sabato 16 aprile 2011

Assolto Gioacchino Genchi.



Roma, 14 aprile 2011. Ieri, Gioacchino Genchi, accusato d'acceso abusivo alla rete Siatel, è stato assolto da Marina Finiti, Gup del Tribunale di Roma, perché "il fatto non sussiste". Cadono così tutte le menzogne sul suo conto: "spione", "intercettatore", "detentore di un immenso archivio di dati privati" e "il più grande scandalo della storia della Repubblica" (secondo Silvio Berlusconi). Il superconsulente informatico delle procure, decisivo in molti fra i procedimenti penali più complessi e importanti d'Italia, esprime soddisfazione per la richiesta di archiviazione formulata dal pm che ne aveva domandato il rinvio a giudizio. Dopo due anni di patimenti personali, compreso il fatto d'aver dovuto subire le false ricostruzioni della vicenda da parte di certa stampa di regime, Genchi ottiene la prima vittoria, processuale, morale e personale. Destituito dalla Polizia di Stato per opinioni espresse in pubblico, Genchi aspetta l'esito del procedimento amministrativo davanti al Tar, rispetto a tale decisione circa il suo ruolo nell'amministrazione pubblica.

Marco Travaglio Umilia Berlusconi e la sua Corte di Trombettieri



http://youtu.be/gtXx1jF9UC0

venerdì 15 aprile 2011

E se sui partiti Grillo avesse ragione? - di Donato Didonna


Ci sono club che campano grazie ai soci assenti, quelli che non partecipano alle attività, pur versando regolarmente la quota. Lo stesso avviene con la partitocrazia: sopravvive, nonostante tutto, grazie a chi delega, pur pagando le tasse. Se la delega è dunque la norma della vita associativa così come di quella democratica, dove il partito di maggioranza relativa rischia di risultare quello degli astenuti, minoranza per minoranza, tanto vale valutare e dar spazio ad altri tipi di attivistioltre quelli che militano nei partiti, realtà sempre più astratte, quasi esclusivamente televisive, con scarso radicamento nel territorio.

Ricordo un test aziendale in cui si veniva invitati ad unire i nove punti di un quadrato, uno al centro e tre per ogni lato, attraverso quattro soli segmenti tracciati in continuo. Impossibile trovare una soluzione all’interno del quadrato: bisognava partire da fuori, ma non è così naturale farlo. Penso che chi abbia un minimo di esperienza e di età, comprenda e ammetta che, all’interno del quadrato dei partiti, non ci sia un modo efficace per uscire dal pantano in cui siamo sprofondati. Le commistioni tra politica e affari, la difesa delle rendite di posizione, l’azione delle lobby economiche (grandi imprese) e sociali (sindacati), la massoneria affaristica, la criminalità organizzata, la mancanza di informazione indipendente, i retaggi ideologici di certa opposizione, ecc., fanno sì che una decorosa via d’uscita sia oggi davvero una missione impossibile. Non ci sono più alchimie di alleanze partitiche sperimentabili: invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia!

Per la teoria dei giochi, una furbata come percorrere una corsia di emergenza in una strada trafficata porta un vantaggio solo se si è da soli a farlo: se tutti facciamo i furbi, siamo fermi daccapo. Abbiamo un istinto molto italiano per scovare scorciatoie, ma, a lungo andare, la scorciatoia altrui blocca la propria. Alcuni hanno fatto persino dell’antimafia o della legalità una scorciatoia o una corsia privilegiata per il potere! Come se ne esce? In questa situazione, una posizione di effettiva forza ce l’ha, paradossalmente, chi non ha nulla da perdere o da difendere. Mi riferisco alle nuove generazioni il cui futuro è nero e la cui rappresentanza politica è pressoché inesistente. Non che consideri queste generazioni esenti dal “peccato originale”, dall’inclinazione al male, ma, almeno, una loro azione politica necessiterebbe di un po’ di tempo prima di corrompersi e, magari, con qualche opportuno accorgimento, questo processo potrebbe essere utilmente ritardato mentre si affronterebbe, con visione nuova e capace di radicali riforme, la situazione attuale. Alle reti di “scorciatoie” si potrebbero così contrapporre strade maestre all’insegna della trasparenza e della meritocrazia, coniugata alla solidarietà.

Invece di scandalizzarmi dei toni, come fanno molti superficialmente, trovo l’intuizione politica di Beppe Grillo di favorire un ricambio generazionale della classe dirigente, una visione strategica degna di Sun Tzu. Sulle materie che veramente contano, quelle che compendiano la qualità della nostra vita quotidiana (energia, mobilità urbana, ciclo dei rifiuti, alimentazione, ricerca, connettività, istruzione, ecc.) i ragazzi del Movimento 5 Stelle dimostrano di avere idee chiare, documentate e prive di pregiudiziali ideologiche, più dei nostri parlamentari che sembrano ripetere, almeno in Tv, copioni da piazzisti. La regola aurea del Movimento, “uno vale uno” (le teste si contano, non si pesano), con cui si selezionano i candidati portavoce, terminali della rete di attivisti nelle istituzioni, rende meno facile la tentazione della carriera politica, riportandola ad una temporanea esperienza di servizio. Proprio perché non è di giovanilismo che si tratta, gli appartenenti alle generazioni più anziane possono, anzi è auspicabile, apportare il proprio contributo di esperienza, ma restando un passo indietro, all’interno della base, come lo stesso Grillo che non ha certo velleità di candidarsi in prima persona.

Movimenti aggregati attorno a visioni condivise di società o a legittimi interessi, potrebbero essere i naturali comitati elettorali di candidati espressi al loro interno, così come detto sopra. Laproibizione delle forme più costose di pubblicità elettorale e del marketing politico che, con i suoi alti costi, rappresenta un elemento di inquinamento e corruzione della vita democratica, potrebbe contribuire a moralizzare la politica, riportandola all’originario confronto tra le persone nelle piazze di una volta oppure in quelle virtuali, attraverso la rete internet.

Nessun tacchino ha interesse ad anticipare il Natale: il necessario rinnovamento della vita politica italiana deve perciò prescindere dai partiti e dai suoi leader per condizionare dal basso la loro azione e bilanciarne il potere, con la consapevolezza che certe battaglie civili vanno combattute solamente perché giuste e non perché sia sicura la vittoria o una carriera. Un approccio tipicamente giovanile.




Caso Ruby, Pdl: “Alfano intraprenda azione disciplinare contro Procura di Milano”



Gettare fumo sulla vicenda Ruby, rispondere colpo su colpo alla procura di Milano, mettere in scena una partita tra giustizia e politica, alzando il tono dello scontro e trasformando gli accusatori in imputati per arrivare, perché no, a spostare il processo Ruby dal Tribunale di Milano ad una sede più gradita e comunque guadagnare tempo prezioso. Dopo l’ultima ondata di rivelazioni sulle “tranquille” serate di Arcore, il Pdl alza la posta in gioco e risponde con la richiesta di una azionedisciplinare nei confronti dei pm che hanno portato in Tribunale Silvio Berlusconi con le accuse di prostituzione minorile e concussione.

A questo serve l’interrogazione urgente presentata da Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello: una conferenza stampa per introdurre la richiesta al Guardasigilli Alfano di ispezione alla Procura di Milano. Le basi: “palesi violazioni” dell’articolo 68 della Costituzione nell’uso delle intercettazioni. Nel testo si elencano una serie di episodi, da intercettazioni pubblicate a dichiarazioni della Procura ma anche citazione di sentenze della Corte, per suffragare la tesi sostenuta dal Pdl. E per questo si chiede al ministro della Giustizia “se non ravvisi l’opportunità di intraprendere le iniziative ispettive e disciplinari di propria competenza al fine di verificare la correttezza o meno dell’operato della Procura della Repubblica di Milano in ordine alle prerogative parlamentari di cui all’articolo 68 della Costituzione e relative norme di attuazione, con particolare riguardo all’intercettazione indiretta di comunicazioni e all’acquisizione di tabulati telefonici”.

E poi avanti, la richiesta di verificare “la regolarità della tempistica di iscrizione nel registro degli indagati dell’onorevole Berlusconi, onde accertare che pur in presenza di un’attività investigativa già chiaramente indirizzata, tale procedura di garanzia non sia stata ritardata al fine di consentire la praticabilità del rito immediato e agevolare la prosecuzione dell’attività intercettiva in violazione della legge”.

Nei giorni in cui altre ragazze danno valore e credibilità alle tesi dell’accusa, raccontando il bacio al fallo di Priapo o le palpatine del premier a due diciottenni in cerca di carriera, quello che il centrodestra vuole è una scintilla, un incidente. Per smuovere l’opinione pubblica, in primis, e cercare di spostare l’attenzione sulle malefatte dei giudici. Non per niente stamattina il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, è tornato a difendere l’opera e il ruolo dei magistrati meneghini. “Nei giorni scorsi – scrive il magistrato in una nota – nella città di Milano sono stati affissi, negli spazi riservati alla propaganda elettorale, vistosi manifesti su fondo rosso a firma ‘associazione dalla parte della democrazia’ con espressioni critiche nei confronti della magistratura. Oggi, sempre negli spazi riservati alla propaganda elettorale -prosegue la nota- è stato affisso, ancora a firma ‘associazione dalla parte della democrazia’ questo manifesto ‘via le Br dalle Procure’. Rammento che a Milano – conclude Bruti Liberati – le Br in Procura ci sono state davvero: per assassinare magistrati”.

Ma oltre l’opinione e il voto dei cittadini – maggio e le elezioni sono vicini – la strategia è quella di un accerchiamento. Processo breve approvato alla Camera, processo lunghissimo al Senato. E poi ancora le intercettazioni, su cui pesa l’ipotesi di una calendarizzazione fulminea. Senza contare la possibilità di arrivare ad invocare il legittimo sospetto nei confronti dei giudici milanesi.




Pdl verso il baratro, ma la linea dei colonnelli è negare l’evidenza. - di Sara Nicoli


Dietro una apparente unità i maggiorenti azzurri si danno battaglia per spartirsi quel che resta del partito. Il Cavaliere intanto vuole portare a casa entro l'estate il processo breve e la legge bavaglio

Il baratro è ad un passo, ma la convenienza di tutti è quella di mostrare unità e compattezza anche laddove di unità e compattezza non c’è più traccia da mesi. Il Pdl non c’è più, balcanizzato in almenosette correnti (ufficiali), ma per dividersi al meglio quel che resta del potere elettorale berlusconiano, tanto vale riscoprirsi tutti democristiani. E negare al mondo l’evidenza di un fallimento politico ormai conclamato.

Ieri è stata l’ultima notte romana dei lunghi coltelli berlusconiani. Al “Valentino”, ristorante “upperclass” del cuore della Capitale, si è consumata l’ultima cena complottarda dei colonnelli pidiellini. Maestri di cerimonia Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, quei capigruppo che sono poche ore prima avevano assistito alla scenata di Silvio davanti alla velata (ma neppure troppo) minaccia del Quirinale di bloccare – nei modi consoni – il tragitto del processo breve. Ricavandone una sensazione assai sgradevole. La situazione, è di tutta evidenza, sta sfuggendo di mano. Claudio Scajola, solo due sere prima, era riuscito a metterne a tavola ben 57 di parlamentari pidiellini, cosi come Altero Matteoli , deciso a mettere un freno alle intemerate del Capo su un futuro del Pdl a guida Angelino Alfano. Epperò intorno ai tavoli del “Valentino” ieri sera c’erano tutti, per darsi una linea di compostezza ed evitare che la frantumazione del partito finisca per provocare danni – a quel punto irreparabili – sul fronte elettorale delle amministrative incombenti. La vittoria al comune di Milano diventa sempre più sfuggente e l’altro fronte caldo, quello di Napoli, non è da meno: “Se non vogliamo indebolirci – ha arringato ieri sera Gasparri – dobbiamo restare uniti”. Andando verso un congresso che Maurizio Lupi ha indicato “per i primi mesi del 2013”, ma è indubbio che è una data davvero troppo lontana per farci i conti seriamente. Però, adesso, si stringono le fila, ma è solo un abbaglio, un salvare l’apparenza che non copre la sostanza; i maggiorenti pidiellini, i capi corrente di un partito che ormai non c’è più stanno aspettando solo il momento giusto per canibbalizzare al meglio quel che resta di Silvio. E del ventennio a colori.

La cronaca di queste ore, d’altra parte, scandisce impietosa come il nervosismo e l’iper attivismo berlusconiano non siano altro che segnali di una debolezza politica ogni giorno più grave. Ieri, l’unica cosa che Berlusconi è riuscito a dire dopo un siluro pesantissimo lanciato dal Quirinale sul processo breve, è stata di rilanciare la legge sulle intercettazioni che Napolitano vede come fumo negli occhi. E questo solo per far vedere di essere più forte e più determinato di quanto lo sia Napolitano nel cercare di salvare dall’oblio alcuni dei processi più dolorosi degli ultimi anni. Un rilancio continuo che non potrà che portare ad un prossimo scontro istituzionale dalle conseguenze che ora è difficile immaginare, visto che non esistono precedenti. Si sa che Berlusconi non ha alcuna intenzione di mollare e che prima dell’estate vuole portare a casa non solo il processo breve, “anche a costo di rimandare al Quirinale la legge non firmata la prima volta cambiando solo una virgola” (e obbligando così il Colle alla firma), ma anche le intercettazioni.

Sono state le ultime rivelazioni delle nuove, giovanissime adepte al bunga bunga arcoriano a convincere il Cavaliere a dare uno stop alla pubblicazione di continue rivelazioni che, comunque, hanno ormai ridotto la sua immagine ad un colabrodo. E’ bene ricordare che oltre al ddl intercettazioni, fermo ormai da un anno in commissione Giustizia della Camera, affossato in tempi non sospetti da Giulia Bongiorno, ne esiste un altro al Senato, composto da soli tre articoli, che rende ancora più severe le norme per l’utilizzazione degli ascolti, da parte dei magistrati, nelle indagini. Nel Pdl non si mettono “limiti alla provvidenza” quando si parla di leggi che favoriscono il Capo, ma è bene aspettarsi qualche sorpresa sul fronte delle intercettazioni alla Camera; essendo già stato approvato dal Senato, il ddl potrebbe essere calendarizzato già nella prossima conferenza dei capigruppo. Con la maggioranza blindata che si è palesata sul processo breve, anche le intercettazioni diventerebbero legge definitiva in un battito d’ali. Un pericolo che il Quirinale ha ben presente. E visto il crescendo rossiniano delle prove di forza, non è da escludere che il Capo dello Stato, preoccupato di una situazione politica complessiva ormai allo sbando, non decida alla fine di intervenire. Anche con un gesto clamoroso.



Vittorio Arrigoni: fionde contro bombe al fosforo bianco.



“Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola” mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue. “Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato.” Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua “Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste…” il dottore continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. “Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi la schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati.”

A questo punto il dottore si china verso una scatola, e me la scoperchia dinnanzi. Dentro ci sono contenuti gli arti mutilati, braccia e gambe, dal ginocchio in giù o interi femori, amputati ai feriti provenienti dalla scuola delle Nazioni Unite Al Fakhura di Jabalia, più di cinquanta finora le vittime. Fingo una telefonata urgente, mi congedo da Jamal, in realtà mi dirigo verso i servizi igienici, mi piego in due e vomito.

Poco prima mi ero intrattenuto in una discussione con il dottor Abdel, oftalmologo, circa i rumors, le voci incontrollate che da giorni circolano lungo tutta la Striscia secondo le quali l'esercito israeliano ci starebbe tirando addosso una pioggia di armi non convenzionali, vietate dalla Convenzione di Ginevra. Cluster bombs e bombe al fosforo bianco. Esattamente le stesse che l'esercito di Tsahal utilizzò nell'ultima guerra in Libano, e l'aviazione USA a Falluja, in violazione delle le norme internazionali. Dinnanzi all'ospedale Al Auda siamo stati testimoni e abbiamo filmato dell'utilizzo di bombe al fosforo bianco, a circa cinquecento metri da dove ci trovavamo, troppo lontano per essere certi che sotto gli Apache israeliani ci fossero dei civili, ma troppo tremendamente vicino a noi. Il Trattato di Ginevra del 1980 prevede che il fosforo bianco non debba essere usato direttamente come arma di guerra nelle aree civili, ma solo come fumogeno o per l'illuminazione. Non c'è dubbio che utilizzare quest'arma sopra Gaza, una striscia di terra dove si concentra la più alta densità abitativa del mondo, è già un crimine a priori. Il dottor Abdel mi ha riferito che all'ospedale Al Shifa non hanno la competenza militare e medica, per comprendere se alcune ferite di cadaveri che hanno esaminato siano state prodotte effettivamente da proiettili al fosforo bianco. A detta sua però, in venti anni di mestiere, non ha mai visto casi di decessi come quelli portati all'ospedale nelle ultime ore. Mi ha spiegato di traumi al cranio, con fratture a vomere, mandibola, osso zigomatico, osso lacrimale, osso nasale e osso palatino che indicherebbero l'impatto di una forza immensa con il volto della vittima. Quello che ha detta sua è totalmente inspiegabile, è la totale assenza di globi oculari, che anche in presenza di traumi di tale entità dovrebbe rimanere al loro posto, almeno in tracce, all'interno del cranio. Invece stanno arrivando negli ospedali palestinesi cadaveri senza più occhi, come se qualcuno li avesse rimossi chirurgicamente prima di consegnarli al coroner. Israele ci ha fatto sapere che da oggi ci è generosamente concessa una tregua ai suoi bombardamenti di 3 ore quotidiane, dalle 13 alle 16. Queste dichiarazioni dei vertici militari israeliani vengono apprese dalla popolazione di Gaza, con la stessa attendibilità dei leaders di Hamas quando dichiarano di aver fatto strage di soldati nemici. Sia chiaro, il peggior nemico dei soldati di Tel Aviv sono gli stessi combattenti sotto la stella di Davide. Ieri una nave da guerra al largo del porto di Gaza, ha individuato un nutrito gruppo di guerriglieri della resistenza palestinese muoversi compatto intorno a Jabalia e ha cannoneggiato. Erano invece dei loro commilitoni, risultato: 3 soldati israeliani uccisi, una ventina i feriti. Alle tregue sventolate da Israele qui non ci crede ormai nessuno, e infatti alle 14 di oggi Rafah era sotto l'attacco degli elicotteri israeliani, e a Jabalia l'ennesima strage di bambini: tre sorelline di 2, 4, e 6 della famiglia Abed Rabbu. Una mezz'ora prima sempre a Jabilia ancora una volta le ambulanze della mezzaluna rossa sotto attacco.Eva e Alberto, miei compagni dell'ISM, erano sull'ambulanza, e hanno videodocumentato l'accaduto, passando poi i video e le foto ai maggiori media. Hanno gambizzato Hassan, fresco di lutto per la morte del suo amico Araf, paramedico ucciso due giorni fa mentre soccorreva dei feriti a Gaza city. Si erano fermati a raccogliere il corpo di un moribondo agonizzante in mezza alla strada, sono stati bersagliati da una decina di colpi sparati da un cecchino israeliano. Un proiettile ha colpito alla gamba Hassan, e ridotto un colabrodo l'ambulanza. Siamo arrivati a quota 688 vittime, 3070 i feriti, 158 i bambini uccisi, decine e decine i dispersi. Solo nella giornata di ieri si sono contati 83 morti, 80 dei quali civili. Il computo delle vittime civile israeliane, fortunatamente, è fermo a quota 4. Recandomi verso l'ospedale di Al Quds dove sarò di servizio sulle ambulanze tutta la notte, correndo su uno dei pochi taxi temerari che zigzagando ancora sfidano il tiro a segno delle bombe, ho visto fermi ad una angola di una strada un gruppo di ragazzini sporchi, coi vestiti rattoppati, tali e quali i nostri sciuscià del dopoguerra italiano, che con delle fionde lanciavano pietre verso il cielo, in direzione di un nemico lontanissimo e inavvicinabile che si fa gioco delle loro vite. La metafora impazzita che fotografa l'assurdità di questa di tempi e di questi luoghi.
Restiamo umani.
Vik


http://guerrillaradio.iobloggo.com/archive.php?eid=1766



Vittorio Arrigoni - Guerrilla radio - Restiamo umani.




Vittorio Arrigoni era arrivato a Gaza nell'agosto del 2008 come inviato de "il manifesto" per narrare le condizioni di vita dei palestinesi che vivono nella striscia. Il suo lavoro giornalistico conobbe grande notorietà all'epoca dell'operazione 'Piombo Fuso' condotta dal governo israeliano contro Hamas, quando Arrigoni riuscì, nonostante le difficoltà del caso, a spedire i suoi articoli da una Gaza scovolta. Il vicedirettore del manifesto, Angelo Mastrandrea aveva spiegato che Arrigoni "ha iniziato a collaborare con noi mandando pezzi di cronaca sul conflitto a Gaza, dove si trovava come volontario di una ong. Pur non essendo un giornalista erano testimonianze in presa diretta - prosegue il vicedirettore. Quando è esploso il conflitto gli abbiamo chiesto di fare un diario: erano cronache quotidiane molto vissute tanto che poi gli abbiamo proposto di metterle insieme per farci un libro, poi pubblicato, dal titolo "Restiamo Umani", le due parole con le quali chiudeva sempre i suoi articoli. (Viviana Vivarelli)

Il 14 aprile scorso, un'ansa riporta:

Roma - (Adnkronos) - Il cooperanteVittorio Arrigoni nelle mani di un gruppo salafita. Lo accusano di aver portato "corruzione morale". Farnesina al lavoro. I sequestratori chiedono al governo di Hamas di liberare alcuni detenuti entro 30 ore altrimenti uccideranno l'ostaggio (VIDEO). Salafiti a Gaza, la spina nel fianco di Hamas. International Solidarity Movement, il gruppo a cui aderisce Arrigoni.

Un'ansa del 15/4, riporta:

Roma - (Adnkronos) - Il cooperante Vittorio Arrigoni era nelle mani di un gruppo salafita. E' stato ritrovato in una casa abbandonata a Gaza City poco dopo il rapimento. Arrestati due uomini, un terzo è fuggito durante il blitz di Hamas. I sequestratori chiedevano al governo di Hamas di liberare alcuni detenuti entro 30 ore (VIDEO) ma non hanno rispettato la scadenza. Salafiti a Gaza, la spina nel fianco di Hamas. International Solidarity Movement, il gruppo a cui aderisce Arrigoni: "Scioccati e tristi"

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Noi vogliamo ricordarlo ancora vivo dalla sua pagina su face book:


E da quella del suo blog:



perchè persone come lui non muoiono mai.


RESTIAMO UMANI