Ritirata in extremis la norma che prevedeva per l'Agenzia delle Entrate lo 0,8% sugli incassi. Stop a bollette di 28 giorni.
Quando Matteo Renzi rottamò Equitalia sembrava che l'era della lotta all'evasione con incentivo all'incasso fosse finita.
Chiusa la stagione degli accertamenti facili e della «compliance», che nella versione italiana sembra tanto una minaccia al contribuente: paga, magari più del dovuto, oppure iniziano i controlli veri.
E invece no. Il fisco versione fundraising molesto piace ancora. La sinistra che tuona contro il neoliberismo continua a proporre metodi tipici del privato applicati alla riscossione di imposte, tasse e accise. Come con l'aggio, che è sopravvissuto alla fine della società di riscossione.
L'ultimo capitolo di questa saga è contenuto in un emendamento del relatore in commissione Bilancio del Senato al decreto fiscale, dentro la riforma delle «agenzie fiscali», quindi Entrate, Dogane e Monopoli. Emendamento che, in corner, è stato ritirato grazie alle pressioni di Ala, il movimento di Denis Verdini, ma che ci ha fatto rischiare un ennesimo sfregio del Fisco.
La proposta ispirata dal governo prevede che i tre bracci operativi del ministero dell'Economia si mantengano autonomamente con una provvigione sui rispettivi tributi, cioè con una quota del gettito, che nel caso dell'Agenzia delle entrate è fissata allo 0,823% mentre per Dogane e Monopoli allo 0,1338%.
Oggi il sistema è misto. Su circa 3,3 miliardi di costi operativi delle Entrate solo 300 milioni arrivano dalle provvigioni, con il decreto fiscale tutto bilancio delle agenzie dipenderà dalla provvigione. La percentuale è stata tarata per garantire alle agenzie gli stessi fondi di oggi, con limiti alle variazioni (mai più o meno del 3% del bilancio precedente). Ma l'idea alla base dell'emendamento è «una follia», ha commentato Enrico Zanetti, ex viceministro dell'Economia oggi segretario di Scelta Civica. Per proporla «bisogna essere al tempo stesso completamente sganciati dalla realtà e comunisti nell'anima». «Il sistema di incentivi legati al gettito produce inevitabilmente un meccanismo che spinge a sparare in alto sugli accertamenti per fare una buona performance di incasso», spiega Zanetti.
In altre parole, le Agenzie in base all'emendamento bloccato sarebbero state spinte a incassare il più possibile, non il dovuto. Tutto pur di fare crescere il bilancio. Ma c'è anche un problema di «credibilità», segnala Zanetti. Come si può «continuare a spacciare il ruolo di garanzia» delle agenzie fiscali quando il loro bilancio dipende da un aumento del gettito?
Oltre ai problemi tecnici ci sono quelli politici. Intanto la paternità dell'emendamento, che sembra scritto più dai bersaniani di Mdp che dal Pd di Renzi. Poi il rischio che le tre agenzie fiscali del ministero dell'Economia si trasformino in lobby contro i tagli alla pressione fiscale. La pubblica amministrazione ha un potere notevole nell'indirizzare scelte che spetterebbero esclusivamente alla politica.
La commissione Bilancio del Senato ha approvato l'emendamento Pd, riformulato dal relatore Silvio Lai, che ferma la fatturazione a 28 giorni per i servizi delle imprese telefoniche, delle pay tv e internet, stabilendo scadenze mensili o per multipli del mese. Aumentate le sanzioni a carico delle società che non si adegueranno entro 120 giorni e indennizzi forfettari per i consumatori. Lo stop ai 28 giorni riguarda anche i piani tariffari in modalità prepagata e per la clientela business, grandi clienti affari e partite Iva. Escluso gas ed energia, settori per i quali è già intervenuta l'Authority per l'energia.
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