Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 4 agosto 2012
Jessica Rossi quinto oro per l'Italia.
(AGI) - Londra, 4 ago. - L'azzurra Jessica Rossi regala un altro oro all'Italia alle Olimpiadi di Londra: quello del tiro a volo, specialita' trap (o fossa olimpica). L'azzurra, appena 20 anni, originaria di Crevalcore, si e' rivelata un cecchino infallibile, lasciandosi dietro le altre cinque finaliste: 99 colpi centrati su 100. L'italiana ha anche realizzato il nuovo primato di colpi a segno in una finale olimpica (il precedente era fermo a 91).
http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201208041926-ipp-rt10161-i_miei_99_centri_per_l_emilia_jessica_rossi_quinto_oro_italia
La supercazzola presidenziale. - Marco Travaglio.
Ora che il Quirinale (o l’Avvocatura dello Stato) le ha notificato in edicola, sulle pagine di Repubblica, le accuse di cui deve rispondere dinanzi alla Consulta, la Procura di Palermo può finalmente difendersi. Sempreché trovi un avvocato disposto a difenderla, mettendosi contro la Presidenza della Repubblica, il 90% del Parlamento e il 95% dei media.
In teoria il ricorso di Napolitano per il conflitto di attribuzioni è segretissimo: il portavoce della Corte ci ha informati di non poterlo diffondere nemmeno ai pm di Palermo fino al 19 settembre, quando si deciderà sull’ammissibilità. Evidentemente una delle altre due istituzioni depositarie del sacro incunabolo – Colle o Avvocatura – l’ha passato sottobanco al quotidiano di Scalfari, che l’ha giustamente pubblicato. Ora ci vorrebbe un monito del Quirinale o di Scalfari contro le fughe di notizie, il circuito mediatico-giudiziario, le violazioni del riserbo ecc., ma non arriverà visto che stavolta chi dovrebbe denunciare le distorsioni ne è l’autore. Meglio così: almeno conosciamo subito gli “elementi oggettivi di prova del non corretto uso del potere giurisdizionale”, cioè quali norme avrebbe violato la Procura di Palermo intercettando Mancino mentre parla col Presidente e non ingoiando subito il nastro. La risposta, a leggere le supercazzole pseudogiuridiche dell’Avvocatura pagata con i soldi di tutti, è disarmante: nessuna norma prevede ciò che Napolitano pretende. Quelle citate, infatti, c’entrano come i cavoli a merenda.
L’art. 271 Cpp impone la distruzione di intercettazioni illegittime (e solo se non sono corpo di reato) o che coinvolgano un avvocato difensore o un prete confessore: qui sono legittime e non risulta che Napolitano sia avvocato o prete.
L’art. 90 della Costituzione, con buona pace dell’Avvocatura e dei giuristi alla Pellegrino, non sancisce l’“immunità sostanziale e permanente del capo dello Stato”, ma solo l’irresponsabilità per gli atti compiuti “nell’esercizio delle sue funzioni” (per quelli fuori, è imputabile e intercettabile anche direttamente): e qui nessuno lo ritiene responsabile di nulla, tant’è che l’intercettato è Mancino.
Non è la prima volta che l’Avvocatura si copre di ridicolo per difendere i torti del potere. Nel 2007, chiamata a sostenere il governo B. alla Corte di Lussemburgo contro Europa7, copiò intere pagine della memoria Mediaset che magnificava la legge Gasparri: la Corte, naturalmente, le diede torto. Nel 2009, sempre per spalleggiare B., sostenne la costituzionalità del lodo Alfano perché, se condannato al processo Mills, B. avrebbe dovuto dimettersi, ergo era doveroso lasciare al governo un sospetto corruttore: la Consulta spazzò via anche quelle scemenze. Ora, siccome non c’è il due senza il tre, l’Avvocatura ci riprova per difendere le sragioni del Quirinale. I delitti dei pm sarebbero tre.
1) “Aver quantomeno registrato le intercettazioni in cui era indirettamente e casualmente coinvolto il presidente” (una barzelletta, visto che non sono i pm a registrare, ma le apparecchiature d’ascolto sulle utenze di Mancino, legittimamente attivate non dai pm, ma dal gip).
2) “Averle messe agli atti del processo” (balle: le hanno stralciate e segretate in quanto irrilevanti, in vista della loro distruzione, salvo parere contrario degli avvocati).
3) “Ipotizzare di svolgere l’udienza stralcio per ottenerne l’acquisizione o la distruzione” (proprio come dice l’art. 269 Cpp, in omaggio al principio costituzionale del contraddittorio fra le parti).
Per l’angolo del buonumore, sentite quest’altra: “Le conversazioni cui partecipa il Presidente sono da considerarsi assolutamente vietate” (forse l’Avvocatura voleva dire “le intercettazioni”: se fossero vietate le conversazioni, dovrebbe prendersela col Presidente che conversa, non con chi lo ascolta). Ma, quando c’è di mezzo il nuovo Re Sole, il diritto diventa elastico come la pelle di certe parti del corpo: a volte si allunga, a volte si ritira.
Un fax a B: “Ti rompo il c…”, così Lavitola ricattava il Cavaliere. - Marco Lillo e Giuseppe Lo Bianco
Arrestato il “mediatore” Pintabona. A giugno, intercettato sulle escort fornite da Tarantini, diceva: “Giochiamo la partita a briscola con il nano maggiore”. Secondo i pm, Valterino voleva 5 milioni di euro. Tra gli indagati dell'inchiesta compare anche Sammarco uno dei legale dell'ex presidente del Consiglio.
“Torno e ti spacco il culo”, scrive Valter Lavitola a Berlusconi sotto il biglietto di ritorno per l’Italia mostrato all’avvocato Gennaro Fredella. “Dobbiamo parlare con il nano maggiore – gli fa eco Carmelo Pintabona – una volta che lui è fuori dobbiamo sederci a tavola per giocare una briscola, ed è una briscola che perde di sicuro”. Una briscola da cinque milioni di euro, il prezzo dell’estorsione costata ieri un nuovo ordine di custodia cautelare per l’ex direttore de l’Avanti!, già detenuto. Con la stessa accusa è finito in carcere Carmelo Pintabona, faccendiere siciliano con interessi in Argentina legato all’Mpa di Raffaele Lombardo, latore delle richieste estorsive.
Nell’indagine sono coinvolti anche l’avvocato Alessandro Sammarco, pronto a volare in Argentina da Lavitola per interrogarlo nell’interesse di Berlusconi (indagato per induzione alle dichiarazioni mendaci), l’avvocato di Lavitola Eleonora Moiraghi e un amico siciliano di Pintabona, Francesco Altomare. Grazie alle testimonianze della sorella di Lavitola, Maria che ha riferito parole della compagna del fratello, Neire Cassia Pepe Gomez, e numerose intercettazioni telefoniche (tra cui una telefonata-confessione di Pintabona) i pm napoletani Henry Woodcook e Vincenzo Piscitelli hanno ricostruito tutte le tappe della richiesta di cinque milioni di euro partita con una lettera battuta al computer nella casa di Lavitola a Panama, e poi inviata ad una casella di posta elettronica della quale entrambi possedevano la password. I due magistrati sono piombati ieri a Palermo per l’arresto di Pintabona e in mattinata hanno incontrato il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, con il quale hanno avuto uno scambio di informazioni utili alle rispettive inchieste, entrambe per estorsione nei confronti dell’ex premier. Convocato il 26 luglio scorso, Berlusconi ha disertato anche l’appuntamento napoletano.
La sorella Maria e le richieste di soldi
È Maria Lavitola a rivelare ai pm un incontro nel novembre scorso a Roma, alla fermata della metro Anagnina, con Neire Cassia Pepe Gomez, appena giunta dal sudamerica: “Con la Neire andammo nello studio dell’avvocato Fredella, che mi disse che mio fratello Valter aveva spedito una mail o un fax all’on. Berlusconi con il quale mostrava un biglietto aereo di ritorno in Italia con sotto scritto: “Torno e ti spacco il culo’’. Fredella non è d’accordo, considera il suo cliente ‘pazzo’ e rivela a sua volta a Maria Lavitola di avere incontrato l’avvocato di Berlusconi, Alessandro Sammarco.
I problemi del legale
“Mi disse che era andato nello studio della sua collega Nicla Moiraghi credendo di incontrare un investigatore privato, ma invece trovò Sammarco – rivela Maria Lavitola – il quale gli disse che si sarebbe recato egli stesso in Argentina per incontrare Valter ed esporgli i termini dell’accordo che prevedeva, tra l’altro, la garanzia per mio fratello di un’adeguata difesa. Gli disse poi che la possibilità di offrire la salvezza a Valter, perché la salvezza di Valter era la salvezza del suo cliente”.
Italiani d’Argentina
Sammarco appare determinato a partire e in effetti vengono spesi seimila euro per acquistare due biglietti Roma-Buenos Aires per il legale di Berlusconi e l’avvocato Moiraghi. La somma arriva in contanti, e per i pm è il tentativo di non lasciare tracce visibili del viaggio. Ma i due legali di Lavitola considerano l’interrogatorio di Sammarco ‘inopportuno ’ e sconsigliano il loro cliente, invece entusiasta, ad affrontarlo. “Lavitola si mostrò molto contrariato – dice Fredella – ma pretese di incontrarsi almeno con la Moiraghi”. Che, infatti, partì. Sola.
Il riscontro messo a verbale
Interrogato dai pm Fredella ha confermato sostanzialmente l’episodio, negando però di avere ascoltato quest’ultima frase. Che Alessandro Sammarco, sentito dal Fatto, nega di avere pronunciato: “È vero – dice – ho incontrato Fredella, ma era doveroso farlo dovendo sentire un suo cliente. I biglietti sono stati pagati da un’agenzia su incarico del mio cliente, non so nulla del pagamento, ma tenderei a escludere i contanti.E non ho mai parlato di salvezza di Lavitola, l’unica ad interessarmi è quella di Berlusconi”.
Il faccendiere dei due mondi
Carmelo Pintabona? “Un mio amico carissimo”, detta a verbale Lavitola, che poi prosegue nel goffo tentativo di sminuirne il ruolo di “latore dell’estorsione”. Amico, prestanome, sponsor e soprattutto socio “negli affari del pesce”, Pintabona assiste a Panama alla scrittura della lettera a Berlusconi, gli presta centomila euro, gli compra persino il biglietto di ritorno in Italia e poi “confessa” al telefono al suo amico Francesco Altomare: “Mi aveva chiesto di intermediare con il presidente” (Berlusconi, ndr), che lui chiama “nano maggiore”.
Pintabona arriva a pochi passi da Berlusconi (non si capisce se a palazzo Grazioli o ad Arcore), ma è fermato dalla polizia, che lo avverte:“Non lo sa che è reato incontrare un latitante?”. E nel-l’attesa della scarcerazione dell’amico Valter progetta la costruzione di 400 mila case in Argentina con l’appoggio della Presidente del paese sudamericano e coltiva sogni megalomani: “Io sto aspettando che Valter esca tranquillo, e quando lui uscirà, io mi siederò con Putin, con Lula, Condoleezza Rice, mi siederò con persone che questi manco se lo sognano. Valter (ndr) mi ha scritto una lettera, non a me, l’ha mandata a Caselli (Esteban, senatore eletto nel Pdl in Argentina, (ndr) e mi ha mandato molti saluti anche per altre persone…a Carmelo gli voglio tantissimo, tanto bene, me lo ha detto lui, tu mi hai salvato la vita, come ti ripago?”.
Il mercenario gentiluomo
Un Lavitola molto diverso da come lo ha descritto la sua compagna Neire Gomez nell’incontro con la sorella Maria alla fermata della Metro Anagnina.“Era tornata in Italia in segreto e mi disse che Valter stava sclerando, perché assumeva con frequenza psicofarmaci. Lo aveva sentito poco prima e le aveva detto che era in Argentina dove stava eseguendo lavori come mercenario, lavori che gli stessi argentini rifiutavano di eseguire perchè pericolosi. La Neire – continua Maria – mi disse che temeva per la propria vita perchè in passato aveva lavorato con il fratello per conto dei servizi segreti. Mi disse che per Valter la vita umana non valeva nulla e questo lo aveva dimostrato in tante circostanze anche se non si era mai spinto a commettere omicidi personalmente ma ne aveva commissionati”.
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