domenica 16 maggio 2010

Il dramma del federalismo in Italia e in Europa di EUGENIO SCALFARI



Non riporto l'articolo, mi è vietato il copia incolla perché coperto da copyright, ma ve ne consiglio la lettura.

Dal Lussemburgo attese risposte che fanno tremare la cricca


Il destino della cricca degli appalti è appeso all’esito di quindici atti di rogatoria il cui risultato sarà comunicato forse già nella prossima settimana ai magistrati della procura di Firenze e di Perugia. Sono quindici “risposte” che le autorità giudiziarie e finanziarie di Lussemburgo sono in procinto di dare ai magistrati italiani e che potrebbero rivelare il percorso delle tangenti della cricca e i loro depositi segreti.. Si potrebbe ad esempio finalmente sapere con certezza da dove arrivano i quasi tre milioni di euro che Anemone ha versato in contanti all’architetto Zampolini il quale a sua volta ha fatto da tramite per l’acquisto delle case dell’ex ministro Scajola, dei figli di Balducci, del generale Pittorru e del dirigente delle Infrastrutture Ettore Incalza.. dieci pagine Nell’atto di rogatoria lungo dieci pagine, spicca anche il nome di Denis Verdini.

Il coordinatore del Pdl nonché titolare di una banca (Il Credito cooperativo fiorentino), indagato per corruzione, è sospettato di essere anche titolare di qualche conto-provvista all’estero. Sospettati di “custodire denaro che proviene da attività illecita”, leggi corruzione, anche l’ex aggiunto della procura di Roma Achille Toro (il giudice è sospettato di essere la talpa della cricca in Procura a Roma) e il figlio Camillo. Con Verdini e Toro padre e figlio, nell’atto giudiziario inviato al Parquet du Tribunal d’arrondissement- Cellule de reinsegnement financier di Lussemburgo, figurano anche i nomi dei funzionari pubblici Balducci, ovviamente, De Santis, Rinaldi e Della Giovampaola; quelli dei costruttori Anemone, De Vito Piscicelli, Carducci, Roberto Bartolomei; degli avvocati Cerruti e Azzopardi, dell’architetto fiorentino Casamonti e del commercialista Gazzani (indagato per riciclaggio con Rinaldi), nel cui computer sono stati trovati elenchi e resoconti di prestazioni professionali, appalti e passaggi di denaro.

Nella richiesta spicca anche il nome di don Evaldo Biasini “soggetto – si legge – che è risultato essere prestanome di alcuni degli indagati per conti dei quali gestisce ingenti somme di denaro”. L’Unità ha già raccontato l’intensa attività del sacerdote economo dei Missionari del Preziosissimo sangue che, 83 anni, dal Duemila in poi ha gestito circa dieci milioni di euro di Anemone e Della Giovampaola depositando (riciclando?) quei soldi nei conti correnti delle offerte per le missioni presso uno sportello della Banca delle Marche a Roma.

La novità oggi è che don Evaldo potrebbe essere prestanome e custode anche all’estero di altri conti. Di prestanome, del resto, pullula l’inchiesta sulla cricca che ha gestitogli appalti pubblici in Italia negli ultimi dieci anni. Balducci ha un conto presso il Bank Julius di Zurigo grazie ai prestanome Roberto Di Mario e Maria Letizia Confronte. La segretaria di Anemone Alida Lucci è titolare di circa trenta conti correnti. Un fiume di denaro che gli investigatori perugini stanno cominciando a rintracciare nei 1.143 rapporti bancari, di cui 263 conti correnti, intrattenuti da Balducci, Anemone, da amici, parenti e intermediari. Novità, in settimana, anche dallo sviluppo delle otto operazioni sospette segnalate dalla Banca d’Italia che coinvolgono anche altri costruttori come Bruno Ciolfi (Igit) e Carducci, partner di Anemone in vari appalti dei Grandi Eventi.

16 maggio 2010



Indifferenza civile



Il problema di Palermo è il traffico. La priorità del governo Berlusconi è l’abuso della libertà di espressione sul web. Difficile contare i tentativi, abortiti o disinnescati, di sabotare per via legislativa la rete internet. Il video, tratto dal blog di Grillo, ne propone un utile compendio. QUI l’articolo di Federico Mello sul Fatto di oggi, che dà conto della prossima imboscata: nel mirino dell’acuto Maroni l’ “uso malevolo” del web. Sul medesimo tema QUI l’analisi di Guido Scorza.


Devono andarsene - Concita De Gregorio



La madre, la moglie, la figlia, la suocera. Il fratello della fidanzata, il cognato, la ragazza dell'amico del figlio, l'ex ragazza. L'amante, la segretaria, l'autista. Il figlio del giardiniere della casa di campagna. Il capo di gabinetto, il capo dell'ufficio legislativo, il capo del dipartimento, l'archivista, il dirigente Rai, il giornalista, il regista, il produttore, il generale. L'assistente del generale. Il ragioniere, suo genero l'attore. L'ex moglie. La sorella.

Il miglior falegname della città, come lo chiama Bertolaso, ha la mappa dettagliata delle parentele e delle relazioni fino al quinto grado, coppie di fatto e clandestine comprese, dei suoi clienti. Siccome è preciso - la mole di lavoro, del resto, possente - annota in un quadernetto. A volte col solo nome di battesimo. Altre volte col solo indirizzo. In casi di intimità estrema con l'iniziale, con un nomignolo affettuoso. Il miglior falegname della città è generoso: non segna cifre, niente importi, non un pagato o da pagare come succede, per dire, a chiunque di voi porti il cappotto in lavanderia. No, con le case ai Fori o a Cortina non funziona così. A volte dimentica persino di aver realizzato i lavori o di aver fatto dono di un appartamento. Nel mucchio può succedere.

Poi capita anche che qualcuno pretenda di pagare, per i lavori ottenuti: una bizzarria, una forma di moralismo che va compresa e assecondata. Qualcuno certamente ha pagato. C'è chi ha persino conservato le ricevute, gente d'altri tempi. Per il resto: tutto in un conto unico. In cambio di che cosa lo dirà la magistratura, voi intanto siete liberi di immaginare per quale motivo un falegname così prodigioso da esser divenuto il titolare delle ristrutturazioni per conto dei servizi segreti oltre che delle più costose e grandi opere pubbliche degli ultimi anni si adoperasse a riparare tapparelle a casa della suocera del funzionario del ministero, si figuri se disturba, ci mancherebbe.

La moglie di Guido Bertolaso lavorava per lui. Non è vero che l'abbia fatto solo prima che Anemone si aggiudicasse gli appalti, come ha detto suo marito in conferenza stampa. Il falegname con gli occhiali a specchio faceva lavoretti per Bertolaso - in casa e in ufficio - da molto, molto prima che la signora rimettesse a posto i giardini del Salaria Village. Una piccola menzogna, certo, nel monte di falsità e nella palude di corruttela che la cricca gelatinosa ha costruito e poi abitato per anni. Bisogna partire da quelle spudorate menzogne (omissioni? dimenticanze?) e tirare il filo. Basta, davvero. Devono andarsene, la cloaca di corruzione non può ingoiare il paese intero. Lo divoreranno. Non lasciamoglielo fare.

Pretendiamo le dimissioni di chi ha corrotto e chi si è fatto corrompere, pazienza se strilleranno che è una congiura, una gogna, un complotto. Hanno sempre fatto così: colti in flagrante, messi di fronte all'evidenza dei fatti hanno protestato cose tipo: state violando la privacy. Loro invece stanno violando l'ultimo residuo di dignità. Anemone ha avuto anche i lavori di ricostruzione della scuola di San Giuliano, quella dove morirono 27 bambini e un insegnante. Di terremoto in terremoto hanno fatto miliardi e lasciato a noi le macerie. Non sono gli italiani senza lavoro né speranze a dover lasciare il paese. Sono loro che devono andarsene. Ricostruiremo da capo. Staremo meglio.


http://concita.blog.unita.it//Devono_andarsene_1237.shtml


sabato 15 maggio 2010

WSJ: i conti pubblici dell’Italia sono a rischio

Dopo il venerdì nero dalle borse europee, tra le quali quella di Milano ha subito un calo pesantissimo, all’estero crescono le preoccupazioni sullo stato della nostra Finanza Pubblica. Il Wall Street Journal lancia l’allarme sul nostro Debito pubblico.

Italy’s debt fuels worries“, ossia il debito italiano alimenta le preoccupazioni. Così titola il suo articolo Stacy Meichtry, corrispondente dall’Italia del Wall Street Journal, il più importante quotidiano economico americano, nel quale viene evidenziato come “In Italia, la mancanza della crescita rende più pesante gli oneri sul proprio debito pubblico“. Situazione che, prima o poi, finirà col pesare pesantemente sull’economia del nostro paese. Preoccupazione, del resto, già fatta propria qualche mese fa anche dal Nobel per l’economia, il canadese Robert Mundell.

SE I MERCATI DUBITANO DELL’ITALIA – L’incipit del WSJ è eloquente. “Il fondo europeo di salvataggio da quasi mille miliardi di dollari ha alleggerito la pressione economica sui paesi alla periferia della zona euro, ma il problema resta comunque profondo per alcuni di questi, tale da rendere per loro assai difficile sfuggire agli enormi debiti ai quali si somma pure la mancanza della crescita“. “Il problema – riporta il giornale economico americano – è particolare preoccupante per l’Italia, il paese più pesantemente indebitato d’Europa“. Il piano di salvataggio da 750 miliardi di euro (947 miliardi dollari) predisposto dall’Unione europea, di cui un centinaio sono stati destinati alla sola Grecia, ha preso forma lo scorso fine settimana a seguito dell’aggravarsi della preoccupazione che “la crisi fiscale di Atene alimentasse il contagio verso altri paesi deboli dell’Ue, come il Portogallo e la Spagna, particolarmente sotto tiro per i loro debiti“. “Finora - scrive il WSJ - i mercati hanno ritenuto invece che l’Italia versi in una situazione meno rischiosa di altre nazioni del Sud Europa, nonostante un debito pubblico pari al 115% del proprio prodotto interno lordo, più o meno quanto quello della stessa Grecia. Giovedì, tuttavia, l’Italia ha dovuto pagare quasi un punto percentuale in più della Germania per prendere un prestito, più o meno come la Spagna, anche se di meno dello spread della Grecia di 4,65 punti percentuali”. Ma la posta in gioco, nel caso italiano “è una crisi potenziale molto più grande. Il debito pubblico italiano è ben oltre i 1.700.000 milioni di euro, sette volte più grande di quello greco“.

SE AFFONDA L’ITALIA, AFFONDA L’EURO – L’Italia è un pezzo grosso del sistema“, ha dichiarato François Chauchat, economista di GaveKal, società di consulenza economica con sede a Stoccolma. “Se l’Italia non è fosse capace di rifinanziare il suo debito questo segnerebbe la fine del l’euro”. In termini di bilancio annuale, l’Italia è relativamente sana, con un disavanzo pari al 5,3% del PIL nel 2009, al di sotto della media europea del 6,3% e il 13,6% della Grecia. L’Italia è il “ritratto della salute” rispetto ad altre economie del “Club Med”, ha detto Ben May, economista londinese della Capital Economics. “Ma il debito del paese – sottolinea il Wall Street Journalè più difficile da ridurre, e probabilmente peserà sull’economia nel lungo termine“. Come, più modestamente, pure noi di Giornalettismo avevamo ipotizzato qualche mese fa. Per il WSJ “Il gettito fiscale italiano è stagnante a causa della bassa crescita poiché molte imprese lasciano il Nord Italia per i mercati a basso costo come la Cina e l’Europa dell’Est. Negli ultimi dieci anni, il PIL italiano è cresciuto ad una magra media annua dello 0,54%, e il Tesoro prevede solo un aumento dell’1% nel 2010 dopo un calo del 5,1% nel 2009. I tentativi di aumentare le entrate attraverso aumenti delle tasse sono stati compromessi dall’evasione fiscale diffusa”. Ciononostante, la pressione fiscale risulta al 43,2% del Pil. Una delle più alte d’Europa, a dispetto delle promesse elettorali di taglio delle tasse del governo di centrodestra. E ancora, sul piano più squisitamente politico evidenzia il giornale statunitense “Allo stesso tempo, il primo ministro Silvio Berlusconi deve affrontare la pressione interna alla sua coalizione di governo, inoltre non può tagliare gli aiuti di Stato alla parte più povera del suo paese, il Sud che è fortemente dipendente in termini di posti di lavoro dal settore pubblico“.

UN FUTURO ASSAI PREOCCUPATEStacy Meichtry rileva nel suo articolo come quest’anno per il nostro paese è previsto un ulteriore aumento del debito pubblico: “Il debito pubblico in percentuale al PIL è previsto in crescita di tre punti percentuali al 118%. Il problema verrà quando la crescita del gettito fiscale non potrà più tenere il passo con il costo degli oneri sul debito“. Infatti, spiega al WSJ Gabriel Stein, economista di Lombard Street Research, società londinese di consulenza economica con sede a Londra: “Se l’interesse che si sta pagando sul debito è superiore al tasso di crescita, si finisce in una trappola mortale”. Stein, sibilino poi chiosa così: “Non so se l’Italia è in una trappola mortale in questo momento”.”I timori sul debito italiano -secondo il WSJ – hanno reso gli investitori nervosi. Un’offerta di bond da 9,5 mld di euro nel mese di aprile non è andata esaurita come in passato. Un calo delle offerte, inoltre, potrebbe portare il Tesoro ad abbassare il prezzo minimo che chiede, il che si tradurrebbe per l’Italia nel dover pagare più interessi sul debito”. C’è da dire, tuttavia, che giovedì scorso un’asta sui nostri Titoli di stato è andata più che bene. Il che è senz’altro un segno di fiducia.

ITALIANI, BRAVA GENTE – “Il governo italiano - si legge nell’articolo del WSJ – dice che il finanziamento del suo debito è aiutato da una buona condizione delle famiglie italiane e delle stesse imprese. Infatti, secondo Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione europea, le famiglie italiane detengono circa un quarto dei bond del paese e nel 2008 avevano debiti finanziari pari ad appena il 53% del PIL, rispetto al 60% della Grecia e il 61% della Germania. Per le famiglie italiane, questo determina un tasso del risparmio relativamente elevato, pari circa al 15% del reddito al netto delle imposte, rispetto al 17% della Germania e al -1,4% della Grecia. Questo, nonostante l’introduzione della moneta unica, il che avrebbe potuto portare gli italiani ad investire in debito francese o tedesco senza il rischio di particolari fluttuazioni. “Gli italiani, invece, restano ancorati al loro debito e preferiscono acquistare obbligazioni italiane“, dice Marco Annunziata, economista di UniCredit SpA. Nonostante casi come Cirio e Parmalat, aggiungiamo noi… “Inoltre, conferma sempre Annunziata –si fanno meno influenzare dalle tendenze dei mercati“. L’articolo del Wall Street Journal si conclude sostenendo che “L’euro ha anche incoraggiato gli investitori stranieri, come certe banche francesi e tedesche, ad acquistare obbligazioni italiane negli ultimi anni, perché forniscono un rendimento elevato ad un basso rischio di valuta. Questo lascia l’Italia meno esposta alla svendite da parte degli investitori stranieri rispetto a quelle che hanno invece colpito le obbligazioni greche“. Ma il rischio a lungo termine è presente e non va per niente sottovalutato.

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Gomez VS De Luca che cita il boss mafioso Michele Greco (L'Ultima Parola, 14/05/2010)

De Luca:

"........Allora, la Costituzione va difesa quando afferma la sacralità della vita egli esseri umani a cominciare dalla dignità che viene massacrata da esseri ignobili .....(gli esseri ignobili sarebbero quelli della sinistra PP (????) ed il GRANDE giornalista Gomez che lui preferisce non nominare) che non hanno ancora acquisito i principi della civiltà (sic! pronunziata da lui perde il suo senso anche la parola civiltà) democratica e personale (sob!) e, dunque, io mi sono candidato non solo perchè non ritengo di avere problemi, (dura lex?) ma perchè io sono orgoglioso di quelle vicende........"

...........orgoglioso? ORGOGLONE semmai!

PS. Notare l'atteggiamento e la somiglianza dell'IGNOBILE De Luca con Michele Greco.......
sembra suo figlio.


Clava sul web col codice Maroni- Federico Mello


15 maggio 2010
Potrebbe succedere davvero, e molto presto: si apre la casella di posta elettronica e si trova una mail in arrivo. A scriverci, uno dei mille fornitori di servizi web: Google, Facebook, YouTube, Telecom, Fastweb, Tiscali, Libero, e chi più ne ha più ne metta. Nella mail ci viene comunicato che un contenuto da noi pubblicato su Internet, una foto postata su un blog, un’opinione su un forum, una pagina Facebook, ha urtato la sensibilità di qualcuno, è ritenuto inopportuna o “malevola”. In allegato un invito a provvedere alla rimozione, in caso contrario il contenuto potrebbe essere rimosso d’imperio o segnalato alle autorità competenti.

Questo lo scenario verso il quale, secondo quanto risulta al
Fatto Quotidiano, stanno spingendo il ministro Maroni e il sottosegretario Romani. Nel dicembre 2009, dopo l’aggressione a Silvio Berlusconi in piazza Duomo a Milano, proliferarono su Facebook gruppi inneggianti all’aggressore Massimo Tartaglia. Si scatenò allora un’offensiva politica e mediatica senza precedenti con Internet e i social network nel mirino: mentre nel salotto televisivo di Barbara D’Urso si urlava che Facebook andava chiuso, la seconda carica dello Stato, Renato Schifani, arrivò a definire i social network “più pericolosi degli anni Settanta”.Roberto Maroni annunciò che il governo stava predisponendo una legge “per oscurare i siti Internet che incitano alla violenza”.

Contro la proposta Maroni si alzarono barricate: “Le leggi ci sono già - dissero opposizioni e associazioni per le libertà civili - e un sito può essere chiuso dalla magistratura, non dal governo”. Maroni fece un passo indietro, l’idea di una legge (se non addirittura di un decreto) per chiudere d’autorità siti web, venne accantonata e il ministro annunciò un non meglio definito “codice di autoregolamentazione” che sarebbe stato approntato da lì a breve. Ebbene, solo qualche giorno fa, l’11 maggio, il ministro Maroni ha incontrato le associazioni dei provider di servizi web per presentare una bozza del “Codice di autodisciplina a tutela della dignità della persona sulla rete Internet” accompagnato da un protocollo d’intesa. La premessa al Codice è la seguente: “La rete Internet può costituire una piattaforma di divulgazione e propagazione di messaggi, informazioni e contenuti destinati ad un uso malevolo, come quelli che incitano all’odio, alla violenza, alla discriminazione, ad atti di terrorismo, o che offendono la dignità della persona, o costituiscano una minaccia per l’ordine pubblico”. Per contrastare questi comportamenti, il codice punta ad un “bollino di qualità” per i siti “sicuri”, ma soprattutto a coinvolgere i fornitori di servizi. Tra i loro compiti: “Fornire agli utenti tutte le informazioni utili per poter avanzare eventuali reclami” e questo anche inserendo “un apposito
link ai modelli di segnalazione e reclamo”. In parole povere vuol dire che il soggetto che offre servizi web agli utenti (come una piattaforma blog), dovrebbe inserire sotto ogni pagina un pulsante al quale rivolgersi per avanzare un reclamo.

La questione è molto più scivolosa di quanto potrebbe apparire: i fornitori di servizi, già adesso, sono obbligati per legge a segnalare all’autorità giudiziaria e alla polizia postale reati che riscontrano su Internet. Quindi, il reclamo al quale si fa riferimento nel codice, non riguarda reati, ma contenuti “destinati ad un uso malevolo”. Non fatti, verrebbe da dire, ma opinioni. Il video, per esempio, del calcione rifilato da
Totti a Balotelli durante la finale di Coppa Italia, pubblicato anche su YouTube e su mille blog, potrebbe essere uno dei “contenuti destinati ad un uso malevolo” in quanto potrebbe incitare “all’odio e alla violenza”. Ma sarebbe giusto invitare chi lo ha pubblicato a rimuoverlo? Nel tavolo aperto sul codice si confrontano varie posizioni. Da una parte il governo vorrebbe affidare proprio ai fornitori di servizi il compito di valutare quali contenuti rimuovere.

Su questo i provider non ci stanno: la direttiva sul commercio elettronico approvata dalla Ue, chiarisce che non possono in nessun modo intervenire sui contenuti ma limitarsi a fornire un servizio (è una garanzia per la libertà e la privacy degli utenti). Per questo i provider stanno pensando di proporre un punto di mediazione, un meccanismo di alert: ricevuta una segnalazione (per esempio il video Totti-Balotelli), loro si limiterebbero a girarla all’utente (il blogger che ha pubblicato il video). Una misura comunque gravosa (in costi e burocrazia) ma forse inevitabile: d’altra parte, sul tavolo aperto da Maroni pesa anche la tagliola di una legge che andrebbe a regolare la materia.

Che tutto questo meccanismo poi possa davvero evitare episodi di violenza su Internet, appare del tutto improbabile: la Rete è globale e non funzionano regole imposte in un solo Stato. Inoltre nessun Paese del mondo, se non le dittature, ha attivato strumenti che colpiscono le opinioni. Proprio ieri, infine, è stato annunciato che Silvio Berlusconi sta per sbarcare su Facebook (“entro un mese” promettono i suoi). Un tentativo – legittimo – di colonizzazione della rete che però, guarda caso, procede di pari passo con la promulgazione del codice volto a spaventare gli utenti. A pensar male, sembrerebbe che lo scopo finale di tutta l’operazione, sia quello di ridurre la grande rete Internet ad un piatto strumento di propaganda.

Da
il Fatto Quotidiano del 15 maggio

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2487869&yy=2010&mm=05&dd=15&title=clava_sul_webbrcol_codice_maro