sabato 7 luglio 2012

L'Imu incassa 9,5 miliardi, 400 euro a casa. "Obiettivo centrato".


Gli italiani alla fine hanno pagato l'IMU, evitando l'aumento delle aliquote.

(AGI) - Roma, 7 lug. - Imu: obiettivo centrato. Alla fine di giugno i versamenti ammontano a oltre 9,5 miliardi di euro (9.551 milioni), "relativi alla prima scadenza del 18 giugno", contro i 9,7 preventivati. Il dato e' stato fornito dal Ministero dell'Economia e delle Finanze.
"Sulla base del gettito di giugno la previsione per l'intero anno (20.085 milioni di euro) e' quindi in linea con la previsione iniziale di 20,1 miliardi".
"Nonostante le critiche e gli inviti di qualcuno alla disobbedienza, e' prevalso il senso della responsabilita'.
Milioni di contribuenti hanno fatto quello che dovevano fare - ha commentato il sottosegretario Vieri Ceriani conversando con i cronisti -. Anche con la consapevolezza di doverlo fare, una circostanza che forse tal volta viene sottovalutata".
Al 18 giugno sono stati 23,8 milioni (su una platea potenziale di 25,5 milioni) i contribuenti che hanno versato l'Imu. L'importo medio dei versamenti - spiega il Mef - e' stato di circa 400 euro; su base annua l'importo medio si attesta a circa il doppio. Il gettito relativo alla prima abitazione e' "risultato pari a 1.603 milioni di euro che su base annua si attesta a circa 3,3 miliardi di euro, perfettamente in linea con le previsioni".
Il numero dei contribuenti che hanno versato l'imposta sull'abitazione principale "e' stato di circa 16 milioni con un importo medio di versamento di 100 euro. Solo il 5,5% dei contribuenti (circa 877.000) ha optato per le due rate di versamento di acconto a giugno e a settembre per un importo totale, per singola rata, pari a 91,2 milioni di euro". L'Imu sugli altri immobili e' stata invece "pari a 7,9 miliardi ed e' stata versata da 15,9 milioni di contribuenti con un importo medio di versamento pari a 500 milioni" e quella sui fabbricati rurali strumentali (il cui acconto e' stato fissato nella misura del 30%) "e' stata pari a 15,7 milioni di euro".
NON SERVE INTERVENIRE SULLE ALIQUOTE
"Non c'e' alcuna necessita' di intervenire sulle aliquote" Imu.
Lo ha detto il sottosegretario al ministero dell'Economia e delle Finanze, Vieri Ceriani, conversando con i cronisti sui risultati dell'Imu a giugno. "Le aliquote restano quelle che sono", ha aggiunto.

Svizzera, la guardia di finanza scova 12 milioni di euro. “Sono di Ciancimino jr”.


massimo ciancimino
Sarebbero nella disponibilità di Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, ex sindaco mafioso di Palermo morto dieci anni fa i 12 milioni di euro individuati dalla guardia di finanza in Svizzera. La Procura ha già presentato rogatoria con lo scopo di sequestrare e poi confiscare il denaro che potrebbe far parte del tesoro di don Vito, su cui le Fiamme gialle indagano da mesi.
I finanzieri, come riportato da il Giornale di Sicilia, stanno appurando se Massimo Ciancimino abbia riattivato i vecchi conti o se abbia scelto altri canali per utilizzare il denaro. Già condannato a 2 anni, 10 mesi e 20 giorni per riciclaggio dei beni del padre, Ciancimino jr è anche accusato di calunnia e detenzione di esplosivi.
“Qualunque somma si dovesse trovare in Svizzera, Romania e in qualunque altro posto che sia riconducibile a me la darò in beneficenza alle popolazioni dell’Emilia Romagna colpite dal terremoto e alle famiglie delle vittime della mafia”, dice Ciancimino jr, commentando la vicenda. E aggiunge: “Se c’è il tentativo da parte di qualche procura o della finanza di condizionare le mie dichiarazioni ai magistrati sulla trattativa, qualcuno ha fatto male i conti. Vedo che la saga della caccia al tesoro non smette di avere spazio sulle cronache”. 

La crisi continua, privati e banche vanno sul sicuro: è di nuovo corsa all’oro. - Mauro Del Corno

oro interna


Da oltre un anno le richieste da parte di privati salgono ogni mese del 30 per cento e negli ultimi tempi si sta registrando un'ulteriore accelerazione. In crescita esponenziale anche la domanda che arriva dalle banche, salita negli ultimi due anni del 200 per cento.

E’ durata un paio di giorni la calma sui mercati dopo il vertice europeo che doveva mettere il vecchio continente al riparo dalla tempesta sul debito. E sono sempre di più le persone convinte che sia meglio iniziare a prepararsi al peggio. Maturata questa convinzione, la reazione quasi istintiva è quella di buttarsi sul bene rifugio per eccellenza: l’oro. Non sottoscrivendo qualche pezzo di carta come contratti futures o quote di fondi che investono nel metallo giallo, ma comprando oro fisico, pesanti lingotti e monete sonanti. Come mostrano i dati di Confinvest, uno dei principali operatori italiani nella compravendita di oro fisico, il trend è impressionante.
Da oltre un anno le richieste da parte di privati salgono ogni mese del 30 per cento e negli ultimi tempi si sta registrando un’ulteriore accelerazione. In crescita esponenziale anche la domanda che arriva dalle banche, salita negli ultimi due anni del 200 per cento. Stufi di fregature e decisi a difendere i propri risparmi con le unghie e con i denti, sempre più clienti si recano agli sportelli delle loro filiali a chiedere prodotti finanziari ma lingotti. “Le loro riserve non bastano più per far fronte alla domanda e allestire una struttura che consenta di immagazzinare e gestire oro è costoso, così si rivolgono a noi” spiega Roberto Binetti, di Confinvest.
Conferme arrivano anche da altri operatori professionali del settore. Riccardo Andriolo, amministratore delegato di Banco Metalli Preziosi, parla di una domanda che nei primi tre mesi del 2012 ha superato quella di tutto il 2011. Salvatore Giuffrida, amministratore unico di Compagnia Italiana Metalli Preziosi, rileva come rispetto ad un anno fa la richiesta sia almeno raddoppiata . E aggiunge: “Questo nonostante sia in caduta libera la richiesta del settore orafo alle prese con una grave crisi, sia a causa delle alte quotazioni sia per una perdita di appeal dei prodotti di gioielleria. Ormai, nota Giuffrida, a bracciali e collane si preferiscono sempre di più cellulari, tablet o quant’altro”. Una tendenza estremamente preoccupante per un settore in cui operano 10 mila artigiani e 37 mila addetti, concentrati prevalentemente nei distretti di Arezzo e Vicenza.
Tra gli investitori in cerca di sicurezza i “pezzi” che vanno per la maggiore sono i classici lingotti, specie quelli di una certa grammatura, più facili da rivendere e su cui il costo di lavorazione incide meno, ma anche e soprattutto le monete. Racconta ancora Binetti: “C’è una vera e propria passione per le sterline in oro Elisabetta II (valgono circa 350 euro l’una, ndr) che sul mercato europeo si scambiano molto facilmente. L’acquirente tipo è il tipico esponente della borghesia, intorno ai 50 anni e disposto a investire tra i 50 e gli 80 mila euro. ”Accogliamo molta gente spaventata e disorientata – prosegue Binetti – Del resto crisi dell’Eurozona e una tassazione crescente sugli immobili restringono le opzioni di investimento e favoriscono l’oro su cui peraltro non si paga Iva“.
Se in Italia la passione per il metallo prezioso è in forte crescita ma non è ancora fenomeno di massa, altrettanto non si può dire per la Grecia e ora anche la Spagna, dove si sta facendo letteralmente incetta di monete e lingotti. “Arrivano richieste anche da cittadini di questi paesi che si rivolgono anche all’estero per acquistare in contanti e preferibilmente in nero. Cosa che per gli operatori professionali che lavorano su licenza della Banca d’Italia e sono sottoposti a regole rigide e attenta vigilanza è assolutamente impossibile” conclude categorico Binetti.
Si spiega però forse anche così il boom dei negozi “compro oro” che ha caratterizzato gli ultimi anni. Esercizi che acquistano oggetti preziosi e li trasformano in lingotti, poco regolamentati e poco controllati, dove non sempre le compravendite avvengono con la dovuta trasparenza. Epicentro del fenomeno è la ricca Lombardia dove si contano ormai 7000 esercizi di questo tipo. Sarà un caso ma solo nel 2011 secondo quanto riporta la Banca d’Italia le esportazioni della regione verso la vicina Svizzera sono cresciute del 26 per cento grazie soprattutto all’aumento dei metalli preziosi che hanno varcato il confine. Dati e indicazioni che dovrebbero probabilmente suggerire una maggior attenzione alle autorità preposte ai controlli. Che abbia o meno la coscienza a posto chi ha scelto l’oro ha comunque discrete probabilità di aver fatto un buon affare anche se non dovessero concretizzarsi scenari economici apocalittici. Il metallo giallo si scambia infatti oggi a poco meno di 1600 dollari l’oncia, ma molti analisti del settore, specie statunitensi, si attendono che possa intravedere quota 2500 dollari nel giro dei prossimi 18 mesi.

Strana Italia.



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venerdì 6 luglio 2012

I mestieri.



Che bello vedere i "maestri del mestiere". "Il mestiere", questa ormai sconosciuta forma di arte che stiamo perdendo....peccato!


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Spending review, gli incarichi a peso d’oro dell’ex ministro Brunetta? Nessun taglio. - Alessandro Ferrucci e Ferruccio Sansa

renato brunetta interna nuova


In tempi di revisioni di spesa chissà se il supercommissario Bondi ha previsto anche una voce per tagliare gli incarichi decisi dall'ex titolare della Funzione Pubblica: amici, coautori di libri, collaboratori, segretarie, il commercialista fino ai vertici della sua fondazione politica.

Tempo di spending review. Chissà, però, se Enrico Bondi ha pensato di introdurre una nuova voce ai tagli: le nomine dell’ex ministro Renato Brunetta. Una sfilza di nomi che comprendono tra l’altro: amici e coautori di libri, collaboratori di fiducia, segretarie, il commercialista personale e tutti i vertici della sua fondazione politica. Tanti, sarà un caso, i veneziani. Un groviglio di personaggi planati in cda e collegi sindacali di società pubbliche per una spesa di milioni. La lista, pur incompleta, è molto lunga.
Dipartimento della Funzione Pubblica - Basta leggere il sito del Governo per rendersi conto della brillante carriera del professor Leonello Tronti durante il governo Berlusconi: per lui quattro nomine succulente nel solo 2010. Ma lui, chi è? Collaboratore stretto dell’ex ministro e con quest’ultimo, anche autore di pubblicazioni. Niente di illecito, ma comunque incarichi di prima fascia nel Dipartimento per almeno 150mila euro l’anno. Proseguiamo: Rodolfo Rodolfi (seconda fascia, 73mila euro) vanta un curriculum lungo quanto Guerra e Pace: vice-presidente dell’associazione Free di Brunetta, “consigliere politico” dell’allora ministro e curatore di prestigiosi volumi per la collana diretta dal duo Brunetta-Feltri (“Coop rosse”, “Veltroni Walter” e “Urne tradite”). Poi incarichi in enti pubblici, Asl, acquedotti. E ancora, e ancora. Un eclettico, insomma.
Sspa - Altre sorprese. Giovanni Tria, nominato direttore della prestigiosa Scuola Superiore per la Pubblica Amministrazione (129mila euro l’anno) vanta una collaborazione al Foglio di Giuliano Ferrara e due libri con Brunetta. Alla Sspa approdano anche Francesca Temperini e Anna Maria Massa. “Qualcuno”, come il senatore Pd Pietro Ichino, si è permesso di sollevare una questione: Temperini è stata segretaria del ministro Sandro Bondi, è un’esperta d’arte e avrebbe ottenuto consulenze tra l’altro “in materia di comunicazione istituzionale via web” (totale 60mila euro) per cui “non parrebbe avere competenza scientifica o didattica”. Brunetta in aula rispose che la dottoressa era un’esperta di beni culturali di grande preparazione e capacità. E zitti tutti.
Agenzia per l’innovazione - Torniamo ai libri: “Maledetto spread” è un’altra opera della lunga bibliografia di Brunetta. Tra i curatori, anche Renato Farina e, soprattutto, Davide Giacalone. Giornalista, molto stimato dall’ex ministro (anche lui è nella fondazione), tanto da volerlo piazzare ai vertici della Digit (la società pubblica che si occupa di informatizzazione). Una nomina bocciata dal Parlamento. Forse pesarono le numerose inchieste in cui fu coinvolto negli anni Novanta. Arrestato, fu poi assolto e prescritto.
Niente Digit, quindi, ma Giacalone plana alla presidenza dell’Agenzia per l’Innovazione (73mila euro l’anno) che oggi rischia di essere smantellata. Il direttore generale è Mario Dal Co, “collaboratore di Brunetta” secondo le interrogazioni di Linda Lanzillotta (Pd), con un incarico da 140mila euro l’anno. Nel Collegio sindacale dell’Agenzia si trovava anche Michele Zuin, già rappresentante veneziano dell’Unione Ciclisti e oggi capogruppo Pdl al Comune di Venezia: è indicato dalle cronache come “factotum della campagna elettorale (perdente, ndr) di Brunetta” per diventare sindaco della Serenissima. Una nomina del 2008. Nel 2010 gli succede il fratello Maurizio, mentre Michele Zuin si sposta a Formez (centro studi per la formazione della pubblica amministrazione). I compensi? “Sono una questione personale”, si limita a dire Michele Zuin.
Formez - Secondo Amalfitano dal 1975 al 2009 è stato ininterrottamente nel Comune di Ravello (come consigliere comunale e sindaco con un passato nel centrosinistra. “Particolare” scomparso nel curriculum ufficiale) per diventare nel giugno 2008 “consigliere per le autonomie locali e l’innovazione di Brunetta. Dal 31 luglio 2009 presidente di FormezItalia”. Incarico da 219mila euro l’anno. Amalfitano da Ravello sbarca a Roma e intanto l’amico Brunetta, rimasto a spasso, nel dicembre scorso diventa presidente della Fondazione Ravello. Poltrona ambitissima. Sempre a Formez: Claudio Lenoci è approdato nel collegio sindacale dopo un passato come sottosegretario dei governi Andreotti e Amato. Un socialista dell’epoca , come peraltro Brunetta. Secondo ilCorriere, Lenoci patteggiò una pena all’epoca di Tangentopoli nello scandalo della cooperazione. Continuiamo con nomi noti e meno noti, come Federica Bonfirraro, segretaria di Brunetta anche lei a Formez (26mila euro).
Aran - All’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni è arrivato Enrico Mingardi (93mila euro l’anno), ex assessore della giunta veneziana di Massimo Cacciari passato poi a sostenere Brunetta nella corsa a sindaco.
Digit - Nel comitato direttivo dell’ente per la digitalizzazione delle p.a. troviamo oltre al presidente, lo studioso Francesco Beltrame (200mila euro l’anno), l’avvocato Giuliano Sala (140mila euro), ma soprattutto Giuliano Urbani (140mila euro l’anno), uno dei fondatori di Forza Italia, nonché per due volte ministro con Berlusconi. Che avrebbe già diritto a una pensione parlamentare di 6.590 euro. Il direttore generale di Digit è l’ingegnere Giorgio De Rita (158mila euro), secondogenito di Giuseppe De Rita del Censis. Un altro amico di Brunetta? “Conosco il ministro da vent’anni, era consigliere del Cnel quando mio padre presidente”. Tra i revisori dei conti della Digit fino a pochi mesi fa il commercialista Canio Zampaglione. Scusi dottore, ma lei non era anche il commercialista personale di Brunetta? “Sì – risponde al Fatto – ma sono stato scelto per la mia esperienza quarantennale”. Ma era anche il presidente della Free Foundation di Brunetta? “Sì”. E sua figlia Oriana, direttore tra l’altro anche della Free Foundation, durante l’era Brunetta non è diventata uno dei capi del personale della Digit? “Ha avuto un piccolo incarico, ma è un compito di seconda linea. Tutto regolare”.
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Le violenze ai fermati presso la caserma di Bolzaneto. Gernova, 22 luglio 2001


Le persone fermate ed arrestate durante i giorni della manifestazione furono in gran parte condotte nella caserma di Genova Bolzaneto, che era stata approntata come centro per l'identificazione dei fermati, venendo poi trasferite in diverse carceri italiane; secondo il rapporto dell'ispettore Montanaro, frutto di un'indagine effettuata pochi giorni dopo il vertice, nei giorni della manifestazione, transitarono per la caserma 240 persone, di cui 184 in stato di arresto, 5 in stato di fermo e 14 denunciate in stato di libertà, ma secondo altre testimonianze di agenti gli arresti e le semplici identificazioni furono molte di più, ossia quasi 500[107].
In numerosi casi i fermati accusarono il personale delle forze dell'ordine di violenze fisiche e psicologiche, e di mancato rispetto dei diritti legali degli imputati quali l'impossibilità di essere assistiti da un legale o di informare qualcuno del proprio stato di detenzione; gli arrestati raccontarono di essere stati costretti a stare ore in piedi, con le mani alzate, senza avere la possibilità di andare in bagno, cambiare posizione o ricevere cure mediche, essi riferirono inoltre di un clima di euforia tra le forze dell'ordine per la possibilità di infierire sui manifestanti, e riportarono anche invocazioni a dittatori e ad ideologie dittatoriali di matrice fascistanazista e razzista, nonché minacce a sfondo sessuale nei confronti di alcune manifestanti.
L'allora ministro della Giustizia Roberto Castelli, che aveva visitato la caserma nelle stesse ore, dichiarò di non essersi accorto di nulla e lo stesso confermò il magistrato antimafia Alfonso Sabella, che durante il vertice ricopriva il ruolo di ispettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ed era responsabile delle carceri provvisorie di Bolzaneto e San Giuliano, ma Sabella fu comunque tra i primi, già la settimana dopo il G8, ad ammettere la possibilità che ci fossero state violenze da parte delle forze dell'ordine contro i manifestanti arrestati, pur escludendo appunto che queste fossero state commesse da parte di quelle che erano a Bolzaneto sotto la sua responsabilità[108]).
I giudici nei giorni successivi scarcerarono tutti i manifestanti per l'insussistenza delle accuse che ne avevano provocato l'arresto.
I pubblici ministeri al processo contro le forze dell'ordine riguardo ai fatti della caserma Bolzaneto riferirono di persone costrette a stare in piedi per ore e ore, fare la posizione del cigno e della ballerina, abbaiare per poi essere insultati con minacce di tipo politico e sessuale, colpiti con schiaffi e colpi alla nuca ed anche lo strappo di piercing, anche dalle parti intime. Molte le ragazze obbligate a spogliarsi, a fare piroette con commenti brutali da parte di agenti presenti anche in infermeria. Il P.M. Miniati parla dell'infermeria come un luogo di ulteriore vessazione[109]. Secondo la requisitoria dei pubblici ministeri i medici erano consapevoli di quanto stava accadendo, erano in grado di valutare la gravità dei fatti ed hanno omesso di intervenire pur potendolo fare, hanno permesso che quel trattamento inumano e degradante continuasse in infermeria aggiungendo che soltanto un criterio prudenziale impedisce di parlare di tortura, certo, alla tortura si è andato molto vicini[110].
Il 5 marzo 2010 i giudici d'appello di Genova, ribaltando la decisione di primo grado, emisero 44 condanne per i fatti di Bolzaneto e, nonostante l'intervenuta prescrizione, i condannati dovranno risarcire le vittime[111][112].
Amnesty International ha sottolineato l'importanza della sentenza, la quale riconobbe che a Bolzaneto vi furono «gravi violazioni dei diritti umani», aggiungendo che la prescrizione sarebbe stata impedita se l'Italia avesse introdotto nel suo sistema penale il reato di tortura, come vi è obbligata dalla firma della Convenzione ONU contro la Tortura del 1984.