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domenica 24 luglio 2016

TTP, TTIP, TISA e CETA: Un esperto dell’ONU li definisce illegali. - ERIC ZUESSE

TTIP, TTP, TISA and CETA: U.N. Legal Expert Calls Proposed Trade Deals “Illegal”

Ad Alfred de Zayas , esperto indipendente dell'ONU per la Promozione di un Ordine Internazionale Equo e Democratico, è stato assegnato il compito di verificare se i trattati sul commercio internazionale proposti tra i paesi atlantici (TTIP, TISA, e CETA) siano o meno in accordo con il diritto internazionale. Venerdì, 24 giugno de Zayas ha pubblicato il suo resoconto, arrivando alla stessa conclusione di un altro rapporto pubblicato in precedenza il 2 febbraio scorso sul TPP, il trattato di libero scambio tra le nazioni del Pacifico e cioè che tali trattati violano le leggi internazionali, e sono incompatibili con la democrazia.

Il resoconto sui trattati atlantici li condanna affermando che "accordi commerciali preparati e negoziati in segreto, escludendo le principali parti interessate, quali sindacati, associazioni dei consumatori, operatori sanitari, esperti ambientali e i rispettivi Parlamenti, non hanno alcuna legittimità democratica". Questo dice molto sulla natura dei trattati proposti dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che comprendono appunto il TPP, il TTIP, il TISA, ed anche il CETA, il trattato proposto tra l'UE e il Canada.
Egli ha inoltre osservato che "escludere il pubblico dalla partecipazione a questo importante dibattito è antidemocratico e manifesta un profondo disprezzo per la voce del popolo."
Un comunicato stampa delle Nazioni Unite datato 24 giugno, emesso dall' Ufficio dell'Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR), nota in particolare:

"Una consultazione precedente condotta dalla Commissione Europea nel 2014 registro il 97% degli intervistati provenienti da tutta Europa esprimere un parere contrario all'inclusione della protezione asimmetrica degli investimenti nel Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) con gli Stati Uniti. "Lo stesso varrebbe per il CETA, tuttavia nessuna consultazione è mai stata avviata".
"La Protezione asimmetrica degli investimenti" si riferisce al potere che questi trattati concedono alle società internazionali di citare in giudizio (per presunta perdita dei loro profitti) nazioni che aumentano i regolamenti per proteggere la sicurezza del pubblico da prodotti tossici, e da danni ambientali e che proteggono diritti dei lavoratori e altri diritti umani che possono anche, in alcune circostanze, ridurre i profitti aziendali. "Asimmetrico" si riferisce all’assenza nel trattato proposto di qualsiasi potere simmetrico concesso a un governo, di citare in giudizio a protezione del pubblico, una società internazionale che violi le sue leggi.

De Zayas va oltre la sola condanna di asimmetria, aggiungendo che, "In caso di conflitto tra gli accordi commerciali e trattati sui diritti umani, sono questi ultimi che devono prevalere. Gli Stati non devono stipulare accordi che ritardino, eludano, ostacolino o rendano impossibile l'adempimento di obblighi derivanti dal trattato sui diritti umani ".
In una dichiarazione al Consiglio d'Europa, il 19 aprile, de Zayas aveva inoltre affermato: «Due ontologie sembrano essere state perse nella narrazione ideologica aziendale. In primo luogo, l'ontologia dello Stato, la sua ragion d'essere, di legiferare nell'interesse del popolo, comprese le misure preventive per scongiurare potenziali danni alla popolazione. In secondo luogo, l'ontologia del business, che è quella di assumersi rischi calcolati per il profitto." 
De Zayas intendeva dire che i trattati proposti consentono agli investitori internazionali di ignorare la sovranità delle nazioni democratiche, e imporrebbero un proprio sistema di “arbitraggio” che non è tenuto a rispettare le leggi e la costituzione delle rispettive nazioni, violando di fatto il diritto internazionale.

Il comunicato stampa dell' OHCHR conclude:
   
"Gli accordi commerciali devono essere ratificati solo dopo una valutazione del loro impatto sui diritti umani, la salute e l'ambiente, cosa che non accaduta nel caso del CETA e del TTIP".
"La ratifica del CETA e del TTIP farebbe iniziare una “corsa al ribasso”, sui diritti umani e comprometterebbe seriamente lo spazio normativo degli Stati. Questo è in contrasto con i fini ed i principi della Carta delle Nazioni Unite e costituirebbe un serio ostacolo al raggiungimento di un ordine internazionale equo e democratico", ha concluso l'esperto indipendente delle Nazioni Unite.

Queste dichiarazioni di de Zayas non lasciano scampo ai trattati proposti. Come consulente legale indipendente nominato dall’ONU, egli sta dicendo che indipendentemente dal fatto che essi diventino effettivamente legge in un determinato Paese, sono comunque in palese violazione del diritto internazionale.

Lo storico investigativo Eric Zuesse è autore del recente "They’re Not Even Close: The Democratic vs. Republican Economic Records, 1910-2010" [“Nemmeno vicini: confronto tra i dati economici democratici e repubblicani, 1910-2010”, N.d.t.] e di "CHRIST’S VENTRILOQUISTS: The Event that Created Christianity" [“I ventriloqui di Cristo: gli eventi che hanno creato la Cristianità”, N.d.t].
Fonte: http://www.globalresearch.ca
Link
23.06.2016

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org FRANCESCO C

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=16698

lunedì 4 luglio 2016

Il cavallo di Troia del Ttip. - Carlo Clericetti

Mentre l'attenzione dell'opinione pubblica è puntata sulle vicende del Ttip, il famigerato trattato Usa-Ue che aumenterebbe lo strapotere delle multinazionali nei confronti non solo dei cittadini, ma anche dei governi, sta passando quasi di soppiatto un altro accordo, meno noto ma non per questo meno pericoloso, che fungerà in pratica da cavallo di Troia per le norme peggiori del Ttip, mandandole in vigore anche se quello non dovesse essere approvato. E a giocare un ruolo determinante nel facilitarne il via libera definitivo è proprio l'Italia, persino a dispetto - stando alle dichiarazioni - di vari altri governi europei, Germania e Francia compresi.
L'accordo in questione è il Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement), trattato fra Unione europea e Canada. Prevede norme simili o spesso identiche al Ttip, e in particolare quei "tribunali privati" a cui possono ricorrere le imprese se ritengono che il provvedimento di uno Stato le danneggi. Se ne è già parlato abbondantemente a proposito del Ttip, quindi non stiamo qui a ripetere. Il Guardian ci ricorda per esempio che il Canada ha già perso cause contro multinazionali Usa che riguardavano la proibizione di certe sostanze chimiche cancerogene nella benzina, il reinvestimento nelle comunità locali o l’interruzione della devastazione ambientale nelle cave minerarie.
Si potrebbe magari pensare che comunque con il Canada si corrono meno rischi che con gli Usa, ma non è così. Come ricordano due interrogazioni parlamentari  (a questo link, sono la F e la H) firmate da vari esponenti della sinistra, compresi alcuni del Pd, "Sono già 42 mila le aziende operanti nell'Unione che fanno capo a società statunitensi con filiali in Canada, e con l'approvazione del Ceta queste imprese potrebbero intentare cause agli Stati per conto degli Stati Uniti senza che il Ttip sia ancora entrato in vigore". Ecco spiegata, dunque, la funzione di cavallo di Troia del Ceta.
Qualcuno magari potrebbe credere che, vista la vastissima opposizione popolare al Ttip, che ha spinto vari governi a una maggiore cautela, la Commissione Ue dovrebbe tenere conto di questi orientamenti anche a proposito del Ceta. Niente di più sbagliato. La Commissaria al Commercio Cecilia Malmström, a una domanda in proposito di un giornalista dell'Independent, ha risposto secca: "I do not take my mandate from the European people", il mio mandato non deriva dal popolo europeo (e quindi non devo rispondere ai cittadini di quello che faccio). Quando si parla di tecnocrati di Bruxelles che se ne infischiano delle regole della democrazia non si esagera affatto.
Se poi a questi tecnocrati danno una mano anche alcuni politici, le procedure democratiche vanno a farsi friggere. E qui veniamo al ruolo che sta svolgendo l'Italia, nella persona del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che però con ogni evidenza ha la copertura politica del governo e del suo presidente, Matteo Renzi. Calenda aveva già chiarito quale fosse la sua posizione riguardo a questi accordi: "Non si può rischiare che saltino a causa del voto negativo del Parlamento di uno dei paesi membri", quindi a quei Parlamenti non devono essere sottoposti; la decisione dev'essere presa dal Consiglio dei capi di Stato e di governo, a maggioranza qualificata, e poi ratificata dal solo Parlamento europeo (che si sa quanto sia in grado di rovesciare le decisioni del Consiglio: mai successo).
Ora Calenda ha agito di conseguenza: ha inviato una lettera alla Commissione a nome dell'Italia sostenendo che la procedura debba essere quella. La sua iniziativa, che ha dichiarato di aver preso "in assoluta autonomia" (cosa assai poco credibile, vista la rilevanza della materia), ha provocato levate di scudi in mezza Europa: da Laura Boldrini, in difesa delle prerogative del Parlamento, al vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel, al cancelliere austriaco, al segretario al Commercio francese. Ma a causa di una singolare norma potrebbe essere decisiva.
Gli accordi commerciali sono di competenza della Commissione Ue quando riguardano solo materie che non siano anche di competenza degli Stati nazionali, come, nel caso in questione - si elenca nelle interrogazioni - "la proprietà intellettuale, i trasporti, la sicurezza sul lavoro, gli investimenti". In questo secondo caso si definiscono "misti" e devono essere ratificati anche dai Parlamenti nazionali. Chi decide se l'accordo è "misto"? Lo decide la Commissione. Spiega Stefano Fassina, tra i firmatari di una delle interrogazioni: "Per cambiare la decisione della Commissione è necessaria l'unanimità del Consiglio. Quindi, è sufficiente il no dell'Italia per far andare avanti la posizione della Commissione". Incredibile.
Da varie fonti arrivano voci secondo cui la posizione italiana deriverebbe da un accordo ufficioso: in cambio di questa mossa, la Commissione avrebbe chiuso un occhio e anche l'altro sui nostri conti traballanti, e avrebbe dato il via libera al Fondo di garanzia pubblica per le banche. E' plausibile ma non abbiamo modo di verificare se sia vero. Se così fosse l'avremmo almeno fatto per averne un qualche vantaggio. Ma visti i protagonisti, forse è stato fatto solo per convinzione.
Comunque sia andata, ora così stanno le cose. La decisione della Commissione sulla natura del Ceta, european only oppure "misto", è prevista per martedì (5 luglio).