Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 3 ottobre 2011
«Laudato, sii mio Signore». - di Francesco Iagher
Come San Paolo “folgorato sulla via di Damasco” , così il maronita davanti alla milionata abbondante di firme per il referendum contro la legge porcata del suo collega, ha ammesso che è un evento da non sottovalutare, mettendosi all’opera per il suo “legale svolgimento”. Però i bastiancontrarii, davanti a questa manifestazione di volontà popolare, si sono messi subito all’opera, non possono digerire che sia l’elettore a scegliere chi rappresentarlo, bensì vogliono tenere ancora il potere in mano per decidere loro a chi dare la “poltrona”.
Poi quello di risibile, che ai fautori di questi iniziativa, si sono subito aggregati quelli che nicchiavano per metterci il cappello su, i famosi banchetti per le firme erano miraggi in molte regioni, ed i comuni hanno avuto il loro daffare.
Era evidente, che il malessere non è “antipolitica”, bensì la totale perdita di fiducia di una certa classe politica che in un verso o l’altro si è dimostrata incapace, pavida e venduta agli interessi personali di “casta”.
Adesso hanno la loro gatta da pelare, sia il governo che l’opposizione, per bloccare la volontà popolare l’unica strada è quella d’indire le elezioni anticipate, con una fava due piccioni far saltare il referendum ed il cavalier “patonza”.
Già il “pierfurby” sta saltellando come un funambolo per cercare una via mediana tra un forno e l’altro, il Pdl in piena paranoia è troppo preso per le bisogna del suo “padre padrone”, il PD sempre più evanescente e grigiastro come l’effige del Bersani sugli “Sgommati”.
I famosi “responsabili” in piena fibrillazione, ben sapendo che quelle poltrone avute al “mercato”, sarà ben difficile nei prossimi secoli a venire rivederle ; un sogno di mezzo dicembre di spudoratezze servili, e gli elettori non dimenticano.
Ma forse chi sta peggio di tutti sono i “cispadani”, dopo gli schiaffi arrivati a profusione dal colle, adesso anche la base che rumoreggia perché sente di aver perso la sua identità, il vendersi per qualche voto di fiducia gli ha fatto perdere la sua credibilità iniziale di partito.
Sono lontani le prime pagine della Padania che parlava di mafiosi, delle dichiarazioni al vetriolo quando ancora ce l’aveva duro era un leader, di quando gli dava del dittatore,mafioso e piduista ; adesso si fa carezzare amorevolmente il capino da quel personaggio.
Ma il grande problema è quello d’affrontare le riforme per l’economia, ogni altra mozione in agenda che riguardi altra legge ad personam, l’opposizione dovrà avere “gli attributi” per salire sull’Aventino, i famosi movimenti di piazza farsi realmente vedere ma non poche decine ma a milioni nelle piazze italiane.
Credo che ognuno di noi rivoglia indietro la propria democrazia e d’essere libero di scegliere chi deve rappresentarlo, basta con i nani e ballerine ed ancor peggio col nepotismo ; riapriamo le finestre e facciamo uscire fuori dal nostro paese questi miasmi che hanno reso l’Italia un vero letamaio d’interessi, corruzione, inquisiti a vario titolo e postribolo.
http://www.lavocediquasitutti.it/?p=9915#.TomJJbW2b6s.facebook
E' ufficiale, rifanno la Dc. - di Marco Damilano
Prove generali a Todi a metà ottobre, con Bagnasco. Poi sarà un autunno di incontri febbrili. Per costruire il nuovo partito moderato e cattolico, destinato (nelle intenzioni) a prendere il posto del Pdl.
L'Esercito Bianco, lo definisce così uno degli aspiranti generali, avrà una potenza di fuoco che nessuno degli attuali soggetti in campo può uguagliare. Non un nuovo partito: qualcosa di molto più radicato e dirompente. Si organizzerà in ogni regione del Paese. E poi in ogni diocesi. E da lì, giù giù, in ogni territorio parrocchiale, in modo capillare, riproducendo negli angoli più remoti della penisola lo schema nazionale: tutte le associazioni cattoliche, per la prima volta da decenni, riunite su un progetto politico, aperto ad altri. A quegli ambienti finanziari e imprenditoriali, laici e tecnocratici che negli ultimi mesi hanno con crescente durezza criticato il governo Berlusconi e in alcuni casi si sono detti disponibili all'ingresso in politica: Emma Marcegaglia, Corrado Passera, Alessandro Profumo, Luca Cordero di Montezemolo, Mario Monti. Un patto tra i ceti medi, le famiglie, gli strati popolari impauriti dalla crisi e delusi dalle promesse berlusconiane, rappresentati dal mondo cattolico con le sue antenne sensibili sul territorio, e la grande borghesia alla ricerca di uno spazio politico. Una Santa Alleanza tra Popolo e Capitale, officiata dalla Chiesa, per uscire dal berlusconismo.
Un'impresa ambiziosa? Molto. Per questo, all'indomani della prolusione del 26 settembre di fronte al consiglio permanente della Conferenza episcopale, il cardinale Angelo Bagnasco è rimasto stupito dall'interpretazione data dai giornali alle sue parole. "Hanno tutti scritto che i vescovi hanno tolto la delega a Berlusconi", ha confidato, "ma è una non notizia, era già successo un anno fa. Non hanno colto la vera novità". Game over. Per i vertici ecclesiastici la Seconda Repubblica è sepolta da un pezzo, siamo già in pieno post-berlusconismo: l'era in cui bisogna tornare a giocare in prima persona, da protagonisti, tutti uniti. E per farlo è necessario riconquistare la scena politica: schierare le truppe, mobilitare la fanteria, coordinare gli ufficiali, stabilire gli obiettivi. Strategie, organizzazione, leadership, risorse.
Le prove generali si faranno a Todi, il prossimo 17 ottobre, al convegno sull'economia del Forum delle associazioni cattoliche del lavoro, nato due anni fa e già diffuso in molte regioni, dalla Calabria al Friuli. Bagnasco aprirà e concluderà i lavori. Interverranno tutte le sigle del laicato cattolico che in questi anni si sono collocate in schieramenti politici diversi: la Cisl di Raffaele Bonanni e la Compagnia delle Opere legata a Comunione e liberazione con il presidente, il tedesco Bernhard Scholz, la Coldiretti, la Confcooperative, le Acli, la Confartigianato, il Movimento cristiano lavoratori.
E poi l'associazione più diffusa, l'Azione cattolica con il presidente Franco Miano, la Comunità di Sant'Egidio, gli scout dell'Agesci, i focolarini, Rinnovamento nello spirito, il rettore dell'università Cattolica Lorenzo Ornaghi. E alcuni invitati esterni di peso, come l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Passera. A conferma che il progetto va ben al di là dei confini tradizionali.
Prima dell'estate negli ambienti ecclesiali qualcuno si è preoccupato di far valutare a un istituto di sondaggi quanto potesse contare elettoralmente questo mondo. Risultato modesto: il 3,2 per cento. Ma per le gerarchie ecclesiastiche, lo scopo non è dare vita a un partitino centrista che si allea di volta in volta con chi offre di più. Nel centrodestra c'è il tramonto di Berlusconi, drammatico e grottesco. A sinistra il trio Bersani-Vendola-Di Pietro ripropone l'immagine della gioiosa macchina da guerra, sconfitta. E il Terzo polo è un'ipotesi evanescente. Il sogno è diventare il primo polo, sulle macerie degli attuali schieramenti, in una condizione favorevole. Qualcosa di simile alla vecchia Democrazia cristiana, ma in versione moderna e laicizzata. Non più la Balena Bianca che danzava sulle note di Gino Latilla, "Son tutte belle le mamme del mondo", ma una giovane, aggressiva Tecno-Dc.
"I cattolici sono tornati a incontrarsi, come non accadeva da tempo, hanno ripreso a interrogarsi sulle loro responsabilità verso il Paese. E si chiedono cosa potrebbero fare. Stanno costruendo tra loro un'amicizia pensante", spiega il fondatore di Sant'Egidio Andrea Riccardi, uno dei leader riconosciuti dell'associazionismo cattolico ("Anche se non mi interessa fare direttamente politica: sono un eterno apolitico", precisa). "Non si andrà verso un partito dei cattolici, non ci sarà una nuova Dc, né nuovi partiti. Ci sarà, però, un maggiore protagonismo dei laici. Negli ultimi anni il rapporto con la politica è stato affidato alle gerarchie ecclesiastiche. Ora tocca al popolo cristiano raccolto in associazioni, cooperative, sindacati, volontariato, colmare l'abisso che si è spalancato tra il Palazzo e la politica. Un distacco enorme che fino a questo momento è stato occupato solo dall'anti-politica. Mancano culture politiche che possano ispirare una politica pensata e non gridata. Vanno ricreate. C'è una spinta che il cardinale Bagnasco ha registrato. Da qui potranno nascere nuovi incroci, nuovi soggetti. Siamo al momento dell'incubazione".
Quanto potrà durare? E' evidente che i tempi della nascita del nuovo soggetto sono legati alla velocità e alle circostanze con cui il Cavaliere uscirà di scena e sarà ripulita "l'aria appestata", per utilizzare l'immagine di Bagnasco di fronte ai vescovi. "Ma bisogna vedere con quale legge elettorale si tornerà a votare", avverte Riccardi. "Il rischio più grave, con l'attuale sistema, è l'autorigenerazione della situazione precedente. Quando sento parlare di regime che crolla... c'è molto di più. Serve uno spariglio prima di tutto culturale per ricomporre una visione del futuro. E non si promuove il cambiamento solo in una logica di schierarsi pro o contro Berlusconi".
Anzi, in prospettiva, il progetto neo-cattolico è un'Opa lanciata sull'elettorato che finora ha votato per il Cavaliere, è un Pdl senza più Berlusconi, preferibilmente anche senza La Russa e senza Verdini, e liberato da ogni dipendenza dalla Lega di Umberto Bossi. Le "amicizie pensanti" vanno cercate soprattutto tra chi si trova attualmente collocato nel Pdl. C'era anche Giulio Tremonti, che era stato informato dell'incontro di Todi e che aveva coltivato i suoi rapporti con la Cei e con il Vaticano, ma il caso Milanese l'ha bruciato. C'era un altro ministro. Maurizio Sacconi, ma è scivolato sulla barzelletta sulle suore: porte chiuse. Va meglio a Roberto Formigoni, il più esplicito nel dichiarare chiusa la stagione berlusconiana. E piace soprattutto il segretario del Pdl Angelino Alfano, l'ex studente dell'università Cattolica (frequentava i circoli cattolici democratici di "Dialogo e rinnovamento"), oggi legato a Cl.
A lui si chiede la prova più difficile: dimostrare di voler aprire davvero la fase nuova riuscendo a convincere Berlusconi a fare il famoso passo indietro. Se riesce nella missione diventa uno degli uomini chiave dell'operazione. E potrebbe saldarsi con l'Udc di Pier Ferdinando Casini: "Pier è un po' come quel prete che anche se non crede in Dio deve fare finta", si diverte un deputato centrista. "E' un progetto che non lo entusiasma, per tanti anni ha lavorato per ereditare da solo l'Impero berlusconiano, ora che il momento è finalmente arrivato spuntano altri pretendenti. Ma non può permettersi di restarne fuori". Un cattolico come Casini conosce bene la parabola evangelica degli operai arrivati all'ultima ora e pagati come quelli che hanno lavorato tutta la giornata. E non intende perdersi la ricompensa per il suo sforzo: il Quirinale. Sul versante opposto, i cattolici del Pd, c'è l'ex ministro Giuseppe Fioroni, amico di Bonanni, interlocutore ascoltato da Bagnasco e da Bertone (un mezzo miracolo): per ora gli consigliano di restare nello stesso partito di Bersani, ma chissà fino a quando. Come dicono in Curia, estote parati, tenetevi pronti, l'ora è vicina.
Ma la novità più importante è che l'Esercito Bianco ha catturato l'interesse di quei pezzi di establishment in rotta con il governo Berlusconi e desiderosi di rappresentanza politica. Personaggi dell'establishment autorevoli in Italia e in Europa, ma senza un popolo alle spalle. Esattamente il contrario delle armate cattoliche, che possono contare su oltre 5 milioni di aderenti ma che soffrono dell'assenza di leadership visibili.
Le quattro pagine dedicate la scorsa settimana dal "Corriere" alle armate bianche sono state interpretate dalla Cei come un segnale. E i contatti tra i due mondi si sono infittiti. Uno degli uomini di collegamento è il banchiere Roberto Mazzotta, presidente dell'Istituto Luigi Sturzo dove sono conservati gli archivi di quasi tutti i grandi democristiani, che fu vice-segretario della Dc e sostenitore di un'alleanza tra il partito cattolico e i ceti produttivi del Nord, quando sotto il simbolo dello Scudocrociato per il Senato si candidò il laicissimo Guido Carli. Nel 1976-77 c'era anche Mazzotta nella corrente degli Hiltoniani (si vedevano all'hotel Hilton) organizzata da Umberto Agnelli, senatore della Dc, e dal giovane Luca Cordero di Montezemolo. Oggi il presidente della Ferrari insegue senza riserve la benedizione ecclesiastica. Negli ultimi tempi ha incontrato più volte il cardinale Bagnasco, oltre a Ornaghi e a Riccardi. "Montezemolo in questi anni ha posto questioni interessanti, in particolare la formazione delle giovani generazioni, attorno a sé ha costruito un gruppo. E ha cercato di addentare la situazione liberandosi dalla morsa del Berlusconi sì-Berlusconi no", riconosce il professore. "Ma per costruire il futuro serve anche una classe dirigente giovane, non ancora messa alla prova". La classe dirigente, già: la sfida è sempre quella, anche per l'Esercito Bianco che muove alla conquista d'Italia.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/e-ufficiale-rifanno-la-dc/2162424/24/0
Primo cittadino? No, velino. - di Silvia Truzzi
La signora Lario, giustamente schifata, definì ciarpame politico l’idea del suo consorte di candidare al Parlamento europeo – e non a Miss Strasburgo – alcune fanciulle prive di qualunque competenza. Avevamo già il ministro più bello del mondo, con una specializzazione in calendari, poteva bastare. Doveva ancora arrivare la consigliera regionale con la passione per l’abito monacale e le eleganti magliette inno alle proprie tette. Si è fatto un gran parlare del velinismo in politica, qualche sventurata ha perfino provato a replicare alla ex signora Berlusconi, scrivendoci un libro. Magari riusciamo a strappare una nuova legge elettorale che allunghi le minigonne ed estenda la quantità di cervello degli aspiranti amministratori. La questione velinismo, però, non riguarda solo le donne.
“Repubblica” in edicola venerdì riportava le parole di una cittadina di Parma, appena liberata da una giunta travolta dalle inchieste per corruzione. Gianna Montagna spiega: “Un fatto è certo, se n’è andato un sindaco da fotoromanzo, tutta immagine e niente sostanza. Foto qui e foto là, sorrisi e poco altro. Come nei fotoromanzi di quando ero giovane io, dove si raccontavano amori e avventure e il protagonista era lo stesso. Nel nostro caso, il sindaco che inaugura, il sindaco che sorride, il sindaco che promette…”. Pietro Vignali è stato il più giovane sindaco d’Italia, eletto nel 2007 a 39 anni in una lista civica di centrodestra, dimesso tre giorni fa dopo una resistenza che deve avergli ispirato il comportamento del nostro premier. É uno che tutti i sabati faceva una conferenza stampa, anche se non c’era molto da dire. Intanto, un titolo sui giornali lo guadagnava.
Nella città del melodramma, come ha scritto Maurizio Chierici della sua Parma, l’inaugurazione della stagione del Teatro Regio è un evento piuttosto importante: lui si presentava al braccio di Sara Tommasi o Manuela Arcuri, notissime appassionate di lirica. Del resto che aspettarsi da uno che da giovane faceva il pierre per le più importanti discoteche della città? A guardarlo nelle foto che in questi giorni sono passate per le agenzie e sui giornali sembra sempre – invidiabile tenuta della messa in piega – fresco di barbiere. In mancanza di mogli e figli sorridenti da esibire, si è accontentato di un animale da compagnia con cui posare: un piccolo cagnolino bianco che a metà campagna elettorale è stato sostituito con un più pubblicitario labrador.
Dagli uffici del Comune di Parma sono passati tutti i professionisti della comunicazione d’Italia. E i professionisti della politica, della gestione della cosa pubblica, dell’amministrazione? Il giorno dopo le dimissioni di Vignali sono arrivati i 70 milioni per la metropolitana. Ora, Parma non è New York e forse la metropolitana non era esattamente la prima opera di cui occuparsi: è un posto che si attraversa tutto in 15 minuti con la bici. Poter inaugurare il cantiere con la prima pietra della metro ha un certo impatto d’immagine. Ma sono solo fotografie: come quelle dei tanti che si sono infilati il caschetto per visitare il centro storico dell’Aquila e poi hanno abbandonato gli abitanti tra le macerie di una città che oggi, due anni dopo il terremoto, è ancora un deserto inabitato.
La religione dell’immagine è più perniciosa in politica che altrove: di solito i suoi seguaci sono distratti dall’apparenza, portati alla spettacolarizzazione, superficiali e quindi facilmente manovrabili. Figurine e figuranti (cfr mezzo Parlamento). Se questa è la nuova generazione dei politici, stiamo cotti. Come il famoso prosciutto di casa.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/02/primo-cittadino-no-velino/161512/
Dagospia - Lavitola
1- FERMI TUTTI! ECCO LE FOTO DI VALTERINO A PROCIDA IL 22 AGOSTO -
Carlo Tarallo per Dagospia
Ci sono "foto" e foto: quelle da depositare in banca e quelle che invece mettono un primo punto fermo nel giallo dell'estate. Valterino Lavitola dopo ferragosto svacanzava a Procida beato e tranquillo, in mutanda e "barca". Del resto solo il primo di settembre diventerà prima irreperibile e poi latitante, trafitto da mandato di cattura.
LAVITOLA IN VACANZA A PROCIDA IL 22 AGOSTOCarlo Tarallo per Dagospia
Ci sono "foto" e foto: quelle da depositare in banca e quelle che invece mettono un primo punto fermo nel giallo dell'estate. Valterino Lavitola dopo ferragosto svacanzava a Procida beato e tranquillo, in mutanda e "barca". Del resto solo il primo di settembre diventerà prima irreperibile e poi latitante, trafitto da mandato di cattura.
Prima di questa data, è accertato definitivamente che ha trascorso una bella settimana di vacanza nella più piccola delle isole del Golfo sotto ‘o Vesuvio. Notato da decine di amici e conoscenti, abitudinario di Procida dove il papà Giuseppe, illustre psichiatra, ha lasciato un ottimo ricordo, Valterino ‘a Forchetta è stato anche "avvistato" da un blog procidano.
LAVITOLA IN VACANZA A PROCIDA IL 22 AGOSTONon solo: un parlamentare campano di Fli, Luigi Muro, ex sindaco di Procida, ha raccontato a Dagospia: "Sì, l'ho incontrato per caso, ci siamo salutati. Eravamo entrambi a un ristorante la stessa sera. Deve essere stato tra il 15 ed il 20 agosto. Ne sono certo. Ci ho scambiato solo poche parole, giusto il tempo di un saluto, ma mi sembrava sereno. Era con la famiglia".
Le foto di Valterino, sulla barca di amici e al ristorante, confermano tutto e smontano definitivamente la tesi che Lavitola, fosse all'estero già da qualche settimana, avesse annullato la prevista vacanza a Procida e fosse rimasto a Panama dopo aver fiutato qualche grana in arrivo.
Valterino era molto più verosimilmente all'oscuro di tutto e faceva il bagno proprio di fronte alla Torre delle Manette di Lepore & Woodcock, dove si metteva a punto nelle stesse ore il mandato di cattura verso di lui. Poi succede quello che succede, compreso lo scoop di ‘'Panorama'' sull'inchiesta, e arriva la telefonata berluscona del "Resta lì". Lì? E dove?
LAVITOLA IN VACANZA A PROCIDA IL 22 AGOSTOBERLUSCONI COL PRESIDENTE DI PANANA. NEL CERCHIO LAVITOLAIl fatto che si trovasse a Sofia è testimoniato da Lavitola stesso: lo disse a Berlusconi al telefono e lo ha ripetuto a un Chicco Mentana un po' scettico nell'intervista su La7. Ma le carte dicono altro. Sul brogliaccio delle intercettazioni che sotto ‘o Vesuvio girano di redazione in redazione, subito prima dell'inizio della conversazione c'è questa scritta: "Nome target: LAVITOLA (Panama fisso)" seguita da un numero di telefono il cui prefisso (00507) è proprio quello di Panama.
IL PRESIDENTE DI PANANA, FRATTINI E LAVITOLAUn noto penalista vesuviano che di intercettazioni ne ha viste a migliaia non sembra avere dubbi: "Quando c'è scritto fisso è un'utenza fissa ad essere intercettata. Quando non c'è scritto niente di norma è un cellulare". Ma allora Valterino il 24 agosto già stava a Panama? A meno che non ci sia un errore nelle carte, sì. E allora perché racconta una balla al suo amico Silvio? Ah saperlo...
IL PRESIDENTE DI PANANA, FRATTINI E LAVITOLA2- ARRIVA IL LEADER DI PANAMA, SPARISCE VALTERINO
Vittorio Malagutti e Antonio Massari per Il Fatto
Ricardo Martinelli? Non pervenuto. Caso strano, stranissimo. Il presidente di Panama - ottimo amico di Valter Lavitola - arriva in Italia il 19 agosto per rimanerci tre giorni. In programma, annuncia un comunicato del governo panamense datato 20 agosto, c'è anche un incontro con Silvio Berlusconi. Ma un portavoce del premier, a cui il Fatto ha chiesto informazioni, ha risposto che "non risulta nessun incontro". Anche l'ambasciata di Panama dice di "non saperne nulla". Delle due l'una: o sbaglia il portavoce di Berlusconi, o sbaglia il governo panamense.
AVVISO DI FAMIGLIA
Sarebbe un giallo fine a se stesso se non fosse che - proprio in quei giorni - si decide il destino di Valter Lavitola che - per sua stessa ammissione - avrebbe poi trovato rifugio proprio a Panama. Il 24 agosto infatti un'anticipazione d'agenzia annuncia uno scoop di Panorama - il settimanale della Mondadori controllata da Berlusconi. L'articolo svela l'inchiesta napoletana che vede Lavitola tra gli indagati per estorsione al premier .
LAVITOLA BY VINCINOLAVITOLA BY VINCINOVittorio Malagutti e Antonio Massari per Il Fatto
Ricardo Martinelli? Non pervenuto. Caso strano, stranissimo. Il presidente di Panama - ottimo amico di Valter Lavitola - arriva in Italia il 19 agosto per rimanerci tre giorni. In programma, annuncia un comunicato del governo panamense datato 20 agosto, c'è anche un incontro con Silvio Berlusconi. Ma un portavoce del premier, a cui il Fatto ha chiesto informazioni, ha risposto che "non risulta nessun incontro". Anche l'ambasciata di Panama dice di "non saperne nulla". Delle due l'una: o sbaglia il portavoce di Berlusconi, o sbaglia il governo panamense.
AVVISO DI FAMIGLIA
Sarebbe un giallo fine a se stesso se non fosse che - proprio in quei giorni - si decide il destino di Valter Lavitola che - per sua stessa ammissione - avrebbe poi trovato rifugio proprio a Panama. Il 24 agosto infatti un'anticipazione d'agenzia annuncia uno scoop di Panorama - il settimanale della Mondadori controllata da Berlusconi. L'articolo svela l'inchiesta napoletana che vede Lavitola tra gli indagati per estorsione al premier .
Panorama annuncia che esistono delle "richieste", avanzate dai pm napoletani, sul tavolo della gip Amelia Primavera, che deve prendere delle decisioni. In effetti, delle richieste ci sono: quelle di arrestare, oltre i coniugi Tarantini, anche l'amico di Berlusconi e Martinelli, cioè Lavitola.
L'anticipazione è del 24 agosto. Il numero in questione viene chiuso il 23, il numero precedente è stato chiuso il 16, quindi la redazione ha potuto lavorare sullo scoop tra il 17 e il 23: esattamente i giorni in cui Martinelli si appresta a venire in Italia. Lavitola non ha scelto Panama a caso per la sua latitanza.
LAVITOLA E MENTANAInfatti conosce bene Martinelli, il quale a sua volta si vanta di essere amico del presidente del Consiglio, e sono indimenticabili le immagini, pubblicate dal Fatto, del premier in visita di Stato a Panama nel giugno 2010 con Valterino al seguito. Con l'inchiesta di Napoli le cose cambiano. Da consulente d'affari di grandi aziende italiane, del calibro di Finmeccanica, l'ex direttore dell'Avanti! diventa il latitante più famoso d'Italia. Un tipo che non si fa problemi ad andare in tv per due ore a lanciare messaggi e proclami come ha fatto mercoledì scorso nel programma condotto da Enrico Mentana.
FERRAGOSTO A PROCIDA
Le circostanze della fuga di Lavitola, però, restano in gran parte misteriose. Quando è partito dall'Italia? Il 24 agosto - quando Panorama pubblica l'anticipazione del suo scoop - Lavitola sente al telefono Berlusconi e gli dice di trovarsi all'estero. Il premier lo consiglia di "restare lì". Domanda: da quanto tempo l'amico di Berlusconi e del presidente Martinelli aveva abbandonato l'Italia?
BERLUSCONI E LAVITOLA IN BRASILE - A DESTRA FEDERICA GAGLIARDIFERRAGOSTO A PROCIDA
Le circostanze della fuga di Lavitola, però, restano in gran parte misteriose. Quando è partito dall'Italia? Il 24 agosto - quando Panorama pubblica l'anticipazione del suo scoop - Lavitola sente al telefono Berlusconi e gli dice di trovarsi all'estero. Il premier lo consiglia di "restare lì". Domanda: da quanto tempo l'amico di Berlusconi e del presidente Martinelli aveva abbandonato l'Italia?
Impossibile, al momento, dare una risposta precisa. Nei giorni immediatamente successivi a Ferragosto, Valterino si godeva il mare di Procida, se è esatta la segnalazione dei testimoni citati dal sito Dagospia. E quindi: nel giro d'una settimana accade quanto segue.
Primo: si alza il velo sull'indagine napoletana grazie all'articolo di Panorama (della berlusconiana Mondadori).
Secondo: Martinelli sbarca in Italia per incontrare Berlusconi.
LAVITOLA BY VINCINOTerzo: Lavitola prende il largo. Semplici coincidenze? O c'è un nesso tra questi avvenimenti?
LAVITOLA BY VINCINOLe circostanze in cui matura e si svolge la visita del presidente di Panama autorizzano dei sospetti. Quel viaggio infatti doveva restare segreto. L'ufficio stampa della presidenza ne parla solo il 20 agosto, quando Martinelli ha già lasciato il Paese da ventiquattr'ore, poche righe per confermare le indiscrezioni sulla partenza del presidente, pubblicate da quotidiano La Prensa. Neppure del programmato incontro tra Martinelli e Berlusconi resta una traccia ufficiale. I portavoce del premier non ne sanno nulla. Idem l'ambasciata di Panama.
LE COINCIDENZE DELL'AMORE
Situazione piuttosto singolare. Il capo di stato di un Paese straniero arriva in Italia per incontrare, tra gli altri, il presidente del Consiglio, ma l'avvenimento sparisce dai radar. Viene invece pubblicizzato un altro incontro: Martinelli - sbarcato a Roma il 19 agosto - domenica 21 agosto firma un memorandum d'intesa con Poste italiane per la "modernizzazione del sistema postale panamense". La notizia è confermata da un comunicato del gruppo italiano guidato da Massimo Sarmi. Era una domenica d'agosto e i vertici delle Poste, come buona parte degli italiani, erano in ferie.
IL GRANDE GIOCO
L'operazione viene iniziata da Maria Claudia Ioannucci, ex deputata di Forza Italia, che siede nel consiglio di amministrazione delle Poste. "Nel memorandum d'intesa siglato tra Poste italiane e Poste Panama, Lavitola, non ha giocato alcun ruolo", precisa Ioannucci, che racconta al Fatto Quotidiano la chiusura di quell'intesa:
LAVITOLA SUL TRENO DEL VIAGGIO UFFICIALE DI BERLUSCONI A PANAMALAVITOLA E BERLUSCONI INSIEME A PANAMALE COINCIDENZE DELL'AMORE
Situazione piuttosto singolare. Il capo di stato di un Paese straniero arriva in Italia per incontrare, tra gli altri, il presidente del Consiglio, ma l'avvenimento sparisce dai radar. Viene invece pubblicizzato un altro incontro: Martinelli - sbarcato a Roma il 19 agosto - domenica 21 agosto firma un memorandum d'intesa con Poste italiane per la "modernizzazione del sistema postale panamense". La notizia è confermata da un comunicato del gruppo italiano guidato da Massimo Sarmi. Era una domenica d'agosto e i vertici delle Poste, come buona parte degli italiani, erano in ferie.
IL GRANDE GIOCO
L'operazione viene iniziata da Maria Claudia Ioannucci, ex deputata di Forza Italia, che siede nel consiglio di amministrazione delle Poste. "Nel memorandum d'intesa siglato tra Poste italiane e Poste Panama, Lavitola, non ha giocato alcun ruolo", precisa Ioannucci, che racconta al Fatto Quotidiano la chiusura di quell'intesa:
"Sapevo che il presidente Martinelli era in Italia e ne ho approfittato per chiedergli se poteva ricevermi in aeroporto. In quell'incontro abbiamo deciso di rivederci, il giorno dopo, in un albergo, dove gli ho passato al telefono il nostro amministratore delegato e poi è stata stipulata l'intesa".
La consigliera delle poste che gestisce l'accordo con Panama, peraltro, conosce molto bene Lavitola, del quale è stata avvocato ma non ricorda di averlo visto o sentito in quei giorni. Per "discrezione" nei riguardi del presidente panamense, Ioannucci non dice in quale città l'abbia incontrato, e le chiediamo: Martinelli era qui per l'accordo con Poste Italiane? "No, sapevo che era qui e ne ho approfittato per incontrarlo". Ma allora, se non era qui per l'accordo con Poste chi doveva incontrare il presidente panamense in Italia? Di certo c'è solo un fatto: il 24 agosto Martinelli, dopo una tappa in Germania, torna a Panama. La stessa destinazione di Valter. Da latitante.
domenica 2 ottobre 2011
Lavitola in barca a Procida. A 48 ore dalla fuga a Panama. - di Vittorio Malagutti
Una fotografia, scattata lo scorso 22 agosto, ritrae l'ex direttore de L'Avanti in barca al largo dell'isola campana.
Eccolo, eccolo lì, il latitante più famoso d’Italia,Valter Lavitola, l’ex commerciante di pesce diventato consulente e confidente di Silvio Berlusconi. Il 22 agosto, due giorni prima che un articolo di Panorama lo avvisasse dei guai in arrivo, Lavitola si godeva tranquillo il sole e il mare di Procida. Lo confermano alcune fotografie pubblicate ieri sera dal sito Dagospia. Valterino in barca. Valterino a tavola. L’ex direttore dell’Avantisi diverte con gli amici nell’isola che frequenta da una vita. Questione di ore, poi fugge oltre frontiera inseguito da un mandato d’arresto della procura di Napoli. Il 24 agosto, come risulta da una telefonata agli atti delle indagini, Lavitola si è già rifugiato all’estero e parla al telefono conBerlusconi che gli consiglia di “stare lì”. Già, ma dove? Nel breve colloquio con il premier il fuggiasco sostiene di trovarsi a Sofia, ma il brogliaccio dell’intercettazione segnala invece un telefono fisso di Panama.
Proprio lì, nel Paese centroamericano, Lavitola può contare su amici molto influenti. Uno su tutti, il presidente Ricardo Martinelli, che il 19 agosto è sbarcato in Italia per una visita lampo, di soli tre giorni. Una coincidenza che appare a dir poco sorprendente. Il programma del viaggio, come conferma un comunicato stampa del governo panamense datato 20 agosto, comprendeva anche un incontro con Berlusconi. Un portavoce del presidente del Consiglio ha però dichiarato al Fattoche non “risulta alcun incontro”.
Il 23 agosto i giornali panamensi hanno invece riferito della visita di Martinelli a Berlusconi durante il viaggio in Italia. Insomma, la situazione è tutt’altro che chiara. L’unico impegno del presidente di Panama nella sua tre giorni italiana sarebbe stata la firma di un memorandum d’intesa con le Poste. Troppo poco per giustificare un viaggio tanto lungo. Resta il fatto che poche ore prima della sua precipitosa fuga, il potente amico panamense di Lavitola sbarca a Roma. E fa ritorno in patria la notte di martedì 23 agosto. Quando anche Valterino ha ormai pronte le valigie. Con tanti saluti a Procida.
Proprio lì, nel Paese centroamericano, Lavitola può contare su amici molto influenti. Uno su tutti, il presidente Ricardo Martinelli, che il 19 agosto è sbarcato in Italia per una visita lampo, di soli tre giorni. Una coincidenza che appare a dir poco sorprendente. Il programma del viaggio, come conferma un comunicato stampa del governo panamense datato 20 agosto, comprendeva anche un incontro con Berlusconi. Un portavoce del presidente del Consiglio ha però dichiarato al Fattoche non “risulta alcun incontro”.
Il 23 agosto i giornali panamensi hanno invece riferito della visita di Martinelli a Berlusconi durante il viaggio in Italia. Insomma, la situazione è tutt’altro che chiara. L’unico impegno del presidente di Panama nella sua tre giorni italiana sarebbe stata la firma di un memorandum d’intesa con le Poste. Troppo poco per giustificare un viaggio tanto lungo. Resta il fatto che poche ore prima della sua precipitosa fuga, il potente amico panamense di Lavitola sbarca a Roma. E fa ritorno in patria la notte di martedì 23 agosto. Quando anche Valterino ha ormai pronte le valigie. Con tanti saluti a Procida.
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