sabato 16 aprile 2011

Il presidente della Consulta: ''Ignorante chi contesta le nostre sentenze''.



Vicchio (Firenze) - (Adnkronos/Ign) - Ugo De Siervo: ''La maggioranza non può fare quello che vuole. Si può cambiare la Costituzione, ma per perfezionarla: altra cosa è farla a pezzi''. Poi il monito: ''Chi esercita funzioni pubbliche deve essere persona onorevole''

Vicchio (Firenze), 16 apr. (Adnkronos/Ign) - "Alcuni parlamentari hanno detto: 'Chi sono questi quindici signori che hanno osato togliere di mezzo quello che è stato voluto da centinaia di parlamentari?'. Questa è una obiezione da ignorante". Lo ha detto il presidente della Corte Costituzionale, Ugo De Siervo, tenendo una lezione agli studenti al teatro di Vicchio (Firenze), in occasione dell'inaugurazione del sentiero della Costituzione a Barbiana, per iniziativa della fondazione Don Milani. "Questi parlamentari dovrebbero invece chiedersi - ha osservato De Siervo - come mai le loro leggi vengono bocciate dalla Corte, perché fanno leggi incostituzionali".

Dal presidente della Consulta è arrivato anche un monito sulle modifiche alla Carta. "Non può, chi è momentaneamente in maggioranza, fare quello che vuole - ha avvertito - Si può cambiare la Costituzione, ma per perfezionarla: altra cosa è farla a pezzi". "La Costituzione è già stata cambiata quattro volte, ed è falso dire che passa il tempo e bisogna rinnovarla - ha proseguito De Siervo - l'ultimo cambiamento, lo voglio ricordare, è stato respinto da un referendum nel 2006. Ciò vuol dire 'andiamoci piano'".

"La classe politica a volte sembra mordere un po' il freno, sembrano cavalli imbizzarriti - ha poi aggiunto - Questo in parte è inevitabile, perché se si è fatta una legge e la Corte Costituzionale la respinge, questo dà fastidio. Ma provare fastidio e dire che bisogna togliere di mezzo la Corte Costituzionale, sono due cose molto diverse". Quindi l'esortazione a tornare ''a dare spazio agli organi di garanzia e a fare cultura, perché la Costituzione viene svuotata anche dai cattivi costumi''.

De Siervo ha parlato anche di chi esercita funzioni pubbliche. ''Deve essere una persona onorevole'' ha detto. ''C'è un articolo che è stato riscoperto ultimamente - ha spiegato citando l'articolo 54 della Costituzione - Io ho insegnato Costituzione per tanti anni e non era così considerato. Quell'articolo dice che 'i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore'".

Le reazioni del centrodestra non si sono fatte attendere, a partire dal capogruppo del Pdl al Senato,Maurizio Gasparri. ''Evidenzio anche alle massime autorità dello Stato il comportamento incredibile di De Siervo - dichiara Gasparri - che ha usato la sua breve presidenza della Corte Costituzionale, conseguita per la assurda prassi 'todos caballeros' - cioè tutti presidenti alla Consulta anche per poco pur di moltiplicare i fruitori di costosi benefici a vita - per svolgere un ruolo da militante e polemista politico. Forse vuole aggiungere un seggio parlamentare agli altri suoi copiosi proventi". "Comunque - aggiunge - i giusti richiami alla classe politica saranno più significativi se riguarderanno chi dovrebbe essere il custode della legalità e non il campione della faziosità''.

A stretto giro la replica del portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando. ''Il senatore Gasparri conferma la propria allergia alla legalità costituzionale e considera come il suo dante causa i garanti della Carta, dal Capo dello Stato al presidente della Consulta, una presenza fastidiosa - afferma Orlando - Gasparri si rassegni: esiste, per fortuna, un'Italia che fa il proprio dovere con coerenza e che svolge le pubbliche funzioni con disciplina e onore, come prevede l'articolo 54 della Costituzione. Quella stessa Costituzione che l'attuale maggioranza raccogliticcia vorrebbe stravolgere''.

La controreplica è arrivata da Francesco Casoli, vicecapogruppo del Pdl al Senato: "Dimmi chi ti difende e ti dirò chi sei. La pronta difesa di De Siervo da parte dell'onorevole Orlando conferma pienamente le parole del capogruppo Gasparri. Il ruolo di presidente della Consulta imporrebbe un atteggiamento più istituzionale e senza militanza". ''Quando poi Orlando ci vuole dare lezioni di legalità e rispetto della Costituzione - aggiunge - francamente si sfiora il ridicolo. Anche l'articolo 68 è un articolo della Carta. Ma di quello guarda caso a Orlando, De Siervo e compagni, così come ai vertici della Procura di Milano, sembra non interessare nulla''.

''Francamente non è da oggi che De Siervo esagera - dichiara il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto - Sembra non un presidente della Corte Costituzionale ma un dirigente politico in servizio permanente effettivo''.

A intervenire è anche Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato: "Siamo certi - dice - che al presidente De Siervo non sfuggirà la sostanziale differenza tra una maggioranza che talvolta ha criticato qualche sentenza della Corte Costituzionale ma rigorosamente l'ha sempre rispettata, e alcuni pm che si ergono a paladini della legalità ma poi calpestano i pronunciamenti di uno dei massimi organi di garanzia del nostro Paese".

Al presidente della Consulta risponde inoltre il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta: ''E' ignorante, certo, chi si chiede chi sono e da dove vengono i 15 membri della Corte, come sottolinea De Siervo, ma non è da meno chi intima ai parlamentari di fare leggi diverse affinché la Corte non le bocci".




Il Tar boccia la Gelmini: “Illegittimi i tagli agli organici”. Ora il governo deve rimediare. - di Augusto Pozzoli



Nuova bocciatura per il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini: il Tar del Lazio ha dichiarato illegittimi i tagli degli organici delle scuole attuati dal 2009 ad oggi. Si calcola che siano almeno 67mila cattedre. La sentenza accoglie un ricorso presentato dalla Cgil scuola e una serie di gruppi di scuole e di genitori.

Un brutto colpo non solo per la Gelmini, ma per l’intero governo che a questo punto sarebbe chiamato a ripristinare i posti cancellati rinunciando in tal modo ai risparmi di bilancio programmati. Il Tribunale amministrativo (sentenza 3251 depositata il 14 aprile 2011) ha ritenuto che il ministero dell’Istruzione, prima di disporre la determinazione degli organici, avrebbe dovuto seguire la procedura indicata dall’art. 22 della legge 448/2001 che prevede la previa consultazione delle Commissioni parlamentari, anziché avvalersi, come avvenuto, delle successive indicazioni contenute nell’art. 64 della legge 133/2008 sulla razionalizzazione del sistema di istruzione.

Un chiaro vizio di forma, dunque, che ha portato ora all’annullamento dei decreti interministeriali con i quali sono stati determinati gli organici dei docenti per i primi due anni scolastici del triennio di tagli disposti nell’estate 2008 dalla legge 133 sulla riforma del sistema di istruzione. E ora sono in gioco addirittura le due finanziarie che su questi risparmi facevano conto in maniera determinante. Che cosa succederà ora? Difficile fare previsioni, ma è certo che la posta in gioco è talmente alta che il governo dovrà ricorrere a qualche provvedimento eccezionale per rimediare. Resta in ogni modo il dato della disinvoltura con cui la Gelmini ha operato la sua riforma dimenticando il rispetto delle più elementari regole da seguire. In questo caso poi la regola che secondo il Tar è stata violata prevede di consultare le commissioni parlamentari prima di pendere decisioni così radicali che tanto incidono sul sistema scolastico nazionale. In pratica, una semplice indicazione per la gestione democratica della scuola.



Gli omicidi della partitocrazia. - di Massimo Fini



Ferrara
in un suo Radio Londra (certo che ci vuole una bella faccia di bronzo, quella di Ferrara, per intitolare un programmino dichiaratamente di regime che va in coda al più berlusconiano dei Tg Rai a una radio che fu il simbolo dell’opposizione al fascismo) ha di fatto addebitato al pubblico ministero De Pasquale, che si è recentemente occupato del caso concussione-Ruby, la morte dell’ex presidente dell’Eni Gabriele Cagliari avvenuta in carcere persuicidio e ad altri magistrati eventi simili, come i suicidi di Moroni e di Gardini. Di questi casi si è fatto sempre un gran parlare non tanto per pietas verso questi uomini, che il suicidio riscatta ma non assolve, ma per gettar ombre e fango sull’attività dei magistrati anche se, evidentemente, non si può fermare davanti ai possibili contraccolpi psicologici degli indagati, si chiamino Cagliari o Bianchi, perché altrimenti si paralizzerebbe. Pochissimo, anzi niente, si è invece parlato di quelli che io chiamo gli “omicidi bianchi” e cioè i suicidi o le lente, inesorabili, emarginazioni, che son peggio dei suicidi, cui sono state spinte le persone che han visto stroncate le loro legittime ambizioni o la loro carriera dal sistema tangentizio, clientelare, partitocratico e che sono le vere “vittime di Tangentopoli”. È il caso, per esempio, di un piccolo imprenditore di Desio, Ambrogio Mauri, che non aveva voluto stare al gioco della corruzione, il quale si tolse la vita nel maggio del 1997 lasciando al figlio Carlo una lettera in cui scriveva: “Dopo Mani Pulite tutto è tornato come prima… l’onestà non paga, la correttezza e la trasparenza non pagano, il rispetto di se stessi e della propria dignità non pagano”. Mauri, come aveva ricordato il figlio, “aveva visto scomparire i valori che gli avevano insegnato e in cui aveva creduto”. Naturalmente quello di Ambrogio Mauri è un caso limite, anche se non unico, non tutti gli imprenditori onesti e in generale le persone oneste, si suicidano per disperazione. Però è la punta dell’iceberg di un fenomeno vastissimo che ho chiamato appunto gli “omicidi bianchi” della partitocrazia, bianchi perché non si vedono. Si tratta delle vite mortificate, nelle loro speranze, nelle loro aspirazioni, nelle loro legittime ambizioni da una partitocrazia che spinge ai margini estremi chi rifiuta di affiliarsi, di sottomettersi ad umilianti infeudamenti, di rinunciare alla propria dignità. Gabriele Cagliari si è ucciso ma Cagliari e tutti quelli come lui, boiardi di Stato affiliati a questo o quel partito, mentre stroncavano, come ancora oggi stroncano, carriere per favorire i propri adepti, uccidevano, sia pur lentamente, sia pur non fisicamente ma psicologicamente ed esistenzialmente. E quello che è avvenuto, e tuttora avviene nel campo dell’imprenditoria, vale per ogni altro settore. C’è anche la storia, che cito solo a titolo emblematico perché infinite sono le vicende di questo genere, di quella solista del Teatro dell’Opera di Roma, Lucia Colognato, che non era stata promossa prima ballerina perché le erano state preferite due colleghe, una sponsorizzata dall’allora Pci, l’altra dalla Dc, mentre lei ballava solo sulle sue gambe. Colognato fece ricorso al Consiglio di Stato e lo vinse. Ma quando ormai non era più tempo di ballare. Sono passati gli anni, si sono succeduti governi, di destra e di sinistra, ma, come scriveva Mauri, nulla è cambiato. Si pensa sempre ai Cagliari, che di nessun altro furono vittima se non di se stessi, perché è per loro volontà e responsabilità – e non per la malvagità dei pubblici ministeri – che si sono andati a cacciare in situazioni che poi non sono stati in grado emotivamente di sostenere e non si pensa mai alle migliaia, le decine di migliaia di vite che i tanti Cagliari e il sistema corrotto di cui sono complici e usufruttuari hanno umiliato, castrato, reso prive di senso e, alla fine, spento.
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Berlusconi: “Insegnanti di sinistra inculcano valori diversi da quelli della famiglia”



Nuovo attacco di Berlusconi agli insegnanti, rei, come i giudici, di “essere di sinistra” e comunicare ai ragazzi “valori diversi da quelli della famiglia”.

Il presidente del Consiglio ha inviato un messaggio a una riunione dell’Associazione nazionale delle mamme riunita a Padova. I genitori – ha detto – oggi possono scegliere liberamente “quale educazione dare ai loro figli e sottrarli a quegli insegnamenti di sinistra che nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi dal quelli della famiglia”. Per questo, ha detto Berlusconi, il governo rivendica con orgoglio l’introduzione del bonus per chi sceglie di mandare i figli nelle scuole private

Il premier, parlando poi dell’azione del governo ha sottolineato l’introduzione di leggi contro la violenza sessuale e il reato di stalking. Si è detto quindi convinto delle grandi capacità delle donne: “Siete più brave di noi uomini, a scuola, sul lavoro, siete più puntuali , più precise e più responsabili. Anche per questo ho voluto che nel nostro governo ci fossero ministri donne e mamme che sono attivissime e bravissime”.

“Care mamme – ha concluso il presidente del Consiglio – vi garantisco che il governo continuerà a lavorare con lo stesso entusiasmo e con lo stesso impegno per valorizzare il vostro ruolo nella famiglia nel mondo del lavoro e nella società”.

Pronta la replica dell’opposizione all’intervento del premier. “Le parole di Berlusconi sulla scuola pubblica sono un ignobile attacco, privo di qualsiasi giustificazione reale. Il capo del governo dovrebbe difendere e valorizzare il pilastro educativo del Paese, non additarlo come esempio negativo”. Così Massimo Donadi, capogruppo dell’Idv alla Camera. “Queste parole – aggiunge – aiutano a comprendere la vera missione che il governo ha portato avanti in questi anni: tagliare i fondi alla scuola pubblica per aiutare quelle private. L’istruzione pubblica è un valore costituzionale da difendere e ampliare. Berlusconi chieda scusa a tutti gli insegnanti, che, pur in condizioni difficili, continuano a svolgere egregiamente il loro ruolo”.

“Sono quasi venti anni – attacca il presidente dei senatori Idv, Felice Belisario – che prosegue l’attacco violento della destra alla scuola pubblica. Sono stati tagliati fondi e mandate a casa decine di migliaia di insegnanti precari. E’ ora di cambiare questa tendenza. Le scuole private hanno tutto il diritto di esistere, ma l’investimento sul sapere e sulla formazione dei nostri giovani non può che partire, come afferma anche la Costituzione, dalla scuola pubblica che fino agli attacchi, quelli sì ideologici, di Berlusconi, era un fiore all’occhiello della nostra società”.

Per Belisario “le famiglie italiane non sono in difficoltà perché la scuola pubblica inculca valori diversi ma perché questo governo non ha fatto nulla per aiutarle a uscire dalla crisi economica. Almeno lasci in pace la scuola pubblica e dia agli studenti di tutte le classi sociali la possibilità di crearsi un futuro, rimuovendo tutti gli ostacoli che egli stesso ha posto. Ma è così difficile – conclude Belisario – chiedere un po’ di sobrietà e moderazione a chi è alla guida del paese?”.

Più caustico e laconico il commento del segretario di Sel, Nichi Vendola: “Io capisco benissimo Berlusconi. Lui e’ un grande pedagogo, gli insegnanti che considera adeguati sono Lele Mora, Fabrizio Corona ed Emilio Fede”.




Assolto Gioacchino Genchi.



Roma, 14 aprile 2011. Ieri, Gioacchino Genchi, accusato d'acceso abusivo alla rete Siatel, è stato assolto da Marina Finiti, Gup del Tribunale di Roma, perché "il fatto non sussiste". Cadono così tutte le menzogne sul suo conto: "spione", "intercettatore", "detentore di un immenso archivio di dati privati" e "il più grande scandalo della storia della Repubblica" (secondo Silvio Berlusconi). Il superconsulente informatico delle procure, decisivo in molti fra i procedimenti penali più complessi e importanti d'Italia, esprime soddisfazione per la richiesta di archiviazione formulata dal pm che ne aveva domandato il rinvio a giudizio. Dopo due anni di patimenti personali, compreso il fatto d'aver dovuto subire le false ricostruzioni della vicenda da parte di certa stampa di regime, Genchi ottiene la prima vittoria, processuale, morale e personale. Destituito dalla Polizia di Stato per opinioni espresse in pubblico, Genchi aspetta l'esito del procedimento amministrativo davanti al Tar, rispetto a tale decisione circa il suo ruolo nell'amministrazione pubblica.

Marco Travaglio Umilia Berlusconi e la sua Corte di Trombettieri



http://youtu.be/gtXx1jF9UC0

venerdì 15 aprile 2011

E se sui partiti Grillo avesse ragione? - di Donato Didonna


Ci sono club che campano grazie ai soci assenti, quelli che non partecipano alle attività, pur versando regolarmente la quota. Lo stesso avviene con la partitocrazia: sopravvive, nonostante tutto, grazie a chi delega, pur pagando le tasse. Se la delega è dunque la norma della vita associativa così come di quella democratica, dove il partito di maggioranza relativa rischia di risultare quello degli astenuti, minoranza per minoranza, tanto vale valutare e dar spazio ad altri tipi di attivistioltre quelli che militano nei partiti, realtà sempre più astratte, quasi esclusivamente televisive, con scarso radicamento nel territorio.

Ricordo un test aziendale in cui si veniva invitati ad unire i nove punti di un quadrato, uno al centro e tre per ogni lato, attraverso quattro soli segmenti tracciati in continuo. Impossibile trovare una soluzione all’interno del quadrato: bisognava partire da fuori, ma non è così naturale farlo. Penso che chi abbia un minimo di esperienza e di età, comprenda e ammetta che, all’interno del quadrato dei partiti, non ci sia un modo efficace per uscire dal pantano in cui siamo sprofondati. Le commistioni tra politica e affari, la difesa delle rendite di posizione, l’azione delle lobby economiche (grandi imprese) e sociali (sindacati), la massoneria affaristica, la criminalità organizzata, la mancanza di informazione indipendente, i retaggi ideologici di certa opposizione, ecc., fanno sì che una decorosa via d’uscita sia oggi davvero una missione impossibile. Non ci sono più alchimie di alleanze partitiche sperimentabili: invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia!

Per la teoria dei giochi, una furbata come percorrere una corsia di emergenza in una strada trafficata porta un vantaggio solo se si è da soli a farlo: se tutti facciamo i furbi, siamo fermi daccapo. Abbiamo un istinto molto italiano per scovare scorciatoie, ma, a lungo andare, la scorciatoia altrui blocca la propria. Alcuni hanno fatto persino dell’antimafia o della legalità una scorciatoia o una corsia privilegiata per il potere! Come se ne esce? In questa situazione, una posizione di effettiva forza ce l’ha, paradossalmente, chi non ha nulla da perdere o da difendere. Mi riferisco alle nuove generazioni il cui futuro è nero e la cui rappresentanza politica è pressoché inesistente. Non che consideri queste generazioni esenti dal “peccato originale”, dall’inclinazione al male, ma, almeno, una loro azione politica necessiterebbe di un po’ di tempo prima di corrompersi e, magari, con qualche opportuno accorgimento, questo processo potrebbe essere utilmente ritardato mentre si affronterebbe, con visione nuova e capace di radicali riforme, la situazione attuale. Alle reti di “scorciatoie” si potrebbero così contrapporre strade maestre all’insegna della trasparenza e della meritocrazia, coniugata alla solidarietà.

Invece di scandalizzarmi dei toni, come fanno molti superficialmente, trovo l’intuizione politica di Beppe Grillo di favorire un ricambio generazionale della classe dirigente, una visione strategica degna di Sun Tzu. Sulle materie che veramente contano, quelle che compendiano la qualità della nostra vita quotidiana (energia, mobilità urbana, ciclo dei rifiuti, alimentazione, ricerca, connettività, istruzione, ecc.) i ragazzi del Movimento 5 Stelle dimostrano di avere idee chiare, documentate e prive di pregiudiziali ideologiche, più dei nostri parlamentari che sembrano ripetere, almeno in Tv, copioni da piazzisti. La regola aurea del Movimento, “uno vale uno” (le teste si contano, non si pesano), con cui si selezionano i candidati portavoce, terminali della rete di attivisti nelle istituzioni, rende meno facile la tentazione della carriera politica, riportandola ad una temporanea esperienza di servizio. Proprio perché non è di giovanilismo che si tratta, gli appartenenti alle generazioni più anziane possono, anzi è auspicabile, apportare il proprio contributo di esperienza, ma restando un passo indietro, all’interno della base, come lo stesso Grillo che non ha certo velleità di candidarsi in prima persona.

Movimenti aggregati attorno a visioni condivise di società o a legittimi interessi, potrebbero essere i naturali comitati elettorali di candidati espressi al loro interno, così come detto sopra. Laproibizione delle forme più costose di pubblicità elettorale e del marketing politico che, con i suoi alti costi, rappresenta un elemento di inquinamento e corruzione della vita democratica, potrebbe contribuire a moralizzare la politica, riportandola all’originario confronto tra le persone nelle piazze di una volta oppure in quelle virtuali, attraverso la rete internet.

Nessun tacchino ha interesse ad anticipare il Natale: il necessario rinnovamento della vita politica italiana deve perciò prescindere dai partiti e dai suoi leader per condizionare dal basso la loro azione e bilanciarne il potere, con la consapevolezza che certe battaglie civili vanno combattute solamente perché giuste e non perché sia sicura la vittoria o una carriera. Un approccio tipicamente giovanile.