Pdl nel caos. I big: questo pasticcio ci costerà molto caro Il premier ora teme contraccolpi sulle intercettazioni e anche sull'iter del lodo Alfano.
HUNTSVILLE - Arriva in sala stampa con l'umore sotto i tacchi, stanco e teso. I boschi di Muskoka, le marmotte davanti al cottage, nulla lo può distogliere dall'incendio che da due giorni divampa in Italia sul caso Brancher. Silvio Berlusconi si aspetta la domanda sullo scontro con il Quirinale e l'accoglie con gelido distacco: "Ripeto quanto detto ieri dal mio portavoce Paolo Bonaiuti: nessun commento di nessun tipo". Del resto, il premier aveva con puntiglio chiesto ai giornalisti "attenersi ai temi del vertice, trascurando le nostre piccole questioni nazionali". Anche la vicenda Brancher una piccola questione? "Esattamente", taglia corto il Cavaliere. Il problema sollevato da Napolitano, sembra intendere, non merita che il silenzio. Così, quando il cronista di questo giornale gli chiede un commento sulla dura nota del Quirinale sul neoministro Brancher, a Berlusconi scappa la pazienza: "Io potrei rispondere in maniera fantasiosa, come fantasiosi sono di solito gli articoli di Repubblica che mi riguardano: completamente infondati".
Ecco, il presidente del Consiglio prova ad aprire un ombrello per ripararsi dall'uragano di Roma. Raccontano che per davvero Berlusconi abbia provato ad isolarsi completamente dall'Italia. Provano a chiamarlo il capogruppo Fabrizio Cicchitto, ci prova Sandro Bondi, Ignazio La Russa, Denis Verdini, ministri vari. Ma il premier risponde solo a Gianni Letta. Per la prima volta non sa cosa fare. "Brancher non può dimettersi - ragiona - perché daremmo ragione a quelli che ci attaccano. Né può avvalersi del legittimo impedimento, altrimenti sembrerebbe che vogliamo fare la guerra a Napolitano". L'unica soluzione è quasi obbligata: rinunciare allo "scudo" offerto dalla legge.
Questo il "consiglio" che il premier invia al neoministro, sapendo di chiedergli molto. Il rischio tuttavia è che, insieme con Brancher, crolli il castello che Berlusconi sta mettendo in piedi per ripararsi dai magistrati: dal lodo Alfano al provvedimento sulle intercettazioni. Come confida amareggiato un capogruppo del Pdl, "con questa storia (e cioè il pasticcio-Brancher-ndr) stiamo sputtanando quindici anni di battaglie garantiste".
Ma c'è di più. Perché il premier non si preoccupa solo per l'attacco delle opposizioni, la mozione di sfiducia contro Brancher, il rapporto sfregiato con il Quirinale. Il fatto è che si sente "tradito" dai suoi stessi alleati. Umberto Bossi, dicono i suoi, "l'ha lasciato con il cerino in mano". È tutto il partito a ribollire e Berlusconi lo sa. Lo sfogo di un ministro del Pdl riassume l'umore da fine impero che si respira in queste ore: "Berlusconi e Bossi sono stati ingannati sul caso Brancher. Da chi? Si sono mossi Calderoli e Brancher, sotto la regia del loro Lord Protettore".
L'identità di questo "Lord Protettore" non è un mistero, visti gli stretti rapporti di Calderoli e Brancher con Giulio Tremonti. In questo clima di sospetti anche il premier, per la prima volta, viene messo sotto accusa: si sarebbe lasciato "abbindolare" dalla cosiddetta "triade" (appunto Tremonti-Calderoli-Brancher). Gli rimproverano di non aver informato nessuno di cosa si stava preparando, lasciandosi andare a una gestione "frettolosa e disastrosa" delle deleghe del neo-ministro. Sullo sfondo si anima la guerra delle correnti, con gli ex forzisti che si oppongono alla richiesta di aprire davvero il tesseramento per il timore di essere cannibalizzati dagli ex An. Una guerra di tutti contro tutti, da cui il premier vorrebbe tenersi il più lontano possibile. Ma l'incendio impone di tornare a Roma e, per questo, pare destinata a saltare la tre giorni ad Antigua che il Cavaliere si era riservato alla fine del tour americano. Non lo rincuora nemmeno il calcio. "Nessuno parlato della nostra eliminazione - dice - anche perché eravamo in due a soffrire: io e Sarkozy".
http://www.repubblica.it/politica/2010/06/27/news/berlusconi_brancher-5186534/?ref=HREA-1