Il se non ora quando lo dico piuttosto all’opposizione e al suo maggior partito. Se non ora quando è tempo di presentare in Parlamento e al Paese una manovra economica alternativa che sia meno iniqua e oltretutto più credibile agli occhi del mercato? Se non ora quando è tempo di far capire al proprio elettorato, già deluso nei giorni scorsi, che l’opposizione è pronta a governare e si batterà perché al Berlusconi indecente non subentri un Berlusconi presentabile, ma pur sempre un Berlusconi? Se non ora quando l’opposizione vorrà dissipare l’orrenda sensazione di avere i cassetti vuoti perché prima di riempirli si deve decidere sulle alleanze centriste e quindi non si può osare dire qualcosa di sinistra?
Oppure si aspetta che la situazione divenga così drammatica da imporre un governo di unità nazionale che bastoni i ceti popolari perché ovviamente con certi compagni di strada, anzi di camarilla sarebbe sconveniente affrontare il tema dell’etica civile, dell’evasione ormai insopportabile, del precariato, del welfare?
Se non ora quando sarà il momento di affrontare questi problemi? Oppure si sta aspettando che vi siano le quote del coraggio politico e dell’intelligenza? Se non ora quando si capirà che proprio la mancanza di un’alternativa, in un Paese ormai diviso per bande, è il fattore di maggiore instabilità per la tenuta dell’economia? E se non ora quando si capirà che la prosecuzione del berlusconismo con tutto il peso dei mille conflitti d’interesse, con la devastazione dell’erario, con un sistema premiale della cialtroneria, è l’immagine peggiore che si possa dare ai mercati?
Ma ho una paura, che l’eco di questa richiesta non certo mia, ma che sale dal Paese, ritorni deformata, rimbalzata da un muro di gomma e suoni Se e Quando, ma non ora.
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