sabato 13 novembre 2010

Consulta boccia leggi regionali Violate competenze dello Stato


Secondo i giudici costituzionali, sono illeggittime le leggi con cui Puglia, Campania e Calabria hanno vietato impianti nucleari e stoccaggio di rifiuti radioattivi sul loro territorio. Gli stessi giudici, bocciando la scorsa estate i ricorsi di 10 Regioni contro la legge delega per il ritorno del nucleare, avevano sottolineato il necessario coinvolgimento delle Regioni da parte del Governo

ROMA - Le leggi regionali con cui Puglia, Basilicata e Campania hanno vietato il nucleare sul loro territorio sono illeggittime. E' il verdetto della Corte Costituzionale, che boccia così i provvedimenti con cui le tre regioni avevano cercato di tener lontano gli impianti di produzione di energia nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare e di stoccaggio di rifiuti radioattivi. La decisione - secondo quanto appreso dall'Ansa da fonti qualificate - è stata adottata dalla Consulta in una delle ultime camere di consiglio. Le motivazioni saranno depositate nei prossimi giorni.

Le tre leggi regionali, approvate in assenza di un'intesa tra Stato e Regioni, secondo i giudici costituzionali violano specifiche competenze statali. In particolare, in riferimento ai depositi di materiali e rifiuti radioattivi avrebbero invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente (art.117, secondo comma, lettera s). Per quanto riguarda l'installazione di impianti di energia nucleare sarebbe lesa la competenza esclusiva dello Stato in materia di sicurezza (art.117, secondo comma, lettere d e h).

Se le Regioni ritengono necessaria un'intesa con lo Stato per l'installazione degli impianti nucleari, è il ragionamento dei giudici costituzionali, Puglia, Basilicata e Campania avrebbero dovuto impugnare le leggi statali dinanzi alla Consulta e non riprodurre con legge regionale le situazioni che considerano più corrette.

L'estate scorsa la Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi con cui 10 Regioni (Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise) avevano impugnato la legge delega 99 del 2009 con cui il Governo ha fissato i principi generali per il ritorno del nucleare in Italia. Le norme di quella "cornice nazionale" - faceva rilevare il vicepresidente della Corte, Ugo De Siervo, relatore ed estensore della sentenza n. 278 del 22 luglio scorso - non appaiono in contrasto con il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. Ma - veniva sottolineato - è al momento dell'esercizio della delega da parte del governo che "il coinvolgimento delle Regioni interessate si impone con forza immediata e diretta".

Il compito della Corte Costituzionale non si è dunque esaurito: devono essere ancora esaminati i ricorsi di quelle regioni che hanno impugnato il decreto delegato in cui sono indicate le aree che potranno essere scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari. Non solo: alla Corte Costituzionale è in dirittura di arrivo il quesito referendario promosso dall'Idv di Di Pietro contro il ritorno del nucleare in Italia. Il quorum delle 500 mila firme necessarie sarebbe stato raggiunto.

Entro la fine del mese la Cassazione dovrebbe terminare il conteggio delle sottoscrizioni anche per gli altri due referendum, per l'abolizione della legge sul legittimo impedimento e contro la privatizzazione dell'acqua. Una volta terminata la procedura, la Cassazione passerà la palla alla Corte Costituzionale, che probabilmente già nella seduta del 10 gennaio prossimo dovrà esprimersi sul via libera o meno al referendum sul nucleare.


http://www.repubblica.it/ambiente/2010/11/13/news/nucleare_consulta_boccia_tre_regioni-9073976/




Terminato interrogatorio madre Ciancimino


12 novembre 2010
Palermo.
È durato poco meno di un'ora e mezzo l'interrogatorio di Epifania Ailvia Scardino, madre di Massimo Ciancimino, ascoltata dai pm di Palermo per verificare quanto detto dal figlio in una trasmissione tv.


Ciancimino junior aveva riferito al 'L'infedele' su La7 che la madre sarebbe stata presente ad un incontro tra il padre Vito Ciancimino e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. L'incontro sarebbe avvenuto «in un ristornate nei pressi di piazza Diaz a Milano negli anni '70». L'anziana donna era assistita dall'avvocato Francesca Russo. All'interrogatorio erano presenti il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e i pm Antonino Di Matteo e Paolo Guido.

Adnkronos


Vedova Ciancimino conferma incontri con Berlusconi

12 novembre 2010
Palermo.
L'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino incontrò l'allora imprenditore Silvio Berlusconi in tre occasioni, a Milano, dopo il '72. A due dei colloqui, avvenuti in un ristorante di Milano, partecipò anche Epifania Scardino, moglie del politico corleonese. A confermarlo ai pm di Palermo Paolo Guido e Nino Di Matteo, durante un interrogatorio che si è appena concluso ed è stato secretato, è stata la stessa vedova. La donna, sentita alla presenza dell'avvocato, ha anche ricordato che i due parlarono di affari. È la prima volta che Scardino rivela ai pm la sua presenza ai colloqui tra Berlusconi e il marito. Interrogata a luglio e settembre scorsi, infatti, aveva riferito di aver saputo dall'ex sindaco che i due si erano visti tre volte, ma non aveva fatto cenno alla sua partecipazione.

ANSA



venerdì 12 novembre 2010

Finanziaria: 245 milioni alle scuole private Gelmini: “Fatto un grande sforzo”




Una cifra ottenuta grazie alla riformulazione del comma 47 del maxiemendamento al disegno di legge di stabilità. Il provvedimento prevede inoltre finanziamenti agli atenei, fondi per le borse di studio e risorse per far partire i concorsi dei ricercatori in agitazione in tutti gli atenei

Le scuole private riconosciute dallo Stato riceveranno 245 milioni. Una cifra ottenuta grazie a un provvedimento, presentato stamane dal governo in Commissione Bilancio, che riformula il comma 47 del maxiemendamento al disegno di legge di stabilità. Il nuovo testo di fatto sblocca 800 milioni di euro utilizzabili per investmenti vari. Molto più di quanto annunciato: fino a ieri si parlava, infatti, di 150 milioni. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, mette fine alla polemica aperta col mondo cattolico per il taglio del 47 per cento (253 milioni) operato alle paritarie qualche settimana fa.

Soddisfazione è stata espressa dal ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Mariastella Gelmini. “Credo – ha detto il ministro in occasione della conferenza per l’edilizia scolastica svoltasi a Palazzo Chigi – che sia stato fatto un grande sforzo da parte di tutto il governo e di questo ringrazio il presidente Berlusconi e il ministro Tremonti e tutti perché si è dato al sistema della formazione, scuola e università la giusta priorità, la giusta importanza. Sono state trovate – ha sottolineato la Gelmini – risorse per il sistema universitario, per il diritto allo studio perché questo è la vera emergenza di questo paese. Abbiamo bisogno di concretizzare il principio costituzionale che prevede che tutti i ragazzi meritevoli, ancorché primi di mezzi, devono ricevere il più alto livello di istruzione”. Conclude il ministro: “Sono state trovare le risorse non solo per le scuole paritarie ma anche per le spese di funzionamento e per le supplenze nella scuola pubblica, quindi credo che come ministro non possa dirmi che soddisfatta”.

Dura la reazione dell’opposizione e del sindacato. “I dati sul debito pubblico reale relativo a tutte le amministrazioni pubbliche, sull’andamento negativo del Pil – afferma Antonio Di Pietro – non fanno altro che confermare l’allarme lanciato da tempo dall’Italia dei Valori sulla malafede e sulla inadeguatezza di questo esecutivo”. Il leader dell’Italia dei Valori Antonio e il responsabile lavoro e welfare dell’IdV Maurizio Zipponi aggiungono: “L’assenza totale dell’azione di governo viene ulteriormente aggravata da provvedimenti scandalosi in queste ore l’esecutivo sta aumentando il finanziamento alle scuole private, e allo stesso tempo demolisce la scuola pubblica, mandando a casa oltre 140 mila insegnanti, servitori dello Stato”. In un comunicato della Cgil scuola, firmato dal segretario Mimmo Pantaleo, si legge: “Si compie il solito gioco delle tre carte. Si incrementano di 800 milioni i fondi per l’università, la cui ripartizione, tra concorsi fondo ordinario e diritto allo studio, non è chiara, ma si confermano i tagli di 1,4 miliardi previsti dal decreto fiscale del 2008. Agli istituti di ricerca pubblici resta la diminuzione di 95 milioni del fondo per il 2011. Sono confermati i tagli per la scuola, anche per il prossimo anno e nel contempo sono aumentati di 245 milioni i fondi per le scuole paritarie. Un governo in agonia vuole completare l’opera di demolizione della conoscenza pubblica per lasciare spazio alla privatizzazione”.

Il provvedimento prevede inoltre finanziamenti agli atenei, fondi per le borse di studio e risorse per far partire i concorsi per i ricercatori in agitazione in tutti gli atenei. 100 milioni verrano investiti per le borse di studio e prestiti d’onore agli studenti universitari meritevoli. Sarà un decreto dei ministri dell’Economia e dell’Istruzione a stabilire “le tipologie di interventi suscettibili di agevolazione e i soggetti beneficiari meritevoli di agevolazione”.



Dirigente banca: ''Quella visita Ciancimino e Dell'Utri...''




11 novembre 2010


Palermo. Nel 1986 l'ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino e Marcello dell'Utri, all'epoca manager di Publitalia, avrebbero chiesto all'allora direttore generale della Banca Popolare di Palermo, Giovanni Scilabra, un prestito di 20 miliardi di vecchie lire per le aziende di Silvio Berlusconi. A confermarlo ai pm di Palermo che, nei giorni scorsi, l'hanno interrogato per la prima

volta, è stato lo stesso Scilabra, ora in pensione. L'ex bancario aveva parlato della visita in un'intervista. Da qui la citazione da parte dei sostituti procuratori Nino Di Matteo e Paolo Guido che indagano sul riciclaggio dell'enorme tesoro illecito di don Vito. L'incontro sarebbe avvenuto nella sede dell'istituto di credito, allora appena inaugurata, che si trovava vicino al Teatro Massimo.

ANSA



EMANUELE RICIFARI IL VICEQUESTORE DI BRESCIA 8/11/2010 PROTESTA MIGRANTI



Per l'eutanasia



Da Micromega

"Dimissioni? Piuttosto la guerra civile"



Berlusconi si sfoga nella notte di Seul con i vertici del partito riuniti dopo l'incontro Fini- Bossi
UGO MAGRI
INVIATO A SEUL

«Non mi dimetterò mai», quasi grida al telefono Berlusconi dal ventunesimo piano dell’Hotel Hyatt, e dall’altro capo del filo lo ascoltano tramite interfono tutti i gerarchi del suo partito, riuniti a 8962 chilometri di distanza. Il tono di voce è concitato, «Fini vuole eliminarmi, mi vuole morto fisicamente per la storia di Montecarlo, è convinto che gliel’abbia montata io. Ma se questi faranno il governo tecnico noi gli scateneremo contro la guerra civile, avranno una reazione come nemmeno s’immaginano...».

Per tre volte il presidente del Consiglio si collega con il vertice Pdl, l’ultima quando in Corea è già l’una di notte, e sarebbe il momento di calare il sipario su una giornata bestiale: atterraggio a Seul dopo la notte passata in volo, il Cavaliere con la faccia gonfia di sonno e due fessure al posto degli occhi, colloquio in albergo con il premier vietnamita Nguyen Tan Dung, unico «bilaterale» di Berlusconi laddove in queste prime battute del G20 è stato tutto un fiorire di meeting, protagonisti Obama, il britannico Cameron, la tedesca Merkel. L’Italia a zero.
O meglio: non si sa. Magari di incontri ad alto livello ce ne saranno stati, per esempio durante la cena tra i capi di Stato e di governo che, tutti insieme, cercano una via d’uscita alla grande stagnazione.

Però il nostro premier s’è ben guardato dal renderne edotti i propri concittadini. Subito dopo il dolce, ciao ciao con la mano ai cronisti e via di corsa in albergo per farsi ragguagliare sull’unico incontro di cui davvero gli importasse qualcosa, quello a Roma tra Fini e Bossi. Che fosse la sua grande preoccupazione, lo s’era capito dal tentativo di farne partecipe perfino il rappresentante di Hanoi. La scenetta è un autentico cammeo. Berlusconi che si avvicina confidenziale a Nguyen Tan Dung e, tardando l’interprete, gli annuncia nel suo inglese non proprio oxfordiano: «I have some difficulties in this moment», ho qualche problemuccio a casa, perdonami caro amico del Vietnam se la testa è altrove...

Dunque Berlusconi torna dalla cena ufficiale, si chiude in camera col fido Bonaiuti e fa chiamare di corsa Cicchitto, nel cui studio alla Camera è adunato l’intero gotha del Pdl, da Bondi a Quagliariello, da Fitto a la Russa, da Romani alla Gelmini. Vuole sapere, Berlusconi, com’è andata veramente tra Umberto e «quello là» (Gianfranco). Vengono messe a confronto le versioni di Bossi, di Maroni e di Calderoli, risulta chiaro che non collimano affatto.
Qualcuno sente puzza di bruciato e lo dice. Silvio ribadisce alto e forte, «di Bossi io mi fido al 99 per cento», tuttavia aleggia la sensazione che siano in atto strani giochi per rimpiazzare il premier con chiunque purché non sia lui. E che la Lega sotto sotto stia valutando tutte le strade nel proprio interesse... Un incauto (o un’incauta?) propone al Capo di dimettersi come chiede Fini, salvo riavere subito l’incarico dal capo dello Stato.

Coro di «noooo, troppo pericoloso, sarebbe come mettere la testa tra le fauci del leone», e poi da qualche giorno il Presidente spara a raffica sul governo, come fidarsi di Napolitano? Mentre si parlano da un capo all’altro del pianeta, arriva in diretta la notizia che nemmeno la versione di Bossi è oro colato, anzi lo stesso Fini la smentisce. Si decide perciò di troncare gli indugi: basta così, «o Berlusconi oppure elezioni» riassume il ministro Matteoli in rima baciata. Viene stilato un documento, il premier se lo fa leggere, gli piace, lo approva. Il suo prossimo passo consisterà nel rimpasto, via il ministro Ronchi (finiano) e dibattito in Senato per rinnovare la fiducia: quanto alla Camera poi si vedrà, perché lì governo rischierebbe la bocciatura.

E non sta scritto da nessuna parte che in assenza di dimissioni del premier debbano pronunciarsi entrambi i rami del Parlamento, uno potrebbe anche bastare... Tocco surreale: mentre Berlusconi per tre ore al telefono coi suoi tenta di esorcizzare i governi tecnici, i due personaggi più titolati a guidarli si trovano pure loro a Seul. Uno, Tremonti, se l’è portato da Roma in aereo, per risparmio si capisce, e ha partecipato alle riunioni dei ministri economici.
L’altro, il governatore Draghi, ha gustato addirittura la cena dei Grandi nella sua veste di presidente del Financial Stability Board. Obama e gli altri non immaginano, ma seduti di fronte avevano il presente e, forse, il futuro della politica italiana.