martedì 5 aprile 2022

Rassegniamoci, i vasi di coccio devono pagare. - Antonio Padellaro

 

Quando Romano Prodi “accoglie con favore l’offerta americana di aumentare l’esportazione di gas verso l’Europa”, ma poi aggiunge che purtroppo “i produttori americani lo vendono a prezzo di mercato che ora è altissimo” (Repubblica) non potrebbe spiegare meglio la differenza che corre tra nobili propositi e dure necessità della vita. Soprattutto se a te spetta il ruolo del vaso di coccio. Esattamente come quando da Palazzo Chigi filtra la posizione del premier sul blocco del gas russo: “Se si fa non ci tiriamo indietro” (dove “se si fa” sono le paroline chiave che, a pensar male, sottintendono la speranza che il blocco non si faccia mai). Fin dalle prime sanzioni contro Mosca fu evidente a tutti che in questa strana guerra le forze del bene avevano un maledetto bisogno del male assoluto, che continuava a fornire loro energia vitale attraverso gli oligarchici rubinetti di Gazprom. Per settimane la questione sembrò volteggiare nei cieli del non detto, pur con l’Ucraina sottoposta ai più feroci bombardamenti. Fino a domenica scorsa, quando le immagini dei corpi martoriati a Bucha dalle squadracce putiniane hanno richiesto un supplemento di sacrosanta indignazione. Moto dell’animo che Enrico Letta ha subito esplicitato in un tweet ( “Quante altre Bucha prima di un pieno embargo a petrolio e gas russi?”), scritto in inglese a significare che il fatale interrogativo riguardava l’Europa tutta (vasto concetto, i tedeschi si sono già sfilati). E non era certo mirato a mettere in imbarazzo il governo di cui il Pd è pilastro. Con la stessa lodevole intenzione di non creare grane il ministro M5S Patuanelli, a domanda della Stampa, ha risposto che l’“embargo totale è praticabile”, che è una di quelle constatazioni fattuali, inoppugnabili, quasi una verità filosofica. Del resto, ve lo immaginate un Consiglio dei ministri convocato per approvare il blocco del gas russo, con tutti gli annessi e connessi? Con Matteo Salvini chiamato a sottoscrivere lo strangolamento economico di quel despota che, fino a ieri, effigiava sulla maglietta e di cui oggi non si azzarda neppure a pronunciare il nome? Perciò, rassegniamoci, guerra o non guerra i vasi di ferro (Russia e Usa) fanno il prezzo. E a chi è vaso di coccio non resta che pagare.

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