giovedì 6 ottobre 2011

«Il ‘ragazzo di bottega’» - di Francesco Iagher



Ne abbiamo viste di cotte e di crude a Ballarò, ma l’altro sera lo scontro tra il Dieguito della Valle ed il curato Bondi è stato epico, lo scontro tra un imprenditore internazionale ed un politico che ha cambiato spesso la casacca ; è stato lapidario apostrofarlo che parla con il suo ‘padrone’ e non con i ragazzi di bottega.
In effetti non è che poi ha tanto sbagliato, visti i comportamenti da ‘padrone delle ferriere’, ma il fatto principe che come ‘imprenditore’ ci ha messo la faccia a dire a chiare note che l’arroganza del potere politico ha tracimato oltre ogni limite di decenza.
Il messaggio è di una disarmante verità ”Alla parte migliore della politica e della società civile che si impegnerà a lavorare in questa direzione diremo grazie. A quei politici che si sono invece contraddistinti per la totale mancanza di competenza e di amor proprio per le sorti del Paese saremo sicuramente in molti a voler dire vergognatevi”.
Non credo che ci sia altro d’aggiungere, giusto vedere le reazioni dei soliti noti, le corazzate mediatiche subito messe all’opera, regalando ancora un ennesimo spettacolo all’insegna del sistema ‘Boffo’.
Dopo il declassamento di Moody’s, come all’epoca della crisi, il solito messaggio che va tutto bene madama la marchesa, adesso sono troppo impegnati sul Ddl intercettazioni, non gliene frega una beata mazza dei problemi contingenti del paese.
Adesso è la corsa frenetica contro il tempo, per mettere il bavaglio su tutto e tutti, gli affari del cavalier patonza sono fatti privati ergo, chi oserà in seguito far trapelare un solo rigo di notizia ; ‘paniz et circens’ prospetta il carcere duro ai ceppi, oppure messo alla gogna sulla pubblica piazza al ludibrio della plebe.
A ben ragione a scrivere della Valle : “Ora la gravità della situazione impone che le componenti della società civile più serie e responsabili, che hanno veramente a cuore le sorti del Paese (politici-mondo delle imprese-mondo del lavoro) si parlino tra di loro e si adoperino e lavorino per affrontare con la competenza e la serietà necessaria questo difficile momento. “
Nel ‘palazzo’ si è perso ogni significato alla competenza e serietà, vivono alla giornata cercando di restare aggrappati alla poltrona il più a lungo possibile, la loro totale arroganza e supponenza d’essere gli eletti duna ‘casta’ intouchable.
Ha detto bene il presidente delle Acli : “Ma nessuno si chiami fuori la corruzione, evasione fiscale, criminalità organizzata, diffusa illegalità, impongono cambiamenti di gruppi dirigenti ed insieme di costumi personali e politici diffusi. Per ‘purificare l’aria’ del Paese ognuno deve fare la sua parte”.
Tutto ciò è pura utopia per questo paese alla sbando e senza più voglia di dire la sua, assistendo allo spadroneggiare delle istituzioni senza alcun ritegno, ci resta solo l’intervento divino perché quello umano è ormai de cujus.



http://www.lavocediquasitutti.it/?p=9956

Wikipedia è oscurata, ma smaschera l’idiozia. - di Alberto Capece Minutolo




Wikipedia in italiano non è più raggiungibile. Si è auto inabissata per protesta contro l’imminente bavaglio e anche questa notizia farà il giro del mondo, contribuirà a quel misto di pena e di ridicolo con cui ormai si guarda all’Italia, cosa  che non è estranea anche ai declassamenti economici.
Certo è un bel guaio per la Gelmini e il suo staff che con il taglia e incolla dall’enciclopedia libera ci hanno costruito l’opuscolo ” I testi della memoria” distribuito nelle scuole per i 150 anni. Naturalmente la ministra è un po’ irritata per l’ incomprensibile  mancanza della voce ” Tunnel Ginevra- Gran Sasso” che fa torto all’operosità italiana, ma si sa che tutto non si può avere.
Però la destra della Gelmini è già quella evoluta e moderna, c’è anche quella plumbea de Il Tempo che si compiace dei bavagli e sguazza nel proprio vecchiume. Il quotidiano del coatto infatti dice che è meglio stare senza Wikipedia, perché c’è sempre la Treccani. Forse è il solo nome che conoscono, di enciclopedie cartacee ce ne sono molte, ma non sono alla portata di tutti e del resto le più evolute e autorevoli sono già digitalizzate e online.
Ma insomma cosa vogliamo pretendere per un quotidiano del tempo che fu? Il bello o il pessimo è che ci aggiungono una straordinaria ciliegina di stoltezza. Nel titolo infatti compare questo sommario: “Torniamo all’antico, niente politica e più cultura”. Questo come se 3000 anni di storia non testimoniassero che la cultura è politica e la politica è cultura, cosa che Aristotele ha tematizzato perfettamente. Il fatto è che i nostri presocratici con qualche millennio di ritardo, non masticano né l’una, né l’altra, quindi sono un po’ frastornati. Ma soprattutto non amano il digitale per la sua poca fruibilità: a cosa serve scrivere se poi non ci si può avvolgere il pesce?
Non volendo la libera enciclopedia fa informazione anche quando non è raggiungibile: smaschera l’idiozia.

Legge Bavaglio, ovvero stupidità al Potere. - di Peter Gomez.






Il voto alla Camera di Pdl e Lega sulla legge bavaglio più che un attentato alla libertà d’informazione (che c’è, ed è grosso come una casa), rappresenta una fotografia perfetta della stupidità e dell’ignoranza dei nostri governanti. E dimostra come davvero la maggior parte dei frequentatori di Montecitorio e Palazzo Madama utilizzi la Rete, i Pc e gli IPad solo per giocare a carte o visitare siti raffiguranti immagini di belle signorine.

Mentre il Titanic Italia viaggia spedito vesto il disastro, i nostri eroi hanno infatti deciso che qualsiasi tipo d’intercettazione potrà essere pubblicata solo dopo un’udienza filtro nel corso della quale accusa e difesa decideranno cosa tenere e cosa buttare al macero. Cioè dopo anni dall’inizio di un’indagine.

Anche quando i colloqui saranno riportati all’interno di un’ordinanza di custodia cautelare, il giornalista non potrà né riprodurli, né citarli, né riassumerli. Se lo farà scatteranno sanzioni pesantissime per lui e per l’editore. Si arriverà così al paradosso di leggere articoli in cui si racconta che Tizio è stato arrestato per estorsione, per traffico di droga o per tangenti, senza però poter capire il perché. O almeno senza essere in grado di farlo quando l’inchiesta è basata anche su intercettazioni.

Se poi un avvocato vorrà pubblicizzare dei colloqui agli atti che, secondo il suo punto di vista, dimostrano l’innocenza del proprio assistito si vedrà la strada sbarrata. I movimenti di opinione che spesso servono per difendere gli indagati da eventuali soprusi da parte dell’autorità giudiziaria insomma non avranno più spazio.

Chiunque abbia un po’ di dimestichezza con il web può capire che questa norma, ideata per evitare che gli elettori vengano a conoscenza dei comportamenti della classe dirigente più corrotta e inefficiente d’Europa, è però destinata a rivelarsi non solo inutile, ma addirittura pericolosa e controproducente (sopratutto dal punto di vista del Palazzo).

Vediamo perché.

Nella maggior parte dei casi i documenti giudiziari (intercettazioni comprese) che finiscono sui giornali, o che vengono riassunti dalla stampa, sono pubblici. Si tratta di atti non più coperti da segreto che vengono consegnati alle parti (agli avvocati e agli indagati) in occasioni di perquisizioni, arresti, tribunali del riesame. Sono insomma carte che possono circolare liberamente, visto che in Italia il segreto istruttorio è stato abolito nel 1989 e oggi l’unico segreto rimasto in vigore è quello investigativo.

Ora immaginatevi cosa accadrà in casi come quelli di Giampaolo Tarantini, il giovane imprenditore di Bari sotto inchiesta per favoreggiamento della prostituzione e arrestato perché accusato di aver ricattato Silvio Berlusconi. Le indagini su di lui si basano principalmente su intercettazioni: colloqui ritenuti rilevanti dai magistrati al punto di essere riprodotti nelle ordinanze di custodia o negli atti depositati per chiederne il rinvio a giudizio.

Quando il Bavaglio sarà in vigore i giornalisti continueranno a ritrovarsi in mano le trascrizioni delle sue chiacchierate, le potranno far leggere ai loro amici, o consegnarle in copia al loro portinaio, vicino di casa o edicolante (e nessuno li potrà perseguire per questo). Per legge però non le potranno nemmeno citare di sfuggita nei loro articoli. E non lo potranno fare anche se sono dievidente interesse pubblico (abbiamo un premier ricattato? oppure il nostro presidente del Consiglio paga testimoni e indagati per evitare che venga fatto il suo nome davanti ai giudici?). E lo stesso succederà in inchieste per tangenti (vedi quelle sulla cricca del G8), sulla malasanità (vedi clinica degli orrori) e via dicendo.

Ebbene c’è qualche parlamentare del centrodestra, ancora in grado di usare il cervello, convinto che le ordinanze di custodia cautelare e le intercettazioni alla base di queste inchieste, una volta depositate, non finiranno per essere pubblicate sul web da testate estere o da siti anonimi magari ospitati da inaccessibili server situati in Paesi off shore? L’esperienza di Wikileaks non ha insegnato nulla ai nostri astuti legislatori?

Evidentemente no. Perché se avesse insegnato qualcosa almeno alla Camera sarebbe stata fatta un’ulteriore riflessione. Qualcuno avrebbe, per esempio, ragionato su un fatto: oggi non tutti i documenti raccolti nelle redazioni dei giornali finiscono in Rete o in pagina.

Lo dimostra, tra l’altro, un caso che lor signori dovrebbero conoscere bene: l’inchiesta sui furbetti del quartierino. Nel 2005 quando le intercettazioni evidenziarono di che pasta fosse fatto il governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, e quali manovre politico-finanziarie si giocassero intorno alle banche, i cronisti non pubblicarono i colloqui – anche molto divertenti – tra alcuni protagonisti delle scalate e le loro rispettive amanti. La storia d’interesse pubblico era infatti quella sui ladrocini, non quella delle eventuali corna di un gruppo di manager. E quando un quotidiano mise in pagina un sms (piuttosto innocuo, per la verità) tra i novelli sposi Anna Falchi e Stefano Ricucci, fu punito con una multa salata da parte del Garante della privacy. Un provvedimento che servì a ricordare a tutti cosa prevede la deontologia professionale di chi scrive.

Essere giornalisti infatti vuol dire saper raccontare storie (vere) selezionando e gerarchizzando i fatti. Non tutto è una notizia. E non tutto ha interesse pubblico. Lo spazio di un articolo, giornale o di un tg non è infinito. Per questo bisogna saper scegliere, con onestà e correttezza, cosa mandare in stampa e cosa no. I lettori poi valuteranno i giornalisti anche sulla base di questa loro capacità. E se qualcuno si riterrà diffamato, o riterrà violata la propria privacy, potrà chiedere (e ottenere se ha ragione) un risarcimento.

Difficile però pensare che domani, con la legge Bavaglio in vigore, le maglie di questa selezione non si allarghino: con la prospettiva evidente che sul web ci finisca davvero di tutto.

Sia perché il concetto di privacy varia da paese a paese (ricordate le foto di villa La Certosa messe on line da El Pais e invece finite sotto sequestro in Italia?), sia perché nel caso di documenti o articoli pubblicati da siti per così dire anonimi, il pericolo è che i criteri di scelta vengano a mancare. L’opacità, la non trasparenza favorisce infatti la deresponsabilizzazione.

Per questo il Bavaglio, come tutte le leggi ingiuste, è stupido. E diventa la cartina di tornasole che permette anche di capire perché il nostro Paese sia ormai passato dal declino alla decadenza. Una classe dirigente capace d’ideare norme del genere, non può che essere sulla tolda di comando di un Titanic. Che non cambierà rotta. Fino al naufragio.

Ps: Ma cosa faremo noi de Il Fatto e de ilfattoquotidiano.it? Non lanceremo il sasso nascondendo la mano. Non utilizzeremo l’anonimato. Di questo i lettori possono starne certi. Di fronte a intercettazioni che sono notizie, le pubblicheremo. Sopportando tutte le conseguenze e ricorrendo davanti a ogni tribunale: dalla Corte Costituzionale fino ai giudici di Strasburgo. Insomma, come avevamo già scritto il 2 aprile del 2010, la nostra sarà disobbedienza. Disobbedienza civile.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/05/legge-bavaglio-ovvero-stupidita-al-potere/162366/#comments

mercoledì 5 ottobre 2011

Caserta. Mangia babà e va in bici: positiva all'alcoltest e patente ritirata.




La sfortunata protagonista è una donna che ha 


dichiarato di essere astemia.


Sembra una storia accaduta in Svezia oppure in Svizzera invece e' avvenuta aCaserta. Mentre le nostre strade vengono attraversate continuamente da auto in corsa, talvolta guidate da pirati della strada, imbottiti di droga o di alcol, a una giovane donna casertana e' stata ritirata la patente di guida perche' trovata in lieve stato di ebbrezza mentre era alla guida della propria bicicletta. Sottoposta ad alcoltest, la signora e' risultata positiva, con un valore di pochissimo superiore al limite massimo consentito: 0,9 anziche' 0,5. Successivamente la giovane donna alle forze di polizia che l'aveva fermata ha spiegato di non aver assunto alcuna bevanda alcolica in quanto e' astemia. Aggiungendo poi di avere mangiato alcuni baba' (notoriamente bagnati con il rhum o limoncello) mangiati precedentemente durante la festa per il battesimo del nipotino. La polizia giudiziaria in base alle nuove norme del Codice della strada, che consentono di ritirare la patente di guida anche a un conducente di una bicicletta (in quanto anche questo tipo di mezzo e' equiparato per legge ad auto e moto), ha ritirato la patente alla signoracasertana. "E' giusto ritirare la patente agli ubriachi che causano incidenti stradali ma io non ho assunto alcuna bevanda alcolica perche' non bevo, sono solo golosa di dolci e non ho potuto fare a meno di mangiare dei baba'", ha detto la donna che ha deciso di proporre ricorso al giudice di pace diCaserta, assistita dai suoi legali.


Ballarò 04.10.2011 - La copertina di Maurizio Crozza: "Don Diego Della Valle"

Wikipedia si autosospende per protesta contro il ddl intercettazioni.



Cara lettrice, caro lettore,
in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c'è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero.
Il Disegno di legge - Norme in materia di intercettazioni telefoniche etc., p. 24, alla lettera a) del comma 29 recita:
«Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.»
Negli ultimi 10 anni, Wikipedia è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. Una nuova e immensa enciclopedia multilingue e gratuita.
Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni.
Tale proposta di riforma legislativa, che il Parlamento italiano sta discutendo in questi giorni, prevede, tra le altre cose, anche l'obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine.
Purtroppo, la valutazione della "lesività" di detti contenuti non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all'opinione del soggetto che si presume danneggiato.
Quindi, in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiedere l'introduzione di una "rettifica", volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti.
In questi anni, gli utenti di Wikipedia (ricordiamo ancora una volta che Wikipedia non ha una redazione) sono sempre stati disponibili a discutere e nel caso a correggere, ove verificato in base a fonti terze, ogni contenuto ritenuto lesivo del buon nome di chicchessia; tutto ciò senza che venissero mai meno le prerogative di neutralità e indipendenza del Progetto. Nei rarissimi casi in cui non è stato possibile trovare una soluzione, l'intera pagina è stata rimossa.
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
Articolo 27
«Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici.
Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.»
L'obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell'Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l'abbiamo conosciuta fino a oggi.
Sia ben chiaro: nessuno di noi vuole mettere in discussione le tutele poste a salvaguardia della reputazione, dell'onore e dell'immagine di ognuno. Si ricorda, tuttavia, che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall'articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione.
Con questo comunicato, vogliamo mettere in guardia i lettori dai rischi che discendono dal lasciare all'arbitrio dei singoli la tutela della propria immagine e del proprio decoro invadendo la sfera di legittimi interessi altrui. In tali condizioni, gli utenti della Rete sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per "non avere problemi".
Vogliamo poter continuare a mantenere un'enciclopedia libera e aperta a tutti. La nostra voce è anche la tua voce: Wikipedia è già neutrale, perché neutralizzarla?
Gli utenti di Wikipedia

martedì 4 ottobre 2011

Lettera-choc del Coisp ai politici «Voglia di tirarvi i lacrimogeni». di Fabio Savelli



(Ansa)

I pranzi scontati dei parlamentari suscitano l’ira di un sindacato degli agenti: «Così vediamo se il gas fa male»


(Ansa) MILANO – Lamelle di spigola con radicchio e mandorle: 3 euro. Penne all’arrabbiata: 1,60. Filetto alla griglia: 5,23 euro. Stipendio di un parlamentare: 14mila euro (al netto dei benefit). Quello di un poliziotto: 1.500 (e in servizio generalmente a centinaia di chilometri da casa). L’articolo sul sito del Corriere della Sera “Tutti a pranzo al Senato” un mese fa aveva suscitato un vespaio di polemiche, con la rivolta del popolo del web contro i privilegi «culinari» riservati a deputati e senatori nei ristoranti romani ubicati nelle immediate vicinanze dei palazzi dei Potere. E ora tra gli infiniti sentieri dei social network spunta una lettera «al veleno» del Coisp (una delle più rappresentative sigle sindacali all’interno della Polizia di Stato) indirizzata al ministro degli Interni, Roberto Maroni, per protestare contro i privilegi della Casta, descritti nel libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo.
LA FRASE – «Viene voglia di venire sotto palazzo Madama e Montecitorio e spararvi all’interno i nuovi lacrimogeni in dotazione, così si coglierebbero due piccioni con una fava: si otterrebbe lo sgombero immediato di certi ristoranti da politici mediocri e si testerebbero su questi ultimi gli effetti dei nuovi artifici lacrimogeni in dotazione alle forze di polizia». Tralasciando i preoccupanti (?) effetti dei nuovi lacrimogeni a disposizione degli agenti «la cui lesività – rincara la nota del Coisp – è sempre stata tenuta nascosta da Lor Signori» (chiaro il riferimento ai politici), l’affermazione – al netto del suo contenuto chiaramente provocatorio – non rischia di sfociare quasi in un’istigazione a delinquere, animando qualche testa calda, stanca di dover sbarcare il lunario con poco più di mille euro al mese? «È una pura provocazione – dice Franco Maccari, segretario generale Coisp –. Rigettiamo ogni accusa, soprattutto non abbiamo usato affermazioni anche più grevi di autorevoli ministri della Repubblica che invitavano a prendere i fucili o ci definivano fannulloni. È solo una bieca strumentalizzazione da parte di chi ignora i tagli lineari fatti dal governo alle forze dell’ordine, nonostante l’attuale esecutivo proprio sul tema sicurezza aveva speso parole importanti durante l’ultima campagna elettorale». Certo è che il Coisp – interpretando gli umori della sua base nei confronti della classe politica spesso percepita come attenta esclusivamente al suo interesse – ha ritenuto di dover urlare che «la misura è colma, poiché guadagnare 14mila euro al mese e pagare un luculliano pranzo al prezzo di otto euro, prepara le rivolte del pane, accende gli animi, legittima lo strepitus fori».

LA BASE - Che gli animi siano parecchio esacerbati lo dimostra la proposta-provocazione dell’agente Patty nel forum del sindacato: «Adottiamo un parlamentare per un giorno. Portiamolo a mangiare nelle nostre mense, forniamogli i generi di conforto per la giornata (bottiglietta di acqua calda ed una merendina schiacciata), portiamolo in piazza con un casco in testa per otto ore a farsi sputare, lapidare ed insultare dai cittadini. Riportiamolo in mensa e poi a nanna nelle nostre simpatiche e fresche camerate da quattro letti con bagno in comune».
Fabio Savelli


http://www.corriere.it/politica/11_settembre_13/savelli-lettera-coisp_8fa4c0f2-ddee-11e0-aa0f-d391be7b57bb.shtml