Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 21 maggio 2012
La figlia di Cammarata sposa un Migliore. Nozze con il sit-in dei cassaintegrati.
Ad attendere la sposa in chiesa non c’era soltanto lo sposo. Fuori da Santa Maria della Catena, tra corso Vittorio Emanuele e la Cala, presenti più di venti ex dipendenti di Migliore. Il matrimonio è quello di Serena Cammarata, figlia dell’ex sindaco di Palermo e Beppe Migliore, attuale amministratore delegato dell’azienda che ha chiuso i battenti sia a Palermo che a Trapani.
“La nostra è una protesta pacifica – ha detto Maurizio Di Salvo, che ha lavorato per il gruppo per ventotto anni – non vogliamo rovinare questa giornata a nessuno, ma ci tenevamo a guardare il nostro titolare negli occhi. Siamo 269 persone finite per strada, con stipendi arretrati e cassa integrazione bloccata. Qui con me ci sono colleghi che lavoravano per Migliore da più di trent’anni, ci sentiamo abbandonati”.
“I miei colleghi hanno venduto l’oro di famiglia – continua - pur di sopravvivvere. E sull’amministrazione straordinaria sappiamo ancora poco e temiamo passi troppo tempo”. All’interno della chiesa, mentre si celebra il matrimonio, ci sono alcuni dipendenti che sono stati ufficialmente invitati. Chi è in strada ha invece lo sguardo della disperazione, dice di essere felice per la coppia, ma di non essere più in grado di gioire per la propria vita: “Come dovrei vedere il futuro della mia famiglia? – si chiede Mario, un altro ex lavoratore dell’azienda – siamo qui sperando che ci venga detto qualcosa, sperando di essere quantomeno rassicurati”. E invece, nel giorno più bello della vita della coppia, non c’è stato spazio né per la protesta, né per le richieste.
http://www.livesicilia.it/2012/05/19/beppe-migliore-si-sposa-e-i-dipendenti-protestano-in-silenzio/
domenica 20 maggio 2012
Precipita l'aereo dei narcos con 3,5 milioni I pescatori rubano la valigia piena di soldi. - Guido Olimpio
L'aereo volava a bassa quota per sfuggire ai radar, il pilota fa male i calcoli del carburante: il velivolo, a secco, precipita.
WASHINGTON – Forse dei poveri pescatori. Oppure degli abitanti di un villaggio. Qualcuno di loro si è impadronito di 3,5 milioni di dollari che erano su un piccolo aereo precipitato sette giorni fa in Ecuador. Un velivolo dei narcos messicani. Storia incredibile - degna di un romanzo – raccontata dal quotidianoUniversal.
LA COSTA - Siamo a Taiche, non lontano dalla cittadina di Pedernales, sulla costa ecuadoriana. Il velivolo, un Cessna T210 N, vola a bassa quota per sfuggire ai radar. Probabilmente ha come meta una pista semi-preparata ma il pilota ha fatto male i calcoli oppure ha avuto problemi durante il volo. Infatti, ha consumato tutto il carburante e neppure le scorte contenute in cinque fusti sono bastate. L’aereo, a secco, precipita.
I SOCCORSI - Quando le squadre di soccorso arrivano nella zona dell’impatto trovano tra i rottami i corpi di due cittadini messicani, tre cagnolini (anche questi senza vita), abiti, una copia di Playboy, santini e una valigia azzurra. La aprono: all’interno oltre un milione di dollari. Poi ricevute di versamenti in una banca di Sinaloa, la base del più importante cartello messicano.
LE INDAGINI - L'indagine si allarga. Si muove anche l’antidroga americana (Dea), sono svolti dei controlli incrociati. Gli investigatori accertano che, ovviamente, il Cessna non aveva un piano di volo. Inoltre i due messicani erano schedati. Per precedenti penali e soprattutto perché legati a organizzazioni criminali attive in Bassa California. Nulla di strano. Il velivolo è uno dei tanti che ogni giorno seguono la rotta Sud-Nord-Sud. Alcuni portano droga in Messico, altri tornano con il pagamento in contanti. Ma questo caso ha una coda intrigante.
I SOLDI - La Dea, insieme alle autorità locali, svela un “pezzo” di informazione che apre un piccolo giallo. Sull’aereo – sostengono gli americani - c’erano 5 milioni di dollari e non solo la valigia con il milione e mezzo. Forse destinati ad un laboratorio della coca scoperto due giorni dopo dalla polizia. E allora dove sono finiti i soldi? L’ipotesi è che gente del luogo, arrivata subito dopo l’incidente, si sia impossessata di buona parte dei dollari lasciando la valigia nella speranza di ingannare gli investigatori e magari anche i criminali. Chi li ha presi dovrà stare in guardia. È vero che per i cartelli della coca 3 milioni di dollari non sono una cifra elevata ma è difficile che dimentichino lo sgarbo. E magari con il tempo vorranno scoprire colui che ha avuto il coraggio di sfidarli.
"Padania si sta staccando", bufera su post leghista: Venturi si dimette.
Roma - (Adnkronos/Ign) - La frase è comparsa sulla pagina Facebook di Stefano Venturi, leghista di Rovato, candidato alle amministrative. Dopo un po' il post è scomparso, ma ormai era troppo tardi: su Twitter era già scoppiata la rivolta. All'Adnkronos l'annuncio delle dimissioni. Dal Lago: "Chiediamo scusa, imbecilli ci sono anche tra noi..."
Roma, 20 mag. (Adnkronos/Ign) - Ironia shock dopo il terremoto in Emilia Romagna su Facebook. Stefano Venturi, leghista di Rovato, candidato alle amministrative, scrive: ''terremoto nel Nord Italia... Ci scusiamo per i disagi, ma la Padania si sta staccando. (La prossima volta faremo piu' piano...)'. Il post sulla sua pagina raccoglie in breve una gradissima quantita' di commenti negativi, per non dire di calorosi insulti. E il post scompare dalla pagina, dove pero' continuano ad accumularsi le critiche.
L'autocensura dell'esponente del Carroccio, che si presenta come ''operaio metalmeccanico, segretario della sezione rovatese della Lega Nord'', e' tardiva. Il social network, infatti, rimbalza il suo post di 'muro' in 'muro'. L'indignazione sale e i toni anche. Tra gli oltre 300 commenti: "Se ti stacchi dal pianeta fai un favore all'umanita'".
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/Padania-si-sta-staccando-bufera-su-post-leghista-Venturi-si-dimette_313323185577.html
Terremoto scuote il Nord-Est. Almeno 4 morti, feriti e crolli.
Roma - (Ign) - Un forte sisma di grado 5.9 della scala Richter, ha colpito stanotte, alle 4.05, il Nord-Est. Due delle vittime sono operai che si trovavano in una fabbrica del ferrarese, a Sant'Agostino. Un'altra a Bondeno. Una donna morta d'infarto nel bolognese. Il sisma è stato per percepito in Emilia e nel Veneto. Scossa avvertita anche a Milano e in altre zone della Lombardia. Crolli in alcune fabbriche nel ferrarese. Nessun danno nella provincia di Bologna. Dopo la scossa dell 4.5 altre scosse di assetamento. In moto la macchina della protezione civile.
Roma, 20 Mag. (Ign) - Un forte sisma di grado 5.9 della scala Richter, ha colpito stanotte alle 4.05, il Nord-Est. Quattro al momento le vittime registrate. Due vittime sono operai che si trovavano in una fabbrica del ferrarese, a Sant'Agostino. Un altro Bondeno. Una donna morta d'infarto nel bolognese. Il sisma è stato per percepito in Emilia e nel Veneto. Scossa avvertita anche a Milano e in altre zone della Lombardia. Crolli in alcune fabbriche nel ferrarese. Nessun danno nella provincia di Bologna. Dopo la scossa dell 4.5 altre scosse di assestamento. In moto la macchina della protezione civile.
Proprio fonti della protezione civile hanno fatto sapere che si sta verificando il numero dei feriti, secondo la prima stima, assolutamente provvisoria, si tratta di una cinquantina di persone.
sabato 19 maggio 2012
“Mannino temeva di essere ucciso e diede il via alla trattativa Stato-mafia”. - Giuseppe Pipitone (art. del 18 u.s.)
Al processo di Palermo contro Mori e Obinu ha deposto Riccardo Guazzelli, figlio del maresciallo dei carabinieri ucciso nel 1992: "Dopo l'omicidio Lima, l'esponente Dc disse a mio padre: 'Il prossimo potrei essere io'". In aula anche la giornalista del Fatto Sandra Amurri, testimone di uno sfogo dell'ex ministro sui pm che ormai avevano "capito tutto".
Già prima del marzo del 1992 Calogero Mannino temeva di essere assassinato da Cosa Nostra. Preoccupato per la sua vita, l’ex ministro della Democrazia Cristiana avrebbe confidato i suoi timori al maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, poi assassinato a Porto Empedocle il 4 aprile del 1992. A raccontarlo davanti la quarta sezione penale di Palermo è stato Riccardo Guazzelli, il figlio del maresciallo ucciso da Cosa nostra, che ha deposto come teste al processo contro il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato alla mafia per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995.
Il dibattimento si è incrociato negli ultimi mesi con l’inchiesta della procura palermitana sulla “trattativa” avviata tra pezzi delle istituzioni e Cosa nostra nel 1992. Proprio in questa chiave rientra la testimonianza di Guazzelli Junior, che nonostante qualche “buco” di memoria, alla fine ha confermato quanto raccontato ai magistrati già nel 1994. Tra suo padre e Mannino ci sarebbero stati tre incontri: due prima dell’omicidio Salvo Lima e uno dopo l’agguato in cui il 12 marzo 1992 fu assassinato l’allora europarlamentare democristiano.
VIDEO: LE TESTIMONIANZE DI GUAZZELLI E AMURRI
“Ricordo che, prima che uccidessero Lima, mio padre mi raccontò che l’onorevole Mannino gli disse: o uccidono me o uccidono Lima. Mannino aveva detto a mio padre di avere ricevuto a casa una corona di fiori e temeva per la sua vita” ha detto Guazzelli, all’epoca appena ventenne. Il pm Nino Di Matteo però ha fatto notare che in quel periodo l’ex ministro democristiano non denunciò nessuna intimidazione ai magistrati. L’esponente della Dc avrebbe incontrato di nuovo il maresciallo Guazzelli dopo l’agguato di Mondello in cui fu assassinato Lima. “In quell’occasione disse a mio padre: ‘Il prossimo potrei essere io’” ha raccontato Guazzelli Junior. In realtà dopo Lima, Cosa Nostra assassinò proprio il maresciallo dei carabinieri, in un agguato mai del tutto chiarito. Il figlio di Guazzelli ha anche fatto cenno agli stretti rapporti che suo padre aveva con l’allora capo del RosAntonio Subranni. “Mio padre e Subranni rimasero in buoni rapporti anche quando mio padre venne trasferito alla polizia giudiziaria di Agrigento”.
Secondo gl’investigatori Guazzelli, oltre a raccogliere le paure di Mannino, avrebbe fatto anche da trait d’union tra il leader della Dc e Subranni. L’ipotesi è che l’omicidio mai del tutto chiarito del maresciallo sarebbe stato un segnale inviato da Cosa Nostra a Mannino. Secondo gl’inquirenti da quel momento Mannino si sarebbe attivato tramite Subranni per trovare un “contatto” diretto con Cosa Nostra e salvarsi quindi la vita: è l’input originario di quella che sarà la trattativa. Per questo motivo l’ex ministro della Dc è indagato dallo scorso febbraio per attentato a corpo politico dello Stato nell’inchiesta sul patto sotterraneo tra la mafia e lo Stato.
Sempre a proposito del coinvolgimento di Mannino nell’inchiesta sulla trattativa è stata sentita come teste in aula anche la giornalista del Fatto Quotidiano Sandra Amurri, testimone diretta di un clamoroso fuori onda dell’esponente democristiano, svelato sulle pagine di questo giornale due mesi fa. La Amurri ha raccontato di aver carpito un colloquio tra Mannino e l’europarlamentare del Pdl Giuseppe Gargani la mattina del 21 dicembre 2011 al bar Giolitti di Roma. “Vidi per caso Mannino che parlava con quest’altra persona che poi appresi essere Gargani. Era molto concitato, nervoso, ripeteva sempre le stesse parole: ‘Hai capito, questa volta ci fottono, questa volta ci incastrano. A Palermo hanno capito tutto. Perché quel cretino del figlio di Ciancimino ha raccontato tante cazzate, ma su di noi ha detto la verità. Glielo devi dire a Ciriaco de Mita, dobbiamo stare uniti e dare tutti la stessa versione, perché lui ora i magistrati lo sentiranno”.
De Mita fu sentito dalla procura di Palermo nel gennaio scorso, ma in effetti già a dicembre i magistrati avevano deciso di interrogarlo nell’ambito dell’indagine sulla trattativa. Il pm Nino Di Matteo ha depositato la notifica con cui la procura aveva convocato De Mita il 19 dicembre 2011. Appena due giorni dopo la Amurri avrebbe assistito al clamoroso fuori onda in cui Mannino fa cenno proprio all’audizione dell’ex presidente del consiglio.
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