha fatto meglio Darko Pancev all’Inter che il Pd in Italia (questa non è mia ma di un lettore, Felix Fè).
3) Ha detto più cose di sinistra Ho Chi Finh in un intervento di dieci minuti che il Dalai Lema in tutta la sua vita. E le ha dette insistendo su temi (legalità e informazione) ritenuti desueti quando non indesiderabili dal Partito Disastro.
4) La tentazione di deificare il Gianfri è, da più parti, alta. Purtroppo ho buona memoria. Di Fini (non) amo ricordare il suo impeccabile operato durante le mattanze al G8 di Genova, la Legge Bossi-Fini (che non si chiama così per omonimia), le parole su Carlo Giuliani (Un punkabbestia) e Benito Mussolini (Il più grande statista del secolo). Ma capisco che in tale contesto postatomico, persino Fini assurga a meno peggio nel centrosinistra.
5) Ho Chi Finh ha impiegato sedici anni, vissuti mollemente da maggiordomo del Sultano Tascabile, per accorgersi di chi forse è (sia?) Silvio Berlusconi. Nemmeno la Duna smarmittata in salita aveva simili tempi di reazione.
6) Gli uomini più di sinistra in questo paese, oggi, sembrano Antonio Di Pietro, Beppe Grillo, Marco Travaglio e Gianfranco Fini. Ovvero un ex magistrato di destra, un ex comico generalista, un giornalista liberale cresciuto con Indro Montanelli e un ex fascista. Forse c’è un vuoto a sinistra (e non sarà la Serracchiani a riempirlo). Ma forse, eh.
7) Rischio elezioni anticipate. Panico nella sinistra (cit).
8 ) Quando vedo in tivù Renzi e Lady Debora, gggiovani del Pd (acronimo di una bestemmia sprecata), ho quasi nostalgia di Natta. Anzi, tolgo il quasi.
9) Il concetto di contraddittorio berlusconiano è stato pienamente mostrato durante il convegno guerreggiante del 22 aprile. Quando parlava Ho Chi Finh, il Sultano Tascabile aveva il microfono e gli interveniva sopra per interromperlo. Quando parlava il Premier, Ho Chi Finh non aveva il microfono e sembrava un pesce fuor d’acqua. E’ laimpar condicio, baby.
10) Si attende a breve un duro e fermo intervento del Dalai Lema, nel corso del quale esorterà a riprendere il dibattito con la maggioranza, per preservare la democrazia, la Costituzione e soprattutto la sua barca. Ciò detto, si percepisce un’urgenza di esegesi. Un desiderio, nitido e quasi virulento, di abbeverarsi allo scibile della conoscenza. Si sono per questo scelti dei passaggi cardine, debitamente, acriticamente e doviziosamente sbobinati. Solo per voi, empi comunisti esecrabili.
Arcaismi littori
Gianfranco Fini, quanto a retorica e capacità linguistica, mangia in testa (che poi è anche facile) a Silvio Berlusconi. Ho Chi Finh defeats Sultano Tascabile 6-3 6-1 3-0 ret. Proprio per questo, in Italia, vince il secondo. Gli italiani si eccitano quando li arringa un furbacchione compiaciuto. Si sentono a casa. E’ un po’ come guardarsi allo specchio.
Fini, al contrario, non solo assurge a “traditore”, titolo che per il centro-destra è spendibile per tutti coloro che anche solo non partecipano alle gare di rutti organizzate ogni mese da Salvini e Borghezio nel sottoscala trevigiano di Gentilini.
Ho Chi Finh è detestato dai suoi (ex) alleati soprattutto in virtù della sua cultura.
Già il Gianfri è sempre stato l’unico, insieme a un mio eteronimo che gioca a Fantatennis, a usare “vi” invece di “ci”. E’ una cosa così desueta da imbarazzare perfino quelli della Crusca. Fini però si compiace di questi suoi arcaismi littori. E per certi aspetti fa bene, rivelandosi sontuoso cesellatore linguistico. Lo si ascolti in questo passaggio, tratto dal redde rationem di cui sopra. Non nascondo che, sentendolo, mi sono sentito come Al Bano quando Michael Jackson gli copiò i cigni e la balalaika (?).
Così Ho Chi Finh: “Vedi (rivolto a Berlusconi) il tradimento, che certamente è sempre nel novero (primo arcaismo littorio) dei comportamenti umani poco dignitosi (Bondi alza lo sguardo, sentendosi subito chiamato in causa), alligna (secondo arcaismo: “alligna” credevo di usarlo solo io) in coloro che sono adusi (terzo arcaismo: anche “adusi” credevo di sfoderarlo solo io in questa rubrica, uffa) all’applauso e in molti casi alla critica approvazione, salvo poi, quando i leader girano le spalle, dire tutt’altro. Raramente il tradimento è nella coscienza di chi si assume, in pubblico e in privato, la responsabilità delle proprie azioni”.
A questo punto, comprensibilmente, dopo aver sentito parlare di coscienza e coerenza, Berlusconi lo interrompe. Non si parla di corde in casa dell’impiccato (cit).
L’irata reprimenda (Parte 1)
Berlusconi reagisce e troneggia: “Noi siamo il partito della moderazione (e dell’ammmmmore), io pregherei anche (anche) tutti di essere moderati in (?) qualunque espressione dovesse capitare (un perfetto inizio berlusconiano, che nega dalle fondamenta tutto ciò che di lì a poco seguirà). (..) Il nostro partito è stato esposto al pubblico ludibrio (porca di una miseria ladra, questi qua del centrodestra mi copiano. MI COPIANO. Ma chi usa ancora “aduso”, “pubblico ludibrio” e “alligna” a parte me? Chi? Se domani li sento dire “zimbellato” e “daje”, giuro che faccio la marcia su Roma indossando la Tenuta Balilla in latex equino di Gasparri) da parte di presenze in televisione di Bocchino, di Urso, di Raisi (e aggiungerei anche di Maurizio Lupi, che però a Berlusconi gli carica. Si veda reperto audio poco sotto). (Tripudio tra la folla, sembra quasi di essere ai concerti di Povia. Se solo ai concerti di Povia ci fosse il pubblico). E… anche… prendo atto con piacere(Fini, seduto, ripete a bassa voce: “Non te lo consento”) che Gianfranco ha cambiato posizione, ma quando io e Gianni Lett… (Fini si alza e ripete: “Non te lo consento”). Hai cambiato totalmente posizione. Allora Gianfranco, allora parliamoci chiaro (e sarebbe anche ora). Sono venuto da te martedì e davanti a Gianni Letta mi hai detto: Punto primo (non credo che Fini abbia iniziato una frase così) mi sono pentito di avere collaborato a fondare il Popolo della Libertà (come non capirlo: però i tempi di reazione restano quelli della Duna smarmittata). Punto secondo (non credo che Fini parli come un file word con l’indice numerato) voglio fondare un gruppo parlamentare diviso (Fini gli ricorda il caso Sicilia-Miccichè. Attenti, qui Berlusconi dà il meglio di sé). Punto terzo… e io ti ho chiesto (?) La Sicilia ti rispondo subito. Per iniziativa di Ignazio La Russa (andiamo bene, vai) abbiamo fatto una riunione coi tre coordinatori ed (ED? ED?? ED??? Ma come si fa a usare la “ed” eufonica, peraltro qui sbagliata, nel parlato? Cos’è, uno scherzo????) in presenza di una campagna elettorale abbiamo deciso io hooooo assunto (mah) ascoltato la loro decisione (boh) mi sembrava molto saggia (come tutto quanto nasce da una iniziativa di La Russa, certo) di soprassedere ad affrontare il problema della Sicilia per dopo le elezioni regionali (l’urgenza della questione morale), perché era inutile (senz’altro) proporre anche il problema della Sicilia nel mezzo di una campagna elettorale. E se mi consenti, se è vero che è stato Gianfra….eeehhhh….Gianfranco Miccichè, il…leader (parola grossa, “leader”, applicata a Miccichè) di questa situazione, sei stato tu che hai dato l’acconsentito (sob) ai tuoi uomini di partecipare alla decisione stessa (mi sono perso). Ed è ci sono (?) otto uomini tuoi mi pare in quello che si chiama Popolo della Libertà Sicilia, su cui (???) nell’ultima riunione dei coordinatori si è deciso da (di) intervenire da martedì prooooossimo. Quindi questa è la realtà: non cambiamo le carte in tavola (ci pensa lui da solo)”. Intermezzo ameno 1: quel gran figo del Lupi
Maurizio Lupi, con quel volto increspato di chi ha annusato i propri calzini rimanendo deluso dagli effluvi, vive e glorifica su RaiDue alla vigilia del redde rationem: “Guarda Italo (Bocchino) se andiamo avanti così, stiamo dando uno spettacolo pessimo della politica e pessimo del partito (l’unica cosa condivisibile che ha mai detto Lupi in vita sua). (..) Queste cose (di Bocchino) le sentivo da Di Pietro, le ho sentite da Travaglio e adesso le sento da te (Urso grida “Basta Lupi basta!”). Ma basta cosa? Ma cosa stai dicendo? (Urso insiste e gli chiede di dissociarsi dagli attacchi del Giornale di Feltri a Fini). No aeeeh (uagliò, in goppa jamme jà) guarda che non sei in An o nel vecchio Msi, eh (Urso incalza). Calma eh, ueeeh (e niente, dai: quel giorno Lupi si sentiva Cannavaro in quel vecchio spot, “Capo ridatece o’ pallone, ah”). Eh io non condivido il tit… uehhh (eddai)…aspetta ‘Basta’ non lo dici a nessuno. Ascolta un po’. Fai una domanda e ti rispondo. Non condivido… Ooooooooohhh mi fai rispondere o no? (urla con la manina destra semichiusa, tipo Pulcinella: tu vuo’ fa il napoletano, napoletano, ma si nato a Milano’). Ma sei fuso? Ma sei un po’ nervoso, eeehh? (momenti di altissima televisione. Bocchino lo zimbella per aver fatto parte di Comunione e Liberazione – in effetti). Italo, forse è meglio se vai presto via (al confino)”.
Lupi è una garanzia. Come la Nutella rancida.
Le comiche
Silvio Berlusconi tiranneggia: “Io credo che anche per quanto riguarda Il Giornale bisogna dirne una, Gianfranco. Te l’ho spiegato…cento volte… che io non parlo con il direttore del Giornale (ahahahahahah), che non ho alcun modo per influire (AHAHAHAHAHAH), ma che a seguito eh ah eggg (solita citazione da Java, l’amico neanderthaliano di Martin Mystère) della posizione del Giornaleho convinto un mio familiare (uno qualsiasi, eh: mica il fratello) a mettere in vendita il Giornale. E ti ho anche detto ‘Se c’è qualche imprenditore vicino a te che vuole entrare nella compagine azionaria (brusio: questa è troppo grossa anche per loro) amico di uegheeeeehhhueeegheghe (testuale) può entrare nella compagine azionaria (tanto per dare ulteriore nitore alla libertà di stampa italiana).
Il giustizialista Ho Chi Minh
Fini qui esagera: “E’ arrivato il momento di dirle davanti a tutti, altrimenti ci prendono entrambi per matti (in effetti). Quando si ipotizzava (platea inferocita, Fini sta difendendo i magistrati: SACRILEGIO) quando si ipotizzava la prescrizione breve, 600mila processi che venivano cancellati dalla sera alla mattina, un’amnistia mascherata (Berlusconi interviene: “Su otto milioni”. Come se fosse un’attenuante) ma mi spieghi che cosa significa tutela della legalità, riforma della giustizia, lotta alla politicizzazione della magistratura se poi passano questi messaggi?”. Qui non faccio ironia: dico solo che il Pd non ha mai detto un decimo di quanto asserito (?) in quei pochi secondi da Gianfranco Fini.
L’irata reprimenda (Parte 2)
Berlusconi vivifica: “Scusami, ma io intendo (?) che un Presidente della Camera non debba potere fare dichiarazioni politiche (che non lo glorifichino: se invece parla Schifani gli va bene) e fare l’attività dell’uomo politico (gesticola nervosamente: passare da Fini a Berlusconi, per un esteta della lingua, è come slittare da John McEnroe ad Andreasssssseppi). Vuoi…. Eeeegggggaaahhh (qui si è sfiorata la tragedia, già Cicchitto piangeva) averelapossibilitàdifarequestedichiarazioni (tutto attaccato). Ti accogliamo a braccia aperte (sì, come no), le fai da uomo politico nel partito e non da Presidente della Camera (un ragionamento che ovviamente non ha alcun senso, e per questo parte l’applauso della platea. Il nonsense democratico li gasa).
Io quasi quasi me la porto via, democrazia (cit)
Berlusconi al Secolo XIX: “È quasi finita, manca un niente e finalmente è fuori, non ne potevo più. Basta con quei suoi modi arroganti (ha parlato Galateo), con quel suo tono sprezzante. Lo avete visto? Sembrava uno venuto dalla Luna, l’ho provocato e poi umiliato (ma anche no). Ma ora glieli sfilo uno per uno (regalandogli dei Suv), me li compro tutti“ (a lui queste cose gli caricano, Viva l’Italia, viva Berlusconi, cit).
Intermezzo ameno 2, Don Abbondi prefigura (prefigura, prefigura, etc)
Sandro Bondi cesella: “Non è uno yes man (allude a chi come lui ha il culto del Premier). Non ci sono tra di noi uomini liberi (d’accordo) e servi (un po’ meno d’accordo). Questa è una dicotomia che non esiste, non esiste questa dicotomia (Bondi parla spesso così: dice la stessa frase sette volte, ma la spezzetta cambiando l’ordine degli addendi. Più che poesia è algebra, ma il pubblico va in visibilio e plaude). (..) Si esercita da tempo nella critica de-mo-li-tri-ce (quel comunista di Fini, fanculo a lui e al suo amico Fidel) della nostra storia (che non esiste) e della leadership di Berlusconi (sempre sia lodato) prefigurando prefigurando – è legittimo farlo (si risponde da solo) – prefigurando prefigurando (HO CAPITO, CAZZO) – è legittimo farlo (HO CAPITOOOOO) – prefigurando (BASTAAAAAAA) non un partito che cresce insieeeemeeee (a te non ci sto più, guardo le nuvole lassù, finisce quaaaaaaaa-ah-ah-ah-ah-ahhhhh), ma prefigurando (ORA SPACCO QUALCOSA, GIURO) un’altra destra (magari) un’altra politica (volesse il cielo) un’altra Italia (vamos). E tutto rispetto ad un supposto tramonto di Berlusconi (che non accadrà mai, giacché se anche accadesse Egli risorgerebbe) e del leghismo trionfante. Il Dottor Filippo Rossi, un altro esponente di Farefuturo (quegli stronzi) non si è fatto scrupolo nel parlare di uno scontro (alza il ditino cicciuto) e di una differenza culturale tra Fini e Berlusconi (nel senso che in un caso c’è e nell’altro no), una differenza tra chi – cito testuale amici (amico mio NO di sicuro) – “tra chi considera il potere una cosa privata, fine a se stessa, senza ideali, senza contenuti, senza obiettivi (bravo, ‘sto Dottor Rossi) e chi lo considera al servizio dei cittadini, al servizio (qui non sa leggere, si guarda smarrito: è abituato alle sue poesie, che hannol’unico merito di durare poco) del paese. Purtroppo queste parole, che io ritengo personalmente (mano al cuore, cioè in un punto a caso del pingue sterno) non solo infondate, ma perfino offensive (molto offensive: perfino intelligenti, oserei dire) queste opinioni non sono mai state contraddette (tripudio nella folla). Non sono mai state contraddette (oddio ricomincia con l’effetto eco. BASTAAAAA). Non sono mai state … (oddio no, no, no: non RIDIRLO)… non sono mai state smentite (non ne posso più: ti vuoi chetare una buona volta?) né quantomeno corrette (o meglio ancora messe al rogo, possibilmente con l’autore stesso). Mi chiedo amici (guardatevi da chi vi chiama “amici”, sicuramente è astemio e indossa le infradito anche lui), si può stare in un partito e sostenere che il suo fondatore (cioè Dio, o uno comunque da Egli unto di persona) che ha avuto forse un certo ruolo nell’evoluzione della destra in Italia, si può stare in un partito e sostenere che il suo fondatore (L’HAI GIA’ DETTO, CAZZO. L’HAI GIA’ DETTO. ORA GLI TIRO UN TRONCO) rappresenterebbe un modello da ripudiare?”.
E fu Apoteosi. La loro. E Golgota. Il nostro. Epilogo (il Sonno di Dini)
Durante tutto questo gran casino, mentre Berlusconi e Fini urlavano, Lamberto Dini – seduto poco distante dall’ex delfino di Giorgio Almirante – dormiva. Sì: dormiva: Beato, rilassato. Non si è mai svegliato, nonostante le urla, i lazzi e i frizzi. Lui dormiva.
Quasi come un bambino rugoso, quasi come Brad Pitt nelle scene iniziali di Benjamin Button.
Qualcuno ha ironizzato: come faceva a dormire, in mezzo a quel disastro?
Forse però aveva ragione lui. Forse il sonno di Dini era una reazione del sistema immunitario.
Forse il suo ronf era la recensione migliore di questo perdurante scempio.
P.S. E ora scusatemi, ma vado a iscrivermi su Facebook al gruppo Quelli che amano Sandro Bondi quando spacca la chitarra sul palco dopo aver suonato Foxy Lady.
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