giovedì 31 marzo 2011

ESCAMOTAGE FRANCESE - di Fabrizio Gatti.


Il 90% dei clandestini a Lampedusa vuole raggiungere i parenti in Francia. Ma ecco come Parigi li ha fregati con la scusa dell'assistenza sanitaria

Fabrizio Gatti
Fabrizio Gatti sa cos'è un Cpt. Nel settembre 2005 è riuscito ad infiltrarsi in uno sbarco di profughi e ad entrare nel centro di Lampedusa, zona vietata agli occhi indiscreti dei cittadini e dei giornalisti. Oggi che l'isola è al collasso, con migliaia di tunisini sbarcati che sognano Parigi, abbiamo chiesto a lui di analizzare la situazione.

Cos'è cambiato dal tuo viaggio dentro al Cpt di Lampedusa ad oggi?

Quello che sta accadendo in questi giorni è qualcosa di completamente diverso perché allora avevamo a che fare con un flusso migratorio molto legato anche ai tentativi di entrare in Europa e alle chiamate per posti di lavoro in Italia e non solo in Italia. Adesso, invece, c'è un'uscita in massa di Tunisini che stanno sfruttando l'assenza di controlli lungo le coste dovuto alla caduta del regime di Ben Ali. Quindi i paragoni sono un po' difficili, anche perché allora il centro era considerato di "permanenza temporaneo", un Cpt. Adesso sono stati chiamati i Cie (centri di identificazione e espulsione). Il Cpt era un centro chiuso. Era impossibile entrarvi, tant'è vero che ho dovuto fare questa inchiesta sotto copertura con un nome finto e con un'identità finta. In questo periodo, in queste condizioni, il centro è completamente aperto al punto che è possibile entrarvi ed è possibile uscirne. Allora erano lunghi i periodi di attesa, ma credo che da questo punto di vista non sia diversa la situazione per le persone che sono arrivate: si attende che qualcosa succeda perché lo scopo del viaggio ovviamente non è Lampedusa ma è il continente europeo. Può essere l'Italia, per la maggior parte in questi giorni è la Francia e quindi si aspetta che qualcosa accada.

I tunisini arrivati a Lampedusa sono scontenti. Erano convinti di trovare "l'America", invece quasi quasi vorrebbero tornare indietro.

L'emigrazione è sempre accompagnata da miti. Lo stesso accadeva per gli italiani, tant'è vero che esiste e veniva usato anche fino a qualche anno fa l'espressione "ha trovato l'America" perché l'America era qualcosa che era tutto lustrini e successo. In realtà poi la vita degli italiani emigrati in America dalla fine dell''800 in poi è stata per la maggior parte delle persone una vita durissima. Questa è una caratteristica dei flussi migratori, per cui ci si muove richiamati dalla possibilità di trovare lavoro, da una possibilità di cambiare vita, dalla possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita per sé stessi, per le persone più vicine, per i figli, i genitori, la famiglia. E' chiaro che poi lo scontro con la realtà può essere diverso da quello che uno si aspetta, può anche essere che uno si aspetti una realtà dura. Del resto non abbiamo a che fare con degli provveduti che pensano di arrivare al Luna Park, ma sono persone che sanno di affrontare un viaggio e un futuro difficili. E' chiaro anche che la risposta dipende da in quale fase del viaggio viene posta la domanda, se la domanda viene posta nel momento in cui le persone sono ammassate da 6 giorni in condizioni estreme sotto la pioggia, in condizioni anche di scarso igiene, è chiaro che la risposta può essere negativa. Se si pone la stessa domanda ai tunisini che nel frattempo in queste ore sono arrivati sani e salvi a Parigi che era la meta del loro viaggio, magari potremmo avere quelle risposte più ottimistiche. Sicuramente dobbiamo chiederci le ragioni di queste partenze e se era possibile un percorso alternativo. In molti casi credo che per buona parte delle persone che sono arrivate a Lampedusa in queste settimane, forse la risposta è che sicuramente ci poteva essere un'alternativa a questo tipo di viaggio.

A quale alternativa ti riferisci?

L'alternativa è il viaggio regolare. Da interviste che ho fatto e che tra l'altro sono storie che usciranno su L'Espresso di venerdì, buona parte di queste persone, dei tunisini, direi un buon 90%, sono persone che hanno familiari in Francia. In qualche caso si tratta dei genitori o del padre, oppure del fratello, oppure del cugino. In Tunisia c'è una situazione di crisi dovuta alla caduta del regime. Alcune di queste persone lavoravano in Libia, e dalla Libia sono dovute scappare. Ebbene i familiari francesi hanno invitato queste persone a un periodo di attesa di tempi migliori o di ricerca di lavoro in Francia. Alcune di queste persone hanno provato a chiedere un visto per una visita familiare in Francia. Ma i consolati francesi concedono i visti ai cittadini tunisini e anche ai cittadini di altri paesi al di fuori dell'Unione Europea, soltanto dimostrando di avere un reddito molto alto e la possibilità di pagarsi l'assistenza sanitaria da soli etc. Gli stessi criteri che usa l'Italia per selezionare la concessione dei visti. Di fronte all'impossibilità di avere un visto regolare, le persone sono ricorse a questo viaggio irregolare, anche molto pericoloso per entrare in Europa. Ciò è dimostrato dal fatto che la gran parte di queste persone, una volta arrivate in Italia, scappano, escono e proseguono il viaggio verso la Francia. E' un dato che tra l'altro è ben conosciuto dal Ministero dell'Interno italiano, tant'è vero che ha trasferito queste persone in centri aperti, consigliando di chiedere asilo in Italia. Oppure facendo firmare richieste di asilo in Italia, in questo modo queste persone venivano trasferite in centri aperti e da qui potevano proseguire il viaggio. Ebbene se ci fosse da parte dei paesi europei, una maggiore attenzione alle esigenze familiari dei propri cittadini, perché spesso si tratta di cittadini, per quanto riguarda la Francia, tunisini ma che vivono in Francia da 20, 30 anni, una maggiore attenzione, avrebbe evitato la situazione che vediamo a Lampedusa. Non solo, c'è un altro aspetto, anche se crescono in Francia, ma questo accade anche in Italia, i figli una volta divenuti maggiorenni, per poter risiedere nel paese, devono avere lavoro. Per cui per un immigrato o per una famiglia di immigrati anche se sono in regola con i documenti, la possibilità di avere un figlio in casa senza lavoro, o con lavoro non regolare perché magari è saltuario o magari con uno studente fuori corso universitario fino a 30 anni, è impossibile perché dopo i 18 anni un figlio o la figlia non sono più sotto la tutela dei genitori e devono dimostrare di avere i requisiti. Come vedete questa norma può anche spingere persone a essere espulse, magari senza parlare la lingua di origine perché sono nate in Francia o in Italia e sono sempre cresciute qua. La conseguenza di questa sorta di fortezza Europa che è stata costruita, è lo sbarco a Lampedusa.



Leghista insulta deputata disabile.



Continua il diario impietoso delle sedute alla Camera. Dopo i "Vaffa", i giornali lanciati e le parole grosse proferite ai quattro angoli dell'emiciclo, arrivano anche gli insulti tributati alla deputata disabile del Pd, Ileana Argentin. All'origine dell'increscioso incidente, il rimprovero che Osvaldo Napoli del Pdl ha rivolto all'assistente dell'Argentin, reo - a suo dire - di aver applaudito il discorso di Italo Bocchino. Quando l'esponente del Pd cerca di prendere la parola per denunciare l'accaduto, un insulto pesante si leva dagli scranni della Lega: "Fate stare zitta quell'handiccapata!". "Io non ho mai strumentalizzato la mia situazione - chiarisce la deputata disabile - ma non potendo applaudire con le mie mani, lo faccio con le mani del mio assistente".

L'applauso proibito - Non c'è limite al peggio: la situazione nell'emiciclo di Montecitorio diventa sempre più insostenibile e contribuisce a diffondere un'immagine desolante della politica nazionale. Dopo le varie intemperanze registrate negli ultimi giorni, a incassare epiteti disdicevoli è stata oggi la deputata disabile del Pd Ileana Argentin. Questi i fatti: l'onorevole Bocchino ha da poco finito di pronunciare il suo discorso all'assemblea, quando l'Argentin, che ha evidentemente apprezzato i contenuti esposti dall'avversario politico, chiede al suo assistente di applaudire. Tanto quanto basta a far infuriare il pidiellino Osvaldo Napoli, che raggiunge la postazione dell'Argentin per puntare l'indice contro il suo assistente a cui dice: "Tu non ti devi permettere di battere le mani".

Onorevole barbarie - Una prepotenza che la deputata non è disposta ad accettare, tanto che chiede al presidente della Camera di prendere la parola. Ma proprio mentre sta per denunciare l'accaduto, un coro di disapprovazione si alza dai banchi della maggioranza. Tra il vociare fitto, si distingue l'insulto di un esponente della Lega , Massimo Polledri, che arriva a dire: "Fate stare zitta quell'handiccapata!". Il presidente della Camera tenta di sedare gli animi e invita il leghista a rimediare al grave scivolone, ma l'Argentin riesce finalmente a prendere parola. "Io non desidero le scuse di nessuno - precisa - Credo che lei mi conosca abbastanza per sapere che non strumentalizzo mai queste cose, ma se io desidero applaudire un mio avversario lo faccio come credo e quando credo e se non lo posso fare con le mie mani - spiega ancora l'esponente del Pd - lo faccio con le mani di chiunque".



Il ''the best of'' di La Russa: insulti e liti con tutti




Poco cervello e mai usato. Pietoso!


Rostagno, pm chiese ruolo generali L'aereonautica: e' segreto di stato.



In aula Giovanni Pampillonia, oggi alla Digos di Palermo che rivela: il sociologo incontro' Falcone. Nel '96 indago' sui misteri della comunita' Saman interrogando anche Renato Curcio


di Gianfranco Criscenti

Mauro RostagnoE adesso si scopre che c'e' il segreto di Stato su una parte delle indagini per l’omicidio di Mauro Rostagno. A svelarlo è stato oggi l’ex dirigente della Digos di Trapani, Giovanni Pampillonia, deponendo come teste in Corte di Assise, dove si celebra il processo a carico dei presunti autori del delitto: il boss mafioso Vincenzo Virga ed il killer Vito Mazzara accusato di essere l’esecutore materiale.

Il sigillo sarebbe stato posto sulla richiesta, avanzata dal procuratore di Trapani Gianfranco Garofalo, di conoscere l'incarico esatto di tre generali dell'Aereonautica all'epoca del delitto. Il teste, che all'epoca ha indagato all'interno della comunita' Saman, ha inoltre riferito il contenuto di un interrogatorio di Renato Curcio, il fondatore delle Brigate Rosse, grande amico di Rostagno, che aveva attribuito a ragioni profonde il contrasto maturato tra Rostagno e Cardella, che, a dire di Curcio, non poteva essere addebitato all'intervista rilasciata dal sociologo al mensileKing.
Della deposizione di Curcio, nelle carte del processo, non c’è traccia. Il suo nome, comunque, figura nella lista testi della difesa.

Non solo “tentativi di depistaggi riusciti” e “miopie investigative”, tanto per usare le parole dei pubblici ministeri, ma anche il sigillo del segreto di Stato. Un coacervo di ombre che rendono difficile stabilire la verità storica di un delitto ancora tutto da decifrare. L’ex capo della Digos di Trapani ha poi confermato l’esistenza di un incontro avvenuto al palazzo di Giustizia, a Palermo, mesi prima dell’agguato, tra Mauro Rostagno ed il giudice Giovanni Falcone. Di quest’incontro avevano parlato alcuni testi, ma non è stato mai trovato, finora, un riscontro. "Fu il mio ufficio a verificare – su delega della magistratura - l'esistenza di quell'incontro, attraverso il ricordo degli agenti di scorta del giudice. Naturalmente non sono a conoscenza del contenuto", ha affermato il teste. Nell’udienza di oggi è emersa un’altra circostanza inedita: Gladio avrebbe indagato sulla comunita’ terapeuticaSaman. A rivelarlo, ha detto Pampillonia, "fu il maresciallo Vincenzo Li Causi (il sottufficiale dell'Esercito responsabile della cellula Gladio di Trapani, assassinato in Somalia il 12 novembre 1993, ndr), dopo il delitto Rostagno".

Li Causi è l’uomo dei Servizi che, in Somalia, si è più volte incontrato con la giornalista del tg3 Ilaria Alpi, assassinata il 20 marzo 1994 assieme all’operatore Miran Hrovatin. Ed in Somalia si è pure recato, su invito di Cardella, dopo l’omicidio di Rostagno, un ospite della Saman: Giuseppe Cammisa. Ufficialmente avrebbe dovuto realizzare un ospedale, ma della struttura sanitaria non c’è traccia.

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=113


La farfallina di Susanna Petruni.



da giornalettismo.com un ricco memorandum sulla carriera della giornalista del TG1 Susanna Petruni, che alcune voci danno in corsa per la direzione del TG2. Dopo l’attacco di Dagospia la giornalista minaccia querela (sf)

E’ ora di farla finita. Non se ne può davvero più. Dopo il ciarpame senza pudore delle accuse rivolte al Presidente del consiglio su minorenni ed escort ora si attacca la grande professionista del Tg1 pur di far del male a Silvio Berlusconi

E’ ora di dire basta. Dopo le infamanti domande di Repubblica, tanto infamanti che non si riesce neppure a rispondere, ecco il vergognoso articolo del sito Dagospia sulla più grande giornalista italiana,Susanna Petruni. Colpita dopo aver subito l’ingiustizia della mancata nomina a direttore del Tg1, nonostante i suoi straordinari meriti professionali. Lei, che da anni segue con passione e dedizione le eroiche gesta del più grande politico italiano di tutti i tempi, che l’ha giustamente definita “la mia giornalista preferita”, trombata (pardon..) dal suo collega – indubbiamente a sua volta di grandissimo livello – Augusto Minzolini.

Ma in questa strana estate berluscoitaliana, purtroppo piove sul bagnato. La povera Susanna, mentre era pronta a ripiegare, seppur a malincuore, sulla direzione di Rai 2, è stata vigliaccamente attaccata per un gioiello a forma di farfalla che avrebbe indossato durante la conduzione del telegiornale più obiettivo e autorevole dell’universo, allietandoci le serate – come solo il Tg1 sa fare – con le fondamentali informazioni di come si passano le vacanze in Liguria, quanto sono utili le pedicure e della bontà delle ricette di Nonna Camilla da Molfetta.

Un gioiello casualmente identico a quelli che Berlusconi sarebbe solito regalare alle sue preferite, quando lo allietano con perizia, passione e gaiezza in quelle allegre festicciole a Palazzo Grazioli e Villa Certosa. La povera giornalista ha scritto una piccata replica all’infame sito internet, dicendo chesporgerà querela, e che le foto prontamente pubblicate (che stranamente nessuno ha pensato di sequestrare, forse l’avvocato Ghedini è in vacanza) sono solo uno squallido fotomontaggio.

Anche se il quotidiano La Repubblica dice di aver scovato degli spezzoni di Tg1 in cui la bella Susanna fa mostra di questo splendido gioiello farfallino, e quindi quale che sia la verità, diciamolo subito: noi di Giornalettismo stiamo con Susanna. Colpita in modo volgare nella sua dignità non tanto di donna, ma di giornalista, con quella “allusione a compiacenze” che, come ha detto lei stessa “ledono ed offendono in maniera del tutto gratuita la mia persona prima che la mia professionalità”.

Hai ragione, Susanna. E’ ora di finirla con questa volgari insinuazioni. “Ho quasi cinquant’anni e lavoro da quando ne ho venti; non credo, francamente, di aver raggiunto i miei obiettivi per motivi diversi da quelli legati alla mie reali capacità.” Brava Susanna! Le tue reali capacità professionali sono indiscusse ed indiscutibili. Lo dimostrano i tanti premi e riconoscimenti ottenuti in tanti anni di onorata carriera. Chi si è dimenticato il tuo trionfo al premio “leccapiedi d’argento”, vinto per aver tagliato la scena di Silvio Berlusconi, presidente del consiglio, che faceva le corna al vertice di Caceres dell’Unione europea e che fece il giro del mondo?

E come non ricordare il memorabile servizio di Susanna del 2 luglio 2003, quando Berlusconi davanti all’europarlamento di Strasburgo all’avvio del semestre italiano di Presidenza dell’Unione Europea, diede del kapò al tedesco Shultz (presidente del gruppo socialista) e dei turisti della democrazia a tutti i parlamentari europei, particolari che la bella e brava Susanna si dimenticò di mostrare e raccontare? Servizio che le valse le lodi pubbliche del Financial Times, che scrisse che “neppure il tg sovietico ai tempi di Breznev sarebbe riuscito a fare meglio?”

Per non parlare dello straordinario servizio di Susanna mandato in onda in occasione del discorso diBerlusconi all’Onu nel settembre 2003, nel quale la bella, brava e professionalmente impeccabile inviata del Tg1 sostituì le immagini di una platea semideserta ed annoiata con quella di una sala plaudente in standing ovation, trascurando il piccolo particolare che la scena si riferiva al discorso – avvenuto 2 ore prima di quello del nostro premier – di George W. Bush. Come non ricordare che Susanna si aggiudicò con questo capolavoro di professionalità il premio Emilio Fede 2003?

E come non ricordare l’ultima performance in ordine di tempo, ma non meno importante: la consacrazione della brava e bella Susanna, che l’ha lanciata nell’olimpo del giornalismo mondiale: iltrionfale annuncio del record di ascolti del Tg1 in occasione delle diretta sulle morti causate dal terremoto in Abruzzo. La minuziosa descrizione dei cadaveri straziati, delle lacrime dei parenti, delle dichiarazioni contrite di Berlusconi. E ad ogni morto in più l’audience saliva, e la nostra Susanna (assieme a tutti i suoi colleghi del Tg1) godeva.

Ora, con questa invenzione della farfalla, tutto rischia di venire vanificato in un attimo. Povera Susanna! In fondo, che male c’è? Il gioiello potrebbe non essere mai esistito. Una calunnia. E anche se esistesse, potrebbe essere stato regalato da chiunque, o acquistato ad una bancarella qualunque. Una calunnia. E se anche fosse stato regalato dal premier in persona, che male c’è? In questo paese illiberale un povero Presidente del Consiglio non può neppure regalare un gioiello alla sua “giornalista preferita?”

Per colpa di queste calunnie, potrebbero essere inutili i tanti anni di onorata carriera, i tanti servizi impeccabili, le virtù di cronista attenta solo ai fatti, che svolge con deontologia e coscienza il suo lavoro: informare e far conoscere la verità ai telespettatori del Tg1. Povera Susanna, donna che tiene alto il prestigio del Tg1, quello dell’Italia (e quello del suo presidente del Consiglio). Una donna di indubbio talento, una giornalista senza macchia e senza paura. Ma stai tranquilla, Susanna. Noi di Giornalettismo siamo tutti con te. E poi, nell’Italia berlusconiana, il talento viene sempre premiato. Chiedi a Mara Carfagna e a Maria Vittoria Brambilla, se non ci credi.

http://dituttounblog.com/webnews/la-farfallina-di-susanna-petruni



Al Tg2 Susanna Petruni, la “minzolina” fedele al premier.



Quando Berlusconi diede del Kapò a Schulz all'Europarlamento, lei tolse l'audio. E "si guadagnò" una citazione sul Financial Times. La sua nomina sarebbe accompagnata da una nuova infornata di vicedirettori al Tg1. Rizzo Nervo: "Il Tg1 è diventato Il Giornale, bisogna impedire che il Tg2 diventi Libero"

Sarà per il prestigio internazionale o per il gusto nella scelta dei collier? Susanna Petruni è stata ufficialmente proposta dall’ancora direttore generale della Rai Mauro Masi alla guida del Tg2. Di lei si ricorda la famosa polemica sul ciondolo farfallina – l’amuleto delle amiche del premier – che sfoggiò in un’edizione serale del Tg1 (lei disse che si trattava di un fotomontaggio) e una prestigiosa citazione sul Financial Times, in occasione di una delle migliori figure mondiali dell’Italia. Quando Berlusconi, inaugurando al Parlamento europeo il semestre di presidenza italiana definì “kapò” il deputato socialista tedesco Schulz e “turisti della democrazia” gli europarlamentari. Tutti i notiziari del globo riportarono la voce di B, tranne il Tg1. Susanna Petruni riferì le parole del premier, senza far sentire e vedere le altri parti del discorso. Il quotidiano britannico scrisse: “Neanche il telegiornale sovietico di Breznev avrebbe saputo far meglio”.

Non è da ieri che si parla di lei: si è fatto a lungo il suo nome per la direzione di Rai2, ma non era mai stato trovato un accordo all’interno del cda di viale Mazzini. Intesa che pare, all’improvviso, raggiunta. Come? I consiglieri d’opposizione, Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten lo spiegano con le altre nomine proposte da Masi: Gennaro Sangiuliano (dall’attuale ruolo di vicedirettore del Tg1 a direttore vicario), Filippo Gaudenzi, Massimo Rocchi e Giuseppe Ferraro, (caporedattore di Sky Tg24, considerato vicino alla Lega) a vicedirettori del Tg1. Più poltrone, più consensi in consiglio: il nome di Ferraro circolava con insistenza per la direzione di Rai News. Ma qui c’è un guaio: la famosa circolare “lacrime e sangue” di Masi blocca le assunzioni dei giornalisti e Ferraro è un esterno. “Faremo un esposto alla Corte dei conti”, spiega Rizzo Nervo. “Ci sono 1650 giornalisti in Rai: 51 vicedirettori di testata con incarico operativo, 18 vicedirettori senza incarico operativo – alcuni sono proprio al Tg1 – 234 capi redattori. Era davvero necessario prenderne uno dall’esterno?”.

Dubbi di legittimità, ma anche profonda preoccupazione politica. “Il Tg1 è diventato il Giornale, non vorrei che il Tg2, che con Mario Orfeo si era distinto per equilibrio, si trasformasse in Libero. Auspicavamo una scelta condivisa. Ma quando si propone una nomina che esce dai palazzi romani, e questo lo sa anche la maggioranza in cda, lo interpretiamo come un atto di sfida verso una volontà di gestire normalmente questa azienda”. La questione della circolare che “stringe la cinghia” è meno irrilevante di quanto sembri: i due consiglieri Petroni (Pdl) e Bianchi Clerici(Lega) hanno già la grana della multa per la nomina dell’ex dg Meocci. Non voteranno a cuor leggero questo gustoso pacchetto: “Rischierebbero di dover rifondere il danno che eventualmente la Corte dei conti dovesse accertare”, spiega Van Straten. E aggiunge: “L’interim al Tg2 sarebbe il male minore. Senza contare che alcune testate, come Tg Parlamento, sono senza direttore da mesi”.

Ci si augura che il presidente Garimberti non si distragga sul punto e non permetta che la partita politica-informazione finisca tre set a zero. “Speravo in una scelta ampiamente condivisa come accadde per Orfeo”, commenta Garimberti. “Un metodo che dovrebbe sempre caratterizzare le decisioni del servizio pubblico. Non mi pare si vada in questa direzione e anzi mi sembra che anche le altre proposte siano destinate a spaccare il Consiglio. Mi auguro che possa esserci un’ulteriore, necessaria, riflessione”. Potrebbe decidere di non procedere con il voto, previsto per il cda convocato oggi? Se lo domandano anche al Tg2: la redazione chiede “la nomina di un direttore di alto profilo e ne auspica con forza la scelta unanime all’interno del cda, offrendo in questo modo garanzia di pluralismo”. Sul fronte sindacale il segretario dell’Usigrai, Carlo Verna, parla di “vergognoso blitz spartitorio in Rai”.

Sul tavolo c’è l’ennesima concessione alle pressioni politiche. Rizzo Nervo lo spiega senza mezzi termini: “Questo pacchetto di nomine è l’inizio di un degrado dell’immagine della Rai nella sua sottomissione alla politica che ha pochi precedenti”. Se a qualcuno fossero rimasti dubbi, basta leggere una dichiarazione di Minzolini all’Unità in edicola ieri. “Petruni o Sangiuliano al Tg2? Uno dei due, sono sempre miei. Così possiamo fare squadra”. Su questo non ci piove, e pure le altre nomine proposte da Masi sono nel segno della, chiamiamola così, continuità. Lo dice Rizzo Nervo: “Non ce n’è uno, degli aspiranti promossi, che non sia tra i firmatari della lettera di solidarietà a Minzolini”, scritta dopo il putiferio sul caso Mills. Cioè quando l’editoriale del direttorissimo trasformò la prescrizione dell’avvocato inglese in “assoluzione”: giuridicamente un obbrobrio, giornalisticamente una falsità. Per ora Minzolini può cantare vittoria, anche per aver ottenuto un vicario: i consiglieri d’opposizione ricordano che era successo una volta sola, per pochi mesi, nel 2000. Ma un direttore supplente, in grado di garantire lo stesso servizio pubblico, potrebbe tornare utile: per esempio se Minzolini venisse indagato, per la vicenda dei rimborsi spese, dalla Procura di Roma.




Scontro Fini-La Russa, bagarre alla Camera. Sanzioni per ministro




Respinto il processo verbale sulla seduta di ieri Fini colpito da giornale lanciato da deputato Pdl.


ROMA - L'Aula della Camera respinge a parità di voti il processo verbale della seduta di ieri e scoppia la bagarre. Tanti ministri sono arrivati di corsa per votare ma i loro voti non sono bastati. La seduta è sospesa.
Quando Fini aveva aperto la votazione, ai banchi del governo con qualche sottosegretario c'erano solo i ministri Vito e Brunetta. La votazione resta aperta a lungo per permettere a tutti di votare; a un certo punto, di corsa, entrano in Aula i ministri Fitto, Gelmini, Romano, Romani, Meloni, Alfano e Prestigiacomo. All'opposizione che protesta per la lunghezza dell'apertura della votazione Fini obietta che "tutti i presenti in aula hanno diritto di votare".

Alla fine la votazione viene chiusa e il pari determina la bocciatura del verbale. Qui scoppia la bagarre. I ministri Prestigiacomo, Alfano e Brambilla si girano verso il presidente Fini con in mano le schede di votazione mentre dai banchi della sinistra gridano "Buffoni, buffoni". Dai banchi del Pdl parte un lancio di oggetti, vola un voluminoso fascicolo di emendamenti che non colpisce nessuno. Fini cerca di calmare i ministri, ma è inutile. Alfano lancia in aria la sua scheda, e Fini sospende la seduta. Dai banchi del Pdl gli gridano "Dimissioni, dimissioni", e mentre lascia l'Aula un deputato del Pdl gli tira un giornale che colpisce in pieno il presidente della Camera che punta con il dito il parlamentare.

FINI COLPITO DA GIORNALE LANCIATO DA PDL
- Il presidente della Camera Gianfranco Fini è stato colpito alla testa da un giornale che gli è stato tirato addosso da un deputato del Pdl mentre lasciava l'Aula di Montecitorio dopo la bocciatura del processo verbale. Il giornale ha colpito in pieno il presidente della Camera, che ha individuato il "lanciatore", con il quale ha avuto uno scambio di battute. Nel frattempo, dai banchi del Pdl in tanti gridavano a Fini "Dimissioni, dimissioni".

ALFANO GETTA TESSERA CONTRO IDV;DI PIETRO, SI DIMETTA - Un gesto di stizza e il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, entra - dopo La Russa - nel mirino delle opposizioni. Alla chiusura del voto sul processo verbale Alfano, secondo quanto riferito dal leader dell'Idv, ha infatti gettato la sua tessera della Camera contro i banchi dell'Italia dei Valori. "E' stato un gesto irresponsabile, immorale, illegittimo da parte del portantino di Berlusconi", ha detto Di Pietro davanti alle telecamere e mostrando tra le mani la tessera di Alfano. "Lo denuncerò al presidente della Camera" aggiunge Di Pietro stigmatizzando "lo spregio e il disprezzo del ministro nei confronti del Parlamento". Disprezzo tale che, conclude Di Pietro, "mi fa chiedere le immediate dimissioni del ministro".

SANZIONI LA RUSSA DOPO GIUNTA REGOLAMENTO - L'Ufficio di Presidenza della Camera ha rinviato una decisione sulla sanzione da irrogare al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, per il suo comportamento di ieri in Aula dopo che la Giunta per il regolamento esprimerà in merito un parere. La Giunta è convocata per le ore 16. Questa decisione è stata assunta in quanto, viene spiegato, non esistono precedenti di sanzioni disciplinari irrogate a Montecitorio nei confronti di ministri.
L'unico membro del governo che fino ad oggi aveva ricevuto sanzioni per un suo comportamento alla Camera era stato il Verde Paolo Cento, al tempo dei fatti sottosegretario all'Economia. Tuttavia, non c'é analogia con La Russa: Cento era infatti solo sottosegretario ed aveva commesso i fatti per i quali era stato sanzionato non dai banchi del governo ma da quelli da deputato. In quel caso, ai colleghi della Lega che avevano innalzato un cartello con la scritta "Bertinotti l'Africano", contro l'allora presidente della Camera, Cento aveva risposto con un altro cartello, con su scritto "Fateve 'na canna''. L'ufficio di presidenza è riconvocato dopo che la Giunta per il Regolamento avrà espresso il proprio parere, presumibilmente intorno alle 18. A quel punto verranno visionati i filmati della seduta di ieri e i Questori avanzeranno una proposta di sanzioni, che potrebbero essere non solo per La Russa ma, spiega il vicepresidente Maurizio Lupi (Pdl), "anche per tutti gli altri che in Aula ieri hanno mantenuto il comportamento sconveniente a cui tutti abbiamo assistito". Inizialmente i Questori avevano proposto di far riunire nuovamente l'ufficio di presidenza martedì prossimo, ma l'opposizione ha chiesto ed ottenuto che tutto si facesse oggi.

FINI CHIEDERA' INFORMATIVA MINISTRO INTERNO
- Il presidente della Camera chiederà al ministro dell'Interno di venire a riferire su quanto è avvenuto ieri pomeriggio davanti a Montecitorio, quando i manifestanti sono letteralmente arrivati a un passo dal portone dell'ingresso principale: Gianfranco Fini ha accolto la richiesta in tal senso avanzata oggi nell'ufficio di presidenza della Camera. L'unico precedente di manifestanti arrivati così vicini all'ingresso della Camera risale al 1992; si trattava di una manifestazione di giovani di destra, e in quel caso l'allora ministro dell'Interno Nicola Mancino venne a riferire a Montecitorio.

E' CAOS FUORI E DENTRO CAMERA, INSULTI LA RUSSA-FINI
di Cristina Ferrulli

E' caos, fuori e dentro Montecitorio, sul processo breve. La tensione, già alta fin dal mattino quando la maggioranza decide di accelerare sul processo breve chiedendo l'inversione del ordine del giorno, si alza nel pomeriggio: fuori dal Palazzo qualche centinaio di persone, spintesi davanti al portone, lanciano insulti e qualche monetina al ministro Ignazio La Russa. Dentro l'aula è sempre il ministro della Difesa il protagonista di uno scontro con il presidente della Camera Gianfranco Fini, finito con un 'vaffanculo' di La Russa e la sospensione della seduta. Per alzare il livello dello scontro contro "il colpo di mano" della maggioranza, il Pd convoca per il pomeriggio un presidio davanti alla Camera. Escluso l'Aventino, oggetto anche di un diverbio in Aula tra la 'pasionaria' Rosy Bindi e il più moderato Massimo D'Alema, il Pd chiama a raccolta nel pomeriggio i militanti perché, assicura il segretario Pd Pier Luigi Bersani in un'arringa improvvisata su una scaletta, "daremo battaglia dentro e fuori Montecitorio". Di solito tenuta oltre le transenne, la folla, qualche centinaio di persone, riesce a raggiungere il portone di Montecitorio, gridando 'vergogna, vergogna, mafiosi' e cantando 'bella ciao'. I decibel aumentano, insieme ai fischi e al lancio di qualche moneta, quando il ministro della Difesa prima fa capolino fuori dal portone e poi si avvicina ai manifestanti. Poco dopo la bagarre esplode anche in Aula. Il capogruppo Pd Dario Franceschini chiede chiarimenti sul fatto che i manifestanti si siano spinti fino al portone e "come mai il ministro La Russa, volto molto televisivo, abbia deciso di uscire proprio dal portone principale".

A quel punto il ministro perde la pazienza: "Voi - dice rivolto ai banchi del Pd - siete complici dei manifestanti, più violenti di loro. Vi do un'ulteriore notizia: mi è venuta di fronte una persona in modo minaccioso, l'ho riconosciuta, si tratta dell'organizzatore di fischi contro Berlusconi il giorno delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia". Fini lo invita per due volte ad un "atteggiamento rispettoso" ma il ministro non accenna a calmarsi e, levando il braccio in aula, esclama: "ma vaffa...". "Non le consento di offendere la presidenza della Camera", afferma al microfono il presidente della Camera prima di sospendere la seduta. Poi, lasciando l'Aula, sibila: "Curatelo". Finiti i lavori, La Russa chiarisce, prima con i giornalisti e poi scusandosi con una telefonata, che l'insulto non era rivolto al presidente della Camera ma a Franceschini. Scuse che Fini rispedisce al mittente: "non è stata una offesa alla persona ma all'istituzione" scandisce il presidente della Camera. Ma certo la reazione del ministro non è piaciuta nemmeno ai suoi: Claudio Scajola glielo dice apertamente mentre poco dopo alla buvette il deputato Osvaldo Napoli commenta con i giornalisti che un'uscita del genere "ci fa perdere 5 punti nei sondaggi".

Intanto Fini ha incaricato i questori della Camera di preparare una relazione su quanto accaduto dentro e fuori dall'Aula e, per questo motivo, i questori di Montecitorio hanno incontrato alla Camera il Questore di Roma Francesco Tagliente per avere un quadro preciso della situazione. Domani la relazione sarà sul tavolo dell'Ufficio di presidenza.