Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 15 febbraio 2012
Le Olimpiadi? Le voleva Cetto La Qualunque. - di Peter Gomez
È ammirevole la paziente costanza con cui una serie di esponenti politici si adoperano per aumentare il discredito goduto presso i cittadini dalla loro categoria.
Nel giorno in cui la Corte costituzionale fa franare l’imbarazzante bugia con cui la vecchia maggioranza aveva tentato di evitare il processo per concussione e prostituzione minorile contro Silvio Berlusconi (“telefonò in Questura nelle sue vesti di premier”, “pensava che la ragazza fosse la nipote di Mubarak”), ecco che un altro folto gruppo di uomini di partito, per lo più targati Pdl, decide di immolare la propria residua (e ormai microscopica) credibilità sull’altare dei giochi olimpici.
I fatti sono noti. Il governo dice no alla candidatura di Roma per le Olimpiadi 2020 e il premier Monti motiva la scelta con un ragionamento di disarmante buonsenso. La situazione finanziaria del Paese è quel che è. I giochi sono una bella cosa, ma costano un patrimonio. Se qualcosa va storto diventano un bagno di sangue e l’Italia in questo momento non può permettersi di mettere a rischio altri soldi dei contribuenti.
La questione doveva finire qui. Anche perché gli italiani sanno benissimo come si sono conclusi la maggior parte dei grandi eventi sportivi degli ultimi 25 anni: colate di cemento, opere non ultimate, mazzette e mafia a gogò. Il tutto con costi che, in molti casi, si sono decuplicati rispetto al previsto.
Se poi qualcuno ha letto i giornali ha scoperto che autorevoli studi economici hanno dimostrato come le ultime cinque edizioni dei giochi “non abbiano mai evidenziato benefici economici a lungo termine”. E che anzi in Grecia maledicono ancora quelli di Atene 2004 dove, secondo un’inchiesta del Daily Mail, 21 sui 22 siti Olimpici sono subito rimasti inutilizzati, mentre per mantenere quelle strutture è stato speso più di mezzo miliardo di euro all’anno.
Insomma le Olimpiadi sono un lusso che uno Stato ancora sull’orlo del default come il nostro deve evitare come la peste. E invece, sprezzanti del ridicolo, immediatamente dopo il no di Monti, le cariatidi della politica, specialiste nei buchi di bilancio, partono subito all’attacco.
Forte delle sue preclare esperienze pre e post Mani pulite, Fabrizio Cicchitto tuona: “La rinuncia a sostenere la candidatura di Roma è un grave errore. Sappiamo benissimo che le Olimpiadi a seconda di come sono impostate e poi gestite possono essere un fattore di sviluppo o invece di dissipazione di risorse. A nostro avviso esistevano tutte le condizioni perché si verificasse la prima di queste due ipotesi”.
L’ex ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, noto alle cronache per aver nominato a Firenze, su richiesta di un collega di partito, un provveditore alle Opere pubbliche senza requisiti e soprattutto gradito alla cricca di Balducci e Anemone, arriva addirittura alle minacce: “Il Pdl, partito fondamentale per il governo, non può accettare il no di Monti”.
Poi, in ordine sparso, parlano tutti gli altri: dal vicepresidente della regione Lazio, Luciano Ciocchetti (Udc), che si dispera : “Le Olimpiadi sarebbero state un traino per il Paese”; fino al vicepresidente dei deputati Pdl, un incredibile Maurizio Bianconi, secondo cui “ridurre la candidatura di Roma pura questione monetaria e, quel che è più grave, valutarla come “rischio dei denari dei contribuenti”, è spia di una cultura modesta, strabica, meramente economicista, gregaria degli interessi della finanza, antinazionale, perniciosa per la comunità”.
Roba da far impallidire Cetto La Qualunque. Degna di un paese, passato dal declino al degrado, che oggi tenta di non affondare dopo essere stato per anni qualunquemente governato. Povera Italia.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/14/olimpiadi-voleva-cetto-laqualunque/191279/
martedì 14 febbraio 2012
Ruby non è la nipote di Mubarak. La Consulta dà l’ok al processo a Berlusconi”
La Camera sosteneva che il caso prostituzione minorile era di competenza del tribunale dei Ministri Per i deputati, infatti, l'ex premier aveva protetto la minorenne pensando solo alla ragion di Stato.
Ruby non è la nipote di Hosni Mubarak. A metterlo nero su bianco questa volta è la Corte Costituzionale che questa sera si è pronunciata sul conflitto di attribuzione sul caso Ruby, sollevato dalla Camera dei deputati nei confronti della procura e del gip di Milano. Come previsto dal regolamento, le motivazioni della sentenza, saranno depositate entro un mese, ma appare chiaro come i giudici della Consulta non abbiamo ritenuto di competenza ministeriale i reati compiuti da Berlusconi quand’era presidente del Consiglio: concussione e prostituzione minorile. Insomma, la tesi sostenuta dal deputato del Pdl Maurizio Paniz – che Berlusconi fosse intervenuto a difesa di Ruby telefonando alla Questura di Milano la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 perché la riteneva la nipote di presidente egiziano – non è stata ritenuta credibile. Tanto che Roberto Nania e Giuseppe De Vergottini, intervenuti rispettivamente per la Camera dei deputati e per il Senato in difesa dell’operato del Cavaliere davanti ai giudici della Corte costituzionale, non hanno mai citato l’argomento Mubarak.
La Consulta era chiamata a pronunciarsi sulla competenza del processo – giustizia ordinaria o tribunale dei ministri – che vede il Cavaliere accusato di concussione e prostituzione minorile, e l’eventuale sussistenza dell’obbligo, per i magistrati milanesi, di informare la Camera sul procedimento penale in corso. Il confronto tra le parti, iniziato in Consulta oggi attorno alle 12, è durato poco più di un’ora e tra le parti non sono mancati i fendenti. Secondo Nania e De Vergottini, i magistrati hanno violato l’obbligo di trasmettere gli atti al tribunale dei ministri, menomando così le attribuzioni del Parlamento. Nania ha parlato a più riprese “di una pretesa di esclusività”, da parte della organi inquirenti, “che già di per sé costituisce materia di conflitto” e che, “di fatto, è insostenibile”. “A che servirebbe mai – ha chiesto Nania rivolgendosi ai membri della Corte e richiamando l’istituto del Tribunale dei ministri – un organo istituito e plasmato” proprio per pronunciarsi sull’operato di membri del governo? “La costituzione di tale organo – ha sottolineato – allora non avrebbe alcun senso”. Altra carta giocata dai ricorrenti, “il principio di leale collaborazione tra poteri di Stato. Nulla può giustificare – secondo Nania – il disinteresse manifestato dagli organi inquirenti nei confronti delle posizioni emerse in seno alla Camera dei deputati”. “L’informazione al Parlamento – ha incalzato De Vergottini – non c’è stata e non è stata data volutamente”.
Alla tesi della Camera ha oggi ribattuto in udienza pubblica l’avvocato della procura di Milano, il professore Federico Sorrentino. La legge non stabilisce che per “qualunque reato” a carico di un esponente del governo, si debbano trasmettere gli atti al tribunale dei ministri, ha sostenuto Sorrentino, né attribuisce una competenza speciale a quell’organo a qualificare un reato come ministeriale. Così come non prevede alcun obbligo di informare la Camera. Quanto alla leale collaborazione, che – secondo il Parlamento – sarebbe stata violata dalla procura di Milano, non dando seguito all’invito a trasmettere gli atti al tribunale di ministri che la Camera rivolse negando l’autorizzazione a una perquisizione, quel principio “trova un limite” nella “motivazione infondata e risibile” con cui quel ramo del Parlamento fondò il suo diniego. Un’allusione al fatto che si sostenne che il comportamento di Berlusconi, che chiamò in questura a Milano per ottenere il rilascio di Ruby fermata per un furto, nella convinzione che si trattasse della nipote di Mubarak, fu determinato dall’esigenza di tutelare il prestigio internazionale dell’Italia. “Sono convinto che la Corte non contribuirà a realizzare un risultato che offenderebbe sia il buon nome dell’Italia sia il buon senso costituzionale”, ha concluso Sorrentino.
“La sentenza della Consulta conferma che il rapporto fra potere legislativo e ordine giudiziario costituisce in Italia un problema che, se non affrontato alla radice, svuota di fatto la democrazia di ogni reale potere derivante dalla volontà popolare”, ha detto il coordinatore del Pdl Sandro Bondi difendendo l’ex presidente del Consiglio. Di parere opposto la capogruppo nella Giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio, Marilena Samperi: “La bocciatura del ricorso della Camera conferma quanto abbiamo sostenuto e cioè che Berlusconi ha usato il parlamento e piegato le istituzioni per i propri interessi privati trattandoli come appendici del suo collegio difensivo – ha spiegato la Samperi – La decisione della Consulta era attesa, del resto come si poteva anche solo pensare che la più alta istituzione repubblicana potesse accettare la falsa verità di Ruby nipote di Mubarak?”.
La Consulta era chiamata a pronunciarsi sulla competenza del processo – giustizia ordinaria o tribunale dei ministri – che vede il Cavaliere accusato di concussione e prostituzione minorile, e l’eventuale sussistenza dell’obbligo, per i magistrati milanesi, di informare la Camera sul procedimento penale in corso. Il confronto tra le parti, iniziato in Consulta oggi attorno alle 12, è durato poco più di un’ora e tra le parti non sono mancati i fendenti. Secondo Nania e De Vergottini, i magistrati hanno violato l’obbligo di trasmettere gli atti al tribunale dei ministri, menomando così le attribuzioni del Parlamento. Nania ha parlato a più riprese “di una pretesa di esclusività”, da parte della organi inquirenti, “che già di per sé costituisce materia di conflitto” e che, “di fatto, è insostenibile”. “A che servirebbe mai – ha chiesto Nania rivolgendosi ai membri della Corte e richiamando l’istituto del Tribunale dei ministri – un organo istituito e plasmato” proprio per pronunciarsi sull’operato di membri del governo? “La costituzione di tale organo – ha sottolineato – allora non avrebbe alcun senso”. Altra carta giocata dai ricorrenti, “il principio di leale collaborazione tra poteri di Stato. Nulla può giustificare – secondo Nania – il disinteresse manifestato dagli organi inquirenti nei confronti delle posizioni emerse in seno alla Camera dei deputati”. “L’informazione al Parlamento – ha incalzato De Vergottini – non c’è stata e non è stata data volutamente”.
Alla tesi della Camera ha oggi ribattuto in udienza pubblica l’avvocato della procura di Milano, il professore Federico Sorrentino. La legge non stabilisce che per “qualunque reato” a carico di un esponente del governo, si debbano trasmettere gli atti al tribunale dei ministri, ha sostenuto Sorrentino, né attribuisce una competenza speciale a quell’organo a qualificare un reato come ministeriale. Così come non prevede alcun obbligo di informare la Camera. Quanto alla leale collaborazione, che – secondo il Parlamento – sarebbe stata violata dalla procura di Milano, non dando seguito all’invito a trasmettere gli atti al tribunale di ministri che la Camera rivolse negando l’autorizzazione a una perquisizione, quel principio “trova un limite” nella “motivazione infondata e risibile” con cui quel ramo del Parlamento fondò il suo diniego. Un’allusione al fatto che si sostenne che il comportamento di Berlusconi, che chiamò in questura a Milano per ottenere il rilascio di Ruby fermata per un furto, nella convinzione che si trattasse della nipote di Mubarak, fu determinato dall’esigenza di tutelare il prestigio internazionale dell’Italia. “Sono convinto che la Corte non contribuirà a realizzare un risultato che offenderebbe sia il buon nome dell’Italia sia il buon senso costituzionale”, ha concluso Sorrentino.
“La sentenza della Consulta conferma che il rapporto fra potere legislativo e ordine giudiziario costituisce in Italia un problema che, se non affrontato alla radice, svuota di fatto la democrazia di ogni reale potere derivante dalla volontà popolare”, ha detto il coordinatore del Pdl Sandro Bondi difendendo l’ex presidente del Consiglio. Di parere opposto la capogruppo nella Giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio, Marilena Samperi: “La bocciatura del ricorso della Camera conferma quanto abbiamo sostenuto e cioè che Berlusconi ha usato il parlamento e piegato le istituzioni per i propri interessi privati trattandoli come appendici del suo collegio difensivo – ha spiegato la Samperi – La decisione della Consulta era attesa, del resto come si poteva anche solo pensare che la più alta istituzione repubblicana potesse accettare la falsa verità di Ruby nipote di Mubarak?”.
Eternit a Bagnoli, reato prescritto l'ultima beffa. De Magistris: "Sentenza amara, ora la bonifica". - di Dario Del Porto
Cesaro: "Verdetto crudele e incomprensibile per le famiglie dei napoletani". Nello stabilimento napoletano gli operai colpiti da patoligie legate all'amianto sono almeno 573.
La prescrizione lascia il dramma di Bagnoli fuori dalla storica sentenza della magistratura torinese sulle morti bianche nelle filiali italiani dell'Eternit. E per i lavoratori dello stabilimento napoletano, dove gli operai colpiti da patologie sono almeno 573 e oltre 400 hanno perso la vita, si tratta dell'ultima beffa dopo tante sofferenze. I giudici hanno riconosciuto i reati di disastro e omissione di cautele contro gli infortuni sul lavoro e condannato a sedici anni di reclusione ciascuno i due imputati, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, 65 anni, e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne, 91 anni. Ma il collegio ha dichiarato prescritti i reati contestati per il periodo successivo al 13 agosto 1999, come nel caso di Bagnoli e Rubiera-Reggio Emilia.
LA TESTIMONIANZA/ "Mio padre ucciso dall'eternit"
Adesso resta solo la strada dell'azione civile per ottenere il risarcimento del danno. Ecco perché il sindaco Luigi de Magistris parla di sentenza che "è anche causa di amarezza per la nostra comunità: tante famiglie napoletane non hanno trovato giustizia a causa della prescrizione. Resta comunque un verdetto fondamentale - aggiunge il sindaco - perché chiama in causa, rinnovando l'urgenza di una risposta, il tema della bonifica e della riqualificazione di Bagnoli. Ci auguriamo che il governo finalmente fornisca i fondi per bonificare l'area", conclude De Magistris. Il presidente della Provincia Luigi Cesaro parla di "sentenza tanto eclatante e innovativa ma anche crudele e incomprensibile per le famiglie napoletane che hanno visto la vita dei propri cari distrutta dall'amianto". Anche Dino Di Palma e Giuseppe De Cristofaro di Sel ritengono che sia stata "fatta giustizia ma solo in parte".
LA TESTIMONIANZA/ "Mio padre ucciso dall'eternit"
Adesso resta solo la strada dell'azione civile per ottenere il risarcimento del danno. Ecco perché il sindaco Luigi de Magistris parla di sentenza che "è anche causa di amarezza per la nostra comunità: tante famiglie napoletane non hanno trovato giustizia a causa della prescrizione. Resta comunque un verdetto fondamentale - aggiunge il sindaco - perché chiama in causa, rinnovando l'urgenza di una risposta, il tema della bonifica e della riqualificazione di Bagnoli. Ci auguriamo che il governo finalmente fornisca i fondi per bonificare l'area", conclude De Magistris. Il presidente della Provincia Luigi Cesaro parla di "sentenza tanto eclatante e innovativa ma anche crudele e incomprensibile per le famiglie napoletane che hanno visto la vita dei propri cari distrutta dall'amianto". Anche Dino Di Palma e Giuseppe De Cristofaro di Sel ritengono che sia stata "fatta giustizia ma solo in parte".
Gli avvocati Roberto Rosario, Vincenzo Gargiulo, Gennaro Marrazzo e Alessandro Talarico, che hanno rappresentato la parte civile degli operai napoletani, commentano: "Restiamo in attesa di leggere le motivazioni che dovranno chiarire il motivo per cui si è verificata una disparità di trattamento tra gli operai di Napoli e Rubiera da un lato e Casale e Cavagnolo dall'altro. Reputiamo, d'istinto, possa aver inciso la data di accertamento della patologia come discriminante. Ma in ogni caso - concludono i legali - valuteremo mezzi di impugnazione, ciò anche in considerazione di decessi avvenuti dopo il 1999".
Al processo sono stati ascoltati testimoni che hanno descritto la strage silenziosa dei lavoratori di Bagnoli. "Sapevamo che c'erano malattie - ha raccontato uno di questi - mio padre, anche lui lavoratore all'Eternit, morì di abestosi nel 1965. Il capo del personale disse a me e mia madre che era dispiaciuto ma che mi avrebbero assunto se non avessimo "fatto confusione". Entrai nel 1969". Altri testimoni hanno parlato di malattie contratte anche da persone che non lavoravano nello stabilimento ma abitavano nella zona. Vittime di un dramma cancellato dalla prescrizione.
http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/02/14/news/eternit_a_bagnoli_reato_prescritto_l_ultima_beffa_de_magistris_sentenza_amara_ora_la_bonifica-29864333/?ref=HREC1-38
“Il governo dica no agli F-35 e alle Olimpiadi a Roma”. Un appello di Pancho Pardi a Mario Monti.
Signor Presidente del Consiglio
C’è in Italia una diffusa opinione pubblica che guarda con attenzione al suo governo. Ci si interroga sull’equità della manovra economica, sulla continuità-discontinuità col governo precedente; si auspica una politica progressiva per il lavoro; si spera in un cambio di registro su scuola, università e ricerca. Argomenti su cui non è difficile immaginare una pluralità di punti di vista.
Ma ci sono due temi che spiccano per la loro virtuale neutralità. La cittadinanza attiva li ha già individuati e su questi si attende un autentico piglio rinnovatore.
Invita quindi il suo governo a non dissipare risorse già scarse, e assai più necessarie per altri fini, nell’acquisto di costosi cacciabombardieri da guerra, già apparsi ad altri paesi inaffidabili sotto il profilo tecnico e inutili nel contesto delle future azioni di pace.
Chiede inoltre al suo governo di non firmare la proposta di candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020. L’esperienza ultradecennale ha dimostrato che l’ospitalità di grandi eventi sportivi mondiali produce solo rischi di collasso economico, pessima gestione del territorio, costruzione di impianti giganteschi destinati al’abbandono, spese senza limiti per l’erario pubblico, guadagni smisurati solo per le cricche affaristiche private.
Signor Presidente del Consiglio
l’opera del suo governo è osservata senza pregiudizi da molti cittadini ma una sua eventuale decisione a favore di queste due incalcolabili disgrazie ridurrebbe di molto la loro fiducia nei suoi confronti.
Per firmare l'appello
http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-governo-dica-no-agli-f-35-e-alle-olimpiadi-a-roma-un-appello-di-pancho-pardi-a-mario-monti/
Lavoro: in Italia troppi squilibri, arriva team Ue.
Tra pochi giorni a Roma per favorire utilizzo fondi strutturali.
(ANSA) - BRUXELLES, 14 FEB - Il lavoro in Italia e' ormai una guerra tra generazioni: troppo flessibili i giovani e troppo garantiti gli adulti, una spirale che porta a disuguaglianze eccessive e che la Commissione europea intende interrompere aiutando il governo a creare piu' impiego. Tra qualche giorno (tra il 16 e il 24 febbraio) partira' per Roma la squadra anti-disoccupazione di Bruxelles, per lavorare con governo, parti sociali e rappresentanti dell'industria, e spiegare loro come utilizzare i fondi strutturali europei ancora non impiegati, per creare lavoro.
Gli esperti Ue andranno nei sette Paesi dove la disoccupazione giovanile alle stelle ha fatto scattare l'allarme di Bruxelles, cioe' Spagna (49,6%), Grecia (46,6%), Portogallo (35,1%), Lituania (31,1%), Slovacchia(30,7%), Italia (30,1%) e Lettonia (29,9%).
Ma per la Commissione, l'emergenza italiana e' unica nel sua genere: la maggior parte dei giovani disoccupati ha almeno una laurea, ma non trova lavoro, e l'estrema flessibilita' dei giovani contrasta con le troppe garanzie degli adulti: ''La disoccupazione giovanile in Italia e' causata da molti fattori tra cui la segmentazione del mercato del lavoro e un sistema squilibrato di sostegno alla disoccupazione che ha creato diseguaglianze tra le generazioni'', scrive la Commissione Ue presentando la sua squadra (dieci esperti in occupazione, formazione, politica regionale), che riferira' al presidente della Commissione Jose' Barroso, il quale riferira' a sua volta al vertice dei capi di Stato il 1-2 marzo.
L'Italia ha ancora il 30% di fondi europei non spesi, e l'Europa l'ha piu' volte incoraggiata ad utilizzarli. Ora, i tecnici di Bruxelles spiegheranno di persona alle autorita' come sfruttare un potenziale capace di mettere in moto un circolo virtuoso: dare fondi alle piccole e medie imprese, per consentirgli di assumere giovani, e inoltre promuovere l'apprendistato per non tenere fermi i giovani laureati.
Gli esperti Ue andranno nei sette Paesi dove la disoccupazione giovanile alle stelle ha fatto scattare l'allarme di Bruxelles, cioe' Spagna (49,6%), Grecia (46,6%), Portogallo (35,1%), Lituania (31,1%), Slovacchia(30,7%), Italia (30,1%) e Lettonia (29,9%).
Ma per la Commissione, l'emergenza italiana e' unica nel sua genere: la maggior parte dei giovani disoccupati ha almeno una laurea, ma non trova lavoro, e l'estrema flessibilita' dei giovani contrasta con le troppe garanzie degli adulti: ''La disoccupazione giovanile in Italia e' causata da molti fattori tra cui la segmentazione del mercato del lavoro e un sistema squilibrato di sostegno alla disoccupazione che ha creato diseguaglianze tra le generazioni'', scrive la Commissione Ue presentando la sua squadra (dieci esperti in occupazione, formazione, politica regionale), che riferira' al presidente della Commissione Jose' Barroso, il quale riferira' a sua volta al vertice dei capi di Stato il 1-2 marzo.
L'Italia ha ancora il 30% di fondi europei non spesi, e l'Europa l'ha piu' volte incoraggiata ad utilizzarli. Ora, i tecnici di Bruxelles spiegheranno di persona alle autorita' come sfruttare un potenziale capace di mettere in moto un circolo virtuoso: dare fondi alle piccole e medie imprese, per consentirgli di assumere giovani, e inoltre promuovere l'apprendistato per non tenere fermi i giovani laureati.
Arrestato vicepresidente del consiglio regionale dell'Umbria.
PERUGIA (Reuters) - I carabinieri di Perugia hanno arrestato oggi il vice-presidente del consiglio della Regione Umbria, Orfeo Goracci della Federazione della sinistra (ex Rifondazione), e altre otto persone, con l'accusa di avere creato un'associazione a delinquere finalizzata a gravi reati della pubblica amministrazione, quando Goracci era il sindaco di Gubbio tra il 2006 e il 2011.
E' quanto emerge dall'ordinanza di arresto del gip di Perugia, da cui emerge che Goracci è accusato anche di violenza sessuale aggravata dal fatto di essere un pubblico ufficiale.
Secondo l'accusa dei pm, l'ex sindaco di Gubbio, assieme ad alcuni assessori rosso-verdi e con la complicità di funzionari dell'amministrazione comunale, avrebbero creato un sodalizio per infrangere le regole in merito al piano urbano comunale e un pacchetto di assunzioni e promozioni.
Nell'ambito della stessa inchiesta Goracci era già stato raggiunto da un avviso di garanzia per corruzione e concussione.
Oltre al vice-presidente del consiglio regionale dell'Umbria, eletto sindaco di Gubbio nel 2001 e riconfermato nel 2006, sono state arrestate altre otto persone. Quattro sono finite in carcere: Maria Cristina Ercoli, assessore comunale nel periodo 2006-2011 ed ex vice-sindaco di Rifondazione comunista (ora Federazione della sinistra); Lucio Panfili, assessore sempre nel periodo dal 2006 al 2011, dei Verdi; Lucia Cecili, dirigente del Comune, responsabile dell'ufficio personale all'epoca dei fatti e Graziano Cappannelli, ex-assessore.
Altre quattro sono finite ai domiciliari: Nadia Ercoli, nella polizia municipale durante nel periodo 2006-2011; Antonella Stocchi in consiglio comunale nello stesso periodo; Paolo Cristiano, segretario comunale tra 2006 e 2011 e Marino Cernicchi, ex-assessore.
Al momento non è stato possibile raggiungere i legali degli interessati per un commento.
Il segretario nazionale di Rifondazione comunisa, Paolo Ferrero, in una nota spiega di aver sospeso Goracci a novembre di avergli "chiesto pubblicamente" di dimettersi dalla carica di vice presidente del Consiglio regionale.
Tutti gli indagati, dice il gip nella sua ordinanza hanno costituito una "associazione per delinquere per essersi tra loro associati allo scopo di commettere una serie indeterminiata di delitti di abuso d'ufficio, concussione, falso in atti pubblici e soppressione di atti pubblici".
I reati sarebbero stati commessi anche "per avere stabilmente piegato lo svolgimento di pubbliche funzioni al perseguimento di interessi privati consistenti in vantaggi politico elettorali, mantenimento di posizioni di potere e sviluppo della carriera, vantaggi economici per se stessi e per soggetti loro legati da vincoli di vicinanza politica, amicizie e sentimentali (per il Goracci)".
Diversi dipendenti del Comune di Gubbio, oltre ad altre persone estranee all'amministrazione, "invisi o ostili al sodalizio venivano stabilmente posti in condizione di emarginazione, sfavoriti nello sviluppo della carriera, minacciati, estorti e ingiustamente penalizzati in un clima di intimidazione e paura".
Per Goracci i guai giudiziari non finiscono qui, perché l'ex sindaco viene anche accusato di violenza sessuale aggravata "per avere in due distinte occasioni costretto una dipendente alla quale inviava numerosi sms e pressanti inviti per intrattenere rapporti sessuali, a subire atti sessuali baciandola, cingendole le spalle e tirandola a sé contro la volontà della donna", si legge nell'ordinanza del gip.
Omicidio Sandri, Cassazione conferma. Nove anni e quattro mesi a Spaccarotella
L'agente della Polstrada è stato giudicato colpevole dell'omicidio volontario del tifoso della Lazio anche nell'ultimo grado di giudizio. Confermata la tesi del Pg: "Lo sparo non era indirizzato alle ruote della macchina ma ha colpito direttamente il ragazzo".
Confermata anche in Cassazione la condanna a 9 anni e 4 mesi per l’agente della Polstrada Luigi Spaccarotella. L’agente è stato dichiarato colpevole dell’omicidio volontario del tifoso della Lazio, Gabriele Sandri, avvenuto l’11 novembre 2007 sull’A1 nei pressi dell’area di servizio Badia del Pino, ad Arezzo. La Corte ha quindi rigettato il ricorso presentato dai legali di Spaccarotella contro la sentenza emessa dalla Corte d’assise d’Appello di Firenze, che aveva riconosciuto l’omicidio volontario con dolo eventuale, ed ha dato ragione al sostituto procuratore generale,Francesco Iacoviello. Quest’ultimo sosteneva che “l’agente non sparò alle gomme quella mattina dell’11 novembre 2007 quando fu ucciso Gabriele Sandri”, e l’ha ribadito questa mattina nella requisitoria. La Cassazione, dunque, ha sposato in pieno la tesi della pubblica accusa.
Il fatto era accaduto l’11 novembre 2007 quando Gabriele Sandri e altri quattro amici, tutti tifosi biancocelesti, stavano viaggiando in macchina verso lo stadio Meazza per Inter-Lazio. Durante la sosta nell’area di servizio di Badia al Pino, vicino Arezzo hanno incrociato un gruppo di tifosi juventini, che stavano andando a Parma, e la pausa caffè è degenerata in rissa. L’agente Spaccarotella sentite urla e grida e vista fuggire un’auto ha pensato a una rapina al benzinaio ed ha azionato la sirena. L’auto, però, non si è fermata ed allora l’agente ha sparato uccidendo Gabriele Sandri, che per gli amici ancora dormiva sul sedile posteriore dell’auto.
Spaccarotella, che non ha subito carcerazione preventiva durante le indagini preliminari, era stato condannato in primo grado a sei anni di reclusione per omicidio colposo, determinato da colpa cosciente. In secondo grado i fatti erano stati qualificati come omicidio volontario per dolo eventuale e la pena era stata elevata a nove anni e quattro mesi di reclusione. Con il rigetto del ricorso dell’imputato in Cassazione, la sentenza è diventata definitiva. Cominceranno ora gli adempimenti per l’esecuzione della pena, che dovrebbero concludersi nelle prossime ore, o domani, con il trasferimento di Spaccarotella in carcere.
Il fatto era accaduto l’11 novembre 2007 quando Gabriele Sandri e altri quattro amici, tutti tifosi biancocelesti, stavano viaggiando in macchina verso lo stadio Meazza per Inter-Lazio. Durante la sosta nell’area di servizio di Badia al Pino, vicino Arezzo hanno incrociato un gruppo di tifosi juventini, che stavano andando a Parma, e la pausa caffè è degenerata in rissa. L’agente Spaccarotella sentite urla e grida e vista fuggire un’auto ha pensato a una rapina al benzinaio ed ha azionato la sirena. L’auto, però, non si è fermata ed allora l’agente ha sparato uccidendo Gabriele Sandri, che per gli amici ancora dormiva sul sedile posteriore dell’auto.
Spaccarotella, che non ha subito carcerazione preventiva durante le indagini preliminari, era stato condannato in primo grado a sei anni di reclusione per omicidio colposo, determinato da colpa cosciente. In secondo grado i fatti erano stati qualificati come omicidio volontario per dolo eventuale e la pena era stata elevata a nove anni e quattro mesi di reclusione. Con il rigetto del ricorso dell’imputato in Cassazione, la sentenza è diventata definitiva. Cominceranno ora gli adempimenti per l’esecuzione della pena, che dovrebbero concludersi nelle prossime ore, o domani, con il trasferimento di Spaccarotella in carcere.
Lacrime e commozione da parte dei familiari di Sandri, presenti in aula. Giorgio Sandri, il padre di Gabriele, alla lettura della sentenza ha dichiarato soddisfatto: “E’ una sentenza di diritto ed è una vittoria di tutti. Giustizia è fatta anche se non è stato facile”. Mentre l’agente, alla notizia della condanna, ha commentato: “Affronterò la situazione da uomo”.
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