Il sindaco di Pontecagnano viene convocato dai pm Alessandro Milita e Giuseppe Narducci(pochi mesi dopo divenuto assessore alla sicurezza della giunta De Magistris) il 4 aprile del 2011. che informano l’indagato delle prove a suo carico: “le intercettazioni del caso P3, le dichiarazioni rese in due distinti interrogatori da Arcangelo Martino, più le dichiarazioni rese, da Stefano Caldoro, Italo Bocchino e Mara Carfagna”.
L’interrogatorio è teso e dura quattro ore. “Nell’estate 2007 ero consigliere regionale del partito della Margherita… andai in Sardegna a Porto Rotondo a casa del mio amico Davide Cincotti e, grazie a lui e a una signora di nome Consuelo che ha una agenzia immobiliare, riuscii ad avere un incontro per un aperitivo con il Presidente Berlusconi …Dopo l’incontro per l’aperitivo tra me, Cincotti, Berlusconi e altre persone presenti alla villa sarda del Presidente del Consliglio a circa 15 giorni di distanza seguì un lungo incontro solo tra me e Berlusconi, sempre a villa La Certosa… io offrii a Silvio Berlusconi la mia pronta disponibilità ad abbandonare il partito della Margherita e transitare nelle fiIe di Forza Italia. In cambio Berlusconi mi assicurò che sarei entrato a far parte dello staff di segreteria della nascente formazione politica Popolo delle Libertà che di li a poco sarebbe stata annunciata …avrei lavorato a Palazzo Grazioli”.
A questo punto è utile ricordare che la Procura di Napoli indaga Sica per il ricatto a Berlusconi e Caldoro e sospetta che abbia effettuato alla fine del 2007 un’attività di compravendita di parlamentari del centrosinistra sulla base soprattutto di un verbale inedito, reso da Arcangelo Martino il 22 ottobre del 2010. L’ex assessore arrestato per la P3 e per il dossier Caldoronell’inchiesta di Roma racconta ai pm: “Sica diceva sempre di tenere in pugno Berlusconi per i favori che gli aveva reso e cioè in particolare per la famosa storia dell’acquisto dei voti dei parlamentari che avevano garantito la caduta del governo Prodi nel 2008.
Quando il 26 e 27 gennaio 2010 parlo con lui al telefono e sollecito Sica a preparare con urgenza e a consegnarmi la relazione e parlo anche esplicitamente di dossier vi rispondo che queste telefonate fanno riferimento non al dossier su Caldoro. In verità io sollecito Sica a farmi avere al più presto in anteprima la famosa denuncia che lui diceva di poter preparare e voler presentare sul conto di Berlusconi ed in particolare su come lui Sica, per conto di Berlusconi, nel 2008, aveva comprato il voto di alcuni parlamentari inducendoli a votare la sfiducia al governo Prodi. Poiché io avevo informato Denis Verdini circa questa attività di Sica e poiché anzi lo stesso Sica aveva detto ai vertici nazionali del Pdl che lui poteva presentare questa denuncia, io ero stato sollecitato da Verdini affinché mi facessi consegnare da Sica il racconto che poi sarebbe confluito nella denuncia. I vertici del Pdl, in altri termini, volevano verificare la natura e la consistenza delle accuse che Ernesto Sica avrebbe potuto fare nei confronti di Silvio Berlusconi allo scopo, evidentemente, di contenere o neutralizzare la denuncia stessa. … Sica aveva detto a me che i soldi serviti per la operazione di acquisto del voto dei parlamentari erano stati forniti da un imprenditore di grande rilievo, suo amico nonché amico di Berlusconi, imprenditore che operava nel settore dei supermercati. Non conosco il nome di questo imprenditore…. Sica, quindi, aveva un potere ricattatorio di non poco conto e la sua finalità era quella di intimidire Berlusconi al fine di ottenere per sé la carica di candidato governatore”.
Sica nega. Ma i pm sospettano che l’imprenditore possa essere proprio il suo amico Davide Cincotti, presentato a Berlusconi ma contributore per Dini.
“Davide Cincotti non conosceva, prima di quell’incontro dell’agosto Silvio Berlusconi…dopo il periodo delle festività natalìzie della· fine 2007 inizio 2008”, prosegue Sica che racconta le continue promesse non mantenute da Berlusconi. Prima non lo porta a Palazzo Grazioli, poi non lo candida. Sica vuole riscuotere anche se ai pm puntualizza: “non ho avuto alcun ruolo in operazioni di cosiddetta compravendita di parlamentari per la caduta di Prodi”. I magistrati napoletani però non la bevono: “mi si chiede delle operazioni di finanziamento effettuate alle forze politiche dal mio amico e vi rispondo che fu Cincotti a dirmi che aveva versato un contributo al gruppo di Dini”. Sica non sapeva nulla, nonostante avesse presentato il suo amico, fulminato sulla via di Lamberto, al Cavaliere. Ammette solo il patto scellerato con Cosentino contro Caldoro. “L’accordo tra me e Cosentino, sostenuti nel convincimento da Arcangelo Martino, era quello di lavorare attraverso la preparazione e la successiva divulgazione del dossier per tagliare le gambe a Stefano Caldoro”. Purtroppo non riescono nell’intento. Caldoro è il candidato del Pdl e Sica è sempre più teso. Vola a Viareggio e incontra Denis Verdini minaccia di raccontare “tutto da ferragosto 2007” e dice che non farà “la fine della “puttana di Bari”. Ai pm dice: “ho ricevuto assicurazioni da Berlusconi in persona circa il fatto che sarei stato dimenticato e che avrei avuto un posto nella futura, Giunta Regionale. … aggiunse che ne aveva già parlato con Caldoro ricevendo l’assenso di quest’ultimo”. Caldoro però il 15 maggio 2010 gli concede solo la misera delega all’avvocatura. Il giorno dopo Sica vola ad Arcore con la fidanzata. “Intorno alle 18,30 Berlusconi telefonò a Caldoro e io ascoltai”, racconta ai pm, “la conversazione essendo stato inserito il viva voce del telefono. Berlusconi disse a Caldoro che si poteva pensare anche di assegnarmi un assessorato più impegnativo. Caldoro rispose a Berlusconi che … in futuro si sarebbe di nuovo potuto tornare a parlare di un altro mio incarico”. Quando gli contestano le telefonate minacciose, Sica dice: “chiedevo il “conto morale e politico· di tutto” quello che avevo tatto per il partito di cui ho parlato in precedenza”. Sica nega però che il piano B del quale parla con Martino riguardi “le mie conoscenze sull’acquisto dei senatori per la caduta del governo Prodì”. L’unica minaccia che ammette è quella “di esporre pubblicamente il fatto che il Cavaliere aveva tradito gli accordi dell’agosto 2007”. Tanto sarebbe bastato per terrorizzare Berlusconi. Sica ammette: “Berlusconi ovviamente non voleva che io divulgassi alcuna notizia sulla storia del nostro accordo del 2007 e ricordo bene che in quella circostanza mi disse che lui non tradiva mai gli impegni e che anche io alla fine sarei stato gratiticato”.