Ha due secoli e mezzo di vita la prima vittima eccellente della guerra tra il fisco di Washington e le banche svizzere, accusate di aver aiutato i loro clienti statunitensi a evadere le tasse attraverso un sistema di conti segreti. Wegelin & Co., la più antica banca privata elvetica, ha fatto sapere che chiuderà i battenti: quando era nata, nel 1741, gli Stati Uniti erano ancora una colonia inglese.
L’istituto ha annunciato di voler cessare l’attività poche ore dopo aver ammesso le proprie responsabilità davanti alla corte distrettuale di Manhattan: in base all’accordo di patteggiamento, Wegelin ha accettato di pagare 57,8 milioni di dollari tra multe e risarcimenti, per aver permesso ai suoi clienti americani, tra il 2002 e il 2010, di evadere le tasse su un totale di 1,2 miliardi di dollari di redditi.
Durante il processo, il manager svizzero Otto Bruderer aveva ammesso che la banca “era consapevole di agire scorrettamente” nel momento in cui aveva sottoscritto gli accordi con i clienti americani. Quando a febbraio la banca era stata formalmente incriminata dalla giustizia statunitense e i suoi vertici non si erano presentati davanti alla corte, in pochi si attendevano che la vicenda si concludesse con un accordo, anche se resta ancora aperta la procedura nei confronti dei tre manager Michael Berlinka, Urs Frei e Roger Keller.
Secondo diversi analisti, il processo contro Wegelin rappresenta un punto di svolta nella battaglia che da anni le autorità Usa conducono contro il totem del segreto bancario svizzero. “Non è chiaro se Wegelin sarà costretta a rivelare i nomi dei clienti evasori – ha spiegato alla Reuters l’ex procuratore federale Jeffrey Neiman -. Certo è che il Dipartimento di giustizia sta combattendo duramente le banche straniere che hanno aiutato i cittadini americani a evadere le tasse”.
Wegelin non è la prima banca a finire sotto la lente della giustizia americana per reati fiscali. Nel 2009 era stato il turno del più grande istituto svizzero, Ubs, che aveva patteggiato una multa di 780 milioni di dollari e aveva rivelato i nomi di 4.450 correntisti statunitensi, presunti evasori. Lo scorso luglio Credit Suisse aveva fatto sapere di essere finita sotto indagine, e secondo fonti di stampa anche la Julius Baer di Zurigo, l’inglese HSBC e le israeliane Hapoalim, Bank Leumi e Mizrahi-Tefahot Bank, sarebbero nel mirino dell’Irs (Internal Revenue Service, il fisco americano).
La lotta all’evasione internazionale, è diventata una priorità e le autorità statunitensi sono sempre meno disposte a tollerare scorciatoie di vario genere. Nel caso di Wegelin, la banca svizzera non aveva filiali fuori dalla Confederazione, e per interagire con i clienti statunitensi si serviva degli uffici di Ubs. Il manager Bruderer ha dichiarato in tribunale che per questo motivo Wegelin “non credeva di poter essere incriminata negli Stati Uniti, dato che non possiede uffici in territorio americano e che ha agito secondo le leggi della Confederazione elvetica, seguendo una linea di condotta comune ad altri istituti”. Non è stato così, e ora le regine svizzere del credito iniziano a preoccuparsi.
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