Federico Pizzarotti, il candidato del Movimento 5 stelle a Parma, è sindaco di Parma. Ha battuto di quasi venti punti Vincenzo Bernazzoli, sostenuto da tutto il centrosinistra: 60,23 contro il 39,77. Un abisso. I voti praticamente triplicati. Con l’appoggio degli elettori del centrodestra, certo, ma senza nessun accordo politico, come quelli che venivano fatti a tavolino, questo a me, questo a te, questo a me. Mai lo avrebbero fatto, mai nessuno dentro ai 5 stelle lo avrebbe permesso o se lo sarebbe sognato. E’ una rivoluzione culturale anche questa, per dirla alla Grillo.
E’ la presa della Bastiglia, la Stalingrado sognata proprio da lui, da Beppe Grillo. E’ l’addio alla vecchia politica e lo spazio al nuovo. A una cosa che ancora non è definita, forse, ma che esiste già e si chiama Movimento 5 stelle . La poltrona di primo cittadino di una delle città più importanti d’Italia non è un caso isolato. Nessuno lo avrebbe pensato. Non un mese fa. Forse nemmeno ieri. O due ore fa.
Il primo risultato è stato schiacciante fin dalle prime proiezioni. I cittadini accorsi sotto il Comune per vedere i risultati non riescono quasi a crederci: “Era ora, andate tutti a casa”. C’è già chi comincia a festeggiare, ma il diretto interessato mantiene la calma sulle prime. Ma poi parla da sindaco: “Ora ci prepariamo a governare questa città”.
Una campagna elettorale “low cost”, costata circa 6mila euro, nulla, praticamente. E un programma giocato tutto sulla trasparenza. Su quella dell’avversario Pizzarotti commenta: “Non sempre è stata regolare, soprattutto nelle ultime due settimane, ma ora non è più tempo di pensarci”.
Mentre il Pd celebra quello che assomiglia molto a un funerale (funerale suo, ma anche di Pierluigi Bersani che Bernazzoli lo aveva fortemente voluto e chissà se ora lo farà dimettere da presidente della Provincia, dove siede ancora oggi), Pizzarotti è arrivato subito nella sala stampa allestita in Comune. Parla da sindaco. Parla da simbolo di una vittoria che se non manda in pensione la vecchia politica parmigiana sicuramente la mette in aspettativa per un periodo piuttosto lungo. “Siamo pronti a governare la città”, ha detto. “La prima cosa che faremo è concentrarci su quello che è il debito. E sulla questione inceneritore. Grillo? Non l’ho ancora sentito personalmente, spero entro la fine della giornata di parlargli. So comunque che ha parlato con altri del Movimento”.
Quando si è capito che Pizzarotti ce l’avrebbe fatta? Difficile dirlo. I bookmakers fino alla fine lo davano sconfitto, nonostante i sondaggi, nonostante l’ara che si respirava in casa Pd. Sicuramente l’elemento predominante è stato aver raccolto una parte dei voti del centrodestra e di quelli che avevano votato Elvio Ubaldi, già democristiano, già pidiellino, già inventore dell’ex sindaco Pietro Vignali (quello cacciato dalla piazza e dalle inchieste) che al primo turno aveva raccolto il 16 per cento e spiccioli.
Si è capito quando Beppe Grillo, venerdì sera, a Parma, ha portato diecimila persone in piazza. E quando ha dato anima e corpo per la vittoria: “Prima o poi mi sento male”, diceva. Oggi si sente male sì, ma dalla gioia. Ha già chiamato i suoi uomini in Emilia Romagna. “Non verrò”, ha detto. “La vittoria è tutta di Federico”.
A Parma ci sono televisioni e giornali di tutto il mondo. Dalla Cnn alla Fox, dal New York Times al Guardian. Se lo contendono tutti il fenomeno politico. Perché è vero che dietro c’è un Movimento che fa capo a Grillo, ma la vittoria sul territorio se l’è conquistata lui, Pizzarotti. Con una campagna elettorale fatta porta a porta contro i “giganti” delle campagne elettorali, con simboli, nomi e appoggi economici che lui non aveva. E’ andato dalla gente, ha spiegato il suo programma e l’ha avuta vinta. Ha puntato tutto sul no all’inceneritore, quello che il Pd voleva con tutte le sue forze (e gli interessi che riportano a Iren) e su un programma breve, chiaro, preciso.Ora dovrà dimostrare di saper governare, dicono i detrattori. Lui replica di essere pronto e che, comunque, la città “mi ha premiato. Ero un perfetto sconosciuto, oggi ho vinto le elezioni”. Un perfetto sconosciuto. Verissimo. Con un lavoro normale – perito informatico impiegato in banca- e passioni normali come il judo e il teatro. E il lavoro: per la campagna elettorale si è preso 15 giorni di ferie, stamani a lavorato fino alle 14. Nessuna esperienza politica in passato, in nessuna sezione di partito. Il suo primo approccio è stato con Movimento 5 stelle.
L’attenzione, adesso, si sposta su Bernazzoli. Si è fatto tutta la campagna elettorale da presidente della Provincia in carica. Non sappiamo se, a questo punto, rassegnerà le dimissioni. Aveva detto che in caso di vittoria avrebbe restituito lo stipendio. Non sappiamo cosa farà ora che non ha vinto. Difficile che si dimetta, visto che non lo aveva fatto prima dell’inizio della campagna elettorale. Però è improbabile anche che possa rimanere alla Provincia e capogruppo dell’opposizione in consiglio comunale. Sicuramente si è dimesso il coordinatore provinciale del Pd, Roberto Garbi, che lascerà l’incarico già questa sera.
Ma perché Bernazzoli ha perso? Sicuramente l’affaire inceneritore ha influito e non poco. Ma il candidato ha sempre avuto poco appeal. Per la gente, che usciva da un’amministrazione comunale segnata dalle tangenti e dalla mala politica, lui era visto sì, come persona onesta, ma che comunque rappresentava il vecchio. E Parma di vecchio non ne voleva più sentir parlare. Un funzionario di partito, un politico di professione. E anche questo non piaceva. Come non è piaciuto l’incarico non lasciato. E sulla sua strada ha trovato un centrodestra frammentato che non ha avuto la forza di arrivare al ballottaggio, ma i numeri per decidere chi avrebbe vinto.
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