mercoledì 26 gennaio 2011

Le indagini difensive di Berlusconi ecco le carte consegnate alla Camera.



Ecco il contenuto delle indagini difensive dei legali di Berlusconi consegnato oggi alla giunta per l’autorizzazione a procedere di Montecitorio

Ore 19.11 - I camerieri del premier: “Solo un ricordo vago di Ruby”

Pur essendo stata diverse volte a Villa San Martino, Ruby non deve aver colpito molto il personale di servizio della residenza di Silvio Berlusconi visto che, ascoltati dagli avvocati del presidente del Consiglio, i camerieri raccontano di avere “solo un vago ricordo della giovane”. ”Il nome ‘Ruby’ non mi dice nulla, dovrei vederla per ricordare”, ha risposo Alfredo Pezzotti, in servizio a casa Berlusconi dal 1990. ”No, il nome non mi dice nulla”, ha assicurato anche Michele Durante, cameriere del premier dal 2003, a quanto si legge nei verbali delle indagini difensive inviati alla Camera. ”Mi sembra di sì”, ha invece detto Lorenzo Brunamonti. “Vagamente il nome ma non ricordo il viso”, ha spiegato Dafni di Boni. Tutti, poi, hanno riferito che il premier non è mai rimasto durante le cene solo con i suoi ospiti, alcuni dei quali hanno talvolta passato la notte ad Arcore.

Ore 19.06 - Caposcorta di B.: “Ad Arcore la vigilanza privata non fa un vero controllo all’entrata”
“Non c’è una vera e propria identificazione e controllo” delle persone che entrano ad Arcore per incontrare Silvio Berlusconi. “L’ingresso compete al servizio di vigilanza privato e non alla sicurezza del presidente”. Lo ha detto, nel quadro della documentazione presentata dai difensori del presidente del Consiglio, il signor Antonino Battaglia, che si qualifica come “responsabile di uno dei turni della sicurezza del Presidente, fin dal 1990″. Il caposcorta ricorda che “quando le dimore del presidente erano considerate residenze alternative a Palazzo Chigi, le identificazioni erano effettuate in modo più accurato e secondo un protocollo. Ciò accadde, mi pare, fino a dopo la metà del 2006″. Attualmente, “per quanto a mia conoscenza, l’identificazione avviene all’ingresso con contatti con la segreteria, non con controllo di documenti, ma con una lista di invitati che viene comunicata alla segreteria. Sempre per quanto mi è dato sapere, se vi sono persone sconosciute queste di solito sono sempre accompagnate da persone già note alla segreteria”. Quanto alle serate ad Arcore il caposcorta sottolinea di non aver mai veduto atteggiamenti che andassero oltre “cordialità e correttezza” e che anche nella sala-musica nel seminterrato il presidente “non rimaneva mai solo, perché c’era il personale di servizio addetto al bar e alla musica”. Tra le testimonianze portate dagli avvocati difensori di Berlusconi ce ne sono sette di rappresentanti del personale di servizio, oltre a quella del dj che realizzava la colonna sonora delle serate e del cantante di fiducia del premier, Mariano Apicella.

Ore 19.03 - Santanchè: “Mai conosciuta Ruby”
Dice di conoscere Silvio Berlusconi da “vent’anni circa” e di averlo frequentato “per ragioni politiche molte volte”. Racconta di aver partecipato a pranzi di lavoro con il premier ad Arcore e di essere stata ospite a cena tre volte: “una volta alla presenza di una trentina di imprenditori nell’estate del 2010, la seconda volta con il direttore Feltri, il direttore Sallusti, sempre nel 2010. Ricordo un’altra cena di lavoro nel 2008 con Ghedini, Storace e Berlusconi”. Ai legali del premier Daniela Santanchè spiega tutte le volte che è stata ricevuta a Villa San Martino. A quanto si legge nel verbale delle indagini difensive presentate alla Giunta per le autorizzazioni della Camera, il sottosegretario all’Attuazione del programma di governo assicura di non sapere chi fosse Ruby: “Non la conosco”. Santanchè nega di aver mai visto un locale adibito a sala musica-discoteca nel seminterrato
della villa di Arcore: “Non l’ho mai vista e non ne conoscevo l’esistenza”. In particolare, il sottosegretario dice di non aver “mai assolutamente” partecipato a riunioni conviviali con la presenza di persone di sesso femminile.

Ore 18.59 - Il Dj: “Berlusconi mai da solo con gli ospiti”
Alle cene ad Arcore, Silvio Berlusconi non è mai rimasto solo con gli ospiti. Lo ha raccontato ai legali del premier Danilo Mariani, il dj di villa San Martino, a quanto si legge nei verbali delle indagini difensive trasmessi alla Giunta per le autorizzazioni della Camera. Il premier restava da solo con i suoi ospiti in discoteca?, hanno chiesto Niccolò Ghedini e Piero Longo. “No, sempre insieme a me, al personale di servizio e agli ospiti”, ha risposto Mariani. Il dj ha poi assicurato di non avere mai assistito a spogliarelli o scene di sesso, che in discoteca si beveva moderatamente: “Il drink più alcolico era a base di champagne”, ha detto. Quanto a Ruby, ha poi spiegato, “associo questo nome a una ragazza mora, alta, di età intorno ai 20-23 anni”.

Ore 18.59 - La show-girl Loddo: “B. non sapeva che Ruby fosse minorenne”
Silvio Berlusconi non sapeva che Ruby fosse minorenne, “fino a quando non fu sollecitato a intervenire in suo favore la notte in cui la ragazza fu fermata in questura lo scorso maggio”. Lo ha detto agli avvocati difensori del premier Miriam Loddo. In un interrogatorio compiuto dall’avvocato Piero Longo il 2 novembre scorso, Loddo racconta la sua telefonata al premier quando Ruby fu fermata dalla polizia: “Io fui contattata da Michelle – racconta – che mi narrò la situazione in cui si trovava la ragazza e mi chiese di informare l’on. Silvio Berlusconi di quanto era avvenuto. Io riuscii a parlare telefonicamente con il premier rappresentandogli l’accaduto e che, evidentemente, Ruby era minorenne perché la polizia chiedeva dei genitori”. Alla domanda su come reagì Berlusconi, Loddo risponde: “Rimase molto sorpreso dicendomi: ‘Ma come? In Italia si è maggiorenni a 18 anni e lei ne ha 24?”. In un altro interrogatorio svolto sempre dall’avvocato Longo il 26 ottobre, Miriam Loddo racconta di conoscere Berlusconi “da circa quattro anni” e di essere stata ospite nella villa di Arcore in “varie cene e dopocene”, compreso il periodo 2009-10. Tre gli ospiti ricorda anche Ruby, e risponde con un “assolutamente no” alla domanda se ci fossero altri ragazze che “all’evidenza” mostrassero meno di 18 anni. Quanto ai dopocena, Loddo nega che ci siano mai stati “spogliarelli parziali o integrali”, che non si è mai fatto uso di stupefacenti e, quanto agli alcolici, veniva offerto al più “un amaro o un calice di vino”. Infine l’atteggiamento del premier verso gli ospiti femminili: esso era “cordiale, educato e rispettoso”. E anche da parte di Ruby non c’è stato mai un atteggiamento “sconveniente dal punto di vista sessuale”.

Ore 18.42 - Carlo Rossella: “Mai sesso ad Arcore”
Mai sesso. Mai spogliarelli. Mai viste ragazze minorenni né, tantomeno, mai sentito parlare di una Ruby. Questo quanto riferito da Carlo Rossella il 28 ottobre scorso ai legali del premier Silvio Berlusconi, Piero Longo e Niccolò Ghedini, a quanto emerge dalla memoria difensiva presentata in giunta per le autorizzazioni della Camera.Rossella racconta che agli incontri di Arcore c’erano Emilio Fede, Lele Mora e una ventina di ragazze e, citando la sua lunga esperienza nel mondo del cinema e della tv, esclude tra queste vi potessero essere delle minorenni: “Ho un occhio esperto nel giudicare l’età delle donne”, ha spiegato Rossella ai legali del premier.

Ore 18.35 - Medico e architetto di B.: “Minorenni alle feste? Mai”
Alberto Zangrillo conosce Silvio Berlusconi dal 2002. Gianni Gamondi invece da 25 o 30 anni. L’uno è il medico curante del premier, l’altro il suo architetto. Entrambi sono tra le persone ascoltate dai legali di Berlusconi nell’ambito delle indagini difensive sul caso Ruby. Entrambi hanno dichiarato di non aver mai visto “figure femminili che all’evidenza potessero essere di età inferiore agli anni 18″, così come recita la domanda che viene loro posta da Niccolò Ghedini e Piero Longo. Come medico curante, il clinico conferma di aver preso parte più volte a cene e pranzi con il presidente, suoi familiari e collaboratori: “Di certo – racconta Zangrillo – non c’erano minori”. In sostanza, il responsabile della terapia intensiva del San Raffaele non avrebbe visto nulla di diverso da riunioni improntate a “corretto divertimento e festosità”. L’architetto Gamondi, che ne ha arredato le residenze, ricorda di aver una costante frequentazione con Berlusconi da anni e di aver più spesso partecipato a incontri conviviali, pranzi o cene a Villa Certosa che non a Arcore. C’erano, spiega, pochi collaboratori del Presidente (indica tra questi Carteri) e anche ospiti femminili, così come ragazzi e ragazze dei club a favore di Berlusconi. Un secco no è la risposta alla domanda sull’eventuale presenza di minorenni. Le cene a Villa Certosa, e quindi in Sardegna, avvenivano nei fine settimana, in occasione delle visite al cantiere di Berlusconi, insieme a collaboratori locali e suoi familiari e amici. A volte, c’erano anche ospiti femminili in quella che l’architetto sintetizza come un’atmosfera particolarmente cordiale e informale, con un padrone di casa affabile ed ospitale con tutti.

Ore 18.35 - I legali avviarono indagini difensive prima che scoppiasse il caso
Gli avvocati del premier Niccolò Ghedini e Piero Longo iniziarono a raccogliere le dichiarazioni degli ospiti delle cene di Silvio Berlusconi ad Arcore quando ancora il caso Ruby non era scoppiato sui giornali. E’ quanto emerge dai verbali trasmessi alla Giunta delle autorizzazioni della Camera. Le prime richieste di colloquio per le indagini difensive risalgono al 21 ottobre del 2010. Il Fatto Quotidiano scrisse per primo delle dichiarazioni sulle serate ad Arcore il 27 ottobre. A quella data, gli avvocati avevano già sentito 25 delle 29 persone le cui dichiarazioni sono state inviate a Montecitorio.

Ore 18.32 - Rossi (Pdl): “Nei dopo cena B. era molto stanco”
“Debbo ricordare che comunque nei dopocena il presidente era sempre molto stanco dalla lunga giornata di lavoro”. Così la deputata del Pdl Mariarosaria Rossi, nella testimonianza raccolta dai legali del premier a palazzo Grazioli il 28 ottobre 2010 e riportata nella memoria difensiva depositata oggi alla Camera. Rossi racconta che l’atteggiamento di Silvio Berlusconi nei confronti delle sue ospiti nei dopocena ad Arcore era “rispettoso, gentile”. E nega di ricordare Ruby. Nelle parole dell’onorevole del Pdl, i dopocena si svolgevano in “una sala musica e una sala teatro” di Arcore. “C’era un piccolo bar con bevande alcoliche, ma per lo più drink leggeri. L’uso di sostanze stupefacenti lo escludo categoricamente. Non si fumava nemmeno”. Berlusconi “non rimaneva mai solo con i suoi ospiti – racconta Rossi – perchè c’era sempre il tastierista Danilo, sempre un cameriere addetto al bar. D’altra parte continuavano a portargli documenti, agenzie, messaggi ed elenchi di telefonate”. Niente spogliarelli? “No mai!!”. Attività sessuali? “No”.

Ore 18.26: La show-girl Faggioli: “Ruby ci disse che era stata maltrattata”
“Si. mi ricordo che l’ho vista certamente durante una cena ad Arcore, era un’occasione particolare perché era una riunione di tipo politico, c’era senz’altro anche Nicole Minetti ed Emilio Fede e, forse, un’altra volta sempre nello stesso luogo – ha raccontato Barbara Faggioli, parlando di Ruby, in un interrogatorio condotto dai legali del premier Silvio Berlusconi – La ragazza ci aveva impietositi narrando le sue vicende personali, che era d’origine giziana, che la madre era una cantante famosa di cui ci fece vedere anche un video nella stessa serata tramite un computer. Ci disse poi che era stata maltratta dal padre, che era scappata di casa e che aveva perso i documenti. In quell’occasione ci disse anche che aveva, se non ricordo male, 24 o 25 anni. Non l’ho più rivista”.

Ore 18.19 - Polanco: “Ad Arcore niente sesso in discoteca”
Ricorda la presenza di Ruby nelle serate ad Arcore, ma assicura che quando c’era la minorenne “assolutamente non” ci sono stati “avvenimenti particolari o di natura sessuale”. Questa la testimonianza di Maria Esther Garcia Polanco, raccolta dagli avvocati di Silvio Berlusconi Piero Longo e Niccolò Ghedini e riportata nella memoria difensiva depositata oggi alla Camera. “Ruby è una ragazza molto alta, che ha detto che sua mamma era una cantante famosa egiziana e suo papà era brasiliano e che in Egitto lei stessa faceva la danzatrice del ventre – racconta Garcia Polanco – Diceva che aveva 24 anni e di essere laureata in estetica, che voleva aprire un centro estetico. L’ho vista ad Arcore una o due volte insieme ad altre persone”.
Quanto a lei, la donna dominicana dice di conoscere Berlusconi “da quasi tre anni” e di aver partecipato a serate con “Barbara Guerra, Barbara Faggioli, Emilio Fede, Puricelli, un chirurgo di cui non ricordo il nome e altre ragazze”. Nega di aver mai pensato che fossero presenti minorenni e spiega che nelle serate nella discoteca di Arcore “si canta con il karaoke, qualcuno balla e si ascolta musica”. Niente spogliarelli, niente atti sessuali o “atteggiamenti con implicazioni di natura sessuale” (“assolutamente no”). “Io sono astemia – aggiunge – Si beveva comunque poco alcool e droghe non ne ho mai viste nè sentito parlare”. L’atteggiamento di Berlusconi? “Gentile e interessato ai problemi di tutti”.

Ore 18.14 - Minetti: “Ho saputo che Ruby era minorenne solo in Questura”
“Quando sono andata in questura hoappreso con grande stupore che Ruby, la quale aveva detto a noi che aveva 24 anni, e che li dimostrava, in realtà era ancora minorenne per qualche mese”. Lo dice Nicole Minetti rispondendo ai legali del premier Piero Longo e Niccolò Ghedini nelle controindagini difensive che sono state depositate oggi in giunta per le Autorizzazioni della Camera. La Minetti racconta di aver consigliato a Ruby di recarsi in questura per sporgere denuncia a farsi dare un duplicato dei documenti che la ragazza sosteneva le evesse sottratto il padre. “Che cosa è accaduto quando è andata in questura” le domandano gli avvocati. “Mi dissero che trattandosi di minorenne avrebbero potuto rilasciarla a me come affidataria temporanea. Pur perplessa perchè la ragazza mi aveva mentito, essendo notte inoltrata e facendomi pena acconsentii alla richiesta” risponde la Minetti.

Ore 18.09 - Apicella: “Ad Arcore cene normalissime, Ricordo il nome di Ruby, ma non il volto”
“Io suonavo per cene normalissime con familiari, imprenditori e politici, e a volte anche amici”. Ad assicurarlo è il musicista napoletano Mariano Apicella, ascoltato dai difensori di Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo in un colloquio avuto il 21 ottobre 2010 a palazzo Grazioli, a quanto si legge nel verbale delle indagini difensive sul caso Ruby presentate alla giunta per le autorizzazioni alla Camera. Il cantante partenopeo (all’attivo ha scritto a quattro mani con il premier i testi delle canzoni contenute in 4 cd), dice di essere stato a villa San Martino, ad Arcore, “non sempre, alcune volte”, durante pranzi e cene organizzati dal Cavaliere nel periodo 2009-2010: “credo di esserci stato 5 o 6 volte”. A questi incontri conviviali, conferma, partecipavano anche donne, ma la composizione degli invitati non era prevalentemente femminile. Il numero dei partecipanti, dice, rispondendo alle domande dei legali, era di 10-15 persone. Quando gli chiedono se c’erano figure femminili che a suo parere dall’evidenza potessero essere di età inferiore agli anni 18, Apicella replica: “No, a parte nelle colazioni e le cene di famiglia dove c’erano i nipoti”. Apicella dice di ricordare solo “vagamente” il nome ma non il viso di una donna di nome Ruby”. Apicella ricorda alcuni ospiti: Emilio Fede, Giorgio Puricelli, Danilo Mariani “e alcune volte anche Renato Cerioli e sua moglia Licia Ronzulli”. Tra le presenze femminili ricorda “Maria Rosaria Rossi, Nicole Minetti, Barbara Guerra”. Il musicista esclude che durante questi incontri c’erano implicazioni di natura sessuale. Poi spiega di avere assistito a riunioni nella sala discoteca della villa di Arcore “in qualità di musicista”. Apicella assicura di non aver “mai” assistito a spogliarelli parziali o integrali e scene di attività etero o omosessuale nel corso del dopo cena in discoteca. Qual era l’atteggiamento di Berlusconi nei confronti delle ospiti donne, soprattutto nel dopo cena?, chiedono Longo e Ghedini. “Normale, socievole, di dialogo”, assicura Apicella.

Ore 18.03 - Guardia giurata: “Accompagnai io Ruby ad Arcore”
“Era una bella ragazza mora, con gli occhi scuri, capelli lunghi e lisci, diceva di essere di origine mista marocchina e brasiliana”. Il vigilantes privato che come guardia giurata presta servizio per la famiglia Berlusconi dal 2006, Angelo Reccia, ricorda così Karima el Marouhg, in arte Ruby, nel contro interrogatorio reso ai difensori del premier Piero Longo e Niccolò Ghedini. Nella sua versione dei fatti che ora è depositata in Giunta per le utorizzazioni della Camera, Reccia dice anche che la ragazza dimostrava circa una “ventina d’anni” e che raccontava di fare “la danza del ventre, di essere incinta, e che doveva recarsi in Brasile”. Il vigilantes esclude di avere mai consegnato a Ruby buste di denaro.

Ore 18.00 - Tesoriere di B.: “Consegnai 8500 euro”
Berlusconi un giorno, “mi pare fosse fine primavera-inizio estate di quest’anno, mi ha avvisato che mi avrebbe cercato una ragazza di nome Ruby e che potevo riceverla perché avevo bisogno di essere aiutata”, spiega Spinelli, il tesoriere di Berlusconi. Il premier, aggiunge, “spesso mi invia delle persone bisognose, da lui conosciute anche in tempi remoti” per ascoltarle e “nel caso” aiutarle “anche economicamente”. ”Ricevetti la ragazza per la prima volta nel mio ufficio sito in Milano Due e poi la vidi altre 4-5 volte”, riferisce ancora. In quell’occasione “mi chiese 5.000 euro, ma io ne avevo disponibili in cassa 3.000 e tanto le diedi”. La settimana successiva “Ruby si ripresentò e io, avendo parlato con il presidente e spiegato la necessità che mi erano state rappresentate, fui autorizzato a consegnarle ulteriori 2.000 euro”. Ruby si ripresentò un mese dopo e raccontò a Spinelli la sua “triste storia”. Disse di essere “stata cacciata di casa dalla coinquilina” e di avere avuto un litigio con lei. “In volto si notava un vistoso ematoma provocato da questa sua coinquilina”, spiega. In quel caso, anche se Ruby era arrivata senza preavviso, Spinelli si sentì “sempre autorizzato dalle precedenti indicazioni del presidente” e le diede 3.500 euro. La giovane marocchina si presentò almeno altre due volte agli uffici di Spinelli. La prima volta lui non c’era e un suo collega le diede 100 euro “per liberarsi” di lei. Ruby andò da Spinelli ancora. “Verso metà ottobre di quest’anno Rubi si è recata presso il mio ufficio senza preavviso nonostante le avessi detto di non venire”. In quell’occasione Spinelli le diede “300 euro purché si allontanasse”.

Ore 17.54 - Ruby negli atti: “Mai avuti rapporti sessuali con B.”
”Non ho mai avuto alcun tipo di rapporto sessuale con Silvio Berlusconi”. Lo ha sostenuto Karima el Marough, ormai nota come Ruby, rispondendo ai legali del premier Piero Longo e Niccolò Ghedini nelle contro indagini difensive che sono state depositate oggi in Giunta per le autorizzazioni della Camera

Ore 17.46 - Yespica: “Per me B. è figura paterna”
“Per me una figura paterna”. Così Aida Yespica ha definito il premier Silvio Berlusconi, nel verbale delle indagini difensive condotte dagli avvocati del premier e depositate alla Giunta delle autorizzazioni della Camera che dovrà decidere sulla richiesta di perquisizione degli ufficio di Giuseppe Spinelli. Nel suo racconto, Yespica assicura di non avere mai assistito, durante le serate ad Arcore, né a spogliarelli, né ad attività sessuali. La show-girl ha assicurato di non conoscere Ruby, ma ha aggiunto: ”potrebbe essere una ragazza di circa 25 anni che mi ha chiesto il permesso di farmi una foto con il suo telefonino”.

Ore 17.43 - Alfano (Pdl): Anch’io alle serate di Arcore, niente di male”
“Anche io ho partecipato a incontri, serate e cene varie a casa del presidente del Consiglio e posso dire che non è mai capitato nulla di particolare o di male”. Queste le parole del ministro della Giustizia Angelino Alfano nel corso della registrazione del programma ‘Matrix’ che andrà in onda questa sera su Canale 5 che ha come tema lo scontro tra politica e magistratura.

Ore 17.42 - La Russa (Pdl): “La fidanzata di B. è giovane e maggiorenne”
“Giovane, largamente maggiorenne,italiana, alta come lui”: è questo l’identikit della presunta fidanzata di Silvio Berlusconi fatto dal ministro della Difesa Ignazio La Russa oggi ai microfoni del programma di Radio2 “Un Giorno da Pecora”. Incalzato dalle domande dei conduttori, il coordinatore nazionale del Pdl ha svelato qualche indizio sulla donna: “L’ho incontrata, sì, l’ho vista”. Com’è? “E’ bella”. Italiana o straniera? “Italiana”. E quanti anni ha? “Non le ho chiesto la carta d’identità, è giovane”. Minorenne? “Non è minorenne, anzi è largamente non minorenne”. Santanchè, Rossi, Minetti, Manna, Pavlova, Gagliardi: per caso è una tra queste? “Ma va, ma va, non è nessuna di queste”. E fisicamente com’è? “E’ alta come lui”. E ha belle gambe? “Penso di sì”.

Ore 17.39 - I legali del premier sentono 29 persone, anche la Yespica
Carlo Rossella, Mariano Apicella, Maria Rosaria Rossi, Licia Ronzulli, Daniela Santanchè. E naturalmente lei, Ruby. Sono solo alcuni dei 29 potenziali testimoni nella vicenda Ruby ascoltati dai legali di Silvio Berlusconi. I loro racconti sono stati trasmessi alla Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera che dovrà decidere sulla richiesta di perquisizione degli uffici di Giuseppe Spinelli. Lungo dunque l’elenco dei famosi. Scontata la presenza di Lele Mora. Non c’è invece Emilio Fede. Tra le bellissime ospiti del premier sentite da Piero Longo e Niccolò Ghedini, anche Ayda Yespica, Barbara Faggioli e Nicole Minetti.

Ore 17.34 - Ruby: “Fui io a dire che ero la nipote di Mubarak”
“Quando ho conosciuto Berlusconi gli ho detto di essere figlia di una nota cantante egiziana e nipote del presidente Mubarak, che pure non avrebbe avuto buoni rapporti con mia madre”. A confermare questa versione è Karima el Marough, ormai nota come Ruby, controinterrogata dai legali del premier Piero Longo e Niccolò Ghedini.

Ore 17.33 - Mora ai legali di B.: “Conobbi Ruby ad Arcore nel 2009″
Lele Mora ha conosciuto la giovane Ruby ad Arcore nel 2009. A riferirlo è stato lo stesso agente dello spettacolo agli avvocati del premier Silvio Berlusconi che lo hanno sentito nel corso delle indagini difensive nel corso della vicenda. Mora, a quanto riferisce chi ha letto i verbali, racconta di avere visto per la prima volta la giovane a Villa San Martino nel 2009 anche se non ricorda in che mese. Una settimana dopo la giovane si presentò nel suo ufficio e gli chiese di lanciarlo nello spettacolo. Raccontò di essere egiziani e di avere 24 anni. Mora riferì poi di averla incontrata diverse volte ad Arcore e in un’occasione ha racconto di averle dovuto pagare 350 euro per un taxi. Solo in primavera di quest’anno, riferisce ancora lui stesso, Mora venne a sapere che Ruby era minorenne si arrabbiò moltissimo. La sera del fermo della giovane marocchina, un’amica gli telefonò dicendo che Ruby aveva bisogno di un avvocato. Mora allora gli spedì uno dei legali della sua agenzia. Ruby poi raccontò a Mora di essere stata ascoltata moltissime volte in procura, forse più di venti, da un magistrato che le faceva domande intime. Mora poi ha di nuovo negato che a Villa San Martino si tenessero festivi trasgressivi. “La cosa più oscena che si faceva era cantare”, ha assicurato.




A Milano arriva il cohousing, il nuovo modo di vivere in comunità. - di Eleonora Bianchini.


Il capoluogo lombardo è la prima città in cui sbarca la modalità abitativa volta a condividere spazi e servizi pur mantenendo la propria abitazione privata: dall'orto collettivo alla baby sitter in comune fino al car sharing

Pannelli fotovoltaici per risparmiare sulle bollette di luce e gas, banca del tempo per garantirsi la baby sitter gratis e palestra con bagno turco inclusi nel prezzo d’acquisto dell’immobile. Ma anche un orto per far crescere le verdure bio, la possibilità di organizzarsi con il car sharing e soprattutto la certezza di potersi fidare dei propri vicini di casa. Tutto questo e molto di più è il cohousing, la modalità abitativa volta a condividere spazi e servizi pur mantenendo la propria abitazione privata. In Italia, sebbene sia ancora agli albori, èCohousing.it la community che ha l’ha tradotta in realtà. Nata a Milano, attraverso la società di servizi Cohousing Ventures, ha curato i nuclei abitativi partecipati di Urban Village Bovisa 01e Cosycoh in città, e TerraCielo, complesso di 60 appartamenti a Rodano, pronto per l’estate 2011.

A differenza delle imprese immobiliari non chiede una percentuale sulla vendita, ma il pagamento di una quota associativa (2.500 euro per l’acquisto, 500 per l’affitto) per retribuire gli stipendi di impiegati e psicologi che seguono gli acquirenti dalla prima riunione di programmazione partecipata. E’ l’unica impresa italiana, per ora, che prima presenta il progetto di cohousing e poi raccoglie le adesioni. Il contrario di quanto fanno i gruppi spontanei, nuclei di famiglie che si conoscono ma che raramente arrivano all’obiettivo. “Dalla presentazione alle chiavi in mano passano circa due anni”, spiega Nadia Simionato di Cohousing.it. “Chi è interessato ci contatta via web e con la newsletter teniamo aggiornati sulle abitazioni in vendita o in affitto”. E le adesioni negli ultimi anni sono in aumento. “Nel 2006 abbiamo lanciato una ricerca su Internet, da cui è emerso che le esigenze di socialità e le buone pratiche della convivenza oggi sono prioritarie. In 3 settimane oltre 3500 persone hanno manifestato interesse per il cohousing”.

Un boom che riproduce modelli collaborativi del passato, attraverso la relazione con il vicino di casa con cui oggi, specie nelle grandi città, non si interagisce. “I più resistenti al cohousing sono gli over 50, che hanno già una vita stabile, figli adolescenti e non sono disposti a cambiare quartiere”, prosegue Simionato. “Le giovani coppie e i single invece cercano un grado maggiore di interazione da cui possono ricavare beneficio: tra i residenti qualcuno è disposto a fare da babysitter o a gestire un piccolo asilo nido interno e per ripagare il servizio, ad esempio, ci si organizza per fare la spesa”.

E i vantaggi della vita comune portano anche a risparmi importanti: “Nel nuovo complesso di Rodano saranno costruite anche sauna e palestra e i residenti risparmieranno sull’abbonamento. Potranno disporre di un’area verde da coltivare e per 20 anni, grazie ai pannelli fotovoltaici, dovranno pagare solo la bolletta elettrica”, aggiunge Michele Bonelli di Cohousing Ventures. “Visto che tutti si conoscono e si fidano reciprocamente non sarà necessario chiudere la porta di casa. Di solito per andare al lavoro si organizzano spontaneamente con il car-sharing e aderiscono ai gas (gruppi di acquisto solidale, ndr) per comprare biologico e accorciare la filiera distributiva”. Una vita basata su etica e sostenibilità che anche l’imprenditore che avanza il progetto deve condividere visto che non sposa la speculazione. “Le proposte che arrivano dai privati o dalle aziende sono numerose”, puntualizza Bonelli, “perché l’idea del cohousing risponde a un bisogno di fare comunità che sul mercato oggi ha più possibilità di incontrare acquirenti”.

Tuttavia i committenti possono anche essere amministrazioni pubbliche. Ma gli ostacoli sono tanti: “Alcune si sono ispirate a noi per modelli di social housing, quello che un tempo erano le ‘case popolari’ – prosegue Bonelli – Ci chiedono assistenza per progetti che prima o poi partiranno. Al momento a bloccare l’avvio sono i cavilli burocratici. E anche i grandi speculatori, dal Gruppo Ligresti al comparto edile coinvolto nell’Expo 2015, godono di un mondo di relazioni a cui non abbiamo accesso”.

E il cohousing, nonostante le economie di scala, non è sostenibile per tutti: “Qui a Rodano costa 3000 euro al metro quadro – sottolinea Bonelli – anche se i pannelli solari permettono di risparmiare 1000 euro l’anno di riscaldamento per un appartamento di 100 mq”.

Ma la strada è ancora lunga: “Il nostro sogno”, conclude, “è fare accedere i giovani e creare abitazioni in affitto con l’opzione di riscatto. Proprio come se fosse un mutuo sociale”.


Berlusconi, Freud e la strategia del bue. - Andrea Pomella.




È la sera del 24 gennaio. Berlusconi interviene a L’Infedele e definisce la trasmissione di Gad Lerner “un postribolo ripugnante”. Musil diceva che un uomo lo si comprende assai meglio dagli occhi che non dalle parole. Ma nel nostro caso, trattandosi di una telefonata, ci tocca soffermarci sulle parole (gli occhi dell’uomo, del resto, li conosciamo da un pezzo).


L’uso di alcune specifiche parole piuttosto che altre, nella fattispecie, ha una rilevanza sostanziale. Cominciamo col definire il termine postribolo. La voce deriva dal latino prostibulum, da prostare, essere esposto al pubblico, in vendita. Da cui discende il termine che indica il luogo di prostituzione, il lupanare, cosiddetto dall’antica e sempre attuale usanza delle meretrici di bassa condizione di sedere sull’uscio dei fornici per eccitare i passanti, tanto che le meretrici stesse venivano appellate come pro-stibulae. L’aggettivo ripugnante invece, come ben sappiamo, si riferisce a qualcosa che suscita un moto di ripulsa, un senso di disgusto.

Dunque, immagino che nelle case degli italiani, ieri sera, in molti avranno riso (molti altri, al contrario, avranno avuto un travaso di bile) nel sentire il premier, indagato dalla Procura di Milano per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile, usare i termini postribolo eripugnante, non per riferirsi ai presunti giochi di sesso e denaro che a detta degli investigatori si consumavano nella regia dimora di Arcore, bensì per definire una trasmissione televisiva a mio avviso tra le più serie nel desolante panorama televisivo nazionale.

In realtà non è la prima volta che il premier usa la strategia del bue (quello che se la prende con le presunte corna dell’asino) per attaccare giornalisti e avversari politici e distogliere da sé le accuse che gli sono mosse. Sono nella memoria di tutti frasi come “l’opposizione è antidemocratica” e “in Italia giornali e Tv sono in mano alla sinistra”. È qualcosa di più di un semplice negare l’evidenza, è una precisa tecnica di comunicazione – grossolana, ma a quanto pare efficace – che consiste nel rigettare le accuse in faccia agli stessi che le formulano, e farlo con una tale veemenza (diciamo pure spudoratezza) da persuadere una volta di più l’elettorato più fedele della propria assoluta buona fede. Lo stesso definire, poi, “cosiddette signore” le ospiti presenti nello studio di Lerner, rientra perfettamente nei termini di questa tecnica del rovesciamento di cui il cavaliere è maestro.

Tuttavia, che la strategia del bue non rientri in realtà in un preciso disegno o in un metodo di comunicazione, è pur sempre una possibilità (in questo senso solo gli spin doctor del premier sono a conoscenza della verità). In tal caso dovremmo chiamare in causa Freud e la “teoria dei lapsus”. La teoria freudiana dei lapsus è uno degli aspetti della teoria della rimozione, se non addirittura “la parte essenziale”. Secondo il padre della psicanalisi il lapsus non solo sarebbe la manifestazione di un desiderio inconscio, ma costituirebbe anche un canale attraverso il quale trovano sfogo pensieri e ammissioni che, altrimenti, resterebbero rimossi dalla censura.

I motivi profondi, dunque, per cui Berlusconi la sera del 24 gennaio ha definito la trasmissione di Lerner “un postribolo ripugnante”, nonostante le supposizioni sulla loro natura strategica o psicanalitica, ci rimangono sconosciuti. Quello che è certo, invece, è la tragedia di un paese che scivola ogni giorno più in basso, dal filone della commedia casareccia, alla pornografia conclamata, al trash, un abisso di cui non si intravede, nostro malgrado, ancora la fine.


martedì 25 gennaio 2011

L’avvocato Maris compie 90 anni: “Oggi in Parlamento ci sono legali servitori di B.”


Partigiano deportato a Mauthausen, ex senatore del Pci ed ex membro del Csm, Gianfranco Maris è un simbolo della sinistra milanese. “Il Pd mi fa soffrire. Il confronto nel partito è sui ruoli, non più sulle idee”

“Senza cultura e conoscenza dei fatti la nostra scelta non è libera. Siamo gregari costretti a fare quello che impongono gli altri”. Una convinzione che da sempre guida Gianfranco Maris. Simbolo della sinistra milanese, avvocato ed ex parlamentare, Maris ha compiuto ieri 90 anni. L’Aned (associazione nazionale ex deportati politici) e la Fondazione memoria della deportazione, delle quali Maris è presidente, gli hanno organizzato una festa speciale, che è stata occasione per presentare il volume Una sola voce: scritti e discorsi contro l’oblio (ed. Mimesis), un’antologia curata da Giovanna Massariello che raccoglie i testi e i discorsi di Maris sulla sua esperienza di partigiano deportato a Mauthausen. Una testimonianza che Maris porta anche nelle scuole, dove incontra ancora oggi gli studenti, per costruire una memoria che sia consapevolezza del passato. Utile in un presente in cui “ancora c’è diffidenza verso lo straniero, nazionalismo esasperato, razzismo, xenofobia”.

“Dal campo di concentramento non esci più. Ti resta dentro”, racconta Maris. Con calma prende una penna e deciso scrive ‘60’. “E’ la percentuale dei deportati italiani che a Mauthausen sono morti in 9 mesi”. L’ultima follia è del 22 aprile 1945. “La guerra ormai era finita. Tre giorni dopo Milano sarebbe stata liberata. I tedeschi ci riunirono nella piazza dell’appello e scelsero 800 persone da gasare”.

A Mauthausen Maris viene deportato nel luglio del ‘44. Si era unito ai partigiani come comandante della brigata Garibaldi, dopo essere stato ufficiale dell’esercito nella campagna in Grecia. La guerra aveva rafforzato il suo antifascismo. “Ricordo i giorni tra il 25 luglio del ’43 e l’armistizio dell’8 settembre”. Dopo l’arresto di Mussolini, il comando di reggimento gira a Maris l’ordine diBadoglio: “La guerra continua, bisogna spiegare ai soldati perché”. Racconta Maris: “Tra i miei uomini c’erano molti pastori, persone analfabete. La domanda non era perché continua, la guerra. Ma perché l’abbiamo fatta. La guerra era un’università che ti portava all’odio del disegno criminale del Fascismo”.

Dopo il ‘45 Maris si laurea in giurisprudenza e inizia la sua attività da avvocato. Tra le persone che ha difeso, Leonardo Marino. “Fui nominato d’ufficio. Lui confessò di aver partecipato all’omicidioCalabresi. Era un combattente politico che avevano fatto diventare un assassino. Mi sembrò sincero: sentiva il bisogno di liberarsi la coscienza per un delitto che non gli apparteneva. Lo difesi come uomo credibile, che diceva la verità”. I processi per cui Maris prova ancora orgoglio sono quelli in cui ha difeso operai, mondine e partigiani: “In questo caso non c’era solo la battaglia giudiziaria, ma anche l’occasione per continuare a sventolare la bandiera della libertà, dell’uguaglianza, della giustizia sociale”.

Rifarebbe l’avvocato Maris, perché ha avuto la fortuna di farlo in modo pulito. “Se il cliente pretendeva difese assurde, mi rifiutavo. Quello che gli dicevo era: ‘Io posso fare una difesa tecnica, ma lei non può negare il fatto’”. La stessa fortuna non ce l’hanno i deputati del Pdl, che si riuniscono per decidere come affrontare il caso Ruby. “Oggi in Parlamento ci sono legali a disposizione del capo. Sono utilizzati per difenderlo nelle vicende personali in cui è coinvolto. Come avvocato, invece, dovresti usare la tua professionalità in aula per fare leggi nell’interesse della collettività”. E’ questo il ruolo che Maris sente di ricoprire quando dal 1963 al 1972 è senatore per il Pci. “La corruzione c’era anche allora, tanto che poi ci fu Mani Pulite. Ma oggi la situazione è più grave. Non esiste assessore che non abbia raccomandazioni per qualsiasi appalto o consulenza”. Dal ’72 al ‘77 Maris è componente laico del Consiglio superiore della magistratura. Dal 1980 al ’90 è vice presidente del teatro alla Scala. “Su di me il partito non ha mai fatto pressioni perché Tizio venisse nominato presidente della Corte d’Appello. Né mi ha mai chiesto biglietti gratis per uno spettacolo”.

Nel Pci Maris entra prima della guerra, a 17 anni, quando frequenta la seconda liceo classico. “Fu quasi per caso. Un compagno di scuola mi presentò suo cucino e suo fratello, che appartenevano al partito comunista clandestino”. La passione politica, da allora, è sempre la stessa. Con qualche delusione negli ultimi anni. “Il Pd mi fa soffrire. Nel partito la lotta non è più finalizzata ai processi formativi della linea politica, ma all’affermazione del potere personale. Il confronto è sui ruoli, anziché sulle idee”. Niente che intacchi il suo entusiasmo. “Io i novant’anni li sento nella schiena. E basta”.




Berlusconi, blitz su La7 tra minacce e insulti.



Scatenato, senza freni. Non pago dei videomessaggi, Berlusconi irrompe all'Infedele, il programma di Gad Lerner su La7. E il soliloquio diventa pura aggressione, nonostante i tentativi di diga di Lerner, visibilmente sconcertato. "Mi hanno invitato a guardare la trasmissione. Sto assistendo ad uno spettacolo disgustoso, con una conduzione spregevole e ripugnante...".

GUARDA IL VIDEO

Inizia cosi' la telefonata che Silvio Berlusconi, a sorpresa, ha fatto alla trasmissione di Gad Lerner su La7. "State dicendo cose lontane dal vero, state rappresentando una realta' contraria al vero", e' l'attacco del premier al giornalista che, incredulo, ha invitato Berlusconi ad abbassare i toni. Ma il Cavaliere, riferendosi al 'caso Ruby', ha rincarato la dose: "Avete offeso al di la' del possibile la signora Minetti che e' persona intelligente, preparata e che ha fatto un importante apprendistato sul lavoro". Il conduttore della trasmissione ha tentato di intervenire piu' volte ma quando il Cavaliere ha accennato alle "cosiddette" signore presenti in studio Lerner ha replicato: "Lei e' anche il mio presidente del Consiglio ma ha offeso abbastanza, lei e' un cafone". Infine l'affondo del Capo del governo: "Invito la signora Zanicchi ad alzarsi e lasciare quel postribolo televisivo". Zanicchi, invece, è rimasta al suo posto. E' l'ultimo atto di una giornata folle. Iniziata con la leggina anti pm e conclusa, a tarda sera, con il blitz a La7. Un monologo violento, da despota sul viale del tramonto, che usa ogni mezzo pur di accreditarsi. Un'altra pagina nera per la democrazia.

Silvio Berlusconi lo aveva detto mercoledì scorso nel video-messaggio ai promotori delle Libertà a seguito dell'inchiesta sul caso Ruby: certi pm "vanno puniti" (GUARDA IL VIDEO). E il riferimento, non detto, era anche al trattamento riservato dai magistrati di Milano (Boccassini, Forno e Sangermano) alle ragazze invitate alle sue feste di Arcore e finite nel 'tritacarne' mediatico per la pubblicazione delle intercettazioni.

La carta da giocare, per via legislativa, il Pdl l'ha gia' trovata ed e' nei cassetti di Montecitorio. E' stata depositata alla Camera il 28 ottobre scorso, esattamente due giorni dopo l'esplodere del caso quando si seppe che il premier aveva telefonato alla Questura di Milano per far affidare l'allora minorenne marocchina al consigliere regionale della Lombardia, Nicole Minetti. Si tratta di un progetto di legge a prima firma del deputato Pdl, Luigi Vitali, e sottoscritta da altri 29 parlamentari suoi colleghi, tra cui Cirielli, Cassinelli, Lehner, che reca il titolo "Introduzione dell'articolo 315-bis del codice di procedura penale, concernente la riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni".

La proposta e' stata consegnata direttamente nelle mani di Berlusconi -che ora la sta valutando- il giorno della riunione con i deputati-avvocati del Pdl. "L'ho consegnata io al presidente- spiega Vitali- e mi ha detto che la esaminera' con attenzione. La prossima settimana la presentero' in conferenza stampa e chiedero' di esaminarla subito in commissione Giustizia".

A leggere i 5 articoli, il progetto di legge sembra proprio pensato, anche se Vitali glissa, per il caso Ruby. E, se venisse approvato dal parlamento, metterebbe un serio freno all'uso delle intercettazioni da parte dei magistrati, che potrebbero incorrere in pesanti sanzioni. I punti principali della proposta sono i seguenti: i pm e i gip non competenti territorialmente e funzionalmente non potranno piu' autorizzare intercettazioni, pena provvedimenti disciplinari stabiliti dal ministro della Giustizia. In caso di assoluzione in un processo, l'imputato, ma anche tutti i testimoni finiti nelle intercettazioni 'spiattellate' sui giornali, avranno diritto a un risarcimento di 100 mila euro, che sara' sborsato di tasca propria dai pm dopo sentenza "di responsabilita' contabile" della Corte dei conti. Ma la vera 'chicca' e' la norma transitoria che rende la legge retroattiva: avranno diritto al risarcimento anche coloro che sono stati coinvolti in indagini risalenti a 5 anni prima della sua entrata in vigore.

La proposta di legge e' stata assegnata alla commissione Giustizia della Camera il 13 dicembre scorso e attende di essere calendarizzata. Il Pdl, a quanto si apprende, dovrebbe chiedere, in un prossimo ufficio di presidenza che venga messo all'ordine del giorno.

C'e' anche un comma che sembra ritagliato apposta per le ragazze di Milano 2 in via Olgettina, quelle finite nelle intercettazioni dei pm della procura di Milano che raccontano delle feste nelle case di Berlusconi. Il risarcimento, infatti, spettera' anche a coloro che, estranei alle indagini o la cui posizione verra' archiviata, avranno visto le loro conversazioni pubblicate sui giornali. Nel testo si parla di "coloro nei cui confronti sia stato pronunziato decreto o ordinanza di archiviazione, ovvero sentenza di non luogo a procedere, nonche' in favore dei terzi, estranei alle indagini, che siano stati intercettati occasionalmente". In quest'ultimo caso, il diritto alla riparazione compete soltanto "qualora le intercettazioni siano state divulgate, in quanto il pubblico ministero non abbia disposto il loro immediato oscuramento all'atto della ricezione delle relative trascrizioni". In ogni caso, prosegue il comma, "anche a prescindere dall'oscuramento, l'avvenuta pubblicazione sulla stampa delle intercettazioni di comunicazioni telefoniche o di conversazioni deve essere valutata ai fini della quantificazione" per il risarcimento. La domanda di riparazione del danno deve essere avanzanzata entro due anni e l'entita' non potra' "comunque eccedere la somma di euro 100 mila". Inoltre, "l'ingiusta intercettazione di conversazioni tra il difensore e il proprio assistito deve essere ulteriormente valutata ai fini dell'entita'" della cifra. Ed ecco, all'articolo 2, la norma transitoria che permetterebbe di applicare la legge anche al caso Ruby: "Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore" potranno presentare istanza di riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche e di conversazioni coloro che, assolti, archiviati o estranei alle indagini ma finiti nelle cronache, sono stati oggetto "di ingiusta intercettazioni". Per loro il termine entro cui presentare la domanda diventa di 5 anni.

Ed ecco il cuore delle norme anti-intercettazioni 'punitive' nei confronti dei magistrati, contenute nella proposta di legge, a prima firma Luigi Vitali (Pdl), che attende di essere calendarizzata dalla commissione Giustizia della Camera. L'articolo 3 introduce una nuova fattispecie di illecito disciplinare modificando il Decreto Legislativo 23 febbraio 2006, quello sulla disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati. Si stabilisce che incapperanno nelle sanzioni per aver "richiesto, autorizzato ed eventualmente prorogato" intercettazioni "il pubblico ministero e il giudice per le indagini preliminari che non hanno competenza territoriale o funzionale nell'ambito di un procedimento penale". I provvedimenti disciplinari, continua la proposta di legge all'articolo 4, saranno valutati dal ministro della Giustizia e dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, anche su sollecitazione di coloro che sono stati 'spiati' ingiustamente. Se i magistrati risulteranno 'punibili', allora la Corte dei Conti promuovera' il giudizio di responsabilita' contabile nei confronti del pubblico ministero e del giudice per le indagini preliminari che hanno rispettivamente richiesto, autorizzato ed eventualmente prorogato l'ingiusta intercettazione".

In pratica, se lo Stato dovra' risarcire, saranno i magistrati a sborsare di tasca propria. Nella relazione di accompagnamento al testo, Vitali spiega: È innegabile che soprattutto negli ultimi anni vi sia stato un abuso" dello strumento delle intercettazioni "che, da un lato, e' enormemente costato alle casse dello Stato e, dall'altro, e' stato largamente invasivo del diritto costituzionale alla riservatezza nei confronti di numerosissimi cittadini che sono usciti dalle rispettive vicende dopo essere passati nel 'tritacarne' mediatico e giudiziario. Il Parlamento e' stato fino a oggi incapace di dettare una disciplina che regolamentasse la materia".



Berlusconi chiama Lerner: ''Postribolo televisivo''. Poi attacca



Durante L'infedele su La7, come già accaduto a Ballarò, il premier telefona in diretta e, dopo un breve sfogo nel quale insulta alcune delle signore presenti, difende Nicole Minetti e invita Iva Zanicchi a lasciare lo studio, attacca. Si stava affrontando il "Caso Ruby"