Ferrara, Sgarbi e il direttorissimo del Tg1 servono il conto del servizio pubblico ad personam: 15 milioni per pagare tre anni di Qui Radio Londra, otto per il programma senza nome del critico d'arte e due milioni per lo stipendio di Minzolini più le sue spese con la carta di credito aziendale
Silvio Berlusconi non ha un rapporto tra cliente e cameriere con la Rai: riceve le portate che ordina, certo, ma il conto arriva agli italiani: 25 milioni di euro per pagare tre anni di Qui Radio Londra con
Giuliano Ferrara (oltre 15), il programma senza nome di
Vittorio Sgarbi (8) e lo stipendio di
Augusto Minzolini al Tg1 più le sue spese con la carta di credito aziendale (quasi 2). Aspettando l’esordio di Sgarbi, Minzolini e Ferrara – oltre i soldi che prendono – sfasciano i conti di viale Mazzini perché sia il Tg1 che Qui Radio Londra vanno male in termini di ascolti e share favorendo la concorrenza, ovviamente le televisioni del Cavaliere. La politica nel servizio pubblico di B. è un saccheggio di risorse e pezzi di palinsesto: non importa quanti telespettatori guardano il telegiornale di Rai1 o ascoltano l’editoriale dell’Elefantino, al governo interessa controllare l’informazione (con Minzolini), l’interpretazione dei fatti (con Ferrara) e persino lo svago in prima serata (con Sgarbi). Tutto al sole del conflitto d’interessi.
Per tutta risposta
il Giornale s’indigna perché per i programmi e i giornalisti “rossi”, cioè diversi dai megafoni di Silvio Berlusconi, la Rai spende 35 milioni di euro l’anno. La notizia è vera e parziale. Il Giornale dimentica che Michele
Santoro, Giovanni
Floris e Fabio
Fazio, Milena
Gabanelli, soltanto per fare un po’ di esempi, fanno incassare milioni di euro a viale Mazzini. La pubblicità copre ampiamente le spese, e il resto va dritto nelle casse del servizio:
Ballarò fa guadagnare
4,5 milioni di euro,
Annozero 6 milioni,
Che tempo che fa 7,2 milioni,
Report 1,9 milioni. Il successo dei programmi dipende dal pubblico che li guarda, e per i megafoni del Cavaliere è un problema. Giuliano Ferrara è riuscito a strappare, anzi, gentilmente ha ricevuto un contratto triennale da viale Mazzini che impone a Raiuno di mandare in onda
Qui Radio Londra, tutti i giorni, sino al marzo 2014. L’editoriale quotidiano va maluccio: l’azienda aveva previsto il 20 per cento di share, ma a fatica si regge intorno al
18 – dunque la pubblicità perde il 10% del suo valore – e penalizza il varietà che segue:
Affari tuoi puntualmente perde il confronto con
Striscia la Notizia (tranne il
sabato, quando Ferrara riposa). Qui Radio Londra è soltanto un costo per la Rai, peggio: un mutuo triennale da 15 milioni di euro, 32 mila euro al giorno per almeno 160 puntate l’anno. E presto su Raiuno arriverà Vittorio Sgarbi con una trasmissione ancora senza nome e senza temi, ma con un investimento da grande evento: 1,4 milioni di euro a puntata, più un milioni per il critico d’arte, sindaco di Salemi, nonché consulente ed ex sovraintendente del ministero dei Beni culturali. I dirigenti Rai hanno un indice, il costo-contatto, per capire se la trasmissione è una risorsa oppure un peso per l’azienda. Il costo-contatto di Annozero è di 30 centesimi di euro ogni mille telespettatori (27 centesimi per Ballarò, 40 per Report). Sgarbi ha un’unica possibilità per eguagliare Annozero o Ballarò, sperare che lo guardino 40 milioni di italiani.
Elefantino: un flop da 106 euro al secondoAnche per Giuliano Ferrara la quarta settimana è un problema. Non per le sue tasche, ogni sera incassa 3 mila euro. La crisi colpisce
Qui Radio Londra, in molti cambiano canale appena inizia la sigla e il direttore del Foglio fa un lento giro di scenografia immobile sul seggiolone. Il monologo di venerdì sera ha registrato il record negativo di telespettatori: 4,3 milioni, mancano all’appello 1,6 milioni di italiani rispetto all’esordio del 14 marzo. La Rai, disperata, cerca di tamponare la crisi di ascolti con annunci solenni in coda al Tg1 oppure assottigliando la pubblicità tra il telegiornale e Qui Radio Londra, giocando sui riflessi dei telespettatori. Tentativi vani. Non è preoccupato Ferrara, tanto chi lo schioda? In senso metaforico, sia chiaro. L’Elefantino ha firmato un contratto biennale con opzione per il terzo, e quindi il servizio pubblico è obbligato a sorbirsi Qui Radio Londra sino al marzo 2014, qualunque sia il direttore generale, qualunque sia il governo in carica. È come se la Rai avesse acceso un mutuo per ingaggiare Ferrara e, giorno per giorno, l’abbonato paga un pezzo di cambiale. L’editoriale quotidiano di 5 minuti costa all’azienda 32 mila euro tra risorse di rete e di produzione, compreso lo stipendio dell’ex ministro berlusconiano (106 euro al secondo).
Qui Radio Londra andrà sempre in onda, tranne un paio di mesi estivi e forse una pausa natalizia, dunque monopolizza il palinsesto di Rai1 per almeno otto mesi e circa 160 puntate l’anno. Il mini programma, nei prossimi tre anni, farà spendere al servizio pubblico oltre 15 milioni di euro. E quanti milioni di pubblicità farà perdere? Il varietà Affari tuoi, da quando c’è Ferrara, colleziona sconfitte nel confronto con Striscia la notizia perché ricevere la linea dal 15 o al massimo il 16% di share e non riesce a recuperare. E poi vince il sabato con l’Elenfantino a casa. Qui Radio Londra è una valanga che fa sbriciolare il duopolio Rai-Mediaset (Raiset), dalle 20.30 in poi trionfa il Biscione. Nella fascia più delicata per il servizio pubblico, tra il telegiornale e la prima serata, un tempo c’era
Enzo Biagi, oggi c’è Ferrara. E particolare non da poco, ci sono gli italiani in fuga
Ligabue, Baggio… Tutti i no al criticoL’avvocato
Giampaolo Cicconi ha spiegato che il suo assistito,
Vittorio Sgarbi, dal 1 aprile 2003 al 18 marzo 2011 si è sempre “esibito gratis” in Rai. Chissà perché per la sua esibizione in un programma di Rai1, forse tra due settimane o forse tra un mese, il direttore generale
Masioffra un contratto di 1 milioni di euro e – aggiunge l’avvocato – una sessantina di apparizioni sui canali del servizio pubblico. La Rai è terrorizzata dal debutto di Sgarbi conduttore-autore, lui indica la partenza il 2 maggio, loro la rinviano al 18, o meglio a giugno: perché il critico d’arte, versione sindaco di Salemi, viola la par condicio durante la campagna elettorale e i successivi ballottaggi nei comuni e nelle province italiane. Nessuno tra i dirigenti di Rai1 conosce i temi che riempiranno le cinque puntate, gli ospiti d’onore che faranno di Sgarbi un
Fabio Fazio più di governo che di lotta. L’ex sottosegretario ha incaricato i suoi collaboratori di invitare tante celebrità, calciatori, cantanti, attori, scrittori. Ma tutti rifiutano:
Roberto Baggio,
Zinedine Zidane,
Patty Pravo,
Luciano Ligabue,
Sabrina Ferilli,
Alessandro Baricco. C’è il serio pericolo che Sgarbi possa ritrovarsi a meditare da solo su arte e dintorni, a intonare senza cori
Il mio canto libero (il titolo per il momento più accreditato, tanto
Lucio Battisti non può protestare). L’unica certezza sono i soldi che la Rai spenderà per una trasmissione X di un giorno X: 7 milioni di euro, più il milione per Sgarbi. Soltanto l’appalto esterno a
Bibi Ballandi è di 2,35 milioni di euro e l’azienda ha previsto 3,15 milioni di euro per i costi di rete e 1,5 per la produzione. Quando
Il mio canto libero andrà in onda, fuori dal periodo che decide la pubblicità, la concorrenza risponderà con repliche senza cacciare un euro. A Mediaset non interessa contendere a viale Mazzini gli ascolti a giugno, un fuori stagione utile per spolverare il meglio o il peggio conservato nelle teche. È come se la Rai, sborsando 8 milioni di euro per Sgarbi, si preparasse, con mezzi di avanguardia, a gareggiare a un Gran premio di lusso. Soltanto che i concorrenti sono già in vacanza e nessuno li aspetta al traguardo.
Minzo, 550mila euro (più credit card)L’ultimo scoop del telegiornale di
Augusto Minzolini, per la rabbia dei concorrenti, incluse le multinazionali come Al Jazeera, Cnn e Fox, è del 28 marzo. Il Tg1 ha rassicurato le mamme italiane: non preoccupatevi se a volte, avvicinandovi ai vostri bebè, annusate un odore sinistro. Ecco la risposta giusta: “Sono coliche gassose”. Ma niente paura, il primo tg del servizio pubblico ha pure consigliato il rimedio: “Fate qualche leggero massaggio sulla superficie addominale per favorire l’emissione del gas in eccesso”. Risolto. Intanto è in corso l’indagine della Procura di Roma sulle spese del direttorissimo con la carta di credito Rai, almeno 68 mila euro (su 86 mila) in 14 mesi senza autorizzazioni: pranzi e cene all’estero tra Dubai e Barcellona, Marrakesch e Istanbul. Il fascicolo è contro ignoti, secondo il cosiddetto “modello 45”, e quindi Minzolini non è indagato. La Procura aspetta l’informativa dei finanzieri e, qualora venisse individuato un illecito, potrebbe ipotizzare i reati di truffa, peculato e una violazione delle norme tributarie. Già prima dei magistrati romani era intervenuta la Corta dei conti che ha avviato un’inchiesta per danno erariale. Il direttore globe trotter (129 giorni in trasferta) strisciava la carta aziendale anche per importi minimi, di pochi euro, per un aperitivo o un caffè, nonostante dal giugno 2009, quando fu nominato dal Cda per il Tg1, percepisca uno stipendio di 550 mila euro. Il mezzo milione di euro è garantito almeno sino all’anno prossimo, quando finirà il mandato triennale del Consiglio di amministrazione in carica. Il conto: tre anni, 1,65 milioni di euro, più 68 mila che non tornano. Ora Minzolini promette di restituire il maltolto per scappare dai guai. Certo, anche nel primo editoriale disse: “Mi occuperò della vita reale della gente”. Quelli che vanno in crociera nel Mediterraneo, in piena estate, ma risultano presenti in ufficio.
Da
Il Fatto Quotidiano del 10 aprile 2011 – Aggiornato dalla redazione web l’11 aprile 2011 alle 18:12