Intanto la Clinton sta passando settimane a tranquillizzare i leader europei incazzati contro gli USA. A ognuno dirà che è il miglior amico dell’America.
Ma restano da pubblicare 250.000 file e il danno antiamericano potrebbe aggravarsi sempre più. Ipotizzo che il suo diventerà una mission impossibile.
Curioso pensare che i 250.000 file sono contenuti in un database da 1,6 gigabyte, in una minuscola pendrive.
Verne sarebbe impazzito a immaginare una cosa simile.
Questo archivio sconvolgente è stato messo nelle mani di numero testate giornalistiche e minaccia l’impalcatura di inganni e ipocrisie di tutto il mondo, con una rottura di immagine devastante. Se l’America ha posto il suo potere sulla propaganda e sulla costruzione di una icona, quell’icona sta andando in pezzi.
100.000 persone lo possiedono. 100.000 piccoli Davide contro il piccolo Golia. Il che è come dire che il mondo interni può minacciare l’America.
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Per Zucconi, esperto di cose americane, la Clinton è da compassionare. Aveva sognato grandi cose, poi si è trovata a dover conservare la faccia accanto a un marito fedifrago e ora la obbligano a salvare la faccia di un’America che ha perduto la faccia. Dallo scorso week end ha dovuto rabbonire leader irritati e svergognati: il presidente pachistano Zardari, la presidente argentina Kirchner, la presidente liberiana Sirleaf, il ministro degli Esteri canadese Cannon, il ministro degli Esteri tedesco Westerwelle, il ministro degli Esteri francese Alliot-Marie, quello inglese Hague, l’afgano Karzai, il saudita Al-Faisal e ben due “pezzi da 90″ cinesi, il consigliere di Stato Bingguo e il ministro Jechi. Quando è arrivata a Berlusconi era talmente demoralizzata da pensare di tornare a fare l’avvocato. Era evidente la sua rabbiosa stanchezza disgustata dietro quel sorriso troppo forzato accanto a B in Kazakhstan, nel tributargli una medaglia di serietà e di credibilità alle quali, come rivelano le sue corrispondenze diplomatiche riservate, non crede.
E’ stata una via crucis di scuse e di abbracci per li così orgogliosa e forte, un calvario di rassicurazioni, di giuramenti d’amore culminato con i salamelecchi di circostanza a un uomo che le ricordava troppo suo marito e con cui deve aver pensato alla farse di Kissinger: “un diplomatico è una persona pagata per mentire a nome del suo Paese”. Da qui, il conato di nausea espresso.
“La sola differenza fra un uomo e una donna in politica – aveva detto durante la sfortunata corsa alla Casa Bianca – è che una donna impiega molto più tempo per rifarsi la faccia prima di uscire”. Ma a volte neppure il make up più sapiente riesce a nascondere le rughe della verità.