venerdì 14 ottobre 2011

Fiducia, Radicali decisivi? Polemiche nel Pd.






Nelle opposizioni, e nel Pd, deflagra il caso dei 6 radicali: sono stati determinanti per la tenuta del numero legale durante il voto di fiducia al governo creando una sorta di "effetto traino" per la quota 315? Dai conti sembra così, poi Gasparri del Pdl dice che non è vero. Ma "l'effetto traino" c'è stato? Il primo deputato radicale che ha votato è stato Marco Beltrandi, per 298esimo. Dopo di lui ci sono stati gli altri voti radicali e 14 della maggioranza. Di sicuro negli ultimi tempi i Radicali hanno fatto scelte in aula divergenti da quelle del Pd. E soprattutto la parte cattolica dei Democratici torna a insistere sulla rottura. In rete molti attaccano Veltroni perché caldeggiò l'ingresso radicale. Ma allora pochi lo contestarono.

Bindi, «Strade ormai separate»: VIDEO

Radicali: «Ascolteremo Berlusconi in aula»

FARINONE, PD: RADICALI NEL PD PECCATO ORIGINALEPer il deputato del Pd Enrico Farinone, vicepresidente della Commissione Affari Europei, ex Popolari, «tutti adesso nel Pd se la prendono con i Radicali. Eravamo stati in pochi, però, anni fa a sostenere che la loro inclusione nelle liste del Pd era un errore, perchè contradditoria con la presenza nel partito di noi ex Popolari, che del Pd siamo co-fondatori. Quello è stato il peccato originale».

CASINI: BENE LORO APPOGGIO A B., ALMENO CHIAREZZA«Se i Radicali hanno pesato per fare ottenere al governo la fiducia a me fa solo piacere: così si chiariscono tante cose. È una scelta di chiarezza». Lo dice il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini

GASPARRI: RADICALI NON DETERMINANTI«A tutti gli analfabeti della politica e della matematica, che dicono che i radicali sono stati determinanti per l'esito della votazione a Montecitorio, facciamo un preventivo richiamo alla realtà. Il numero legale fissato a 315 sarebbe stato comunque raggiunto con i soli voti della maggioranza che, a favore del governo, sono stati 316. Quindi, se anche i radicali ed i parlamentari della Svp non avessero partecipato alla votazione, non sarebbe cambiato assolutamente nulla». Lo sottolinea il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri. «Chi trae conclusioni politiche da questa vicenda compie un evidente errore. Lo diciamo anche all'on. Casini, che invece invitiamo a riflettere sulla necessità di affrontare i problemi del paese».

BELTRANDI (RADICALI), FIDUCIA REGALATA A BERLUSCONI DA OPPOSIZIONI
Marco Beltrandi, deputato radicale, replica in una nota alle polemiche e accusa le opposizioni di aver regalato la fiducia al premier: «L'aritmetica non è una opinione: oggi le opposizioni che hanno sbagliato persino i conti, tranne noi radicali, hanno regalato una nuova fiducia al Governo Berlusconi. Anche senza il voto (contro) dei radicali la maggioranza aveva il numero legale (a 260 deputati circa), oltre alla fiducia della maggioranza dei votanti. I radicali hanno, con il loro ingresso in aula, e il loro voto per la caduta del Governo, annunciato già da ieri ispirato e preceduto il comportamento di tutte le opposizioni, che lo hanno fatto a seguire. Chi si candida al Governo di un Paese in cui lo Stato di Diritto è violato ogni giorno, non solo da Berlusconi, deve conoscere ed avere rispetto delle procedure legali della democrazia parlamentare, cosa che purtroppo non è avvenuta».

DI BIAGIO, FLI: PAESE GRAZIE A RADICALI BERLUSCONI RESTA
Il deputato di Futuro e Libertà, Aldo Dio Biagio, attacca i radicali: «Berlusconi è ridicolo perché prima chiede la fiducia all'Aula e poi parla di agguato da parte delle opposizioni. Il Paese deve sapere che oggi questo governo ha ottenuto la fiducia solo grazie ai radicali che con il loro ingresso in Aula hanno fatto raggiungere il numero legale per la votazione e rimesso le redini dell'Italia nelle mani di un signore che ha fatto solo danni. Addio rilancio del Paese e riforme strutturali. La Grecia è vicina». 



http://www.unita.it/italia/radicali-decisivi-per-voto-legale-il-caso-1.342039

Via D'Amelio, si riparte da zero chiesta la revisione dei processi.




Il pg di Caltanissetta ha depositato gli atti relativi a undici imputati, sette dei quali condannati all'ergastolo per la strage che costò la vita al giudice Borsellino e alla sua scorta. L'istanza nasce dalle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza.

di ALESSANDRA ZINITICALTANISSETTA - La novità è che sono più di quel che si prevedeva. Ci sarebbero ben 11 innocenti condannati per la strage di via D'Amelio, 11 innocenti in carcere per scontare pene pesantissime, sette delle quali all'ergastolo, sulla scorta delle accuse di quello che ormai può essere definito un falso pentito, Vincenzo Scarantino. La revisione di due dei processi, il Borsellino e il Borsellino-bis, così come chiesto dalla Dda di Caltanissetta guidata da Sergio Lari dopo un monumentale lavoro di ricostruzione del contesto e delle singole posizioni con l'aiuto delle dichiarazioni dei nuovi pentiti del clan di Brancaccio, Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina, è stata chiesta ufficialmente dal procuratore generale Roberto Scarpinato alla Corte d'appello di Catania dove dovrebbero svolgersi i nuovi processi. La nuova ricostruzione offerta dai pentiti del clan di Brancaccio scagionerebbe buona parte degli imputati della cosca di Santa maria di Gesù che invece erano stati indicati da Scarantino come gli esecutori materiali dell'attentato di via D'Amelio.

L'istanza riguarda Salvatore Profeta, Cosimo Vernengo, Giuseppe Urso, Giuseppe La Mattina, Natale Gambino, Gaetano Scotto, Gaetano Murana (condannati all'ergastolo) e Vincenzo Scarantino, Salvatore Candura, Salvatore Tomaselli e Giuseppe Orofino (condannati a pene fino a 9 anni). Per i condannati detenuti il pg chiede la sospensione dell'esecuzione della pena; per Orofino, Tomaselli e Candura, che hanno già espiato la condanna, è stata chiesta solo la revisione.

A portare a termine la strage, invece, sarebbero stati gli uomini della cosca di Brancaccio. Lo stesso Spatuzza si è autoaccusato di aver rubato la 126 poi imbottita di tritolo e piazzata sotto la casa del giudice Borsellino e di avere accompagnato sul posto il boss Giuseppe Graviano che avrebbe schiacciato il pulsante del telecomando. Come movente della strage, Spatuzza indica l'accelerazione decisa dai vertici di Cosa nostra probabilmente perché Borsellino era venuto a conoscenza dell'avvio della trattativa tra pezzi dello Stato e mafia e si sarebbe opposto.

In mano ai magistrati del pool di Caltanissetta resta lo stralcio relativo a quello che il procuratore Sergio Lari ha definito un "colossale depistaggio" che sarebbe stato messo in atto dagli inquirenti che avrebbero manipolato il pentito Scarantino. Agli atti dell'inchiesta anche alcuni verbali di capomafia del calibro di Pietro Aglieri e Carlo Greco che hanno ammesso di essere rimasti stupiti nel vedere investigatori esperti come quelli del pool Falcone e Borsellino guidato da Arnaldo La Barbera credere alle accuse di un falso pentito come Vincenzo Scarantino. 



http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/10/14/news/chiesta_la_revisione_dei_processi_per_la_strage_di_via_d_amelio-23216950/

Gip: inchiesta Romano, alleanze con boss.




(ANSA) - PALERMO - L'inchiesta nel quale e' coinvolto il ministro Saverio Romano avrebbe fatto emergere il profilo di un 'comitato d'affari' collegato a interessi mafiosi. Lo scrive il gip nell'ordinanza con la quale chiede alla Camera dei deputati l'autorizzazione a utilizzare diverse intercettazioni telefoniche. Il giro di tangenti mosso nel 2003-2004 dalla societa' Gas di Massimo Ciancimino, ammonterebbe a 1,3 mln: il denaro sarebbe andato Romano,a Vizzini (Pdl),a Toto' Cuffaro e a Cintola,morto l'anno scorso.


Il Financial Times: «Silvio, è ora di andare»

Un articolo di Ft dedicato a Berlusconi.

Chiesto rinvio a giudizio per Minzolini Direttore Tg1 accusato di peculato




La Procura di Roma contesta al giornalista di aver speso circa 65 mila euro in 14 mesi con la carta di credito aziendale. Il capo del tg: "Erano spese di rappresentanza e i vertici aziendali non avevano mai obiettato. Sono tranquillo e ho la coscienza a posto. Vicenda già chiarita". Zavoli: "Interpellerò Vigilanza".


ROMA - Rischia di finire a processo per le spese dissennate con la carta di credito della Rai, il direttore del Tg1 Augusto Minzolini: il procuratore aggiunto di Roma, Alberto Caperna, ha chiesto il rinvio a giudizio con l'accusa di peculato 1. "Tenendo conto come vanno le cose in questo Paese e che l'esposto da cui nasce la vicenda porta la firma dell'ex pm Antonio Di Pietro, me lo aspettavo", ha commentato Augusto Minzolini. "Io comunque sono tranquillo e ho la coscienza a posto su una vicenda che ho già chiarito con l'azienda", ha detto.

La Procura di Roma contesta al direttore del Tg1 di aver speso circa 65 mila euro in 14 mesi con la carta di credito aziendale. L'intera somma è stata comunque restituita. Ma alla procura di Roma, che qualche giorno fa, durante una perquisizione per la vicenda della causa civile con Tiziana Ferrario 2, Minzolini ha accusato di accanimento contro di lui, non interessa che quei soldi siano poi stati restituiti. Quello che conta è che quelle spese pazze di denaro pubblico tra il luglio 2009 e l'ottobre 2010, anche se di rappresentanza, non sono giustificate.

Nel corso dell'interrogatorio che si era svolto nel luglio scorso, Augusto Minzolini si era infatti difeso sostenendo si fosse trattato di spese di rappresentanza e, comunque, senza che i vertici aziendali avessero mai obiettato qualcosa.
Per la procura di Roma l'accusa è comunque sufficiente a far sedere il 'direttorissimo' sul banco degli imputati. Ora toccherà al gip decidere.

Contro Minzolini il clima è sempre più rovente. Isolato dai vertici dell'azienda 3, in rotta di collisione con Zavoli, il "direttorissimo" viene dato in uscita dalla tv pubblica. Con una sola controindicazione non da poco: Berlusconi gli ha detto di resistere, così come fa lui a Palazzo Chigi. Ora che la richiesta del pm è stata accolta la Rai dovrebbe costituirsi parte civile e la sospensione del direttore non sarebbe automatica ma naturale.

Non basta. Incombe anche la Vigilanza Rai che, come ha ribadito il suo presidente Sergio Zavoli, non può essere estranea alla vicenda dopo la richiesta di dimissioni di Minzolini avanzata dal presidente della Camera, Gianfranco Fini. "Interpellerò i capigruppo della Commissione al fine di corrispondere, e con quali modalità, agli interrogativi di carattere istituzionale che si pongono alla Rai", ha detto Zavoli richiamando l'appello alla responsabilità del presidente Napolitano.

Il presidente della Camera ha chiesto le dimissioni di Minzolini dopo un servizio trasmesso nell'edizione di ieri sera sul suo ruolo istituzionale. "All'auspicio più volte manifestato dal presidente Napolitano perché ci si faccia tutti consapevoli - ciascuno nel proprio ambito - dell'esigenza di affrontare con una speciale responsabilità la difficile congiuntura che attraversa il Paese non può restare estranea la sensibilità di una bicamerale cui spetta, per statuto, di esercitare indirizzo e vigilanza sull'agire del servizio pubblico radiotelevisivo".

A febbraio scorso la Corte dei Conti aveva aperto un'istruttoria 4 sui rimborsi spese del direttore del Tg1. Minzolini aveva sottolineato come si trattasse, anche in quell'occasione, di un "atto dovuto" della Corte, "probabilmente sollecitata" da un esposto del consigliere Rizzo Nervo su "fatti inconsistenti". Rizzo Nervo aveva smentito l'esposto 5, ma da lui era partita, lo scorso 7 dicembre, una lettera indirizzata al direttore generale Mauro Masi in cui si chiedevano chiarimenti sulle spese rimborsate a Minzolini, mentre l'Usigrai chiedeva l'intervento della magistratura 6.

Il direttore generale aveva "assolto" Minzolini 7 in una lettera di risposta a Rizzo Nervo, in cui giudicava le spese addebitate nel periodo agosto 2009-settembre 2010 sulla carta di credito della Rai in uso al direttore del Tg1, "una sorta di benefit compensativo" e affermando di ritenere chiuso il caso. La compensazione, aveva spiegato Minzolini, per concedere l'esclusiva della sua firma al Tg1 interrompendo la collaborazione con Panorama. Ma proprio la lettera di Masi aveva aperto nuovi interrogativi. Il dg, infatti, era sceso in dettagli svelando particolari del contratto di Minzolini e delle sue trasferte. Dettagli che, secondo Rizzo Nervo, configurerebbero l'ipotesi di reati fiscali, come aveva scritto nella lettera spedita a inizio febbraio al presidente Paolo Garimberti per discutere il caso in Cda.

La Direzione generale aveva avviato approfondimenti e in Cda aveva indicato che tutto quanto si doveva fare era stato fatto. In Cda Rai, la vicenda era stata seguita anche da Luciano Calamaro, delegato della Corte dei conti incaricato di controllare la gestione finanziaria dell'azienda. Allora la reazione del direttore del Tg1 alla notizia del suo nome nel registro degli indagati era stata dura. "E' l'ennesimo attacco in quel delta del Mekong che è la Rai - aveva detto il direttore del Tg1 -. Dopo l'inchiesta della procura di Trani, le polemiche dell'Usigrai, le iniziative dell'Agcom è arrivato il turno della procura di Roma".


Perché Berlusconi non può andarsene. - di Bruno Tinti



Il Rendiconto dello Stato è un bilancio: abbiamo speso tanto e abbiamo incassato tanto; lo mostriamo ai concittadini, i soci della Repubblica italiana. Come tutti i bilanci, può essere veritiero o falsificato. E, come tutti sappiamo, il presidente del Consiglio dei ministri è uno che ha commesso il reato di falso in bilancio, ma che non è finito in prigione avendo fatto emanare a un Parlamento schiavizzato una legge apposita che ha obbligato la magistratura ad assolverlo “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato”.

Questa circostanza potrebbe indurre a pensare che la mancata approvazione del Rendiconto sia dovuta alla constatazione che era falso; ma credo che nemmeno B. oserebbe (mah?). Sicché la sfiducia non è stata votata contro il Rendiconto, ma contro il governo che lo ha redatto. E comunque, siccome non ci sono altre possibilità, la conseguenza non può che essere: andatevene; perché avete falsificato il Rendiconto o perché non avete più la possibilità di governare il Paese.

Invece B. non se ne va e richiede una prova d’appello: votiamo di nuovo. Come i bambini che, quando perdono a rubamazzetto, strillano “non vale” e vogliono ricominciare. Che non se ne vada è abbastanza normale, dal suo punto di vista. Se se ne va perde il controllo del Parlamento. E quindi il controllo dell’agenda del Parlamento. E quindi non può far approvare le “sue” leggi, la bavaglio, il processo breve, il processo lungo, la prescrizione breve e le altre che di volta in volta si rendessero necessarie per evitargli la prigione. Se se ne va, non solo sarà dichiarato ufficialmente ancora una volta delinquente; ma correrebbe il rischio serio di finire in prigione. Confesso che attendo con curiosità cosa si inventerà se e quando il Parlamento voterà (per la seconda volta) la sfiducia.

La hybris (che significa tracotanza cui consegue senza fallo la nemesis, la vendetta degli dei) ha toccato il vertice nel discorso di giovedì. Luoghi comuni inutilmente indirizzati a un pubblico di schiavi e di comprati; con qualche storico curioso deciso a vivere di persona il crepuscolo di B. Discorso inutile: gli schiavi si sono resi tali volontariamente; sanno che, se B. cade, finiranno in prigione o a lavorare perché nessun altro partito li vorrà (mah?). E i comprati al massimo chiederanno di essere comprati un’altra volta. A che pro sprecare fiato? Bastavano ordini e promesse; come sempre, del resto. Un cerimoniale inutile e dannoso: per l’immagine di B. e, naturalmente, del Paese.

Sui contenuti non è possibile dire nulla. B. ha parlato solo degli affari suoi: l’infortunio, il complotto, la magistratura politicizzata, il repertorio recitato ormai a memoria e archiviato dagli sfortunati precettati con il consueto “ah, già”. Della crisi economica, della imminente bancarotta del Paese, dei problemi della sanità, della giustizia, dell’istruzione, della ricerca, dei rifiuti, dell’energia, della criminalità, manco una parola. Anzi tre: “Supereremo la paralisi e la sfiducia”.

Che, per puro caso, potrebbe succedere veramente: se finalmente se ne andasse e il Paese fosse guidato da gente che non passa le sue giornate a cercare di non finire in prigione per i molti reati commessi. Se poi B. in prigione finalmente ci finisse, ancora di più potremmo essere ottimisti: pensate al rating dell’Italia con la certezza di non vedere più B. a Palazzo Chigi.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/14/perche-berlusconi-non-puo-andarsene/163758/

Camera, fiducia a rischio.




Caccia all'ultimo voto nell'aula di Montecitorio. Berlusconi:

"Non so se avremo 316 voti, l'importante è battere la sinistra. 

Due deputati di Scajola non voteranno. Responsabili: Sardelli 

diserterà l'aula e Pippo Gianni: "Potrebbero esserci sorprese"


Rischio fiducia per il governo Berlusconi, che deve verificare alla Camera la solidità della propria maggioranza. Un passaggio obbligatorio dopo la bocciatura del il passo falso sul rendiconto finanziario lo scorso martedì. Ieri, giovedì Silvio Berlusconi è intervenuto alla Camera con un intervento insolitamente corto. Ad ascoltare solo mezzo emiciclo: i deputati dell'opposizione avevano lasciato l'aula. Ora i vertici del Pdl sono alla frenetica ricerca degli ultimi indecisi: l'obiettivo è raggiungere almeno quota 316 deputati. Un obiettivo sul quale non è sicuro neanche lo stesso Berlusconi, che lasciando l'aula a chi gli chiede se verrà raggiunto risponde: "Non lo so". "L'importante è che vinciamo sulla sinistra che ha inscenato questa farsa delle assenze" conclude.

Pippo Gianni: "Potrebbero esserci sorprese"
 - Santo Versace, che ha già lasciato il partito, ha fatto sapere che non parteciperà al voto, così come non lo farà l'ex sindaco di Padova Giustina Mistrello Destro. Ad astenersi sarà anche Fabio Gava, deputato considerato vicino a Claudio Scajola.  Tra i più delusi nelle file di Scajola c'è Roberto Antonione:  voterà a favore, dopo aver sentito ieri al telefono il  premier Silvio Berlusconi. Al Cavaliere l'ex coordinatore nazionale di Fi ha promesso pieno sostegno, ma nello stesso tempo ha chiesto un  repentino cambio di passo, perché così non si può andare avanti. Pippo Gianni, deputato di 'Pt', conferma il clima di incertezza: "Potrebbero esserci sorprese". Luciano Sardelli, deputato dei Responsabili, ha annunciato che non voterà la fiducia e aggiunge: "Il premier non ha i numeri. Gli ho suggerito di andare al Colle  inaugurando così una nuova fase". Rispetto all'assenza di due deputati a lui vicini, Scajola dice: "Lo so e mi dispiace. Sono portatori di istanze di grande cambiamento". 

Gli interventi in aula - Il dibattito in aula non è stato particolarmente lungo. I partiti dell'opposizione non hanno partecipato e sono intervenuti soltanto i capigruppo della maggioranza. Il primo a intervenire in aula è il Responsabile Silvano Moffa, che ha ribadito che "qui non c'è nessun baratto del voto; se c'è, sta da qualche altra parte. Da parte nostra c'è solo senso di responsabilità e la indicazioni di posizioni politiche comuni a fronte dell'inconcludenza dell'opposizione". "Ritieniamo che l'assenza dell'opposizione dall'Aula leda la dignità delle Istituzioni. Non è vero che questo governo non ha fatto nulla, ha fatto il possibile".
Secondo a intervenire è Marco Reguzzoni, della Lega Nord che conferma il sì alla fiducia al
governo ma chiede al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi un forte impegno a portare a termine le riforme istituzionali, a partire dal disegno di legge Calderoli-Bossi. 
Ha chiuso Fabrizio Cicchitto, secondo cui "senza la fiducia l'unica strada sono le elezioni. Non esiste un governo di transizione, fondato su un'intesa tra il Pdl, il Pd e le altre forze politiche, perché ci sono differenze profonde sia dal punto di vista politico sia programmatico".

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http://tg24.sky.it/tg24/politica/2011/10/14/governo_fiducia_silvio_berlusconi_deputati_video.html