venerdì 26 novembre 2010

Sentenza Dell’Utri: Fininvest pagava il pizzo Ma da Confindustria non arrivano sanzioni. - di Marco Lillo


Emma Marcegaglia
ha un problema. Anzi due. Il padrone del gruppo più importante della sua associazione di categoria, Silvio Berlusconi, e il vicepresidente di Confindustria Fedele Confalonieri. La coppia ha pagato il pizzo per venti anni, lo ammette e soprattutto non racconta a chi l’ha versato e perché.

La questione è spinosa. Soprattutto perché Emma Marcegaglia ha contraddistinto la sua presidenza con un forte impegno antimafia con lo slogan: “Espulso da Confindustria chi non denuncia il pizzo”.

Sotto la sua presidenza è stato approvato il nuovo codice etico che recepisce il regolamento della Confindustria siciliana ove si legge: “Le aziende associate e i loro rappresentanti riconoscono fra i valori fondamentali della Confindustria Sicilia il rifiuto di ogni rapporto con organizzazioni criminali, mafiose e con soggetti che fanno ricorso a comportamenti contrari alle norme di legge e alle norme etiche per sviluppare forme di controllo e vessazione delle imprese e dei loro collaboratori e alterare la libera concorrenza. Gli imprenditori associati adottano quale modello comportamentale la non sottomissione a qualunque forma di estorsione, usura o ad altre tipologie di reato poste in essere da organizzazioni criminali e/o mafiose. Gli imprenditori associati sono fortemente impegnati a chiedere la collaborazione delle forze dell’ordine e delle istituzioni preposte, denunciando direttamente o con l’assistenza del sistema associativo, ogni episodio di attività direttamente o indirettamente illegale di cui sono soggetti passivi. La verifica dell’uniformità a tali comportamenti che integrano il codice etico è demandata ai Collegi dei Probiviri – costituiti da Confindustria e da tutte le Associazioni aderenti – che determineranno l’applicazione delle sanzioni statutariamente previste”.

Tra le sanzioni in questione rientrano la censura e nei casi più gravi, come Emma Marcegaglia ha più volte sottolineato nelle sue dichiarazioni ai giornali, l’espulsione.

Già erano note le telefonate nelle quali Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri commentavano con l’attuale vicepresidente di Confindustria le minacce estorsive di Mangano. In quelle telefonate Silvio Berlusconi rivendica la scelta di pagare il pizzo.

Ora però pure i giudici della Corte di appello di Palermo, che hanno condannato Dell’Utri a sette anni di carcere per fatti di mafia, confermano che i pagamenti ci sono realmente stati. Che cosa farà dunque Confidustria?

Lo abbiamo chiesto a Emma Marcegaglia. Ecco come è andata.



“Il Gruppo Berlusconi, secondo i giudici di appello di Palermo, ha pagato il pizzo alla mafia. Cosa dice Confindustria? Pensate di espellere il gruppo Fininvest?”

“Questa è una cosa che dovranno decidere i magistrati, la nostra è un’azione diversa. Quando c’è una decisione presa, effettiva, allora noi si va nella direzione dell’espulsione. Ma non mi sembra che siamo in questa condizione. Saranno i magistrati a decidere”.

E quando abbiamo ribattuto:
“Quindi questa regola vale solo per i piccoli imprenditori palermitani?”. Il portavoce ha detto: “Ora basta”.

L’imbarazzo insomma è evidente. Anche perché almeno il contenuto delle intercettazioni è inequivocabile.

Vediamone qualcuna.

Nel 1986, dopo aver subito un attentato alla casa milanese di via Rovani, in una telefonata a tre (ascolta l’audio) con Confalonieri e Dell’Utri, Berlusconi spiegava: “Stamattina gliel’ho detto anche ai carabinieri……gli ho detto: “Ah, si? In teoria, se mi avesse telefonato, io trenta milioni glieli davo!” (ride). Scandalizzatissimi: “Come, trenta milioni? Come? Lei non glieli deve dare che poi noi lo arrestiamo!”. dico:”Ma no, su, per trenta milioni!” (ridono)”.

E nel 1988, dopo aver subito minacce di morte contro il figlio Piersilvio, ribadiva il suo proposito all’amico Renato Della Valle: “Ma io ti dico sinceramente che, se fossi sicuro di togliermi questa roba dalle palle, pagherei tranquillo, così almeno non rompono più i coglioni”.

Emma Marcegaglia chiede però una decisione “presa ed effettiva” dei giudici prima di intervenire. E non importa se in altri casi Confindustria si è mossa anche prima del passaggio in giudicato delle sentenze.

Ecco il passaggio sul pizzo pagato da Fininvest, estratto dalla sentenza d’Appello del processo Dell’Utri. Una sentenza che in Cassazione verrà discussa solo per gli aspetti di legittimità e non di merito.

Inchiesta riciclaggio, perquisizioni all'Enav Indagata anche moglie presidente Finmeccanica.




ROMA - Perquisizioni sono in corso a Roma negli uffici dell'Enav nell'ambito dell'inchiesta sul maxi riciclaggio svolta dalla Procura di Roma che ha coinvolto alcune società telefoniche.

Si stanno eseguendo perquisizioni nelle sedi dell'Enav e nelle società che hanno ricevuto appalti da parte dell'ente. L'operazione è svolta dai carabinieri del Ros e dalla Guardia di Finanza. Le indagini condotte dalla Procura di Roma puntano ad accertare eventuali fatti di corruzione e frode fiscale.

Nell'ambito dell'inchiesta su presunti fatti di corruzione e frode fiscali sono indagati il presidente dell'Enav Luigi Martini, l'ad dell'ente Guido Pugliesi, la responsabile della Selex sistemi integrati, Marina Grossi, moglie del presidente di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini, e Lorenzo Borgogni, manager di Finmeccanica (indagato per il suo ruolo in una delle società perquisite).

L'inchiesta sull'Enav si intreccia anche con quella su Finmeccanica, indagine questa che verte su una presunta attività di riciclaggio che ruota attorno all'acquisizione della società Digint da parte di Gennaro Mokbel. In particolare su Enav la Procura di Roma ha aperto due fascicoli ed entrambi configurano l'ipotesi di falso in bilancio. Un fascicolo è al vaglio del pm Emanuele Di Salvo e sarebbe stato aperto dopo le dichiarazioni di un ex dipendente dell'Ente: l'attività degli inquirenti si sarebbe concentrata sull'acquisizione da parte dell'Enav del ramo di azienda Vitrociset, gruppo specializzato in sistemi elettronici e informatici civili e militari. Il secondo fascicolo è affidato al pm Paolo Ielo e configura anche l'ipotesi di violazione di norme tributarie.

ENAV, MASSIMA COLLABORAZIONE A MAGISTRATURA - In merito all'acquisizione di documentazione da parte dei Carabinieri del ROS e della Guardia di Finanza di questa mattina presso le sedi di Enav e della sua controllata Techno Sky, l'Ente informa che "sta fornendo la massima collaborazione all'Autorità Giudiziaria per consentire la più rapida e completa raccolta della documentazione richiesta e utile alla definizione dell'indagine, peraltro in parte già spontaneamente consegnata nei giorni scorsi, confidando pienamente nell'operato della Magistratura". Naturalmente ENAV assicura altresì la piena operatività dell'azienda e dei suoi servizi. Lo si legge in una nota Enav.

INDAGATO ANCHE DIRIGENTE FINMECCANICA - Nell'ambito dell'inchiesta su Enav risulta indagato anche Lorenzo Borgogni, manager di Finmeccanica. Borgogni però è indagato per il suo ruolo in una delle società perquisite oggi. Gli investigatori del Ros e della Guardia di finanza hanno ispezionato anche l'ufficio di Lorenzo Borgogni, direttore centrale relazioni esterne di Finmeccanica. "La posizione di Borgogni è da mettere in relazione alla sua presenza in una società raggiunta dagli accertamenti", spiegano fonti inquirenti. Il manager è indagato per reati fiscali.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2010/11/26/visualizza_new.html_1677153238.html


Un privilegio a vita che si matura in tre anni lo Stato paga oltre 3mila vitalizi


Sono oltre tremila i parlamentari che godono di un vitalizio, esclusi gli oltre mille vitalizi di reversibilità versati ai familiari degli eletti scomparsi. Con assegni che vanno da un minimo di 2427 euro per le reservibili a 9.947 euro lordi mensili. Complessivamente gravano sulle casse dello Stato per circa 130 milioni annui. Ovviamente i numeri aumentano a ogni nuova legislatura, perché per maturare un vitalizio bastano 30 mesi sugli scranni parlamentari. Cioè 2 anni, 6 mesi e un giorno. Fino agli anni novanta era sufficiente un solo giorno di permanenza in carica.

Inoltre, sempre dal 1997, l’età pensionabile è stata portata a 65 anni, ma si abbassa a 60 per chi è in carica da più di cinque anni. Ovviamente chi prima di essere eletto ha già aperto una posizione previdenziale, si vede aggiunta quella parlamentare. Fece scalpore il caso di Toni Negri, che ebbe un duplice vantaggio: nel 1983, leader di Potere operaio detenuto per associazione sovversiva e insurrezione armata contro i poteri dello Stato, venne inserito da Marco Pannella nelle liste dei Radicali per garantirgli di tornare in libertà; eletto in Parlamento Negri dopo poche settimane si diede alla latitanza in Francia senza farsi vedere a Montecitorio dopo le prime sedute, maturando comunque un vitalizio di oltre 3mila euro mensili che percepisce tutt’ora.

Diritto che ha anche Valter Veltroni. L’ex sindaco di Roma è un deputato in pensione da quando ha 51 anni. Consigliere comunale dal 1976 e deputato dal 1987, Veltroni ha maturato preso i 23 anni di contributi necessari per maturare un vitalizio mensile di 9 mila euro lordi che ogni mese riceve dalla Camera. Ma ha sempre dichiarato di versarli in beneficenza alle popolazioni africane.

Di casi simili ce ne sono parecchi tra gli oltre tremila che ricevono il vitalizio. Complessivamente sono 2.238. 1.377 ex deputati e 861 ex senatori. A questi vanno aggiunte le 1.064 reversibilità, per un totale di 3.302. Escluse, come detto, le reversibilità pagate ai familiari di parlamentari scomparsi, stando agli ultimi dati resi noti da Palazzo Madama e Montecitorio. Non stupisce dunque che in pochi siano disposti a farne a meno. Del resto c’è la crisi.



La casta non rinuncia al vitalizio. - di Dino Amenduni


I 498 parlamentari che hanno detto no.


Il 23 ottobre 2010 il deputato dell’Italia dei Valori Antonio Borghesi ha chiesto di prevedere la soppressione immediata di ogni forma di assegno vitalizio per i deputati in carica e per quelli cessati dal mandato parlamentare e, contestualmente, ha chiesto ai deputati di comunicare all’amministrazione della Camera l’ente o l’istituto di previdenza al quale devono essere trasferiti i contributi da loro versati per l’erogazione dell’assegno vitalizio.

Questo è il resoconto della votazione, disponibile sul sito OpenPolis.

Per la cronaca, in ventidue hanno votato a favore (tutti dell’Italia dei Valori), in 498 si sono dichiarati contrari (appartenenti a tutte le altre forze politiche presenti in Parlamento). Cinque parlamentari si sono astenuti, 50 erano assenti, 53 in missione.

Questo è il voto dei deputati, uno per uno.


giovedì 25 novembre 2010

Pluralismo tv, sfiduciamo Berlusconi in Parlamento.




“Votino quello che gli pare, tanto da qui non me ne andrò”, più o meno con queste parole l’attuale direttore generale della Rai e la sua piccola compagnia di giro di ferventi berlusconiani ha liquidato il clamoroso voto con il quale la stragrande maggioranza dei giornalisti lo ha sfiduciato; per non parlare delle decine di miglia di cittadine e di cittadini che hanno voluto partecipare all’iniziativa promossa da Valigia Blu, da articolo 21 e da Reporter senza rete.

Le stesse parole le ha usate, anticipatamente, nei confronti delle mozioni sul pluralismo informativo, presentate da diversi gruppi e che saranno votate questa settimana.
Una sorta di “Me ne frego anticipato”, una ricercata esibizione di toni muscolari per segnalare al presidente del consiglio il comune disprezzo per le istituzioni e per la democrazia parlamentare.
Eppure quei modi e quei toni nascondono la paura per un pronunciamento che, comunque vada, non sarà indolore per l’attuale gestione del servizio pubblico.

Per la prima volta, da decenni a questa parte, si profila la possibilità che si formi, dentro il Parlamento, una maggioranza capace di battere Berlusconi dentro casa sua, nel cuore del conflitto di interessi.
Le opposizioni si sono ritrovate tutte, anche questa è una novità, attorno ad un testo, elaborato tra gli altri da Roberto Zaccaria, da Roberto Mastroianni, da Elda Brogi: da sempre collaboratori di articolo 21. La mozione non si limita a criticare l’attuale gestione della Rai, ma si propone di allineare l’Italia agli altri paesi europei in materia di conflitto di interessi, di legge anti trust,di autonomia della Rai dai governi e dai partiti.

Il testo presentato da Futuro e libertà chiede invece, tra le altre cose,la nomina di una autorità garante che vigili sulla corretta applicazione da parte del servizio pubblico delle disposizioni in materia di pluralismo politico. Nelle premesse e nel testo della mozione non sono certo sottaciute le polemiche con il direttore generale e con il Tg1.
Non ci vuole un particolare acume per comprendere che bisognerà produrre il massimo sforzo per arrivare alla approvazione di entrambe le mozioni, lasciando da parte protagonismi e desideri di visibilità politica e mediatica.

Da parte nostra, che pure siamo i primi firmatari della mozione delle opposizioni unite, non avremmo e non avremo esitazione alcuna a far convergere i consensi anche attorno alla proposta di futuro e libertà; sarebbe comunque un evento straordinario e lo sarebbe per due ragioni.
La prima riguarderebbe il futuro della Rai che, in presenza di una mozione approvata, potrebbe rapidamente essere liberata dai molestatori che la stanno insidiando e portando a morte industriale.
La seconda, di sapore squisitamente politico, perché con un simile voto, per la prima volta, si sancirebbe l’esistenza di una possibile maggioranza che, sulle questioni istituzionali, avrebbe manifestato il coraggio di ribellarsi agli ordini del piccolo Cesare.

Non sappiamo come andrà a finire, siamo tuttavia orgogliosi, come associazione, di aver contribuito, come ci ha sempre stimolato a fare il nostro presidente Federico Orlando, a determinare uno schieramento ampio, unitario, potenzialmente maggioritario.
Vedremo quale sarà il voto finale, chi resisterà, chi si sfilerà, chi si fingerà malato, comunque andrà sarà crollato quel muro che, sin qui, persino con maggioranze di centro sinistra, era sempre riuscito ad impedire che questi temi assumessero il rilievo strategico che pure avrebbero dovuto avere.

Per quanto ci riguarda non solo ci impegneremo perché la Camera dei deputati arrivi ad esprimere un voto di maggioranza, ma anche per chiedere che, subito dopo, sia finalmente messa all’ordine del giorno la discussione dei progetti di legge relativi al conflitto di interesse e alla riforma dei criteri di nomina delle autorità di garanzia e del consiglio di amministrazione della Rai, criteri che affidano ai partiti e solo ai partiti il diretto controllo di quelli che dovrebbero essere gli arbitri, con i risultati che tutti hanno la possibilità di verificare. Forse, su questa strada, non ci seguirà più Futuro e Libertà, ma guai a ripetere il gravissimo errore già commesso di archiviare il tema, di rinviarlo a tempi migliori. Quei tempi non arriveranno mai, se anche la prossima campagna elettorale dovesse svolgersi non solo con la stessa legge elettorale, ma anche con la stessa disparità nell’accesso ai media tra le diverse forze politiche e sociali.

Per queste ragioni non bisognerà fermarsi, e noi di articolo 21 non lo faremo, anzi chiederemo a tutte le forze politiche disponibili di formare un coordinamento, di unificare le proposte, di esercitare una azione congiunta sulle autorità di garanzia affinché, in caso di elezioni, svolgano davvero il ruolo di arbitri, intervenendo duramente durante la campagna elettorale e non dopo, a giochi fatti e a truffe consumate. Per questo vi chiediamo di firmare l’appello “Tutti con tutti”, che porteremo anche alla tante manifestazioni programmate nei prossimi giorni, a cominciare da quella del Cgil fissata a Roma per il prossimo 27 novembre.

Da qui alle elezioni, se e quando ci saranno, saremo ossessivi, anche e soprattutto con noi stessi, affinché questi temi, che poi sono l’essenza di una democrazia parlamentare e della nostra Carta costituzionale, restino centrali nella elaborazione e nell’azione delle opposizioni, affinché non si ripetano gli errori e gli orrori del passato che tanta parte sono stati e sono del disastro politico, culturale, sociale ed etico che ci circonda e ci ammorba.

Giuseppe Giulietti



Può esistere una filosofia materialista? - di Viviana Vivarelli


La Levi Montalcini, che è una scienziata materialista, ha detto una volta che il pensiero è un epifenomeno (cioè un prodotto secondario) del cervello, così come il sudore è un prodotto secondario della pelle. Ha senso questa affermazione?

Il primo punto, che può essere convalidato da uno scienziato atomico, è che la materia non esiste. Se la esamini con la fisica nucleare arrivi a particelle subatomiche prive di massa, peso, visibilità e materia. Nessuno ha mai visto un elettrone, si ipotizza che esista perché in una camera a bolle il suo passaggio viene registrato come un’onda. A livello nucleare la materia scompare, abbiamo solo un movimento .Per uno scienziato nucleare la materia è energia esattamente come il pensiero. Possiamo dire al massimo che esiste energia addensata e visibile e non addensata e invisibile. Ma questo è il pensiero induista che distingue energia grossolana da energia sottile.
E’ assurdo dire che non esiste un pensiero a sé stante ma esiste solo il cervello.
Il cervello è uno strumento come lo è il telefono, noi ‘usiamo’ il telefono, ma non ‘siamo ‘ il telefono? ‘Usiamo un’auto, ma non ‘siamo’ un’auto.
Allo stesso modo ‘usiamo’ il cervello, non ‘siamo’ il cervello.
Un infartuato muore sul tavolo operatorio, la sua mente ‘si stacca’ dal corpo e vede dall’alto se stesso, la stanza, i medici, può perfino passare nella stanza accanto, vede sopra gli armadi o sul tetto.
Io sono svenuta per la rottura di un menisco e la mia mente è saltata fuori dal corpo e ha visto la scena dall’alto, non sentivo più dolore, vedevo il mio corpo steso a terra con gli occhi chiusi, la gente che accorreva, qualcuno che cercava di farmi rinvenire. Poi sono tornata dentro.

Di queste esperienze di mente staccata dal corpo ne ho avute moltissime per 29 anni. Ora non più. Pertanto posso dire, ma l’asserzione vale solo nell’ambito della mia esperienza, che la mia mente sta ‘usando’ il mio corpo e sta ‘usando’ il mio cervello ma non è la stessa cosa di quelli. Io so che può esistere fuori del corpo, così come so che io posso esistere anche se scendo di macchina. Posso vedere, sentire, udire, percepire anche fuori dal mio corpo, certo le mie percezioni sono po’ diverse da quelle ordinarie, per es. posso vedere dentro le cose (endoscopia) o come in una cianografia nei minimi dettagli, o solo secondo crete frequenze cromatiche e posso spostarmi in tempo reale da un punto all’altra dello spazio o in strani spazi che non somigliano a questo.
Per tutto questo affermo che la Montalcini ha detto una boiata. Ma, ovviamente, ciò vale all’interno di una sicurezza che mi proviene da una esperienza allargata. Se uno non ha mai conosciuto una tale esperienza, ha diritto di affermare anche, se gli va, che tutto è ed è solo materia. Io ho il mio pieno diritti di contestarlo, ma non glielo posso dimostrare.

http://masadaweb.org/2010/11/25/masada-n%C2%B0-1226-26-11-2010-la-speranza-nel-buio/



Dragomiro Bondev. - di Marco Travaglio




Noi l’avevamo detto in tempi non sospetti: lo stiamo perdendo. Troppo gracili le spalle implumi di James Bondi per sopportare, da sole, il peso schiacciante del Cainano. Se a ciò aggiungiamo due o tre famiglie da sistemare, per citare solo le sue e non parlare di quelle del capo, che sono legione, dimenticando pure la Casa dei Gladiatori comunisti che decide proditoriamente di franargli in testa proprio adesso, il quadro è (quasi) completo.
Immaginiamo la scena. È una torrida giornata di fine agosto e lui, il Pallore Gonfiato, boccheggia esausto nel suo ufficetto interno alla villa di Arcore con vista sul mausoleo e sulle scuderie di Mangano senza cavalli. Suda copiosamente, al solo pensiero della fatica che ha fatto a sistemare l’ex marito e il figlio della fidanzata, Manuela Repetti da Novi Ligure, che lo segue come un’ombra in ogni dove e non si contenta mai. Per l’ex marito Fabrizio Indacos’è inventato una consulenza al ministero da 25 mila euro l’anno, nel misterioso ma affascinante ramo “Teatro e moda” (come dire “Trigonometria e turaccioli” o “Filosofia e branzini”). Per il pargolo acquisito, laureando in Architettura, ha racimolato un posto al Centro sperimentale di cinematografia con distacco alla Direzione generale cinema. Restava il restauro del teatrino di Novi Ligure, difficile da finanziare visti i tagli feroci ai bilanci: ma alla fine 2 milioncini saltano fuori anche per quello.

Il ministro della Cultura a sua insaputa si congratula con se stesso e sta quasi per emettere il primo respiro dopo mesi di apnea, quand’ecco materializzarsi una nuova emergenza:Dragomira Bonev detta Michelle, una virago bulgara alta un metro e ottanta. L’amico Silvio, noto talent scout (ha scoperto persino Ruby Rubacuori), le ha promesso il Leone d’oro al Festival di Venezia e lei, produttrice dell’imperdibile film Goodbye Mama in simbiosi con Raicinema (e con chi se no?), ci ha creduto. Del resto nel 2003 lui le promise il ruolo di opinionista al Dopofestival di Sanremo e, fra lo stupore generale, lei l’ottenne. Idem per il libro pubblicato da Mondadori (opera prima e, si spera, unica) e per la fiction La bambina dalle mani sporche. Ora però l’affare s’ingrossa. Quando James chiama il direttore generale Borrelli per il nuovo editto bulgaro, questi se lo fa ripetere due o tre volte. Mission impossible. Escluso a priori che la giuria presieduta da Quentin Tarantino possa premiare Dragomira, non sapendo proprio chi sia, si tenta con il “lei non sa chi è lei”: “La ragazza è molto cara al premier bulgaro”, antipasto di “la ragazza è la nipote di Mubarak”. Ma non attacca. Allora si passa al piano B: inventare un premio inesistente, come le patacche napoletane. Un incaricato, distolto magari dalle crepe di Pompei, si fionda in una bottega romana di coppe e medaglie e, raccomandando il più assoluto riserbo, commissiona in tutta fretta la targa farlocca con logo dell’Ue (ovviamente ignara di tutto) e del ministero dei Beni culturali. Epigrafe altisonante, una supercazzola improvvisata lì su due piedi: “Premio speciale della Biennale nel 60° anniversario della Convenzione europea sui diritti umani” ecc. Resta da allestire la finta premiazione, dinanzi a un folto e finto pubblico e alla finta stampa con finti flash e finte telecamere.

Roba da “Totòtruffa”. Un gioco da ragazzi, anche perché a far numero viene paracadutato un cargo di ministri (Galan e Carfagna) ed europarlamentari last minute. Per il resto comparse, tra cui 32 bulgari Doc aviotrasportati e alloggiati al Cipriani. La Bonev è soddisfatta: crede davvero di aver vinto a Venezia, l’amico Silvio si congratula al telefono. Tutto è bene quel che finisce bene. Almeno fino a ieri, quando il governo di Sofia smentisce ogni coinvolgimento e assicura che ha fatto tutto Bondi. Anche i bulgari hanno una dignità e non vogliono aver nulla a che spartire con l’Italia. Si sfiora la crisi diplomatica con uno dei pochissimi paesi che ancora mancavano alla collezione. E lui, Dragomiro Bondev, solo ed esausto, a spalare. Altro che sfiducia: il premio “Diritti umani” dovrebbero darlo a lui.
(Striscia di Fifo)

Segnalazioni

Bondi e l’attrice del Caimano: “Deve vincere il Leone d’oro" - di Malcolm Pagani dawww.ilfattoquotidiano.it

Bondi querela Il Fatto Quotidiano e Il Corriere della Sera (Apcom, 25 novembre 2010)

http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/post/2569152.html