Sulla nuova legge in materia di intercettazioni si è detto tutto. I limiti di tempo: come si fa a sapere quando un telefono comincerà a “parlare”? Si sa solo che, presto o tardi, qualcosa di utile dirà. Ma ora, dopo 75 giorni si dovrà smettere. Chi usa quel telefono sta progettando un omicidio; non si sa dove né a danno di chi né quando. Ma i 75 giorni scadono e si deve staccare la spina. E qualcuno, non si sa chi, non si sa dove, sarà ammazzato. Il divieto di usare il contenuto di un’intercettazione per chiedere altra intercettazione: e se solo questo hanno in mano gli investigatori? La persona intercettata parla con qualcuno di un omicidio: non si sa dove né a danno di chi né quando. Si potrebbe intercettare il nuovo telefono: ma non si può, l’unico elemento è la telefonata e la legge non consente di utilizzarla per una nuova intercettazione E qualcuno, non si sa chi, non si sa dove, sarà ammazzato.
Il divieto di intercettare il telefono della persona offesa in caso di reato commesso da ignoti; a meno che sia la stessa persona offesa a richiederlo. Così tutte le vittime di estorsioni, che abitualmente hanno paura di far intervenire la Giustizia e preferiscono pagare, continueranno a pagare in silenzio. L’ipocrisia di binari preferenziali per i delitti di mafia e terrorismo, per i quali si può intercettare senza limiti di tempo e, in caso di reato commesso da ignoti, senza consenso della persona offesa: vera e propria mistificazione per far credere ai cittadini che, nei casi di maggiore gravità, la “sicurezza” prevarrà sulla “privacy”.
Ipocrisia vergognosa, perché nessun delitto ha un’etichetta che dica “mafia”. Un omicidio, un incendio, possono avere mille moventi; solo con le intercettazioni si scoprirà se, a monte, vi era la mafia oppure passione, interesse. Così, per l’incendio del negozio, della macchina, della casa ci sarà sempre bisogno della richiesta della parte offesa per intercettare. E questa sarà sempre meno probabile quanto più gli autori dell’incendio siano mafiosi. Il divieto di microspie, salvo che non vi siano prove che lì, in quel momento, si stanno commettendo reati. Che è ridicolo solo a dirlo, visto che, a quel punto, le microspie non si fa più in tempo a piazzarle.
E poi: quanti progetti criminosi, quanti discorsi su delitti già commessi si fanno in macchina, in cella, al bar? Ma nessuno ne saprà mai nulla. Si è detto tutto; e anche io ho detto tutto, tante volte. Ho fatto il magistrato per tutta la vita, so che cosa succederà con questa legge. Ma oggi voglio dire una cosa diversa; posso dirla perché non faccio più il magistrato. Il blocco delle intercettazioni impedirà le indagini, soprattutto quelle nei confronti di una classe dirigente che ha toccato il fondo dell’abiezione etica e criminale. Ma il blocco dell’informazione, che è il secondo (o il primo a pari merito) obiettivo della legge, distruggerà l’assetto democratico del nostro Paese.
I cittadini non sapranno più nulla, i delinquenti che hanno infiltrato la politica a ogni livello si presenteranno con le mentite spoglie di brave e oneste persone. La classe dirigente perpetuerà se stessa senza controlli e senza resistenze. La parte sana di essa si ridurrà progressivamente. E l’Italia diventerà un paese senza legge e senza etica, sempre più povera e indifesa. Fino al disastro finale, fino alla bancarotta istituzionale ed economica. Non possiamo permetterlo. Non so quali e quante informazioni riuscirò a conoscere; non so in che misura farle conoscere ai cittadini potrà rallentare il degrado del nostro paese. Ma io non rispetterò questa legge; e sono certo che molti altri non la rispetteranno. Vedremo se davvero è arrivato il tempo della dittatura.
LEGGI
Anselmi: insorgiamo, è una legge liberticida di Silvia Truzzi
Bice Biagi su Articolo 21: "Peggio che la Spagna franchista"
Busi contro Minzolini: il Tg1 perde la faccia di Luigi Franco
(Clicca sull'immagine per ascoltare la storica intercettazione Berlusconi-Saccà - Youtube)
Da il Fatto Quotidiano del 21 maggio
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 22 maggio 2010
La disobbedienza civile del 'Fatto' - Bruno Tinti
venerdì 21 maggio 2010
I paradossi del bigottismo - Cinzia Sciuto
Bando del comune di Roma per gli asili nido della capitale. Si entra per punteggio, che è assegnato principalmente in base alla condizione familiare (numero di figli a carico, portatori di handicap in famiglia, genitori entrambi lavoratori e via discorrendo), e solo in seconda battuta, a parità di punteggio, entra in gioco la condizione economica. Tra le situazioni che fanno ottenere un maggior punteggio c’è, giustamente, quella della famiglia monoparentale, ossia un bambino con un genitore solo. Ed ecco che scatta il paradosso: un bambino figlio di una coppia di lesbiche, nato grazie all’inseminazione artificiale (ovviamente all’estero), ottiene i 50 punti della famiglia monoparentale, visto che formalmente è figlio soltanto della donna che lo ha partorito. La compagna – pienamente presente in famiglia – non viene considerata affatto e il bambino risulta figlio di una donna sola, con tutti i «vantaggi» che ne derivano. A tutto danno delle tanto osannate famiglie tradizionali che, con un solo figlio ed entrambi i genitori lavoratori, ottengono solo 40 punti, rimanendo perlopiù fuori dalle graduatorie.
Certo, magra consolazione per queste famiglie (perché tali sono) costrette ogni giorno ad acrobazie burocratiche per poter garantire ai propri figli una vita normale. A partire dalla completa assenza di tutele per l’altro genitore, che non può accudire il figlio in ospedale in caso di ricovero, non può viaggiare da solo con lui e non può neanche accompagnarlo all’asilo senza una precisa delega. Assenze di tutele che, in fin de conti, si ripercuotono soprattutto sui bambini che si ritrovano orfani di un genitore di fronte allo Stato, nonostante abbiano in casa una normalissima e serenissima famiglia.
Nelle pieghe delle leggi e dei regolamenti il buon senso si prende una piccola rivincita, creando però, come abbiamo visto, effetti paradossali. Binetti & c. si mettano l’anima in pace: persino per tutelare davvero la famiglia tradizionale bisognerà riconoscere a tutti gli stessi diritti.
(21 maggio 2010)
La “teocrazia debole” di Ratzinger, una minaccia per la democrazia. Flores d’Arcais replica a Navarro-Valls
di Paolo Flores d'Arcais, da Repubblica
Joaquìn Navarro-Valls ha pubblicamente confessato il programma di "teocrazia debole" che la Chiesa gerarchica di Karol Wojtyla prima, e quella di Joseph Ratzinger oggi, stanno tenacemente perseguendo. Con esiti fin qui fallimentari nel mondo, ma di peculiare successo nella "eccezione" Italia. Non meraviglia perciò che l' articolo dell' ex portavoce di Giovanni Paolo II, ancora oggi autorevolissimo nell' esprimere umori e "desiderata" della Chiesa vaticana, prenda le mosse proprio dall' apologia del "caso italiano", osannato perché «è veramente considerevole il ruolo assunto dalla religione» nel dibattito (e soprattutto nella realtà del potere, ma su questo Navarro-Valls sorvola), per cui «l' enorme complessità e originalità di questo Paese» (cioè le macerie morali e materiali a cui l' ha ridotto il berlusconismo) «costituisce una ricchezza stimolante che altrove manca del tutto».
All' ex portavoce di Wojtyla l' Italia appare dunque il luogo provvidenziale in cui sperimentare l' obiettivo che il cattolicesimo gerarchico ha scelto come stella polare: «Una democrazia deve riconoscere il valore di verità, naturale e generale, della religiosità umana, considerandolo un diritto comune, indispensabile cioè per il bene di tutti». Papale papale. Con questa logica, però, l'ateo, lo scettico, il miscredente, insomma il cittadino che non si riconosca in alcuna "religiosità umana", verrebbe irrimediabilmente colpito da ostracismo, e declassato a cittadino di serie B. Il suo ateismo, infatti, non solo non troverebbe posto in questo discriminatorio "diritto comune", ma verrebbe implicitamente tacciato di essere contrario al "bene di tutti".
Tanto perché non ci siano equivoci, infatti, Navarro-Valls aggiunge che «non è possibile, in effetti, escludere il valore politico e solidale della religione senza estromettere, al contempo, anche la giustizia dalle leggi dello Stato». E perché mai? Veramente Thomas Jefferson, eminente padre della democrazia americana - paese sempre citato come eden di libertà fondata su una religiosità onnipervasiva - , garantiva l' opposto: «Il manto della protezione costituzionale copre il giudeo e il gentile, il cristiano e il maomettano, l' indù e il miscredente di ogni genere» proprio perché la Costituzione «ha eretto un muro di separazione tra Chiesa e Stato». Wojtyla e Ratzinger hanno invece sistematicamente gettato l' anatema su ogni versione di «libera Chiesa in libero Stato». Una legge che prescinda dalla religione avrebbe niente meno che «estromesso la giustizia», riassume con precisione Navarro-Valls, renderebbe illegittima la democrazia trasformandola in un vaso di iniquità.
È esattamente quanto sostenne Papa Wojtyla di fronte al primo parlamento polacco democraticamente eletto, se la maggioranza parlamentare avesse promulgato una legge sull' aborto difforme dal diktat della morale vaticana. In perfetta sintonia papale la conclusione di Navarro-Valls: «La consapevolezza democratica di base» deve riconoscere che «la religione è un valore umano fondamentale e inevitabile, il quale deve essere valorizzato e garantito legalmente nella sua rilevanza pubblica» (sottolineatura mia). Con l' aggiunta finale di un criptico ma inquietante «a prescindere dal resto».
E invece no, dal "resto" non si può affatto prescindere. Perché il "resto" è che la democrazia si fonda sull' autos nomos di tutti i cittadini, singolarmente e collettivamente presi. Nella democrazia sono i cittadini che «si danno da sé la legge». E nessun altro prima o sopra di loro. Se i cittadini non potessero decidere la legge liberamente, ma obbedire a una legge già data (dall' Alto, dall' Altro), non sarebbero sovrani, «per la contraddizion che nol consente», secondo un padre Dante molto tomistico e che quindi dovrebbe andar bene anche a Navarro-Valls.
Che la giustizia secondo il dettame della religione diventi tassativa e vincolante per la democrazia significa espropriare il cittadino della sovranità e riconsegnarla a Dio. Tecnicamente si chiama alienazione: alienare i famosi diritti inalienabili. Alienazione che coincide con l' annientamento stesso della democrazia. Insomma e senza perifrasi: la sovranità di Dio è incompatibile con la sovranità dell' uomo, in cui consiste la democrazia. Dovrebbe essere una ovvietà, da oltre un paio di secoli. Ma nell' italica «ricchezza stimolante che altrove manca del tutto» tutto è invece permesso. E sia.
Quale Dio, però? Il Dio cristiano dei valdesi - compassionevole - riconosce ai suoi figli il diritto all' eutanasia, quello di Ratzinger - gelido - lo nega, quello di Küng (cristiano cattolico come Ratzinger) di nuovo lo consente, il Dio dei "Testimoni di Geova" proibisce ogni trasfusione di sangue anche a costo della vita, il Dio di altri (sempre lo stesso, perché l' Uno) esige invece mutilazioni sessuali per le bambine. E si potrebbe continuare. Quale di queste incompatibili verità dovrà assumere lo Stato nella sua legge, per ottemperare alla pretesa di Navarro-Valls di «concepire la religione come un valore assoluto»?
Senza dimenticare che a pretendere che sia fatta la volontà di Dio, anziché quella democratica dei cittadini, c'è poi sempre in agguato un "Gott mit uns" che battezzerà di giustizia religiosa ogni terrena efferatezza. Naturalmente, in una democrazia liberale i cittadini non possono stabilire per legge "qualsiasi cosa", neppure con maggioranze plebiscitarie. Ma il limite all' esercizio della loro autonomia è la loro autonomia stessa, non un' eteronoma volontà di Dio (magari agghindata da "legge naturale"). Che è poi la volontà di chi pretende di conoscere la volontà di Dio e parlare in suo nome (in psichiatria si chiama delirio di onnipotenza).
Non si possono, a maggioranza, violare i diritti individuali sulla vita, la libertà, eccetera, di ciascuno, perché del ciascuno si distruggerebbe o amputerebbe la sovranità, dunque l' autonomia. Dio e la religione, come si vede, non c' entrano un bel nulla. L' anti-relativismo della democrazia sta tutto e solo nel comune riconoscimento - interiorizzato come ethos repubblicano - delle inalienabili libertà di ciascuno (fino a che non violano identica libertà altrui: dalla vignetta blasfema all' eutanasia, esattamente come non si proibisce la superstizione della Sindone o la sofferenza terminale volontaria). "Religiosità" civile, se si vuole. Che la "teocrazia debole" di Ratzinger e Navarro-Valls pretende invece di sovvertire.
(12 maggio 2010)
Il Papa: ''Servono politici cristiani, il relativismo mina la democrazia''
CERCASI FORCONE - Stazione Mir - Federico D'Orazio
E’ una notizia di oggi.
Gli Italiani, con una generosità ed un trasporto commovente, ci hanno donato un mare di soldi. Ricordo che i primi giorni dopo il terremoto, mentre dalla radio sentivamo per strada notizie della grande mobilitazione degli Italiani, gare a chi donava di più, ci siamo sentiti molto sollevati nel saperlo. E sinceramente commossi. Poi, immediatamente, ricordandoci di essere in Italia, e che il terremoto aveva colpito le case, le entità materiali, ma non le coscienze dei nostri politici, ci siamo chiesti: “ma non saranno un po’ troppi, tutti così subito, quando ancora non si sa bene che uso farne?”
La notizia di oggi, purtroppo, conferma che i timori non fossero mal riposti.
La Regione Abruzzo ha deciso di destinare una cospicua fetta delle donazioni degli Italiani di buon cuore a vantaggio del comune di Chieti.
Per chi non lo sapesse, ricordo che Chieti dista 90 Km da L’Aquila, e ricordo che non ha subito alcun danno dal terremoto che i disonesti si ostinano a chiamare “il terremoto d’Abruzzo”. Anche questa ostinazione mi ha sempre irritato ed insospettito. Il terremoto è dell’Aquila. Che è la seconda provincia più vasta d’Italia, e che quindi è anche la maggior parte d’Abruzzo.
Destinare fondi a Chieti, o Pescara, o andare oltre quei pochi comuni di Teramo che hanno subito danni con il terremoto DELL’AQUILA è un innegabile furto.
Compiuto a danno di due comunità: quella di chi in buona fede ha donato, e crede di aver assolto un compito anche oltre le proprie possibilità, ma soprattutto a danno della comunità aquilana tutta.
Che continua ad essere oggetto di sfruttamento politico, e di mistificazioni.
Breve riasssunto? volentieri.
- Sono stati rifiutati gli aiuti MONDIALI per la ricostruzione.
- Si è stilata una lista di beni architettonici (45) da far ristrutturare alle nazioni, ed ora non c’è nessun impegno formale e concreto alla ricostruzione per circa 39 di essi.
- Si è tentato di esportare l’Università Aquilana (e per fortuna, siamo riusciti a tenercela) verso altri lidi Abruzzesi, non a caso Chieti era la più caritatevole ad offrirsi volontaria ospite delle nostre facoltà.
- Pescara ha avuto il riconoscimento di zona franca urbana per un suo quartiere degradato quasi un anno prima dell’Aquila, dove i disoccupati stanno per diventare maggioranza (e vedremo se sarà silenziosa) e solo 15 sulle oltre 700 attività del centro storico hanno ricominciato a lavorare (13 di esse, comunque, fuori dal centro).
- Il nostro ospedale, UNICA STRUTTURA IN TUTTA L’AQUILA ASSICURATA (un mese prima del 6 aprile) CONTRO I DANNI DEL TERREMOTO ha ricevuto un indennizzo di 45 MILIONI di Euro per i danni subiti, e non mi risulta vengano spesi interamente per il suo adeguamento sismico, bensì anche buona parte di quel denaro è dirottato al risanamento delle casse della Regione ed evidentemente nemmeno sono sufficienti perché vogliono vendersi Collemaggio, pur sapendo di non poterlo fare. Per legge, non per decenza, che in quella non ci spera più nessuno.
- Da Luglio tutti ripagheranno i mutui,comprese le per case distrutte e/o inagibili a tempo indeterminato.
- Allo stesso tempo se non si strapperà l’ennesima elemosina dell’ultimo minuto, da Giugno si ritornano a restituire le tasse non versate al 100% più quelle per l’anno in corso. (Umbria e Marche restituiscono, dopo 12 anni di spospensione, il solo 40%, e poi mi vengono a dire che il Governo attuale pensa alla nostra dignità!) Sempre a questo proposito, dimostrando grande lungimiranza, il 24 Maggio si riuniranno Comune, Regione e parlamentari eletti in Abruzzo per discuterne. Prima, evidentemente, avevano troppe altre cose di cui occuparsi. (anche se, la Regione i suoi 42 giorni di ferie tra marzo e aprile se li è concessi)
-Migliaia di aquilani ancora oggi sono fuori da L’Aquila, in alberghi, caserme, case in affitto anche fuori regione, la popolazione assistita è di ben 48.000 aquilani su un totale di residenti di 72.000
Io non ho altre parole, anzi ne avrei. E per tutti. Ognuno ha la sua fetta di responsabilità per questo schifo di proporzioni semplicemente indecenti. Ognuno tra Governo, Comune, Regione e Provincia meriterebbe di essere sepolto sotto la sua montagna di merda laboriosamente guadagnata sul campo.
Dicevo, di parole ne avrei. Ma viene il momento in cui si preferisce alle parole i fatti:
CERCASI FORCONE
http://stazionemir.wordpress.com/2010/05/21/cercasi-forcone/
Intercettazioni, SKY ricorrerà presso le autorità competenti
L'azienda in quanto editore di SKY TG24 e di SKY.IT chiederà l'intervento di tutte le autorità internazionali competenti, compresa la Corte europea per i diritti dell'Uomo. Le nuove norme sarebbero un grave attacco alla libertà di stampa e di espressione
Queste norme rappresentano un grave attacco alla libertà di stampa e di espressione, ma soprattutto costituirebbero una grande anomalia a livello europeo. Per questo motivo SKY, editore di SKY TG24 e di questo giornale online, chiederà un intervento a tutte le Autorità internazionali competenti, anche ricorrendo presso la Corte europea dei diritti dell'Uomo.
Il diritto a un’informazione completa è un diritto irrinunciabile per ogni cittadino, ma è anche un dovere fondamentale per ogni editore. Per questo motivo SKY TG24 e SKY.IT, che in questi anni hanno sempre cercato di compiere la propria missione con la massima professionalità e imparzialità, continueranno a lavorare avendo come unico scopo quello di fornire ai cittadini un’informazione obiettiva e più completa possibile.
"C’è grande preoccupazione per queste norme. - ha dichiarato il direttore di SKY TG24 Emilio Carelli al periodico online della Fondazione Farefuturo - Se fossero approvate, si tratterebbe davvero di un pesante attacco alla libertà di stampa e alla libertà di espressione. E si tratterebbe, oltretutto, di una grave anomalia a livello europeo. Non a caso, Sky ha minacciato di ricorrere contro queste norme presso tutte le autorità competenti, anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo, se necessario. Il nostro impegno è e resta quello di informare i cittadini in maniera completa, obiettiva, imparziale. Ma se vogliamo continuare a farlo, non possiamo subire limitazioni di questo tipo. Intanto aspettiamo di vedere il testo definitivo. Ovviamente, auspichiamo un ripensamento".
"Sono d’accordo sulla difesa della privacy, - ha aggiunto il direttore - ed è vero che alcuni giornali negli ultimi mesi hanno esagerato, e hanno pubblicato intercettazioni prive di contenuti rilevanti. Però, ciò non toglie che va garantito il diritto di pubblicare tutto ciò che ha a che fare con reati importanti, come la corruzione, la mafia".
Ci vuole tutti zitti - Antonio Padellaro
Il Senato mobilitato anche di notte: B. e la destra hanno fretta. Fino a 464.000 euro di multa per gli editori che pubblicano intercettazioni. Carcere per i giornalisti
Molti di noi hanno cominciato a fare i giornalisti spinti da un’ideale giovanile. Dicevamo a noi stessi: troverò le notizie che gli altri non hanno, racconterò le verità che gli altri non raccontano e, se ne vale la pena, rischierò pure la pelle. Come tutti gli ideali coltivati a vent’anni non sempre sono durati abbastanza e qualche volta la vita con le sue necessità materiali ha reso più astratto il nostro sogno di perfezione. Non è stato così per Fabio Polenghi il fotoreporter italiano caduto a Bangkok. Lui, come centinaia di altri giornalisti uccisi in prima linea, mentre cercavano di cogliere quella immagine o raccontare quella scena che nessun altro avrebbe pubblicato.
L’infamia di una legge sulle intercettazioni voluta da un tirannello borioso per nascondere certe sue vergogne e votata da parlamentari che si nascondono come ladri nella notte, consiste certamente nella violazione del diritto dei cittadini di sapere e del dovere dei giornali di informare, come ha detto Ezio Mauronell’intervista a Silvia Truzzi. Ma c’è qualcosa che è forse peggio della soppressione di una libertà ed è la spinta alla rassegnazione, all’accettazione supina di un arbitrio. Negli anni abbiamo imparato a conoscere il personale di cui si serve il premier per le sue malefatte. Si tratta di gente che in cambio di denaro e poltrone si è venduta dignità e reputazione. Sono gli eunuchi del sultano, manutengoli sazi e appagati ma con il cruccio che non tutti siano ridotti come loro. Per esempio. Ci sono dei giornalisti che vogliono raccontare le risate degli sciacalli del terremoto o come un senatore si è venduto ai boss o l’affaire di un ministro a cui comprarono la casa sul Colosseo? Spezziamogli la penna, mettiamogli paura finché si convincano che l’unica informazione possibile in questo Paese è quella autorizzata dall’alto.
Naturalmente, è una violenza che non può essere accettata. Naturalmente, se la legge infame passerà, assieme ai tanti giornalisti liberi che ancora ci sono, noi del “Fatto” ricorreremo a tutte le forme possibili di disobbedienza civile. Lo diciamo ai nostri lettori ed è bene che lo sappiano gli eunuchi di Palazzo: non gli daremo tregua. Se per una fotografia c’è chi si fa ammazzare, per una notizia si può anche rischiare un po’ di galera.
LEGGI
Il bavaglio è al rush finale di Antonella Mascali e Sara Nicoli
Mauro: 'Adesso si muovano le grandi firme' di Silvia Truzzi
Intercettazioni: così il Fatto si opporrà al bavaglio di Peter Gomez
Da il Fatto Quotidiano del 20 maggio