martedì 14 febbraio 2012

Ruby non è la nipote di Mubarak. La Consulta dà l’ok al processo a Berlusconi”



La Camera sosteneva che il caso prostituzione minorile era di competenza del tribunale dei Ministri Per i deputati, infatti, l'ex premier aveva protetto la minorenne pensando solo alla ragion di Stato.

Ruby non è la nipote di Hosni Mubarak. A metterlo nero su bianco questa volta è  la Corte Costituzionale che questa sera si è pronunciata sul conflitto di attribuzione sul caso Ruby, sollevato dalla Camera dei deputati nei confronti della procura e del gip di Milano. Come previsto dal regolamento, le motivazioni della sentenza, saranno depositate entro un mese, ma appare chiaro come i giudici della Consulta non abbiamo ritenuto di competenza ministeriale i reati compiuti da Berlusconi quand’era presidente del Consiglio: concussione e prostituzione minorile. Insomma, la tesi sostenuta dal deputato del Pdl Maurizio Paniz – che Berlusconi fosse intervenuto a difesa di Ruby telefonando alla Questura di Milano la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 perché la riteneva la nipote di presidente egiziano – non è stata ritenuta credibile. Tanto che Roberto Nania e Giuseppe De Vergottini, intervenuti rispettivamente per la Camera dei deputati e per il Senato in difesa dell’operato del Cavaliere davanti ai giudici della Corte costituzionale, non hanno mai citato l’argomento Mubarak.

La Consulta era chiamata a pronunciarsi sulla competenza del processo – giustizia ordinaria o tribunale dei ministri – che vede il Cavaliere accusato di concussione e prostituzione minorile, e l’eventuale sussistenza dell’obbligo, per i magistrati milanesi, di informare la Camera sul procedimento penale in corso. Il confronto tra le parti, iniziato in Consulta oggi attorno alle 12, è durato poco più di un’ora e tra le parti non sono mancati i fendenti. Secondo Nania e De Vergottini, i magistrati hanno violato l’obbligo di trasmettere gli atti al tribunale dei ministri, menomando così le attribuzioni del Parlamento. Nania ha parlato a più riprese “di una pretesa di esclusività”, da parte della organi inquirenti, “che già di per sé costituisce materia di conflitto” e che, “di fatto, è insostenibile”. “A che servirebbe mai – ha chiesto Nania rivolgendosi ai membri della Corte e richiamando l’istituto del Tribunale dei ministri – un organo istituito e plasmato” proprio per pronunciarsi sull’operato di membri del governo? “La costituzione di tale organo – ha sottolineato – allora non avrebbe alcun senso”. Altra carta giocata dai ricorrenti, “il principio di leale collaborazione tra poteri di Stato. Nulla può giustificare – secondo Nania – il disinteresse manifestato dagli organi inquirenti nei confronti delle posizioni emerse in seno alla Camera dei deputati”. “L’informazione al Parlamento – ha incalzato De Vergottini – non c’è stata e non è stata data volutamente”.

Alla tesi della Camera ha oggi ribattuto in udienza pubblica l’avvocato della procura di Milano, il professore Federico Sorrentino. La legge non stabilisce che per “qualunque reato” a carico di un esponente del governo, si debbano trasmettere gli atti al tribunale dei ministri, ha sostenuto Sorrentino, né attribuisce una competenza speciale a quell’organo a qualificare un reato come ministeriale. Così come non prevede alcun obbligo di informare la Camera. Quanto alla leale collaborazione, che – secondo il Parlamento – sarebbe stata violata dalla procura di Milano, non dando seguito all’invito a trasmettere gli atti al tribunale di ministri che la Camera rivolse negando l’autorizzazione a una perquisizione, quel principio “trova un limite” nella “motivazione infondata e risibile” con cui quel ramo del Parlamento fondò il suo diniego. Un’allusione al fatto che si sostenne che il comportamento di Berlusconi, che chiamò in questura a Milano per ottenere il rilascio di Ruby fermata per un furto, nella convinzione che si trattasse della nipote di Mubarak, fu determinato dall’esigenza di tutelare il prestigio internazionale dell’Italia. “Sono convinto che la Corte non contribuirà a realizzare un risultato che offenderebbe sia il buon nome dell’Italia sia il buon senso costituzionale”, ha concluso Sorrentino.

“La sentenza della Consulta conferma che il rapporto fra potere legislativo e ordine giudiziario costituisce in Italia un problema che, se non affrontato alla radice, svuota di fatto la democrazia di ogni reale potere derivante dalla volontà popolare”, ha detto il coordinatore del Pdl Sandro Bondi difendendo l’ex presidente del Consiglio. Di parere opposto la capogruppo nella Giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio, Marilena Samperi: “La bocciatura del ricorso della Camera conferma quanto abbiamo sostenuto e cioè che Berlusconi ha usato il parlamento e piegato le istituzioni per i propri interessi privati trattandoli come appendici del suo collegio difensivo – ha spiegato la Samperi – La decisione della Consulta era attesa, del resto come si poteva anche solo pensare che la più alta istituzione repubblicana potesse accettare la falsa verità di Ruby nipote di Mubarak?”.


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