martedì 22 maggio 2012

Ballottaggio Parma 2012, svolta epocale: il candidato del Movimento 5 stelle è sindaco. - di Emiliano Liuzzi


Federico Pizzarotti, il candidato del Movimento 5 stelle a Parma, è sindaco di Parma. Ha battuto di quasi venti punti  Vincenzo Bernazzoli,  sostenuto da tutto il centrosinistra: 60,23 contro il 39,77. Un abisso. I voti praticamente triplicati. Con l’appoggio degli elettori del centrodestra, certo, ma senza nessun accordo politico, come quelli che venivano fatti a tavolino, questo a me, questo a te, questo a me. Mai lo avrebbero fatto, mai nessuno dentro ai 5 stelle lo avrebbe permesso o se lo sarebbe sognato. E’ una rivoluzione culturale anche questa, per dirla alla Grillo.
E’ la presa della Bastiglia, la Stalingrado sognata proprio da lui, da Beppe Grillo. E’ l’addio alla vecchia politica e lo spazio al nuovo. A una cosa che ancora non è definita, forse, ma che esiste già e si chiama Movimento 5 stelle . La poltrona di primo cittadino di una delle città più importanti d’Italia non è un caso isolato. Nessuno lo avrebbe pensato. Non un mese fa. Forse nemmeno ieri. O due ore fa. 
Il primo risultato è stato schiacciante fin dalle prime proiezioni. I cittadini accorsi sotto il Comune per vedere i risultati non riescono quasi a crederci: “Era ora, andate tutti a casa”. C’è già chi comincia a festeggiare, ma il diretto interessato mantiene la calma sulle prime. Ma poi parla da sindaco: “Ora ci prepariamo a governare questa città”.
Una campagna elettorale “low cost”, costata circa 6mila euro, nulla, praticamente. E un programma giocato tutto sulla trasparenza. Su quella dell’avversario Pizzarotti commenta: “Non sempre è stata regolare, soprattutto nelle ultime due settimane, ma ora non è più tempo di pensarci”.
Mentre il Pd celebra quello che assomiglia molto a un funerale (funerale suo, ma anche di Pierluigi Bersani che Bernazzoli lo aveva fortemente voluto e chissà se ora lo farà dimettere da presidente della Provincia, dove siede ancora oggi), Pizzarotti è arrivato subito nella sala stampa allestita in Comune. Parla da sindaco. Parla da simbolo di una vittoria che se non manda in pensione la vecchia politica parmigiana sicuramente la mette in aspettativa per un periodo piuttosto lungo. “Siamo pronti a governare la città”, ha detto. “La prima cosa che faremo è concentrarci su quello che è il debito. E sulla questione inceneritore. Grillo? Non l’ho ancora sentito personalmente, spero entro la fine della giornata di parlargli. So comunque che ha parlato con altri del Movimento”.
Quando si è capito che Pizzarotti ce l’avrebbe fatta? Difficile dirlo. I bookmakers fino alla fine lo davano sconfitto, nonostante i sondaggi, nonostante l’ara che si respirava in casa Pd. Sicuramente l’elemento predominante è stato aver raccolto una parte dei voti del centrodestra e di quelli che avevano votato Elvio Ubaldi, già democristiano, già pidiellino, già inventore dell’ex sindaco Pietro Vignali (quello cacciato dalla piazza e dalle inchieste) che al primo turno aveva raccolto il 16 per cento e spiccioli.
Si è capito quando Beppe Grillo, venerdì sera, a Parma, ha portato diecimila persone in piazza. E quando ha dato anima e corpo per la vittoria: “Prima o poi mi sento male”, diceva. Oggi si sente male sì, ma dalla gioia. Ha già chiamato i suoi uomini in Emilia Romagna. “Non verrò”, ha detto. “La vittoria è tutta di Federico”. 
A Parma ci sono televisioni e giornali di tutto il mondo. Dalla Cnn alla Fox, dal New York Times al Guardian. Se lo contendono tutti il fenomeno politico. Perché è vero che dietro c’è un Movimento che fa capo a Grillo, ma la vittoria sul territorio se l’è conquistata lui, Pizzarotti. Con una campagna elettorale fatta porta a porta contro i “giganti” delle campagne elettorali, con simboli, nomi e appoggi economici che lui non aveva. E’ andato dalla gente, ha spiegato il suo programma e l’ha avuta vinta. Ha puntato tutto sul no all’inceneritore, quello che il Pd voleva con tutte le sue forze (e gli interessi che riportano a Iren) e su un programma breve, chiaro, preciso.Ora dovrà dimostrare di saper governare, dicono i detrattori. Lui replica di essere pronto e che, comunque, la città “mi ha premiato. Ero un perfetto sconosciuto, oggi ho vinto le elezioni”. Un perfetto sconosciuto. Verissimo. Con un lavoro normale – perito informatico impiegato in banca- e passioni normali come il judo e il teatro. E il lavoro: per la campagna elettorale si è preso 15 giorni di ferie, stamani a lavorato fino alle 14. Nessuna esperienza politica in passato, in nessuna sezione di partito. Il suo primo approccio è stato con Movimento 5 stelle.
L’attenzione, adesso, si sposta su Bernazzoli. Si è fatto tutta la campagna elettorale da presidente della Provincia in carica. Non sappiamo se, a questo punto, rassegnerà le dimissioni. Aveva detto che in caso di vittoria avrebbe restituito lo stipendio. Non sappiamo cosa farà ora che non ha vinto. Difficile che si dimetta, visto che non lo aveva fatto prima dell’inizio della campagna elettorale. Però è improbabile anche che possa rimanere alla Provincia e capogruppo dell’opposizione in consiglio comunale. Sicuramente si è dimesso il coordinatore provinciale del PdRoberto Garbi, che lascerà l’incarico già questa sera.
Ma perché Bernazzoli ha perso? Sicuramente l’affaire inceneritore ha influito e non poco. Ma il candidato ha sempre avuto poco appeal. Per la gente, che usciva da un’amministrazione comunale segnata dalle tangenti e dalla mala politica, lui era visto sì, come persona onesta, ma che comunque rappresentava il vecchio. E Parma di vecchio non ne voleva più sentir parlare. Un funzionario di partito, un politico di professione. E anche questo non piaceva. Come non è piaciuto l’incarico non lasciato. E sulla sua strada ha trovato un centrodestra frammentato che non ha avuto la forza di arrivare al ballottaggio, ma i numeri per decidere chi avrebbe vinto.

Eurostat, tasse alle stelle in Italia nel 2012 la pressione è del 47,3% sui lavoratori.

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La media europea di contributi da lavoro dipendente con l'aggiunta degli oneri sociali si attestano al 34 per cento della retribuzione, mentre in Italia si è saliti dal 42,3 per cento del 2009 al 42,6 per cento del 2010. Il livello di tassazione salirà ancora nel 2013 per poi attestarsi al 45,3 per cento nel 2014.

I lavoratori italiani sono quelli che pagano più tasse in Europa. Ma non solo, la pressione fiscale è aumentata. I dati Eurostat relativi al biennio 2009-2010 diffusi oggi parlano chiaro: la media europea di contributi da lavoro dipendente con l’aggiunta degli oneri sociali si attestano al 34 per cento della retribuzione, mentre in Italia si è saliti dal 42,3 per cento del 2009 al 42,6 per cento del 2010.
Sempre secondo Eurostat, quest’anno il peso del fisco sulle spalle degli italiani è destinato a crescere di quasi due punti percentuali passando dal 45,6 al 47,3 per cento. Mentre resterà invece ferma al 31,4 per cento la pressione sulle aziende. I dati appaiono discrepanti da quelli elaborati dalla Ragioneria dello Stato. I dati inseriti nel documento di economia e finanza (Def) per  quanto riguarda l’anno in corso prevedono che i contributi da lavoro toccheranno un nuovo record assoluto: quest’anno il peso del fisco si attesterà al 45,1 per cento, salendo dal 42,5 per cento del 2011. Il livello di tassazione, questi, salirà ancora nell’anno successivo al 45,4 per cento, per poi attestarsi al 45,3 per cento nel 2014 e al 44,9 per cento nel 2015. 

Omicidio Fragalà, una pista porta alla trattativa Stato-mafia sul 41 bis.

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Sentito dalla Commissione parlamentare antimafia, il magistrato Sebastiano Ardita mette in relazione l'assassinio a bastonate del penalista palermitano allo scontento dei boss per il mancato ammorbidimento del regime di carcere duro.

L’esecuzione brutale dell’avvocato Enzo Fragalà, massacrato a colpi di bastone il 23 febbraio 2010 nel centro di Palermo, potrebbe essere legata alla trattativa Stato-mafia per il 41 bis. E’ quanto emerge dalla deposizione dell’ex capo del Dap Sebastiano Ardita, sentito il 15 maggio scorso dalla Commissione parlamentare antimafia, un’audizione che molto probabilmente sarà trasmessa integralmente alla Procura di Palermo.
I deputati Fabio Granata (Fli) e Giuseppe Lumia (Pd) hanno chiesto infatti al Presidente dell’Antimafia Beppe Pisanu di inviare i verbali all’aggiunto Maurizio Scalia, e ai pm Nino Di Matteo e Carlo Lenzi, titolari dell’indagine sull’uccisione del penalista palermitano, rilevando la novità degli scenari prospettati dal’ ex capo del Dap a Palazzo San Macuto: ‘’La trattativa sul 41 bis e sulle richieste e le aspettative di Cosa nostra- scrivono in una nota Granata e Lumia -potrebbero essere la chiave di interpretazione dell’efferato delitto”.
Enzo Fragalà, avvocato penalista molto noto a Palermo e deputato di An tra il 2001 e il 2006, viene aggredito nei pressi del suo studio, proprio di fronte al Palazzo di Giustizia, da un uomo con il volto coperto da un casco integrale. Un colpo alle gambe per impedirgli la fuga. E poi altri colpi di bastone, rapidissimi, sferrati con inaudita violenza alla testa. Il sicario agisce con la rapidità e la precisione di un professionista. Poi fugge a bordo di una moto, dileguandosi tra i vicoli del mercato del Capo. L’avvocato crolla sul marciapiede e arriva in coma all’ospedale Civico di Palermo, dove rimane tre giorni tra la vita e la morte. Poi, il 26 febbraio, muore.
Un omicidio che ha una cifra particolare. La violenza brutale. La ferocia animalesca. La cattiveria di un’esecuzione che proprio per le sue modalità non sembra portare la firma di Cosa nostra. Dopo due anni, infatti, l’omicidio rimane un rebus indecifrabile. Senza un colpevole, senza un mandante e soprattutto senza un movente. Ora le parole dell’ex capo del Dap potrebbero dare nuovo impulso alle indagini. ‘’Nel 2009 – dice Ardita all’Antimafia – molte delle falle del 41 bis vengono corrette. Il tribunale di sorveglianza di Roma diventa l’unico soggetto competente. Si fa un’operazione di razionalizzazione. Però succedono anche fatti, che oggi non hanno una spiegazione, ma sui quali dobbiamo interrogarci. Un fatto molto grave su cui ancora non c’è chiarezza è l’omicidio dell’onorevole Fragalà, persona che ha un profilo professionale specchiato, che ha sempre fatto le sue battaglie, che ha sempre avversato il 41 bis e che muore anni dopo la cessazione del mandato parlamentare, ma solo qualche mese dopo l’approvazione di una legge che stabilizza il 41 bis e rende più funzionale le esigenze di prevenzione’’.
La conclusione di Ardita è che quell’esecuzione, in quella data, in quel preciso momento, “è un fatto che deve far pensare. Noi non possiamo dire nulla, ma non possiamo neanche escludere”. Per l’ex capo del Dap, l’agguato brutale all’avvocato di Palermo potrebbe essere letto come un segnale lanciato da Cosa nostra a quel plotone di penalisti siciliani, specializzati nella difesa dei boss mafiosi, sui quali si erano concentrate grosse aspettative – nel momento della loro elezione a parlamentari – su come si sarebbero mossi per favorire interessi mafiosi, anche attraverso la promozione di un’attività legislativa in senso ultragarantista.
Cosa nostra non ha mai nascosto la propria insoddisfazione per la mancata concretizzazione delle promesse e degli impegni assunti in quelle campagne elettorali. E proprio quando il 41 bis diventa di fatto più duro, ecco che secondo Ardita, potrebbe essere scattata la vendetta mafiosa, camuffata da omicidio d’impeto e - a prima vista – di difficile lettura. “Un avvocato di quel ruolo – dice all’Antimafia - non può facilmente essere eliminato da chicchessia. Perché le organizzazioni criminali su questi fatti pongono attenzione. Il fatto che Fragalà non avesse più la funzione parlamentare rende meno possibile o più grave il fatto criminale? Può voler dire che il messaggio è: noi ci ricordiamo sempre di voi, anche dopo, anche quando sarete ai giardinetti con i nipotini”.
Nel 2002 lo stesso Fragalà era stato indicato dal Sisde come un possibile bersaglio di attentati mafiosi insieme all’ex ministro Saverio Romano, e all’ex deputato di Forza Italia Nino Mormino, anche loro avvocati. Il penalista aveva rifiutato la scorta, specificando che “ogni parlamentare deve essere libero di esercitare il proprio ruolo senza le protezioni e senza le tutele che lo allontanano dai cittadini’’. Una scelta pagata con la vita.
di Giuseppe Pipitone e Sandra Rizza

Virus...



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IL CUORE E LA REALTA'. - di Tino Tinazzi


I cittadini devono sbarcare il lunario , sopravvivere , arrampicarsi sugli specchi ; solo gli assistiti o statali hanno lo stipendio a fine mese.

Governare insieme ai cittadini è una bella promessa , ma questi per il 70% del tempo devono portare a casa quel tanto per pagare una montagna di TASSE e possibilmente mangiare.

Importante sarà chiarezza-trasparenza-comunicazione sulle cose prioritarie della città.

Pizzarotti ha in mano un comune fallito; la strategia delle SOCIETA' COMUNALI ha aggirato i vincoli di bilancio e parità dei comuni,  consentendo a queste SPA, dove il SINDACO è il maggiore azionista, di espandere debiti, incarichi, assunzioni. Di fatto i bilanci voragine di queste società sommano importanti servizi sociali del comune, (esternalizzati attraverso contratti di servizio con il comune ), come trasporti, scuole, asili, mense, farmacie comunali....ecc .

Di fatto il comune ha due contabilità e bilanci; quello del comune e quelli delle società comunali con tanto di presidenti, vice presidenti, CDA e varie, sindaci ecc

Una delle cose che ha detto Pizzarotti, insieme alle nostre frasi bibbia, è stata quella di fare un bilancio consolidato, verificare se le perdite di 600 milioni di euro non sono ben maggiori (vedrete che arriveremo ad un miliardo di Euro per il principio dell'elusione dei partiti) e predisporre un piano finanziario d'emergenza, poi di sviluppo.

IL comune anche se ha un un buon indice di autofinanziamento, ha per il 65% e/o 70% spese fisse, primarie, dai servizi sociali, alle manutenzioni, alle retribuzioni dei dipendenti comunali, nonchè tutte le problematiche di riscossione patrimoniali, nettezza urbana, ecc. e non vive da solo .
I comuni oggi hanno come finanziamento solo la "cementificazione" attraverso le "concessioni edilizie" e i pagamenti delle stesse .

IL comune dipende per la sua vita dai trasferimenti stato-regione per opere pubbliche, rifiuti  e per i progetti a suo tempo programmati. La programmazione per la burocrazia ha tempi lunghi (2 -3 anni) e un nuovo sindaco deve valutare la congruità dei progetti, sapendo che se si bocciano ....si riparte fra altrettanti anni.
I comuni si sobbarcano poi delle inadempienze della SANITA', voragine pubblica, questa non paga affitti, non onora contratti e pesa sul comune che per legge non puo' interrompere un servizio sanitario.

Questo vuol dire che un sindaco deve occuparsi anche di area vasta con contatti che vanno al di là del comune. La presenza di Giovanni Favia e De Franceschi è positiva per fare fiato sul collo.
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Pizzarotti ha bisogno di una squadra presente e competente , nonchè di consolidare un buon rapporto con i funzionari direttivi del comune, ai quali la legge Bassanini attribuisce poteri e competenze autonomi nel determinare i funzionamenti delle aree chiave del comune. In particolare la contabilità di stato è diversa da quella normale ; occorre pertanto un robusto direttore della ragioneria che segua il lavoro dell'assessore al bilancio e della giunta .
La figura infatti degli assessori (che " indirizzano ", guidano) , deve diventare piu' operativa e tecnica per assicurarsi non solo l'indirizzo ma l'esecuzione dei mandati della giunta, in equilibrio con le competenze direttive del comune.

Da un punto di vista politico sarà importante avere una solida maggioranza in consiglio comunale affinchè non vi siano agguati e minacce in modo da avere 5 anni di lavoro davanti. Su questo non ho dati.

La figura del sindaco non era  un terminale portavoce dei cittadini, lo sarà con il movimento 5 stelle, ma somma grandi responsabilità decisionali ed il massimo garante sanitario del comune e in generale della sicurezza.

Sono xazzi .....ma bei xazzi....

Booooom!!!!!



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lunedì 21 maggio 2012

Ha vinto il Pd (ma solo nei sogni di Bersani). - Andrea Scanzi


Pierluigi Bersani continua a vivere nella sua stanza d’albergo. Da solo. Nella stanza accanto, sente che due fanno l’amore. E lui, felice, esulta. Per interposta persona. Non è dato sapere quando, lui e il Pd, cominceranno a godere. In prima persona.
Non occorre aspettare l’esito elettorale: il Pd vince, sempre. Anche quando non vince (cioè sempre). E’ la vera linea di partito bersaniano. “A parte Parma, abbiamo vinto ovunque”. Una frase bellissima. Un po’ come dire: “A parte il nucleare, a Fukushima non stanno mica male”.
A fronte di un Pdl ai minimi storici, il Pd vince dove non può perdere (e sì che ci prova) e trionfa quando non si comporta da Pd. Nelle città in bilico, o si affida a candidati che non voleva (Milano, Cagliari, Genova) o insegue trionfi altrui come accaduto per i referendum (Napoli, Palermo).
L’isteria è tale per cui Rosy Bindi, poco dopo gli esiti elettorali, litighi a RaiTre con Antonio Politoche si limitava a ricordarle che nelle città chiave avevano perso ed era un po’ tardi per sostenere cheLeoluca Orlando fosse il loro candidato (e glielo ricordava Polito: non Gramsci).
Era felice anche Enrico Letta (per quanto uno come Enrico Letta possa esprimere felicità, beninteso). E Matteo Renzi, il Mister Bean dell’Arno, metteva tenerezza nel tentativo di superare a sinistra (o destra, nel suo caso) i grillini sul tema della “rottamazione”
La vecchia politica continua a ricordare quei conservatori americani che negli anni Cinquanta vietavano ai figli il r’n’r perché ritenuto sacrilego. E nel frattempo il rock travolgeva tutto. In tivù si celebrano le “buonistissime” messe laiche che appagano i soliti noti (inamovibili e assai rissosi), ma a molti non bastano più. E i “politici”, da Cicchitto in su (giù è difficile), ritengono che ci si debba sedere tutti attorno a un tavolo: una gran bella idea, anche se appena superata.
C’è, nei parlamentari e in gran parte degli editorialisti pensosi (gli stessi che fino a due mesi fa ritenevano il Movimento 5 Stelle un fenomeno folklorico sovversivo), una totale assenza di conoscenza e basi minime per interpretare la realtà. Usano strumenti, e arroganze, degne delcenozoico.
Fino a ieri era antipolitica, ora un fenomeno passeggero (in fondo l’ha detto anche Napolitano, no?). E ci si stupisce di quanto i grillini siano giovani e garbati: erano così anche prima, bastava andare a cercarli. Finché a “interpretare” il grillismo ci saranno i Buttiglione e le Gelmini (“Queste elezioni dimostrano che il Pd si sta spostando verso la foto di Vasto e la sinistra estrema”: poveretta, è rimasta dentro il tunnel dei neutrini), Grillo e il M5S cresceranno serenamente. Con buona pace di chi li riteneva fonte di ogni male, derive dittatoriali e tutto ciò che finisce in –ismo (“populismo”, “qualunquismo”; e magari pure “demagogismo”, adottando un nuovo conio).
Parma non è né la conquista di Stalingrado, né l’inizio della Terza Repubblica. E’ una scelta che premia un lungo percorso. E’ un voto di protesta (non è un difetto) e al tempo stesso di costruzione. Soprattutto: è una presa di posizione che merita rispetto. Esattamente quello che, sinora, non c’è stato. Da destra, ma nemmeno da “sinistra”.