Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 21 giugno 2009
Le richieste di Greenpeace, Legambiente e WWF Italia
http://www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/file/richieste-ambientalisti-clima
Un accordo globale sul clima alla
Conferenza delle Nazioni Unite
di Copenhagen.
Le richieste di Greenpeace, Legambiente e WWF Italia.
Un accordo globale sul clima alla
Conferenza delle Nazioni Unite
di Copenhagen.
Le richieste di Greenpeace, Legambiente e WWF Italia.
sabato 20 giugno 2009
Dell' Utri mise Berlusconi nelle mani di Cosa nostra.
Repubblica — 20 aprile 2004 pagina 20 sezione: POLITICA INTERNA
PALERMO - «Tra il 1974 ed il 1976 Marcello Dell' Utri ha messo volontariamente Berlusconi nelle mani di Cosa nostra e c' è stato il tentativo di fare diventare la Fininvest un' impresa amica dell' associazione mafiosa. Berlusconi non lo sapeva, ma Dell' Utri sì». Questa la tesi dei pubblici ministeri Domenico Gozzo e Antonino Ingroia che rappresentano l' accusa nel processo al senatore Marcello Dell' Utri, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Una tesi espressa ieri mattina nella terza udienza dedicata alla requisitoria dei pm, che hanno così distinto le posizioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (che negli anni scorsi era stato iscritto nel registro degli indagati: ma poi l' accusa fu archiviata) e del suo delfino Dell' Utri che avrebbe organizzato incontri con boss di Cosa nostra, con i quali Berlusconi in qualche occasione sarebbe stato «costretto» a entrare in contatto. E a questo proposito il pm Gozzo ha ricordato alla Corte - presieduta da Leonardo Guarnotta - il periodo trascorso a Milano dal defunto boss Vittorio Mangano, ex stalliere della villa del Cavaliere ad Arcore. Una presenza, quella di Mangano, pilotata secondo l' accusa da Marcello Dell' Utri con l' intento di «proteggere» Silvio Berlusconi dalle minacce di sequestro nei confronti dei suoi familiari. «L' intervento di Dell' Utri - ha affermato il pubblico ministero - fa terminare queste minacce, anche se l' imputato sostiene di non essere mai intervenuto. Quindi, la presunta vanteria di cui ha parlato Dell' Utri al suo ex amico Filippo Rapisarda (avere conosciuto mafiosi, ndr) lascia il tempo che trova. E in queste dichiarazioni il senatore non ha potuto negare la verità. Quelle frasi a Rapisarda le ha dette davvero. Le minacce a Berlusconi cessano soltanto perché Dell' Utri ha condotto una trattativa». Così Gozzo ha definito Dell' Utri: «è un soggetto che tiene il piede in due scarpe». E proprio per evitare il rischio di sequestri dei familiari di Berlusconi l' ex capo di Publitalia avrebbe assunto Mangano. Quest' ultimo, secondo l' accusa, avrebbe partecipato nella villa di Arcore anche a una cena alla quale sarebbero stati presenti lo stesso Dell' Utri, Berlusconi, il principe Dangerio (che la mafia avrebbe tentato invano di sequestrare) e Fedele Confalonieri. E Mangano sarebbe stato tra i commensali perché, secondo il pm, oltre a essere un esperto di cavalli «era il rappresentate di Cosa nostra e per questa ragione veniva considerato una persona importante». A questo punto il rappresentante dell' accusa ha dato del bugiardo a Fedele Confalonieri che in un interrogatorio aveva negato la partecipazione a quella cena. Perché lo ha fatto? «Probabilmente -ha spiegato Gozzo - perché la presenza di Mangano e della moglie sarebbe stata pregiudizievole per Berlusconi e per Dell' Utri». Immediata la replica del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri: «Mi ritengo offeso dall' arbitraria e indimostrata affermazione del pubblico ministero, che considero frutto di pura foga accusatoria. Ribadisco che fra i partecipanti a quella cena nella villa di Arcore Vittorio Mangano non c' era. E se il pubblico ministero sostiene che io sul punto ho mentito, allora io dico che a mentire è lui. Mi riservo ogni azione a tutela della mia onorabilità». - FRANCESCO VIVIANO
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/04/20/dell-utri-mise-berlusconi-nelle-mani-di.html
PALERMO - «Tra il 1974 ed il 1976 Marcello Dell' Utri ha messo volontariamente Berlusconi nelle mani di Cosa nostra e c' è stato il tentativo di fare diventare la Fininvest un' impresa amica dell' associazione mafiosa. Berlusconi non lo sapeva, ma Dell' Utri sì». Questa la tesi dei pubblici ministeri Domenico Gozzo e Antonino Ingroia che rappresentano l' accusa nel processo al senatore Marcello Dell' Utri, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Una tesi espressa ieri mattina nella terza udienza dedicata alla requisitoria dei pm, che hanno così distinto le posizioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (che negli anni scorsi era stato iscritto nel registro degli indagati: ma poi l' accusa fu archiviata) e del suo delfino Dell' Utri che avrebbe organizzato incontri con boss di Cosa nostra, con i quali Berlusconi in qualche occasione sarebbe stato «costretto» a entrare in contatto. E a questo proposito il pm Gozzo ha ricordato alla Corte - presieduta da Leonardo Guarnotta - il periodo trascorso a Milano dal defunto boss Vittorio Mangano, ex stalliere della villa del Cavaliere ad Arcore. Una presenza, quella di Mangano, pilotata secondo l' accusa da Marcello Dell' Utri con l' intento di «proteggere» Silvio Berlusconi dalle minacce di sequestro nei confronti dei suoi familiari. «L' intervento di Dell' Utri - ha affermato il pubblico ministero - fa terminare queste minacce, anche se l' imputato sostiene di non essere mai intervenuto. Quindi, la presunta vanteria di cui ha parlato Dell' Utri al suo ex amico Filippo Rapisarda (avere conosciuto mafiosi, ndr) lascia il tempo che trova. E in queste dichiarazioni il senatore non ha potuto negare la verità. Quelle frasi a Rapisarda le ha dette davvero. Le minacce a Berlusconi cessano soltanto perché Dell' Utri ha condotto una trattativa». Così Gozzo ha definito Dell' Utri: «è un soggetto che tiene il piede in due scarpe». E proprio per evitare il rischio di sequestri dei familiari di Berlusconi l' ex capo di Publitalia avrebbe assunto Mangano. Quest' ultimo, secondo l' accusa, avrebbe partecipato nella villa di Arcore anche a una cena alla quale sarebbero stati presenti lo stesso Dell' Utri, Berlusconi, il principe Dangerio (che la mafia avrebbe tentato invano di sequestrare) e Fedele Confalonieri. E Mangano sarebbe stato tra i commensali perché, secondo il pm, oltre a essere un esperto di cavalli «era il rappresentate di Cosa nostra e per questa ragione veniva considerato una persona importante». A questo punto il rappresentante dell' accusa ha dato del bugiardo a Fedele Confalonieri che in un interrogatorio aveva negato la partecipazione a quella cena. Perché lo ha fatto? «Probabilmente -ha spiegato Gozzo - perché la presenza di Mangano e della moglie sarebbe stata pregiudizievole per Berlusconi e per Dell' Utri». Immediata la replica del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri: «Mi ritengo offeso dall' arbitraria e indimostrata affermazione del pubblico ministero, che considero frutto di pura foga accusatoria. Ribadisco che fra i partecipanti a quella cena nella villa di Arcore Vittorio Mangano non c' era. E se il pubblico ministero sostiene che io sul punto ho mentito, allora io dico che a mentire è lui. Mi riservo ogni azione a tutela della mia onorabilità». - FRANCESCO VIVIANO
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/04/20/dell-utri-mise-berlusconi-nelle-mani-di.html
giovedì 18 giugno 2009
Lezione di giornalismo: le 5W. I Tg italiani nascondono lo scandalo D'Addario
Clicca per vedere il video (da youtube)Questo intervento è un piccola e umilissima lezione di base di giornalismo, che dovrebbe essere compresa da tutti i nostri lettori. Senza addendrarci in concetti complessi come il valore-notizia, l'apertura, la retorica tipica di ogni settore del giornalismo e le mille sfaccettature che differenziano un buon cronista da un ottimo giornalista, vogliamo fare semplicemente riferimento alla famosa "regola delle 5W".
Dall'inglese, le 5W stanno per: Who, When, What, Where, Why. Ovvero, in italiano: Chi, Quando, Cosa, Dove, Perché. Se un articolo risponde (magari nella parte iniziale) a tutte queste domande allora è stato un redatto un buon servizio.
Chiaro? Bene, a scardinare e umiliare questa regola valida in tutto il mondo ci pensa il giornalismo italiano, in particolare televisivo, che ormai ha raggiunto un livello davvero infimo nel modo di esporre gli eventi, i fatti e i temi dell'agenda del giorno.
Come ben sappiamo, i direttori dei Telegiornali sono tutti (escluso il Tg3) manovalanza informativa al soldo di Silvio Berlusconi. Ma fin qui nulla di strano: è il semplicissimo conflitto di interessi che rende l'Italia un paese semi-libero dal punto di vista dell'informazione.
Ieri, come abbiamo riportato, è scoppiato lo scandalo (più etico-morale, che politico-giudiziario almeno al momento) legato all'intervista di Patrizia D'Addario, la ragazza che ha dichiarato di essere stata più volte invitata a pagamento a casa del premier Berlusconi ("utilizzatore finale" secondo l'avvocato Ghedini di un'eventuale induzione della prostituzione al vaglio della magistratura, e quindi non perseguibile penalmente). La notizia è una bomba al punto che i telegiornali avrebbero dovuto occuparsene per almeno metà del tempo disponibile svicerando tutti gli aspetti della vicenda. In tutti i paesi occidentali il premier (come accadde per Cosimo Mele, l'onorevole Udc beccato qualche tempo fa a sniffare in camera d'albergo con due "ragazze a pagamento") si sarebbe dimesso all'istante. Ma qui siamo in Italia e quindi non fa nulla, si può far passare tutto...
Quello che non deve passare è invece il modo grottesco di descrivere la notizia da parte dei principali Tg. In questo ottimo video, che giustamente esclude per palese servilismo Tg4 e Studio Aperto, notiamo che questi giornalisti (che vengono pagati dai cittadini con le pubblicità e/o con il canone Rai) di servizi sono abituati a farne ben altri.
La regola delle 5W è completamente dimenticata: nel riportare la notizia, manca Chi ha provocato tutto questo tam tam, Perché l'ha fatto, Quando ciò è accaduto e in che circostanze ma, soprattutto, Cosa riportano i fatti. In qualche caso si sa Dove si sono consumati gli eventi (tra Bari, la Sardegna e Roma) ma questo è evidentemente il lato meno piccante delle vicende.
In apertura di servizio del Tg1, senza che sia stata data la notizia, la giornalista riporta il duro commento del premier alla solita spazzatura pubblicata dai giornali. Impossibile per il telespettatore capire perché tanta rabbia verso i giornali. Neppure Nostradamus potrebbe capire perché il centro destra insorge compatto alla notizia che non c'è, che non viene spiegata. Fantastico il Tg1 di Minzolini, che sottende l'intero servizio a una tesi mirabolante: è colpa di D'Alema, che manipola la magistratura. Da lacrimare dalle risate.
Ma in fondo anche l'attività di nascondere una notizia (di cui anche Tg5 e Tg2 sono maestri) è giornalismo. O no?
Condannati i diffamatori di Piergiorgio Welby.
di Maurizio Turco e Marco Cappato
Iniziano a giungere le prime condanne per diffamazione sul caso Welby, che, come il caso Englaro, ha visto scendere in campo una portentosa opera di disinformazione e manipolazione della verità a danno, anzitutto, dei cittadini che vengono ritenuti ‘popolo bue’ al quale dare a credere qualsiasi ciarpame pur di evitare che si formi una coscienza collettiva, basata sulla conoscenza, su temi quali il fine vita.
E così l’opera volta a ristabilire la verità ed a restituire l’onore e la reputazione ai diffamati deve giungere attraverso i Tribunali Italiani.
E’ recente, difatti, la condanna per il reato di diffamazione inflitta in sede penale, in primo grado, dal Tribunale di Desio, Sezione distaccata del Tribunale di Monza, a Maurizio Belpietro, 800,00 Euro di multa – all’epoca direttore de Il Giornale – ed al giornalista Stefano Lorenzetto, 1.200,00 Euro di Multa. Diffamato il dott. Mario Riccio, difeso dall’avv. Giuseppe Rossodivita, al quale il Tribunale ha riconosciuto tra risarcimento e riparazione pecuniaria la somma di 53.000,00 Euro, oltre la riparazione specifica della pubblicazione della sentenza su Il Giornale.
L’articolo, pubblicato in prima pagina il 23.12.2006, titolava in riferimento a Piergiorgio Welby “Nessun rispetto nemmeno per la sua volontà” ed ‘illuminava’ i lettori su come “il dr. Mario Riccio, il medico venuto da Cremona”, che ha adottato il metodo “dei boia aguzzini che eseguono le sentenze capitali negli USA”, se ne fosse “fregato della volontà di Welby.”
Ricorda il Tribunale che la critica per essere socialmente utile e dunque legittima, anche quando lesiva della reputazione di terzi, deve avere come presupposto dei fatti veri; in caso contrario è un mero pretesto per diffamare.
Ed è di oggi, ancora, la sentenza del Tribunale Civile di Roma, resa in primo grado, con la quale il Movimento Politico Cattolico Militia Christi, è stato condannato con sentenza immediatamente esecutiva a risarcire la somma totale di 60.000 Euro, pari a 20.000,00 Euro ciascuno, a favore dell’Associazione per la Libertà della ricerca scientifica Luca Coscioni, dell’Associazione La Rosa nel Pugno e del dr. Mario Riccio, tutti difesi dall’Avv. Giuseppe Rossodivita.
Il Tribunale ha anche ordinato la definitiva rimozione dal sito internet dell’Associazione Cattolica del comunicato stampa dal titolo “Profanatori ed assassini”.
La senatrice Binetti, anch’ella convenuta in giudizio dal dr. Mario Riccio, dall’Associazione Coscioni e da Radicali Italiani, davanti al Tribunale di Roma, come anche per altra diversa causa l’on. Luca Volontè convenuto in giudizio da Marco Pannella, Emma Bonino e Marco Cappato, si sono invece trincerati dietro l’immunità parlamentare e l’insindacabilità delle opinioni espresse da parlamentari attraverso i giornali ed i comunicati. Parlano, scrivono comunicati, rilasciano interviste, ma poi non ci pensano neppure – o forse ci pensano sin troppo bene - a difendere le loro affermazioni in Tribunale.
(17 giugno 2009)
http://temi.repubblica.it/micromega-online/condannati-i-diffamatori-di-piergiorgio-welby/
Iniziano a giungere le prime condanne per diffamazione sul caso Welby, che, come il caso Englaro, ha visto scendere in campo una portentosa opera di disinformazione e manipolazione della verità a danno, anzitutto, dei cittadini che vengono ritenuti ‘popolo bue’ al quale dare a credere qualsiasi ciarpame pur di evitare che si formi una coscienza collettiva, basata sulla conoscenza, su temi quali il fine vita.
E così l’opera volta a ristabilire la verità ed a restituire l’onore e la reputazione ai diffamati deve giungere attraverso i Tribunali Italiani.
E’ recente, difatti, la condanna per il reato di diffamazione inflitta in sede penale, in primo grado, dal Tribunale di Desio, Sezione distaccata del Tribunale di Monza, a Maurizio Belpietro, 800,00 Euro di multa – all’epoca direttore de Il Giornale – ed al giornalista Stefano Lorenzetto, 1.200,00 Euro di Multa. Diffamato il dott. Mario Riccio, difeso dall’avv. Giuseppe Rossodivita, al quale il Tribunale ha riconosciuto tra risarcimento e riparazione pecuniaria la somma di 53.000,00 Euro, oltre la riparazione specifica della pubblicazione della sentenza su Il Giornale.
L’articolo, pubblicato in prima pagina il 23.12.2006, titolava in riferimento a Piergiorgio Welby “Nessun rispetto nemmeno per la sua volontà” ed ‘illuminava’ i lettori su come “il dr. Mario Riccio, il medico venuto da Cremona”, che ha adottato il metodo “dei boia aguzzini che eseguono le sentenze capitali negli USA”, se ne fosse “fregato della volontà di Welby.”
Ricorda il Tribunale che la critica per essere socialmente utile e dunque legittima, anche quando lesiva della reputazione di terzi, deve avere come presupposto dei fatti veri; in caso contrario è un mero pretesto per diffamare.
Ed è di oggi, ancora, la sentenza del Tribunale Civile di Roma, resa in primo grado, con la quale il Movimento Politico Cattolico Militia Christi, è stato condannato con sentenza immediatamente esecutiva a risarcire la somma totale di 60.000 Euro, pari a 20.000,00 Euro ciascuno, a favore dell’Associazione per la Libertà della ricerca scientifica Luca Coscioni, dell’Associazione La Rosa nel Pugno e del dr. Mario Riccio, tutti difesi dall’Avv. Giuseppe Rossodivita.
Il Tribunale ha anche ordinato la definitiva rimozione dal sito internet dell’Associazione Cattolica del comunicato stampa dal titolo “Profanatori ed assassini”.
La senatrice Binetti, anch’ella convenuta in giudizio dal dr. Mario Riccio, dall’Associazione Coscioni e da Radicali Italiani, davanti al Tribunale di Roma, come anche per altra diversa causa l’on. Luca Volontè convenuto in giudizio da Marco Pannella, Emma Bonino e Marco Cappato, si sono invece trincerati dietro l’immunità parlamentare e l’insindacabilità delle opinioni espresse da parlamentari attraverso i giornali ed i comunicati. Parlano, scrivono comunicati, rilasciano interviste, ma poi non ci pensano neppure – o forse ci pensano sin troppo bene - a difendere le loro affermazioni in Tribunale.
(17 giugno 2009)
http://temi.repubblica.it/micromega-online/condannati-i-diffamatori-di-piergiorgio-welby/
martedì 16 giugno 2009
Milano, la Gelmini contestata.
Scuola, il ministro Gelmini contestata da docenti e genitori: salta l'incontro
Slogan, striscioni e finte pagelle di bocciatura contro la riforma durante la presentazione di un libro
MILANO - Contestazione di docenti e genitori per Maria Stella Gelmini. Il ministro dell'Istruzione doveva partecipare alla presentazione del libro del direttore de Il Giornale, Mario Giordano, "Cinque in condotta". Ma un gruppo di manifestanti di Rete Scuola e delle Assemblee delle scuole del milanese all'ingresso di Giordano, Gelmini e Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, si è alzato in piedi mostrando bandiere con scritto «Vogliono distruggere la scuola pubblica, io non ci sto», e urlando di voler consegnare al ministro la pagella che le è stata data da insegnanti e studenti di tutta Italia. Il volantino che riproduce la pagella della Gelmini attesta che «non è stata ammessa alla seconda classe primaria» e le attribuisce un voto pari a zero in ogni disciplina; pertanto la valutazione dei contestatori recita: «Nonostante ripetuti interventi delle strutture di supporto psicologico, l'alunna mantiene un atteggiamento di assoluta chiusura nei confronti dell'intero Paese». CONTESTAZIONE - La finta pagella è firmata dai «docenti dell'equipe pedagogica, le maestre e i maestri, le professoresse e i professori, le mamme e i papà dell'intera Italia». Durante la contestazione ci sono stati momenti di confusione e anche di liti fra i presenti: scambi di battute animati sono avvenuti tra chi protestava al grido di «vergogna» e chi voleva assistere alla presentazione del libro che ha risposto con «viva la Gelmini», «brava». Il direttore del Giornale, Giordano, ha tentato di riportare la calma, ma è stata la stessa Gelmini ad intervenire: «Complimenti - ha detto - siete veramente democratici e avete veramente a cuore la scuola pubblica». A questo punto la Gelmini, Confalonieri e lo stesso direttore del Giornale hanno abbandonato la sala con Giordano che ha ringraziato quelli che ha definito «fascisti presenti che sono il male pubblico».BATTAGLIE STRUMENTALI - La Gelmini, dal canto suo, assicura: «Nessuno mi impedirà di raccontare all'Italia com'è questa scuola. La scuola non è proprietà privata di un gruppo organizzato e rumoroso di sinistra, ma appartiene al Paese». «Impedire, in un Paese democratico, che si svolga la presentazione di un libro dà il senso dell'intolleranza e della prepotenza di chi vuole lasciare la scuola così com`è, opponendosi al cambiamento», prosegue. «E "5 in condotta" di Mario Giordano - afferma il ministro - contiene scomode verità su una scuola agli ultimi posti nelle classifiche internazionali, diventata nel tempo un ammortizzatore sociale dove si è badato ad aumentare il numero dei dipendenti invece che alla qualità». Le persone che contestano «difendono una scuola indifendibile. Queste proteste sono solo battaglie strumentali di chi non ha a cuore la qualità dell'istruzione». In serata arriva anche la nota di Mondadori, che «denuncia il pesante clima di intimidazione, causato da un ristretto gruppo di facinorosi contestatori, che ha impedito la presentazione del libro».CONTRO LA RIFORMA - Ma gli esponenti dell'assemblea delle scuole del milanese sono pronti a contestare il ministro dell'Istruzione ogni volta che verrà a Milano in futuro. «Ci facciamo un punto d'onore - ha detto uno degli insegnanti presenti - di accogliere la Gelmini ogni volta che viene a Milano per dire che non ci stancheremo di protestare. Faremo di tutto per sventare la riforma e fare in modo che non sia applicata. Saremo dappertutto».
15 giugno 2009
http://www.corriere.it/politica/09_giugno_15/gelmini_contestazione_incontro_76ddbb92-59ce-11de-8980-00144f02aabc.shtml
domenica 14 giugno 2009
Grazie.
Un grazie sentito ad Antonella Randazzo per avermi permesso di pubblicare e diffondere il suo articolo.
La sua analisi è profonda, reale, oserei dire, palpabile.
E' lo specchio della nostra civiltà degradante.
Mette in evidenza l'espressione inebetita di un popolo che ha perso ogni sensazione dell'essere, che va avanti seguendo le mode, rincorrendo ricchezze inesistenti.
E mette in evidenza l'ignoranza dovuta alla mancanza di cultura, alla mancanza di informazione, alla mancanza di bisogno di sapere, conoscere.
Si rincorrono fantasie e fantasmi, si tralascia il reale.
E chi è al potere approfitta di questa voluta "sudditanza" peraltro accettata passivamente.
Grazie ancora, Antonella, per avermi dato l'opportunità di diffondere questo tuo nobile ed apprezzabilissimo pensiero.
Ne avevamo bisogno.
La sua analisi è profonda, reale, oserei dire, palpabile.
E' lo specchio della nostra civiltà degradante.
Mette in evidenza l'espressione inebetita di un popolo che ha perso ogni sensazione dell'essere, che va avanti seguendo le mode, rincorrendo ricchezze inesistenti.
E mette in evidenza l'ignoranza dovuta alla mancanza di cultura, alla mancanza di informazione, alla mancanza di bisogno di sapere, conoscere.
Si rincorrono fantasie e fantasmi, si tralascia il reale.
E chi è al potere approfitta di questa voluta "sudditanza" peraltro accettata passivamente.
Grazie ancora, Antonella, per avermi dato l'opportunità di diffondere questo tuo nobile ed apprezzabilissimo pensiero.
Ne avevamo bisogno.
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