martedì 23 giugno 2009

COSI’ MUORE LA LIBERTA’ DI INFORMAZIONE, MA NOI VOGLIAMO TENERLA IN VITA




Noi sottoscritti ci riconosciamo nell’articolo 21 della Costituzione Italiana che recita fra l’altro: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Il disegno di legge n. 1415 sulle intercettazioni e sulla cronaca giudiziaria, cioè la legge-bavaglio, che sta per essere definitivamente approvato al Senato viola apertamente questi principi. Noi ci dichiariamo pronti all’“obiezione di coscienza”, cioè a continuare a pubblicare gli atti giudiziari (intercettazioni, ma non solo) che non sono segreti, ma di cui la maggioranza di governo vuole impedire la pubblicazione e la conoscenza. Chiediamo agli editori, all’Ordine dei Giornalisti, alla Federazione della Stampa, agli organismi sindacali di tutte le testate (carta stampata, radio e televisione) di aderire a questa forma di protesta civile. Invitiamo il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a valutare i profili di incostituzionalità del disegno di legge e a respingerlo alle Camere.Chiediamo ai cittadini di aderire al nostro appello, perché hanno il diritto di essere informati correttamente e compiutamente. Noi giornalisti siamo pronti a pagare in tribunale le conseguenze del nostro gesto, in attesa che la Corte costituzionale e la Corte europea di giustizia di Strasburgo dichiarino illegittima la legge-bavaglio. La nostra libertà di informare riguarda tutti. E’ giunto il momento di difendere la nostra Costituzione.Gianni Barbacetto, Pino Corrias, Peter Gomez, Sandro Ruotolo, Marco Travaglio.





Mignottocrazia.



19 giugno 2009, in Peter Gomez


Altro che minorenni, veline o escort in là con gli anni: il G8, il vero problema per Silvio Berlusconi è il G8. A tre settimane dalla riunione che porterà nel surreale e tragico scenario dell'Aquila i leader dei paesi più industrializzati del mondo, il premier guarda sempre più preoccupato a quell'appuntamento. In Abruzzo e a Roma, assieme alle delegazioni dei vari governi, arriveranno centinaia di giornalisti: in buona parte gente che, a differenza di molti e importanti colleghi italiani, diffida per principio di chi sta al potere. Insomma, cronisti delle tv, del web e della carta stampata che non possono essere comprati con qualche regalo, qualche finta notizia passata sotto-banco o, peggio, con la garanzia di una luminosa carriera sugli schermi di Mediaset o della Rai. È quindi facile prevedere che le conferenze stampa dell'Aquila si trasformeranno per il Cavaliere in un vero calvario. Almeno in quella sede gli incontri con i giornalisti non potranno essere evitati e le domande non potranno essere eluse. Su cosa verteranno gli interrogativi è, del resto, scontato. Anche perché in tutto il mondo occidentale sta diventando evidente il punto politico di quello che viene ormai chiamato "il caso Berlusconi": la ricattabilità del Presidente del Consiglio. Sia chiaro: all'estero, che un'accompagnatrice come Patrizia D'Addario, mossa solo da sete di denaro o voglia di vendetta per le promesse non mantenute, tenga in scacco il premier, non importa a nessuno. Ma, dato che le frequentatrici (gratis o a pagamento) di Palazzo Grazioli o Villa La Certosa sono state decine e decine, non si può escludere che tra loro vi fossero anche ragazze inviate da servizi segreti di paesi considerati nemici. E la cosa, visti gli stretti rapporti di Berlusconi con personaggi ritenuti equivoci dalla comunità internazionale, come Gheddafi o Putin, diventa un problema legato alla sicurezza. Riuscirà, dunque, il Cavaliere a sopravvivere alla scandalo? Forse sì, ma solo a discapito della credibilità del nostro Paese. Il premier ha in parlamento una maggioranza schiacciante, recentemente riconfermata dalle elezioni europee. Controlla le tv e, se le cose peggioreranno ulteriormente, può davvero pensare di risolvere (in Italia) i suoi problemi facendo cadere il (suo) governo e andando di nuovo alle urne ad ottobre. In questo modo, in caso di vittoria, potrebbe chiudere la partita e dire alle opposizioni: vedete, gli italiani mi hanno assolto, io piaccio così. Insomma l'attempato leader del centro-destra potrebbe salvarsi istituzionalizzando di fatto la mignottocrazia. Un progetto folle che sta al pari all'ormai conclamata follia dell'uomo. Ma anche un piano rischioso che all'ultimo momento potrebbe spingere la sua maggioranza a chiedergli di farsi, per sempre, da parte.

(Vignetta di theHand)

Lodo Pisello.



20 giugno 2009, in Marco Travaglio


Zorrol'Unità, 20 giugno 2009Chi pensava, anzi sperava, che i talloni d’Achille di Al Tappone fossero la mafia, le tangenti, i fondi neri, i conflitti d’interessi, aveva sopravvalutato l’Italia e gli italiani. Ora che l’”utilizzatore ultimo” sprofonda per gli eccessivi “quantitativi di donne” (secondo le poetiche definizioni ghediniane), chiediamo umilmente scusa a un paese ridotto a un film minore di Alvaro Vitali per esserci troppo occupati delle quisquilie di cui sopra. Là dove non poterono le ultime parole di Borsellino e le indagini di valorosi pm milanesi e siciliani, potranno forse gli stock di signorine a tassametro traghettate da un fabbricante di pròtesi nelle magioni del Premier Utilizzatore su mezzi aerei e nautici degni dello sbarco in Normandia; e la candid camera di una delle “utilizzate”, sfuggita alla formidabile security di Palazzo Grazioli. Ogni epoca ha il 25 luglio che si merita. Restano da capire alcuni particolari: 1) chi saranno il Dino Grandi e il Galeazzo Ciano di questo film dei Vanzina che si sta girando fra Palazzo Grazioli e Palazzo Chigi; 2) che ne sarà della Guardia Repubblicana alla caduta del satrapo (l’altreoieri Ostellino lo paragonava a Cavour, mentre Chirac raccontava le visite guidate ai bidet di Villa Certosa, accompagnate da apprezzamenti berlusconiani sulle “chiappe” che vi si erano posate); 3) con quali leggi ad personam, anzi ad pisellum, Al Tappone conta di salvarsi dall’inchiesta di Bari. Essendo stato intercettato non da una toga rossa, ma da un’amica escort armata di cellulare, abolire le intercettazioni non basta più. Bisogna abrogare i telefonini.
(Vignetta di Bandanas)
Post scriptum
Molti amici del blog mi chiedono che fare domenica e lunedì per i referendum elettorali. Dopo avere a lungo tentennato fra l'astensione e il voto per il No, propendo per l'astensione. Mi hanno convinto due articoli che linko volentieri qui sotto, e il cui senso è ben sintetizzato dalla dichiarazione di voto dell'ex presidente della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelski, di cui mi fido ciecamente:“Nel caso si raggiungesse il quorum, o vince il No e ci teniamo il Porcellum, oppure vincono i Sì e avremo un Porcellum al quadrato. Diciamo la verità, ci troviamo di fronte a due leggi che fanno schifo allo stesso modo. Per questo, sono convinto che sia meglio non andare a votare”.
M.T.

Topolanek, Bocchino, Pompa & F.lli.

Siccome «nomina sunt consequentia rerum», sulla scena degli scandali berlusconiani, dopo Topolanek, irrompe l’on. Bocchino: «In questa vicenda ci sono apparati dello Stato fuori controllo».
Non ce l’ha con l’apparato riproduttivo di Al Tappone, già devastato da un editoriale di Feltri, ansioso di far sparire l’arma del delitto («facendo strame della privacy, affermo che Silvio è senza prostata… e buonanotte al sesso. La scienza fa miracoli tranne uno: quello»).
No, Bocchino ce l’ha coi servizi segreti, ovviamente deviati: «Dovrebbero occuparsi della sicurezza del premier, scortarlo, proteggerlo». Invece colludono coi nemici della Nazione: tipo il fotografo Zappadu che, secondo l’autorevole Il Giornale, ha «rapporti coi servizi». Tesi suggestiva, anche perché Al Tappone ha governato 8 anni su 15 e ha sempre trafficato coi servizi. E l’altro giorno ne ha riuniti i capi a Palazzo Chigi: c’erano il coordinatore Gianni De Gennaro, a suo tempo confermato da Al Tappone a capo della polizia nonostante i fattacci del G8 di Genova, o forse proprio per quelli (ora è imputato per induzione alla falsa testimonianza dell’ex questore); e l’ex direttore del Sismi Niccolò Pollari, sebbene sia imputato a Milano per il sequestro di Abu Omar e a Perugia per peculato con Pio Pompa (avrebbero spiato «presunte opinioni politiche, contatti e iniziative di magistrati, funzionari dello Stato, associazioni di magistrati anche europei, giornalisti e parlamentari»), o forse proprio per questo. Dal che si deduce che cosa intendano lorsignori per «servizi deviati»: quelli che lavorano per lo Stato.

http://www.unita.it/rubriche/Travaglio

lunedì 22 giugno 2009

La natura.




Quando piove a dirotto, quando il vento batte alle porte, sembra che la natura (dio) scateni la sua ira.

Dura tanto o dura poco, il suo monito non viene ascoltato.
L'uomo è restio ad imparare, è più propenso a comandare.

E se ascolta, ascolta i suoi istinti primordiali.

domenica 21 giugno 2009

Teheran, morti e feriti nel 'sabato nero'. Moussavi: ''Pronto al martirio''. Obama all'Iran: ''Stop alle violenze sul popolo''


ultimo aggiornamento: 21 giugno, ore 10:02
Teheran - (Adnkronos/Ign) - Il leader riformista attacca: ''Brogli pianificati'' e ai manifestanti dice: ''Se mi arrestano scioperate''. In 3mila sono scesi in piazza sfidando il divieto dell'Ayatollah Khamenei. Kamikaze al mausoleo Khomeini: assalto alla sede del partito di Ahmadinejad. Ricontato il 10% dei voti. Il Consiglio dei Guardiani: ''Le schede scelte a caso''.
La guida suprema: ''Proteste istigate dall'Occidente''. Sul web il giornale della protesta 'street'. Da venerdì Google ‘parla’ anche farsi

Teheran, 20 giu. (Adnkronos/Ign) - Escalation di tensione in Iran dove i sostenitori di Moussavi, sono scesi in piazza in 3mila per protestare contro l'esito del voto nonostante il divieto dell'Ayatollah Ali Khamenei. La polizia che in un primo momento aveva usato lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti ha iniziato a sparare in aria, secondo quanto riferito da testimoni oculari che hanno parlato anche di scontri tra i sostenitori di Moussavi e quelli di Ahmadinejad.

Secondo le notizie arrivate dalla capitale iraniana - dove il regime è riuscito praticamente ad oscurare la protesta imponendo restrizioni ai limite della censura ai media internazionali - in migliaia si sarebbero radunati nella Piazza della rivoluzione, urlando "Morte al dittatore" e "Morte alla dittatura''.
I sostenitori del leader riformista avrebbero poi tentato l'assalto alla sede del partito di Ahmadinejad, cui sarebbe stato dato fuoco. Mentre un kamikaze si è fatto saltare in aria nell'ala settentrionale del mausoleo dedicato al fondatore della Repubblica islamica Khomeini, nella zona meridionale di Teheran, causando la propria morte e il ferimento di almeno 2 persone, secondo il bilancio fornito da 'Press Tv'. La notizia dell'esplosione non è stata confermata dalla 'Bbc', il cui corrispondente sostiene che non ci sia alcuna prova dell'attacco.
Migliaia di poliziotti in tenuta antisommossa e uomini della milizia Basji hanno poi sigillato piazza Enghelab, dove i sostenitori di Moussavi volevano tenere la loro nuova manifestazione di protesta.
E Moussavi dal popolare social network Twitter avverte: ''Sono pronto al martirio''. Quindi rivolto ai manifestanti detta la linea: ''Se mi arrestano, scioperate''. Sul suo sito il leader riformista ha pubblicato anche la lunga e dettagliata lettera inviata oggi al Consiglio dei Guardiani (l'organo che verifica la correttezza del processo elettorale), nella quale chiede che siano annullati i risultati delle elezioni vinte, secondo le accuse, con brogli. ''Queste misure irritanti (i brogli elettorali) - scrive il leader - erano state pianificate mesi prima del voto...considerate tutte le violazioni...le elezioni dovrebbero essere annullate''.
''Continuerò i miei sforzi per chiarire la verità sulla base della costituzione e delle leggi vigenti - spiega Moussavi nella missiva di sette pagine - nonostante le violazioni e la pianificazione di questi atti disgustosi siano state preparate in anticipo''.
Dal canto suo Mahmoud Ahmadinejad ha ringraziato l'ayatollah Ali Khamenei per il sostegno datogli. ''Senza dubbio lei ha sventolato la bandiera del coraggio e della determinazione davanti agli arroganti'', scrive il presidente iraniano in una lettera inviata alla guida spirituale suprema, che venerdì aveva difeso la sua elezione, ''voluta dal popolo''.
Intanto il Consiglio dei Guardiani proprio oggi ha stabilito che sarà ricontato il 10% dei voti espressi alle presidenziali dello scorso 12 giugno e le schede verranno scelte a caso.
Nel frattempo, Barack Obama ha chiesto alla leadership iraniana di fermare le violenze contro il popolo. "Il governo iraniano - ha detto il presidente degli Stati Uniti in una nota diffusa dalla Casa Bianca - deve comprendere che il mondo lo sta guardando. Noi piangiamo ogni singola vita innocente che è andata persa. Chiediamo al governo iraniano di fermare tutte le azioni violente e ingiuste contro il suo stesso popolo".

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/?id=3.0.3447988812

Morte in diretta.



La morte in diretta di una dimostrante in Iran.