venerdì 3 agosto 2012

Truffa ai disabili, consigliere regionale e quattro medici finiscono in manette.


Antonello Peru
Antonello Peru (Pdl) è accusato di aver fatto stipulare all'Asl di Sassari una convenzione con l'associazione responsabile dei raggiri.
SASSARI - Avrebbero costituito un'organizzazione, l'Associazione Italiana Operativa Neuropsichiatrica (Aion Onlus) a scopo di lucro, traendo profitti dalle pseudo visite specialistiche,dalle donazioni dei familiari dei pazienti e dalle vendite delle pubblicazioni della società editrice Saturno, nonchè dai contributi della Regione Sardegna. In realtà, sotto la copertura formale dell'associazione, i due neurologi finiti in carcere oggi a Sassari, Giuseppe Dore e Marinella D'Onofrio, avevano concepito un «protocollo terapeutico», la psiconeuroanalisi, divulgato a livello nazionale dai loro colleghi che, sostenuto come efficace terapia contro il morbo di Alzheimer e in genere contro tutte le forme di demenza, si concretizzava in gravissime violenze fisiche e psicologiche nei confronti dei pazienti, tutte documentate dalle riprese dei carabinieri.

Il consigliere regionale del Pdl Antonello Peru, invece, è stato arrestato in quanto si sarebbe adoperato per fare stipulare una convenzione tra la Asl di Sassari e l'associazione Aion per la concessione di locali nell'ospedale Alivesi di Ittiri, con l'impegno per futuri progetti di collaborazione. Peru si sarebbe adoperato anche per la stesura da parte della Asl di un bando per la ricerca scientifica, in modo che risultasse vincitrice la stessa Aion.

Sono 15 le persone arrestate dai carabinieri del Comando Provinciale di Sassari e 5 le perquisizione nelle abitazioni di altrettanti indagati eseguite stamani all'alba. Tutti ritenuti responsabili dei reati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ed ai maltrattamenti in danno di disabili mentali, sequestro di persona, lesioni personali. Il provvedimento è stato emesso dal Gip di Sassari Carla Altieri, su richiesta del pm Michele Incani. Le indagini, partite lo scorso aprile dopo che i carabinieri avevano scoperto che ad Ittiri (Ss) alcuni malati affetti da patologie neurodegenerative venivano picchiati, sono state condotte dal Nucleo Investigativo Provinciale e dal Nucleo Operativo della Compagnia di Alghero, con la collaborazione della Stazione di Ittiri. I fatti accertati partono dall'aprile 2011.

Il grande bluff. - Alessandro Guzzini*



Nei giorni scorsi avevamo scritto del rischio che l’intervento della BCE si rivelasse tardivo e di dimensioni troppo limitate (nella quantità e nel tempo): il nostro timore era che ancora una volta la Banca si trovasse bloccata dalle diverse opinioni presenti nel consiglio ed in particolari da quelle intransigenti degli esponenti tedeschi e finisse per varare misure insufficienti.

Purtroppo il nostro timore si è rivelato del tutto fondato e nella riunione di giovedì il presidente Draghi non solo non ha annunciato nessun intervento concreto, ma ha addirittura lasciato intendere che i mercati avevano frainteso le intenzioni della BCE, che solo pochi giorni fa erano state espresse piuttosto chiaramente dallo stesso governatore.

Rileggendo quindi gli avvenimenti degli ultimi giorni appare evidente che nel consiglio della banca si è consumato un forte scontro e che purtroppo ancora una volta sono stati i falchi tedeschi ad avere la meglio. L’unica concessione che è stata fatta dalla BCE è che questa potrà intervenire sul mercato secondario per l’acquisto di titoli di stato a breve, ma solo successivamente ad una richiesta di aiuto ufficiale dei relativi governi ai fondi EFSF/ESM.

Tutto ciò come abbiamo espresso già nei nostri precedenti articoli è chiaramente insufficiente ad arginare una crisi che rischia ormai di travolgere anche i paesi core dell’Euro come la Germania. Come dimostra la crisi giapponese degli anni ‘90 e come testimoniato dagli episodi vissuti di recente negli Stati Uniti, la monetizzazione del debito non rappresenta, in un momento di deleveraging complessivo del settore privato e finanziario, una minaccia di inflazione.

Il rischio è casomai l’opposto, ovvero che il processo di deleveraging metta in moto, in assenza di misure sufficienti di stimolo fiscale e monetario, una spirale deflattiva che in ultimo possa portare al default a catena di imprese, banche e stati.
I segni di questo processo sono già del tutto evidenti in Europa con effetti nefasti su crescita, occupazione e benessere generale: ed è sempre più chiaro anche al grande pubblico che tali effetti potrebbero essere efficacemente contrastati se solo ci fosse in Europa una classe dirigente degna di tale nome.

Purtroppo invece la classe dirigente europea è formata perlopiù da un’elitedi burocrati senza alcuna legittimazione democratica, legati a dogmi economici già falliti in passato ed ossessionati dalla paura di contravvenire a leggi e regolamenti che essi stessi hanno creato. Tutto ciò potrebbe portare nel medio periodo ad un cambiamento drastico nello scenario politico Europeo con l’ascesa in molti paesi di movimenti Euroscettici, e in ultimo, alla disintegrazione dell’Euro: le dichiarazioni di irreversibilità della valuta unica effettuate dal presidente Draghi serviranno a ben poco in assenza di azioni drastiche e tempestive, che riflettano un’analisi dei problemi economici pragmatica e scevra da pregiudizi storici.



*Amministratore Delegato di Finlabo SIM 

http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-grande-bluff/

Spending review, tra tagli a sanità e enti regalo da 10 milioni ai partiti. - Marco Palombi


aula senato INTERNA NUOVA

In tempo di tagli in tutti i settori i senatori garantiscono comunque un aumento del fondo spesa per i gruppi parlamentari. Una norma che non potrà essere modificata alla Camera. Il gruzzolo inizialmente previsto era di 150 milioni: viene ridotto di 30 milioni subito (da 100 a 70), ma aumentato di 40 nel 2013 (da 50 a 90).


È uno di quegli emendamenti che passano regolarmente inosservati e vengono altrettanto regolarmente approvati. All’ingrosso c’è scritto più o meno così: all’articolo X della legge Y sostituire le parole ‘100 milioni’ con le seguenti ‘70 milioni’ e al terzo periodo sostituire ’50 milioni’ con ‘90 milioni’. Firmato: Paolo Giaretta del Pd e Gilberto Pichetto Fratin del PdL, relatori in Senato della spending review. Che vuol dire? si chiederà il lettore. In parole povere che, dentro quel decreto che taglia la sanità e affama gli enti locali per miliardi di euro, dentro quello stesso decreto nel quale non si è riusciti a trovare 38 milioni per garantire duemila esodati del gruppo Finmeccanica, il Senato ha invece avuto la capacità di scovare altri 10 milioni da infilare nel fondo di spesa per i gruppi parlamentari, meglio noto come Legge Mancia, vale a dire l’argent de poche a disposizione degli eletti per foraggiare spesucce nei collegi d’appartenza (alcuni gruppi come il Pd, va detto, ora li devolvono tutti ad uno scopo tipo l’emergenza sisma, altri come IdV non partecipano proprio alla spartizione).
Insomma, se noi traducessimo più o meno in una lingua comprensibile quelle poche, oscure righe potremmo scrivere questo: i soldi della Mancia erano 150 milioni, cento quest’anno e 50 il prossimo. Con un barbatrucco i fondi vengono ridotti di 30 milioni subito (a 70), ma aumentati di 40 nel 2013 (90 milioni). Il totale nel biennio, insomma, passa da 150 a 160 milioni. Questa trouvaille – va confessato – la dobbiamo al lavoro di Silvana Mura, deputata di Italia dei Valori, secondo cui peraltro “ancora peggio è il fine dell’operazione, anche se questa è una mia illazione e non ho le prove. Perché infatti spostare la maggior parte della spesa (guadagnandoci pure 10 milioni) all’anno prossimo? Perché si cerca di prendere tempo, visto che, considerata la situazione economica e politica, è probabile che nessuno avrà il coraggio di spartirsi i soldi del 2012”.
Insomma, spiega la tesoriere di Italia dei Valori, “conviene spostare il malloppo al 2013 in attesa di tempi migliori e pure per schivare un mio ordine del giorno già approvato che impegna il governo a destinare tutti i soldi al terremoto”. Anche l’esecutivo, peraltro, non è che ci faccia una grandissima figura: “Vede, tace e non provvede – insiste – Mura perché un membro del governo mi ha detto chiaro e tondo: noi fino alla fine dell’anno stiamo fermi per rispetto del Parlamento”.
Per chi si facesse soverchie aspettative sull’utilità della denuncia, però, va chiarito che non c’è alcuna possibilità che il decreto venga modificato alla Camera, magari togliendo 38 milioni al fondo della Legge Mancia per destinarli a quei duemila esodati rimasti a bocca asciutta in Senato: il governo ha già chiarito che Montecitorio deve approvare la spending review così com’è, per mandarla in Gazzetta Ufficiale prima delle vacanze estive. La cosa è talmente risaputa che a Montecitorio tutti erano convinti che il voto definitivo sarebbe arrivato venerdì sera e chiusa lì: meglio di no, ha spiegato un Gianfranco Fini preoccupato dall’immagine di un Parlamento che si prende il solito mese di ferie , votiamo martedì o mercoledì prossimo, che fa meno casta. Motivo per cui un manipolo di disperati ieri s’affannava a non dormire durante la discussione generale sul provvedimento: “Effettivamente è un po’ inutile”, ammetteva sconsolato il deputato Touadì (Pd). Il risultato è che i 10 milioni sono assicurati: chiamarla spending review è solo quel tocco di genio che rende la cosa indimenticabile.

Ricatto a Berlusconi: gdf arresta Pintabona, “ambasciatore” di Lavitola. - Marco Lillo


lavitola interna nuova



E' accusato di concorso in estorsione ai danni di Silvio Berlusconi, come l'ex direttore de L'Avanti per il quale oggi è arrivata una nuova ordinanza di custodia. Il giornalista avrebbe chiesto di rivolgersi al Cavaliere perché gli elargisse una somma di danaro.

La Guardia di Finanza di Napoli e Palermo stamattina ha arrestato Carmelo Pintabona, su richiesta dei pm Henry John WodcockFrancesco Curcio e Vincenzo Piscitelli, del pool della Procura di Napoli, coordinato dall’aggiunto Francesco Greco. Pintabona, presidente della Fesisur, la Federazione delle associazioni siciliane in Sud America ed esponente dell’Mpa, il Movimento per l’Autonomia fondato da Raffaele Lombardo, era stato tirato in ballo da Valter Lavitola nelle sue dichiarazioni dopo l’arresto. Per l’ex direttore de L’Avanti, detenuto nell’inchiesta sui finanziamenti all’editoria, oggi è arrivata una nuova ordinanza di custodia. Come Pintabona, è accusato di concorso in estorsione ai danni di Silvio Berlusconi
Lavitola nel corso dell’interrogatorio investigativo del 25 aprile scorso aveva detto di essersi trovato in gravi difficoltà economiche durante la latitanza e di essersi confidato con Pintabona un giorno in cui si erano incontrati per discutere di commercio del pesce, settore nel quale entrambi sono in affari: “Io gli dissi: vedi se tu riesci a contattare a Berlusconi per conto mio e digli che sono nella cacca.. io gli ho chiesto semplicemente, dico: vedi se riesci a contattare Berlusconi e vedi se lui è disponibile a darmi una mano; lui mi ha detto che non è riuscito a contattarlo… aveva provato ad andare a casa sua, non so se questo è vero oppure mi abbia raccontato una sciocchezza, lì a Roma, ed è stato fermato da un funzionario di polizia, non so se quando è entrato o quando è uscito, e gli hanno detto pure: lei lo sa che aiutare un latitante è favoreggiamento?”.
Probabilmente per la Procura di Napoli Pintabona ha svolto il ruolo di ambasciatore delle richieste estorsive di Lavitola, e il suo ruolo evidentemente deve essere andato al di là del tentato aggancio con il Cavaliere, come raccontato in maniera un po’ minimalista a verbale dall’ex direttore dell’Avanti. A Pintabona è contesta l’estorsione insieme a Lavitola, già recluso a Poggioreale.

giovedì 2 agosto 2012

Bavaglio ‘per conto terzi’: ecco tutto quello che non avremmo saputo. - Marco Travaglio



Il vicepresidente del Csm Michele Vietti ha proposto di tutelare per legge chi è intercettato nell'ambito dell'indagine pur non essendo indagato. La norma però nasconde un trucco, perché chi 'non è indagato' non è detto che non lo sarà. E' il caso degli amici dei furbetti del quartierino, della cupola vicina a Moggi e di tanti altri 'terzi'.
Messa come la dice il vicepresidente del Csm Michele Vietti al Fatto, pare una norma ragionevole: “La priorità è tutelare i soggetti terzi che vengono intercettati, ma si trovano fuori dal processo… Trovare una misura che, a un certo punto dell’iter d’indagine, obblighi a tutelare i soggetti terzi, senza intaccare né le indagini né la possibilità di pubblicare gli atti riguardanti un procedimento (la famosa “udienza filtro” davanti al gip, in cui pm e avvocati difensori si accordano per la distruzione di tutto il materiale che coinvolge persone non indagate, ndr)… Almeno si trovi il modo di far uscire di scena subito chi non c’entra”.
Si dirà: se uno non c’entra, perché dovrebbe finire sui giornali accanto a chi c’entra? Insomma, pare che lorsignori abbiano trovato un ottimo argomento per far digerire il nuovo bavaglio all’opinione pubblica (i partiti non c’è bisogno di convincerli, specie ora che li spalleggia pure Napolitano). Peccato che quell’argomento nasconda il trucco, come dicevano fino a pochi mesi fa AnmCsm, giornali e partiti di centro e di centrosinistra contro il bavaglio Alfano, che già prevedeva il “lodo Vietti” (“E’ sempre vietata la trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini. Il tribunale dispone che i nomi o i riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni”).
Oggi si sono scordati tutto. Vediamo cosa accadrebbe se il bavaglio bipartisan “ad Quirinalem” diventasse legge. Si fa presto a dire “terzi”. Chi sarebbero i soggetti “terzi” da tutelare? Tutti i non indagati o solo le persone che non c’entrano nulla con vicende di cui si indaga, ma si ritrovano intercettate casualmente sul telefono della persona coinvolta e intercettata? La categoria dei “non indagati” è troppo vasta: comprende anche i “non ancora indagati”, cioè le persone coinvolte in una vicenda su cui si indaga, e magari intercettate (si possono intercettare anche i non indagati), sulle quali non gravano ancora sufficienti indizi per poterle indagare, ma magari alla fine delle intercettazioni si deciderà di indagarle proprio grazie alle prove raccolte dalle intercettazioni o da altre attività investigative in corso.
Tipo Mancino: non era indagato quando i magistrati di Palermo iniziarono a intercettarlo, poi dichiarò sotto giuramento in tribunale di non aver saputo nulla dei colloqui fra il Ros e Ciancimino, ma fu smentito da Martelli e alla fine fu inquisito per falsa testimonianza. Intanto aveva parlato otto volte con D’Ambrosio e due volte con Napolitano per chiedere aiuto al Quirinale contro i pm di Palermo. Leviamo di mezzo quelle con Napolitano che i pm hanno già ritenuto irrilevanti e, se la difesa di Mancino non ha nulla in contrario, il gip distruggerà al termine dell’apposita udienza (salvo che la Consulta non dia ragione al conflitto del Quirinale, nel qual caso i difensori non avranno più alcuna voce in capitolo, con tanti saluti al contraddittorio). Se fosse già in vigore il nuovo bavaglio, che dovrebbero fare i giudici? Distruggere o segretare tutte le telefonate di Mancino, anche quelle con D’Ambrosio che i pm ritengono rilevanti per le parole di Mancino, in quanto Mancino fu intercettato quando non era ancora indagato, ma mentre parlava con D’Ambrosio di come inquinare le prove e ostacolare il processo? Oppure solo quelle con Napolitano?
Nel primo caso, una legge che lo prevedesse sarebbe assurda, visto che il Codice di procedura penale consente di intercettare anche i non indagati. Nel secondo caso, invece, non ci sarebbe bisogno di una nuova legge, visto che già oggi l’articolo 269 Cpp prevede la distruzione dei nastri giudicati irrilevanti da tutte le parti. Omissis intermittenti. Seconda questione: i pm ritengono rilevanti le telefonate Mancino-D’Ambrosio per quel che dice Mancino, non per quel che dice D’Ambrosio (interrogato e non indagato).
E che si fa per tutelare il “terzo” D’Ambrosio salvando le parole di Mancino? Si distruggono solo quelle di D’Ambrosio? E come? Si fa il taglia e cuci delle bobine montando solo la voce di Mancino, trasformando il dialogo in monologo, così non si capisce più nulla? Abbiamo provato a salvaguardare il “terzo” D’Ambrosio coprendo di omissis le sue parole con Mancino: l’informazione diventa enigma, sciarada, rebus. Comicità pura.
Il penale e il politico - In realtà, per tutelare i soggetti terzi, già bastano e avanzano le leggi esistenti. Se un’intercettazione è totalmente irrilevante, il giudice, sentite le parti, la distrugge ed è morta lì. Se invece è rilevante, è inevitabile che uno dei due interlocutori sia un “terzo”. Ma, se il terzo è un quivis de populo, la conversazione non interessa a nessuno e nessun giornale la pubblica. Se Mancino chiama il macellaio per ordinare un chilo di bistecche, i giornali se ne infischiano. Ma, se per sbaglio o stupidità citano anche le bistecche, il macellaio non subisce alcun danno. Se poi si sente leso nella privacy o nella reputazione perché parlava anche di malattie o della sua amante, ha già tutti gli strumenti (il Codice della privacy e le norme sulla diffamazione) per avere giustizia. Ma non è certo per tutelare i macellai che i politici vogliono il bavaglio: è per tutelare se stessi e gli altri personaggi pubblici beccati al telefono con fior di farabutti. In questi casi, anche se le loro parole sono penalmente irrilevanti, posson essere rilevantissime dal punto di vista politico, etico, deontologico, disciplinare. E il cittadino ha il sacrosanto diritto di conoscerle.
All’insaputa del popolo italiano - La Giustizia è amministrata “in nome del popolo italiano”, che deve poterne controllare il corretto funzionamento nella massima trasparenza. Così i magistrati pavidi o pigri o collusi o corrotti, che invece di indagare un potente lo considerano “soggetto terzo” per non disturbare il manovratore, finiscono sputtanati sulla stampa, che dimostra, intercettazioni alla mano, come quel “terzo” dovrebbe essere indagato. Invece la distruzione delle intercettazioni dei “terzi” consentirà ai magistrati insabbiatori eterna licenza di insabbiamento. “All’insaputa del popolo italiano”. Non solo: all’udienza filtro sono presenti il gip, i pm, gli avvocati, i cancellieri: i quali sanno dell’esistenza di una telefonata fra Tizio e Caio e l’ascoltano prima che venga distrutta. Dunque, soprattutto gli avvocati che non sono tenuti al segreto d’ufficio, potrebbero raccontare in giro che quella telefonata c’era. E magari ricattare gli interessati per non divulgarla. O minacciare rivelazioni false o lanciare allusioni infamanti su Caio intercettato indirettamente, che davvero non ha detto nulla di male, ma non può più dimostrare la propria correttezza perché i nastri sono scomparsi, e dunque finisce in quel “tritacarne mediatico” che gli autori del bavaglio dicono di volergli risparmiare.
Benedette intercettazioni - Se un “terzo” estraneo alle indagini non dice e non fa nulla di male, la pubblicazione delle sue parole dimostra che s’è comportato bene. Nell’inchiesta Abu Omar, lo 007 del Sismi Marco Mancini tentò di salvarsi dai magistrati raccomandandosi a Cossiga e Scalfaro. Cossiga si mobilitò subito attaccando e denunciando a Brescia i pm Pomarici e Spataro che indagavano sul sequestro. Scalfaro invece non mosse un dito (diversamente dal suo successore Napolitano con Mancino): anzi, suggerì a Mancini di rivolgersi ai pm. Infatti non si lamentò dell’uscita delle telefonate: si era comportato da uomo di Stato. Altro caso: nell’inchiesta campana sui coniugi Mastella, emergeva un concorso truccato per l’assunzione di geologi in un consorzio, vinto da somari raccomandati, grazie all’esclusione truffaldina del candidato che era risultato il migliore all’esame: Vittorio Emanuele Iervolino. Il quale non solo non era indagato, ma addirittura vittima. La sua vicenda finì nelle intercettazioni e sui giornali. Lui ne fu felice: tutti seppero che era il più bravo. E subito ricevette offerte di lavoro da aziende private.
Prova su strada - A fine luglio 2005 il gip Forleo sequestra le plusvalenze dei furbetti del quartierino impegnati nella scalata illegale della Popolare di Lodi all’Antonveneta, intrecciata con quella dell’Unipol alla Bnl e di Ricucci alla Rcs sotto l’alta protezione del governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Che però, diversamente da Fiorani e dagli altri furbetti, non è ancora indagato (lo sarà ufficialmente solo a fine settembre e poco dopo si dimetterà). Ma la figura centrale è proprio Fazio, che rivela a Fiorani in anteprima di aver firmato il via libera alla scalata e gli dice di andarlo a trovare in Bankitalia “passando dal retro”. Lo scandalo principale sono proprio i rapporti intimi fra controllore e controllato. Se il bavaglio fosse stato già in vigore, non avremmo saputo nulla per mesi del ruolo di Fazio, che invece dovette dimettersi proprio perché da fine luglio autorità politiche nazionali e finanziarie internazionali lo giudicarono incompatibile col suo ruolo di sorveglianza. Idem per Calciopoli: le intercettazioni di Moggi & C. coinvolsero un nugolo di giornalisti asserviti alla cupoletta: da Biscardi a Damascelli, da Melli a Sposini, a vari uomini Rai, poi sanzionati dall’Ordine. Col bavaglio in vigore, nessuna sanzione disciplinare sarebbe stata possibile: le telefonate dei giornalisti, penalmente irrilevanti , sarebbero andate distrutte. Poi ci sono gli infiniti casi di intercettazioni indirette che hanno coinvolto B. sui telefoni di SaccàCuffaroInnocenzi, e Olgettine varie. Pagare ragazze maggiorenni in cambio di sesso non è reato: ma, per un premier che per giunta sfila al Family Day, è un’indecenza: tutto distrutto. Idem per le manovre per piazzare le sue favorite alla Rai tramite produttori compiacenti: come se gli abbonati Rai non avessero diritto di sapere come vengono spesi i soldi del canone.
Caso P3: emerge che almeno cinque giudici della Corte costituzionale anticiparono il loro verdetto favorevole al lodo Alfano al faccendiere Pasqualino Lombardi, legatissimo a vari alti magistrati: siccome questi non sono reati, il bavaglio avrebbe imposto di bruciare tutto. Come se i cittadini non dovessero conoscere le deviazioni dei massimi presìdi di legalità. Scandalo Bisignani: a parte i reati contestati al faccendiere della P2 e della P4, emerge una fittissima rete di rapporti ambigui e scambi di favori con politici, affaristi, imprenditori, giornalisti, manager pubblici e privati, che sono illeciti in tutti i paesi d’Europa fuorché in Italia, dove ancora non è reato il traffico d’influenze e chi lo commette rientra nella platea dei “terzi” di cui parla Vietti: il bavaglio avrebbe cancellato tutto. Infine, l’inchiesta sulla cricca della Protezione civile: Pierfrancesco Gagliardi, l’imprenditore che sghignazzava al telefono con Francesco De Vito Piscicelli la notte del terremoto de L’Aquila, pronto a tuffarsi nel business della ricostruzione (“qui bisogna partire in quarta subito, non è che c’è un terremoto al giorno”), all’inizio non era indagato: col bavaglio già in vigore, nessuno avrebbe potuto pubblicare le sue parole. Più che a favore dei terzi, è un bavaglio per conto terzi.
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Il colmo dei colmi...



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