venerdì 25 maggio 2012

La storia e i protagonisti della mafia (R.Scarpinato Servizio Pubblico

Biblioteca Girolamini: direttore in carcere.


Un'immagine della Biblioteca dei Gerolamini di Napoli


Volumi e manoscritti antichi spariti.


NAPOLI  - Cinque persone sono state arrestate dai carabinieri per la tutela del Patrimonio artistico per il furto di antichi volumi e manoscritti custoditi nella Biblioteca dei Girolamini di Napoli. In carcere anche Massimo Marino De Caro, direttore della struttura fino al 19 aprile quando aveva annunciato la sua autosospensione dall'incarico.

Ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip di Napoli, anche per l'argentino Eloy Alejandro Cabello, l'ucraino Viktoriya Pavlovskiy, l'argentina Paola Lorena Weigandt e Mirko Camuri. Le indagini sono state condotte dai carabinieri per la tutela del patrimonio artistico e coordinate dalla Procura di Napoli. Accertamenti in corso nei riguardi di un altro cittadino argentino, Cabello Cesar Abel, individuato e sottoposto a perquisizione poche ore prima di imbarcarsi su volo diretto a Buenos Aires.

PM, MUTILATA DA DISEGNO CRIMINOSO 
- Con "più azioni esecutive anche in tempi diversi di un medesimo disegno criminoso, si appropriavano di manoscritti, volumi e beni costituenti il patrimonio librario" della biblioteca Girolamini: ben 257 volumi. E' questa l'accusa della Procura di Napoli rivolta ai cinque arrestati. Una biblioteca, scrive il procuratore aggiunto, Giovanni Melillo, "gravemente e forse irrimediabilmente smembrata e mutilata". Per la Procura di Napoli, Massimo Marino De Caro, nella sua qualità di direttore della Biblioteca statale oratoriale annessa al Monumento nazionale dei Girolamini, Sandro Marsano, nella sua qualità di Conservatore della Biblioteca e sottoposto a indagini, Eloy Alejandro Cabello, Viktoriya Pavlovskiy, Abel Cesar Cabello e Paola Lorena Weigandt, "quali collaboratori personali di De Caro, si appropriavano di manoscritti e di altri beni, con l'aggravante di di aver cagionato all'amministrazione dei beni culturali, con condotte realizzate dopo aver acquisito il sostanziale controllo dei luoghi adibiti alla custodia dei beni librari e una pressoché assoluta libertà di movimento all'interno dei medesimi in capo anche a soggetti estranei all'amministrazione pubblica e alla congregazione religiosa". Il tutto, scrive Melillo, determinando un "danno patrimoniale allo stato non ancora determinabile, ma di ingente quantità". Sono in corso accertamenti, anche mediante richieste di assistenza giudiziaria internazionale, "volti ad individuare le modalità operative, i canali di commercializzazione dei libri e dei manoscritti sottratti nonché ad individuare i beni librari recuperabli".

giovedì 24 maggio 2012

Scajola: “Ho venduto la casa al Colosseo ora farò un gesto forte”. Poi s’infuria con il Fatto.




“Quanto pago d’Imu? Se intende per la casa al Colosseo sappia che l’ho venduta, arrivederci”. Claudio Scajola corre in fretta in Piazza del Parlamento, ma ha il tempo di regalare una notiziola non da poco all’inviata dell’Ultima parola, il programma di Rai2 di Gianluigi Paragone. Il servizio dell’11 maggio, alcune voci raccolte fuori dalla Camera dei deputati per commentare il primo turno delle ultime elezioni amministrative, passa in tv oltre la mezzanotte. L’esclusiva non viene rilanciata dalle agenzie di stampa, ne’ rimarcata in studio, come meriterebbe, dal conduttore. L’ex ministro dello Sviluppo economico ha ceduto l’appartamento di 180 metri quadrati con vista Colosseo di via del Fagutale. Il “mezzanino” che secondo i magistrati romani avrebbe comprato nel 2004 con una parte di soldi in nero. Una serie di assegni circolari per un ammontare di 900mila euro, versatigli dall’architetto Angelo Zampolini per conto di Diego Anemone, l’imprenditore coinvolto nell’inchiesta sugli appalti del G8. Lui, Scajola, avrebbe versato di suo: soli seicentodiecimila euro per un immobile situato in un luogo aulico, a pochi metri dal Belvedere Cederna.
Ai microfoni de il fattoquotidiano.it il deputato Pdl sulla vendita dell’immobile cambia in parte versione. “Ho fatto un preliminare di vendita un mese fa da un notaio” e aggiunge “tra poche settimane contiamo di fare il rogito, non voglio dirvi nulla sui dettagli: prezzo e nome dell’acquirente”. A questo punto l’ex ministro dovrebbe tener fede alla promessa fatta a settembre del 2010 quando al Corsera dichiarò: “Vendo la casa e la differenza, rispetto a quello che avevo versato, la darò in beneficenza poi aveva aggiunto “so già a quali organizzazioni no profit darla”. Ora, invece, annuncia: “Voi del Fatto avete scritto che non si può dare in beneficenza ciò che non è proprio e – continua – allora sto valutando una cosa diversa: un provvedimento, un gesto ancora più forte, ma che non vi posso dire adesso, lo dirò nel momento in cui farò il rogito. Io quello che prometto lo mantengo sempre”.
Le visure in Conservatoria a Roma, ad oggi, non danno risultanza però di un preliminare di vendita trascritto. Lo stesso può essere, inoltre, registrato in qualsiasi ufficio del registro in Italia. “L’ho fatto dal notaio, ma come lei sa: il preliminare può essere registrato o non essere registrato e noi abbiamo preferito non registrarlo”. Legittimo da parte nostra chiedere perché non abbia registrato un atto così importante. Scajola a questo punto si altera: “Sentite per cortesia, no eh. Mi volete fare un interrogatorio? Volete sapere come sono le cose, cosa volete sapere? Su questa casa avete già esagerato su di me, andate a cercare gli altri, guarda cosa avete combinato. Io – spiega – vi ho detto che la casa era in vendita, che ho avuto anche difficoltà a venderla, sono riuscito a venderla, ho fatto il preliminare e nelle prossime settimane farò il rogito. Punto. Mi pare che sia abbastanza no? O no? Mettetevi voi nei miei panni, no mettetevi voi nei miei panni, non voglio dirle nulla di più, va bene?”. E attacca la cornetta del telefono.
Per fugare ogni dubbio su come ci si debba comportare con la registrazione di un preliminare di vendita abbiamo interpellato il Consiglio Nazionale del Notariato. “La legge prevede l’obbligo di registrazione del preliminare sempre – spiega il notaio Gabriele Noto – questo è un punto fermo ed entro un mese” che chiarisce “certamente non è conforme alla legge un preliminare non registrato. L’unico bieco vantaggio, parlo senza commentare un caso specifico, è quello di evadere il fisco. Nel senso che – prosegue – non si pagano le tasse sulla registrazione e i contratti preliminari sono soggetti ad una tassazione fissa di registrazione, più una tassazione che varia dallo 0,50% al 3% sulle somme che vengono corrisposte in sede di preliminare e su un immobile che può valere oltre un milione e mezzo di euro, le cifre possono essere ingenti”. Intanto, a parte l’eventuale rogito, c’è un’altra scadenza che il deputato imperiese deve tenere a mente: quella del prossimo 26 giugno. Data della prima udienza del processo a suo carico proprio in relazione all’inchiesta sull’acquisto dell’immobile di via del Fagutale. Il processo si celebrerà davanti al giudice monocratico del tribunale di Roma. Scajola è accusato di finanziamento illecito ad un singolo parlamentare.

 di David Perluigi, montaggio Paolo Dimalio

Il QI di Casini.




La febbre terzana che ha colpito Bersani che sproloquia di "non vittoria" ha colpito anche Azzuro Caltagirone, in arte Casini. Premessa: il MoVimento 5 Stelle ha rifiutato in passato il rimborso elettorale di un milione e settecentomila euro per le regionali e rinuncerà ai rimborsi per le prossime politiche, che potrebbero superare i 100 milioni di euro e più con le attuali previsioni di voto. Quindi i soldi il M5S non li vuole. Difficile da capire per i partiti che sui soldi ci campano, ma è "Tutto Vero", come titolò la Gazzetta dello Sport dopo la vittoria della nazionale in Germania che poi andò a Berlino. La mossa piercasinanda (copyright Travaglio) è da vero politico consumato. Riflettete: se il M5S non vuole i soldi è allora necessaria una legge ad hoc per impedirgli di prenderli! L'UDC ha presentato un emendamento che condiziona l'erogazione dei contributi all'esistenza di uno Statuto, che tutti i partiti hanno, come è ovvio e quindi è ad hoc per il M5S. La Camera ha approvato entusiasta con 342 si, 104 astenuti e 54 no. Il MoVimento 5 Stelle ha uno Statuto di soli 7 punti che non prevede neppure l'esistenza di un tesoriere, né tanto meno di finanziamenti elettorali. Si chiama "Non Statuto", ma è uno Statuto a tutti gli effetti. Lo propongo come modello ai partiti, non invocherò il copyright. Invece di tagliare i loro contributi di un miliardo di euro, li tagliano al M5S che non li vuole. Geniale!
L'emendamento udiccino conteneva anche un appello alla democrazia, lo Statuto (quello che consente di prendere i soldi) deve essere "conformato a principi democratici nella vita interna con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze, ai diritti degli iscritti". Ma questo è un autogol, una mossa degna di Tafazzi, del QI di Casini. I candidati nei partiti sono infatti "nominati" dai segretari di partito grazie alla legge elettorale "Porcellum", alla faccia della democrazia interna, quindi non potranno più percepire rimborsi. Giusto? Giusto! A proposito, qualcuno mi presta i soldi per la colazione?



http://www.beppegrillo.it/2012/05/il_qi_di_casini.html

Paolo B. e Romani, guai grossi. - Paolo Biondani




La procura di Monza indaga su presunte tangenti da 300 mila euro l'una con cui l'ex ministro avrebbe cercato di far passare, al consiglio comunale di Monza, una 'variante' che per il fratello di Silvio Berlusconi valeva 50 milioni. Ora sono indagati entrambi. E nelle intercettazioni c'è anche il Cavaliere.
Tangenti da 300 mila euro per approvare una nuova colata di cemento a Monza e regalare più di 50 milioni di euro a Paolo Berlusconi. L'onorevole Paolo Romani e il fratello dell'ex premier sono al centro di una nuova inchiesta della Procura di Monza, che indaga su una tentata "compravendita" di consiglieri comunali in piena campagna elettorale. Obiettivo: far approvare una maxi-variante urbanistica che avrebbe reso edificabile anche una grande area ora vincolata a verde, chiamata Cascinazza, garantendo una ricchissima plusvalenza a Paolo Berlusconi. L'accusa di "istigazione alla corruzione" si fonda su intercettazioni telefoniche molto esplicite. 
Silvio Berlusconi non risulta indagato ma alcuni dei politici e faccendieri intercettati sono stati contattati anche da lui personalmente, per concordare incontri riservati ad Arcore. L'indagine che ora coinvolge anche l'ex ministro Romani e Paolo Berlusconi era in corso da mesi ma finora era stata tenuta segreta dai magistrati per non interferire sulle elezioni. Ribaltando i risultati del 2007, i cittadini di Monza hanno spedito all'opposizione Pdl e Lega eleggendo un sindaco di centrosinistra, Roberto Scanagatti, con più del 63 per cento dei voti. Chiuso il ballottaggio, in procura sono cominciati i primi interrogatori.
Al centro dell'inchiesta c'è una variante urbanistica da quattro milioni di metri cubi di cemento che l'ex giunta di centrodestra non è riuscita a far approvare nonostante pressioni di ogni tipo. Negli anni Ottanta Paolo Berlusconi, il fratello minore di Silvio, aveva acquistato dalla famiglia Ramazzotti, a prezzi da fondo agricolo, una grande tenuta, chiamata Cascinazza. Mezzo milioni di metri quadrati vincolati a verde, perché quell'area è una delle poche dove può ancora sfogarsi il Lambro, un fiume già assediato da troppo cemento, che ad ogni nubifragio allaga pure Milano. Dopo vent'anni di tentativi di abolire quel vincolo, nel 2008 Paolo Berlusconi ha venduto tutta l'area a una società controllata al 70 per cento dalla famiglia Cabassi e da altri soci come il costruttore Gabriele Sabatini. Il fratello del Cavaliere resta però interessato all'affare: finora ha incassato un anticipo di 40 milioni, ma se un domani la Cascinazza diventasse edificabile, ne intascherebbe altri 52.



L'ex giunta Lega-Pdl ha tentato di far passare la variante fino all'ultimo consiglio comunale, scontrandosi però non solo con l'opposizione, che da sempre gridava allo scandalo, ma anche con le resistenze di alcuni consiglieri di maggioranza, allarmati da una cementificazione che avrebbe rischiato di creare una specie di Monza-bis con ben 40 mila abitanti in più.
Ora le intercettazioni ricostruiscono i retroscena inconfessabili di quella tentata manovra politico-edilizia. Marzo 2012. Dopo la formale «adozione», il consiglio comunale ha 90 giorni di tempo per la definitiva «approvazione» della variante. Il termine scade domenica 18 marzo. La Procura di Monza sta già intercettando da mesi altri indagati per lo scandalo delle tangenti edilizie che da Giussano e Desio (arrestato l'ex assessore formigoniano Massimo Ponzoni) si sta allargando a mezza Brianza. Ai telefoni, sul tema caldo della Cascinazza, la Guardia di Finanza sente di tutto. I faccendieri più informati parlano di tangenti da «300 mila euro a testa», offerte ad almeno tre consiglieri di centro o di destra ancora «incerti». Soldi in cambio del loro voto in consiglio a favore della variante. 
Quando le elezioni si avvicinano, le manovre per ricompattare la destra si fanno frenetiche. Romani riceve, ad uno ad uno, vari consiglieri comunali. Incontri riservati, senza testimoni, ora ricostruiti solo in parte, grazie alle indagini. Per adesso i pm ipotizzano solo il reato di «istigazione alla corruzione». Come dire: i soldi sono stati offerti sicuramente, secondo l'accusa, ma non è certo se alcuni dei consiglieri (e quali) abbiano effettivamente accettato quella proposta indecente. Qualcuno sembra aver rifiutato. Infatti l'approvazione salta per pochissimi voti. Scaduti così i fatidici 90 giorni, la turbo-variante pare bocciata per sempre. E invece no: con un guizzo d'ingegno, metà dei consiglieri (tutti di centrodestra) votano da soli un'inedita «adozione-bis». Nell'ultimo giorno utile (21 marzo 2012) prima dello scioglimento del consiglio comunale. In caso di vittoria, al centrodestra-bis sarebbe bastata una sola seduta per regalare ai monzesi quei quattro milioni di metri cubi di nuovo cemento.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/paolo-b-e-romani-guai-grossi/2181711/8/0

Quotazione di Facebook, gli azionisti fanno causa a Zuckerberg e Morgan Stanley


Non avrebbero comunicato prima dell'Ipo che le stime di crescita erano state ridotte. L'azienda:«Ci difenderemo vigorosamente».

MILANO - Ancora guai per il miliardario Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook: un gruppo di azionisti ha avviato una causa collettiva contro la società, il fondatore (e amministratore delegato) e Morgan Stanley (che ha seguito la quotazione in Borsa). L'accusa è di non avere prontamente comunicato agli investitori che le stime di crescita del social network erano state «ridotte in modo significativo» dagli analisti prima dell'Ipo miliardaria. Ma l'azienda ribatte: «Riteniamo che la causa non abbia motivo e ci difenderemo in modo vigoroso».
IL DEBUTTO - Un debutto in Borsa particolarmente movimentato per Facebook: dopo il crollo del titolo al Nasdaq, è infatti arrivata una pioggia di accuse verso i protagonisti della quotazione. Stando alle ultime accuse, solo ad alcuni investitori privilegiati era stata comunicata una riduzione consistente delle previsioni di crescita dei ricavi del social network. Fatto che ha contribuito al crollo del titolo nei primi giorni di contrattazioni. A seguire la causa collettiva, avviata presso una corte distrettuale di Manhattan, è lo studio legale Robbins Geller, lo stesso che era riuscito a ottenere risarcimenti per 7 miliardi di dollari da Enron. Sotto tiro anche Nasdaq OMX Group, la società che controlla l'indice su cui è quotato il social network, accusata da un singolo azionista per i ritardi nel collocamento dovuti a problemi tecnici che secondo l'accusa hanno portato a gravi perdite per gli investitori. Dopo la giornata di debutto a Wall Street deludente, conclusa attorno al prezzo di partenza, e il crollo del titolo nei due giorni seguenti, Facebook ha iniziato mercoledì in positivo e rimbalza di quasi il 3%.

Terrorismo, l'allarme dei Servizi: "Presto ci saranno nuovi attentati anarchici".



Giorgio Piccirillo


Roma - (Adnkronos/Ign) - Il Direttore dell'Aisi, Giorgio Piccirillo: "Dopo una fase di minore attivismo, c'è da aspettarsi una graduale ripresa dell'offensiva delle sigle Fai. L'organizzazione sta facendo un salto di qualità". Nel mirino obiettivi greci in Italia e galassia Finmeccanica. Il presidente della Repubblica, Napolitano: "Gli italiani non si faranno intimidire". Nei giorni scorsi l'attentato all'ad di Ansaldo NucleareEquitalia, allarme bomba nelle sedi di Salerno e Pescara.
Roma, 23 mag. (Adnkronos/Ign) - Dopo "una fase anche se breve di minore attivismo", c'è da aspettarsi "una graduale ripresa dell'offensiva delle sigle Fai con attacchi a obiettivi indicati nei recenti documenti", in particolare, "obiettivi greci in Italia e anche italiani in Grecia, per solidarietà con le cellule di Cospirazione di fuoco elleniche", e "tutta la galassia Finmeccanica indicata in tutte le sue componenti come obiettivo fondamentale". A lanciare l'allarme è il Direttore dell'Agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi), Giorgio Piccirillo, sentito dalla Commissione Affari Costituzionali nell'ambito di un'indagine conoscitiva sui recenti fenomeni di protesta organizzata in forma violenta in occasione di manifestazioni. In serata è intervenuto sul tema anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. ''Ne sono convinto - ha detto -, gli italiani non cedono all'intimidazione e al terrore. Lo avete visto a Brindisi con la gente in piazza quella sera e con le ragazze (le compagna di Melissa Basso, ndr) che erano anche qui stamattina''.
Per i servizi, ''potrebbero verificarsi anche episodi di sigle inedite ed è da attendersi un incremento di documenti minatori apocrifi, anche ispirati a documenti di anni di piombo''.
Ma non solo. Per Piccirillo "gli anarchici stanno facendo un salto di qualità. Ma i numeri dell'organizzazione sono difficili da quantificare''. Il Direttore dell'Aisi ricorda che nei documenti dei gruppi antagonisti ''si soleva dire che è come il gas: non si avverte quando si espande ma quando esplode. E' difficile -ribadisce il generale- fare valutazioni su numeri'', anche perché ''non hanno una struttura''. Ma ''negli ultimi tempi abbiamo qualche riferimento in più dovuto al fatto che si sta passando da una situazione generalista a una più organizzata, probabilmente si riuscirà ad avere altri elementi''.
"L'aggressione ideologica anarchica - ha rimarcato il generale Piccirillo - resta finalizzata anche a forze dell'ordine, apparato giudiziario, strutture di sfruttamento delle risorse energetiche, banche e uffici esazione'', ovvero tutto quel mondo posto sotto la luce dei riflettori dalla crisi, "alla ricerca del consenso. Dopo una momentanea stasi, dettata da esigenze di cautela'', ha spiegato il direttore dell'Aisi, è prevedibile "una ripresa dell'attivismo del Fai, che oggi rappresenta l'elemento più caratterizzante del fenomeno eversivo e antagonista".
Alcuni ambienti, ha messo in guardia il direttore dell'Aisi, "considerano le tensioni derivanti dalla crisi una favorevole opportunità per rilanciare l'iniziativa combattente, ed è ipotizzabile che in tali ristretti ambiti trovino slancio tentativi di aggregazione delle forze residue e di reclutamento di nuove leve nel riavviare i programmi eversivi''. ''Inoltre -ha avvertito Piccirillo- potrebbero verificarsi azioni, anche di non elevato spessore, rivendicate da sigle inedite, finalizzate a mantenere alta la tensione e verificare l'eventuale risposta o chiamata di altre componenti propense ad intraprendere percorsi di lotta armata".
Piccirillo ha anche parlato dell’agguato di Genova all’ad di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, definendolo un “episodio annunciato” che contiene delle novità poiché, rispetto alle logiche anarchiche 'tradizionali' che non prevedono un'organizzazione, “c'è stata un'organizzazione: il furto della moto, ripetuti sopralluoghi per verificare i comportamenti della vittima, la fuga e la rivendicazione”. “Nel documento di rivendicazione -ha sottolineato il capo dell'Aisi- si fanno nomi di esponenti del terrorismo degli anni '70 e '80, a conferma che si vuol tornare a quel tipo di violenza”. I Servizi sottolineano che nei loro documenti “gli anarchici di voler passare all'azione diretta” e avvertono che “c'è un'area grigia ormai difficile da distinguere di transizione tra gruppi di ispirazione brigatista e anarchici”.
Il direttore dell'Aisi avverte che si registra anche un “incremento di documenti minatori apocrifi come quello di qualche giorno fa siglato Fai, indirizzato a un quotidiano calabrese. C'e' emulazione. Si tratta di gesti da seguire con attenzione”, ha concluso Piccirillo.