sabato 24 settembre 2011

I pm di Napoli davanti al Riesame “Berlusconi da vittima a imputato”


Il reato ipotizzato dalla procura è l'induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria. Un illecito sanzionato dall’articolo 377 bis del codice penale
Il ruolo di Silvio Berlusconi nella vicenda Tarantini-Lavitola potrebbe cambiare e in maniera sostanziale: da vittima di un ricatto a istigatore di bugie riferite ai giudici. Al momento è solo uno scenario di una inchiesta che sta presentando profili giuridici ogni giorno più complessi, tanto che gli stessi addetti ai lavori – magistrati e avvocati – alle richieste incalzanti dei cronisti sul destino di questa indagine formulano solo una ridda di ipotesi senza però “scommettere” su nessuna in particolare, a cominciare dalla competenza territoriale.

Il nuovo colpo a sorpresa è costituito da un argomento, uno dei tanti affrontati nel corso dell’udienza davanti al Tribunale del Riesame durata oltre 4 ore, introdotto dai pm Francesco CurcioVincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock: in sintesi i magistrati affidano ai giudici del Riesame il compito di valutare, oltre alla sussistenza del reato contestato nelle ordinanze cautelari a carico di Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola (estorsione ai danni del premier), anche un’ipotesi alternativa che si è fatta strada nel prosieguo delle indagini – ovvero dopo gli arresti – e alla luce degli atti acquisiti da Bari sulla vicenda delle escort, ovvero la prospettazione del reato di induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria. Un illecito sanzionato dall’articolo 377 bis del codice penale.

Il riferimento esplicito dei pm è alle affermazioni fatte dall’imprenditore barese quando ai giudici di Bari ha raccontato che il presidente del Consiglio non era consapevole del fatto che le ragazze portate da Tarantini alle feste di Arcore e Palazzo Grazioli fossero escort, e alle dichiarazioni rese dallo stesso Gianpi nel carcere di Poggioreale, quando ha sostenuto che i versamenti di ingenti somme di denaro da parte del premier rappresentassero soltanto un atto di liberalità e non fossero dunque da mettere il relazione con i timori di una eventuale diffusione di notizie scandalose.

Se il Tribunale della Libertà aderisse a questa ipotesi, i giudici potrebbero pertanto invitare la procura a procedere nei confronti di Berlusconi per istigazione a mentire. Ma quale procura? Sì, perchè in questa aggrovigliata vicenda giudiziaria resta sempre in piedi la questione della competenza territoriale dopo che per due volte, l’ultima ieri, il gip Amelia Primavera, lo stesso magistrato che aveva disposto gli arresti, ha affermato la propria incompetenza ordinando la trasmissione degli atti alla procura di Roma.

E proprio oggi i magistrati della capitale hanno provveduto all’iscrizione di Tarantini e Lavitola nel registro degli indagati per il reato di estorsione. Ma i pm di Napoli durante l’udienza davanti al Tribunale del Riesame hanno ancora una volta rivendicato il proprio diritto a proseguire l’inchiesta, ritenendo l’attribuzione della competenza a Roma tutt’altro che pacifica, visto non è stato stabilito con certezza il primo (e probabilmente anche l’ultimo) episodio costituente reato. Nell’incertezza, affermano in sintesi, la competenza appartiene ancora a Napoli o, magari, a Bari o Lecce, dove si procede per la vicenda delle escort.

E resta sul tappeto la questione principale sulla quale è chiamato a pronunciarsi il Riesame: le istanze di annullamento o di attenuazione delle misure cautelari per Tarantini e Lavitola. I legali – gli avvocati Alessandro Diddi e Ivan Filippelli per l’imprenditore detenuto a Poggioreale, l’avvocato Gaetano Basile per il direttore dell’Avanti latitante a Panama, hanno ribadito oggi le proprie richieste e pare abbiano sottolineato anche la competenza dell’autorità giudiziaria romana. La decisione è attesa per lunedì prossimo. Azzeccare un pronostico appare impresa assai ardua.


1 commento:

  1. Non dimentichiamo che ieri il premier è stato a colloquio con la Began per ben due ore.
    Oltre che commettere reati, al nostro premier piace soprattutto, dall'alto della carica che l'incarico gli conferisce, cambiare le carte in tavola.
    Commette il reato, diventa ricattabile e da ricattabile diventa corruttore.
    Lo ha fatto nel caso Ruby, lo ha fatto con Lavitola, lo ha perpetrato con tutti quelli che sono risultato complici dei suoi reati.
    Non credo, a questo punto, che possa ancora rivestire la carica di premier di una nazione sull'orlo della crisi economica.

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