sabato 4 agosto 2012

Inchiesta Ilva, intercettazioni choc "Dobbiamo pagare tutta la stampa". - Guido Ruotolo



I pm : così l’azienda ha tentato di alterare i dati dell’inquinamento ambientale.


TARANTO
Un dirigente dice a un altro: «La stampa dobbiamo pagarla tutta». I pm si presentano con un faldone di intercettazioni. Che compromettono pesantemente le posizioni degli indagati, lo staff dell’Ilva di patron Emilio Riva. Che dimostrano l’inquinamento probatorio, e cioè il tentativo di alterazione dei dati sulla emissione dei veleni prodotti dallo stabilimento. Ci sono intercettazioni in cui l’Ilva chiede conto al direttore dell’Arpa, Giorgio Assennato, dei risultati di una campagna di rilevamenti.

Questo avviene nel giorno in cui l’Ilva si presenta al Riesame (con il suo nuovo presidente Bruno Ferrante) perché vuole contestare le conclusioni a cui è giunta l’accusa. L’udienza fiume iniziata alle 9 del mattino in un clima surreale, con il Tribunale completamente isolato dalle forze dell’ordine, e un corteo “solidale” con gli imputati bloccato dallo stesso presidente Ferrante che non intende più «manovrare» i suoi dipendenti, e si è conclusa alle 9 di sera. I giudici hanno tempo fino al 9 agosto prima di decidere sulla scarcerazione degli indagati e sul dissequestro degli impianti.

Udienza drammatica di un’inchiesta giudiziaria dagli esiti imprevedibili, perché il Riesame potrebbe confermare il sequestro degli impianti e far accelerare le procedure di spegnimento degli impianti, rompendo così quell’«armonia» costruita tra Bari e Roma di attiva convergenza tra governo, regione, azienda ed enti locali.Nel giorno in cui Palazzo Chigi nomina un commissario per bonificare Taranto, l’acciaieria più grande d’Europa rischia la chiusura se la proprietà non rispetterà le prescrizioni stabilite dal gip Todisco.

«Non ci dormo la notte al pensiero che 20.000 persone rischiano di non lavorare più». Francesco Sebastio, procuratore di Taranto, in una pausa del Riesame, risponde alle domande dei giornalisti. Mentre un legale degli imputati commenta amaro: «Dopo sei ore di discussione, le posizioni sono cristallizzate. Non si fanno passi avanti».

I legali dell’Ilva si presentano con le memorie e controperizie da depositare: «Lo stabilimento Ilva di Taranto esercisce nel pieno e indiscusso rispetto di una legittima Autorizzazione integrata ambientale, emessa dalla competente pubblica amministrazione nell’agosto 2011. Anche le contestazioni elevate in passato non hanno mai individuato presunti sfondamenti dei limiti di emissione. Dal 1998 al 2011 lo Stabilimento Ilva di Taranto ha investito, solo in tecnologie finalizzate alla tutela dell’ambiente e della salute, circa un miliardo e centouno milioni e 299 mila euro, pari al 24% degli investimenti totali. Le polveri? I livelli di Taranto sono considerevolmente inferiori a quelli medi annui registrati nelle aree urbane del Nord Italia, e anche a Firenze o Roma».

Insomma, una radicale contrapposizione rispetto ai dati emersi dall’incidente probatorio, i cui esiti, dice il procuratore Sebastio, sono ormai «una prova del processo». Naturalmente il «processo» avviene nell’aula del Tribunale del Riesame. E le affermazioni di accusa e difesa raccolte nei corridoi del Tribunale ne sono una fedele rappresentazione. Sebastio sostiene che la ricostruzione della memoria dell’accusa fatta ai giudici dal pm Buccoliero è molto netta: «L’Ilva sostiene di aver rispettato i parametri indicati dall’Aia, dall’Autorizzazione integrata ambientale. In realtà l’Aia fa riferimento alle emissioni convogliate, cioè quelle che escono dal camino E 312. Ma noi invece abbiamo dimostrato che il problema è rappresentato dalle emissioni diffuse (parchi minerari) e fuggitive. In un anno i controlli effettuati sono stati soltanto tre e preavvisati. Occorrono campionamenti continui. Dove sono stati scaricati i sacchi di diossina presi e caricati a spalle?».

In mattinata il procuratore aggiunto Pietro Argentino aveva presentato un’istanza per spostare a metà settembre la decisione sul sequestro dello stabilimento. Istanza respinta dal Riesame per gli evidenti «rilevanti interessi socio economici» che impongono una decisione immediata.
L’accusa si è rivolta ai giudici del Riesame con un quesito: «A Genova è sorto lo stesso problema di Taranto. Tra il 2002 e il 2005 l’area a caldo è stata sequestrata (ottenendo le conferme del Riesame e della Cassazione) ed è stata trasformata in area a freddo. Perché non si può fare la stessa cosa a Taranto?».

La nuova Ilva di Bruno Ferrante è ottimista. Anche se quelle intercettazioni telefoniche depositate ieri mattina sono compromettenti, l’importante è guardare al futuro, voltare pagina. Che ha deciso di ritirarsi da tutti i contenziosi sollevati, e con la presenza del suo presidente Ferrante nell’aula del Riesame conferma la volontà di difendersi «nel processo e non dal processo».

Ilva, ecco le intercettazioni che provano la corruzione Quel manager tesseva le trame. - Mimmo Mazza



TARANTO - Descrive un sistema di potere ramificato. Capace di arrivare a chiunque, almeno a parole, per sistemare le faccende dell’Ilva. È ricca di spunti l’informativa redatta dal Gruppo di Taranto della Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta per corruzione in atti giudiziari che vede indagati Fabio Riva, per una fase presidente del siderurgico, Girolamo Archinà, potente pubblic relations man del gruppo Riva, l’ex direttore dello stabilimento siderurgico Luigi Capogrosso e il consulente della Procura ed ex preside del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti. Un lavoro meticoloso, quello compiuto dagli uomini guidati dal capitano Giuseppe Di Noi, confluito ieri mattina negli atti all’attenzione del tribunale del riesame chiamato a decidere se confermare o meno gli arresti di 8 tra proprietari e dirigenti dell’Ilva e il sequestro dell’area a caldo. I pubblici ministeri hanno deciso di depositare una parte di quell’informativa allo scopo di dimostrare la capacità di inquinamento probatorio del gruppo Riva. 

All’attenzione dei giudici ma anche della difesa degli indagati sono finite così alcuni stralci di intercettazioni telefoniche e ambientali. La storia principale è quella raccontata ieri dalla Gazzetta, cioè della busta bianca - contenente 10mila euro per l’accusa, la bozza di un protocollo per la difesa - consegnata da Archinà al professor Liberti il 26 marzo del 2010 nel retro della stazione di servizio ubicata ad Acquaviva delle Fonti, sull’autostrada Taranto-Bari. Attorno a quella vicenda - tutta peraltro ancora da definire visto che ieri mattina la difesa del gruppo Riva ha depositato un verbale dell’ex arcivescovo di Taranto Benigno Luigi Papa che sostiene che quei soldi, quei diecimila euro, erano per lui - ruota ben altro. Parte ancora rigorosamente coperta da segreto istruttorio e dunque destinata ad ulteriori analisi da parte dei pubblici ministeri Mariano Buccoliero e Giovanna Cannalire che un mese fa hanno ereditato il fascicolo dal collega Remo Epifani, parte invece rivelata. Il perno del sistema di potere dell’Ilva sembra Archinà, consulente del gruppo Riva per la comunicazione e le questioni ambientali. Archinà tiene i rapporti con i giornalisti ma anche con politici e organi di controllo. In una telefonata con l’allora direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso discute di un controllo annunciato da Arpa e Asl e senza mezzi termini dice al collega che «quelli, con la sedia legata al culo devono stare, altro che controlli». 

Poi parla con Liberti, suo co-indagato, a cui chiede spiegazioni sulla perizia che il docente stava facendo per conto della Procura. Rimprovera brutalmente il direttore dell’Arpa Giorgio Assennato, reo, a suo dire, di aver calcato la mano in una relazione sul micidiale benzo(a)pirene emesso dall’Ilva, con Assennato che cerca di giustificarsi, suggerendo la convocazione di un tavolo per trovare una soluzione. Archinà ha dimestichezza con i dirigenti, vecchi e nuovi, della Regione che si occupano di ambiente. Ma vanta conoscenze anche a Roma. Parlando, nel 2010, con un consulente del gruppo Riva, già funzionario del Cnr, discute dei componenti della commissione ministeriale che sta esaminando l’Autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento siderurgico di Taranto. Il discorso scivola su Corrado Clini, oggi ministro dell’Ambiente, all’epoca dei fatti direttore generale del ministero. Archinà tranquillizza il suo interlocutore, forse vantandosi forse chissà: «Clini è uomo nostro».



http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=540657&IDCategoria=1

Gli orsi polari stanno morendo per la distruzione del loro habitat.




Negli ultimi 30 anni, abbiamo perso tre quarti della calotta di ghiaccio che galleggia in cima al mondo. Per oltre 800 mila anni, il ghiaccio è stata una caratteristica costante del Mar Glaciale Artico. Si sta sciogliendo a causa del nostro uso di energia sporca da fonti fossili, e in un prossimo futuro potrebbe essere privo di ghiaccio per la prima volta da quando gli esseri umani sono sulla Terra. Questo sarebbe devastante non solo per le persone, gli orsi polari, i narvali, i trichechi e altre specie che vi abitano - ma per tutti noi. Il ghiaccio in cima al mondo riflette nello spazio molto del calore del sole, contribuendo così a raffreddare il nostro pianeta, stabilizzando il clima da cui dipendiamo per le coltivare il nostro cibo. Proteggere il ghiaccio significa proteggere tutti noi.





Le stesse aziende dell'energia sporca che per prime hanno causato lo scioglimento dei ghiacci artici ora stanno cercando di trarre profitto da quel disastro. Vogliono aprire la nuova frontiera dell'oro nero per raggiungere un potenziale di 90 miliardi di barili di petrolio. Questo vuol dire un sacco di soldi per loro, ma equivale a soli tre anni di consumi petroliferi per il pianeta. Documenti governativi sin qui segreti dicono che contenere fuoriuscite di petrolio nelle acque del Polo è "quasi impossibile" ed ogni errore si rivelerebbe potenzialmente fatale per il fragile ecosistema artico. Per trivellare nella regione artica, le compagnie petrolifere devono trascinare gli iceberg lontano dai loro impianti e utilizzare enormi tubi idraulici per sciogliere il ghiaccio galleggiante con acqua calda. Se li lasciamo fare, una catastrofica fuoriuscita di petrolio è solo una questione di tempo. Abbiamo visto i danni terribili causati dai disastri della Exxon Valdez e della Deepwater Horizon - Non possiamo lasciare che ciò accada nell'Artico.


http://www.savethearctic.org/

Londra 2012, le gare di atletica nello stadio costruito sopra i rifiuti radioattivi. - Luca Pisapia


stadio olimpico interna nuova
L’estate scorsa si è venuto a sapere - tramite documenti ufficiali ottenuti attraverso il decreto Freedom of Information - che tra il 2007 e il 2008, durante i lavori di scavo per la costruzione dello Stadio Olimpico, sono emerse 7.500 tonnellate di scorie tossiche. La notizia confermata dalla Olympic Delivery Authority.
Quando domenica sera Bolt, o chi per lui, taglierà per primo il traguardo della gara dei 100 metri all’interno del nuovissimo Stadio Olimpico di Londra, tutti gli aggettivi che saranno utilizzati come ‘deflagrante’, ‘esplosivo’ o ‘atomico’ avranno una ragion d’essere che va ben oltre la semplice impresa sportiva. Ovvero le migliaia di tonnellate di rifiuti tossici e radioattivi che sono stati rinchiusi in tutta fretta in appositi contenitori e poi sotterrati nel Parco Olimpico. In un deposito costruito all’inizio di uno dei tanti bei ponticelli su cui passeggia la gente all’interno del Parco: a 400 metri dalla stazione internazionale di Stratford e a 250 metri dallo Stadio. Come ha confermato laOlympic Delivery Authority dopo le prime smentite.
L’estate scorsa si è infatti venuto a sapere – tramite documenti ufficiali ottenuti attraverso il decretoFreedom of Information – che tra il 2007 e il 2008, durante i lavori di scavo per la costruzione dello Stadio Olimpico, sono emerse diverse tonnellate di rifiuti tossici e radioattivi. Questo materiale, poi risultato essere nell’ordine delle 7,5 mila tonnellate, è stato sotterrato in tutta fretta all’interno del perimetro del parco. Se le autorità assicurano che questi container hanno una resistenza stimata in oltre mille anni, è da notare però come nel prospetto informativo di vendita del centro stampa interno al Parco (di recente acquistato dai reali del Qatar) appare l’avvertenza sulla “presenza di sostanze inquinanti a livello solido, liquido o gassoso (…) materiali pericolosi e nocivi anche nei detriti del terreno circostante”.













 E, come spiega Paul Charman, analista del Citizens Intelligence Network, “è evidente che lo stoccaggio sia stato fatto in tutta fretta per evitare ricadute negative d’immagine, mettendo anche a rischio la salute dei lavoratori. E il fatto di sotterrare il tutto in loco è stata l’unica opportunità per evitare numerosi controlli, previsti dalla legge, nel caso avessero cominciato a trasferire il materiale altrove. Una scommessa che non esito a definire rischiosa”. Un ulteriore schiaffo alla tanto sbandierata eco-sostenibilità dei GiochiGià, a fronte di sponsorizzazioni pericolose e molto poco ambientaliste, il governo aveva risposto solo con ingiustificati arresti nei confronti di chi ha osato contestarle.
Senza degnarsi di spiegare come sia stato possibile appaltare le medaglie di una manifestazione che si vuole ecologista a Rio Tinto – multinazionale mineraria accusata di violazione dei diritti umani dalla Papua Nuova Guinea alla Mongolia - il cui rame utilizzato per le medaglie è estratto dalla miniera di Kennecott (Utah) in spregio alle leggi locali per il controllo delle immissioni nocive nell’atmosfera. O aver ceduto per 7 milioni a Dow Chemical – multinazionale che nel 1999 ha acquistato la Union Carbide responsabile del disastro di Bhopal in India – la possibilità di ricoprire lo Stadio Olimpico con un lenzuolo di plastica recante il suo logo, al posto del lenzuolo in materiali biodegradabili con disegni di artisti locali previsto dal progetto originario di London 2012.
Non può certo bastare che i piatti e le posate utilizzate dal McDonald del Parco Olimpico – il più grande al mondo con oltre 1500 posti a sedere – saranno riciclati in appositi contenitori, o che l’olio utilizzato per friggere le patatine sarà trasformato in combustibile, per rendere le Olimpiadi di Londra 2012 “i Giochi più ecologici della storia”, come ripetono ogni giorno gli organizzatori. L’hanno appena certificato anche WWF e BioRegionalin un documento congiunto nel quale concludono che gli organizzatori “non hanno mantenute le promesse” e “hanno profondamente deluso, mancando tutti gli obiettivi” per le questioni riguardanti energia, rifiuti e consumo delle risorse. Una bocciatura atomica. Come le scorie sepolte in tutta fretta nel Parco Olimpico.

venerdì 3 agosto 2012

Camille Lacourt, medaglia d'oro alla bellezza - Olimpiadi 2012



La medaglia è virtuale...ma meritatissima!


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TELEGRAMMA DA GODERICH, SIERRA LEONE.


La nuova sala di terapia intensiva a Goderich, Sierra Leone

Mercoledì 1 agosto è entrata in attività la nuova sala di terapia intensiva del Centro chirurgico e pediatrico di Goderich, in Sierra Leone. I lavori di ampliamento della vecchia sala, che sono stati eseguiti in modo da non interrompere l’attività sanitaria, sono stati finanziati grazie alla campagna SMS solidale che abbiamo condotto nell’ottobre 2010.
Il Centro è l’ospedale di riferimento per la traumatologia per l’intera Sierra Leone e l’unica struttura del Paese in cui viene effettuato il trattamento in endoscopia delle lesioni all’esofago causate dall’ingestione accidentale di soda caustica, un fenomeno abbastanza comune in un Paese dove il sapone è fabbricato in casa.

Truffa ai disabili, consigliere regionale e quattro medici finiscono in manette.


Antonello Peru
Antonello Peru (Pdl) è accusato di aver fatto stipulare all'Asl di Sassari una convenzione con l'associazione responsabile dei raggiri.
SASSARI - Avrebbero costituito un'organizzazione, l'Associazione Italiana Operativa Neuropsichiatrica (Aion Onlus) a scopo di lucro, traendo profitti dalle pseudo visite specialistiche,dalle donazioni dei familiari dei pazienti e dalle vendite delle pubblicazioni della società editrice Saturno, nonchè dai contributi della Regione Sardegna. In realtà, sotto la copertura formale dell'associazione, i due neurologi finiti in carcere oggi a Sassari, Giuseppe Dore e Marinella D'Onofrio, avevano concepito un «protocollo terapeutico», la psiconeuroanalisi, divulgato a livello nazionale dai loro colleghi che, sostenuto come efficace terapia contro il morbo di Alzheimer e in genere contro tutte le forme di demenza, si concretizzava in gravissime violenze fisiche e psicologiche nei confronti dei pazienti, tutte documentate dalle riprese dei carabinieri.

Il consigliere regionale del Pdl Antonello Peru, invece, è stato arrestato in quanto si sarebbe adoperato per fare stipulare una convenzione tra la Asl di Sassari e l'associazione Aion per la concessione di locali nell'ospedale Alivesi di Ittiri, con l'impegno per futuri progetti di collaborazione. Peru si sarebbe adoperato anche per la stesura da parte della Asl di un bando per la ricerca scientifica, in modo che risultasse vincitrice la stessa Aion.

Sono 15 le persone arrestate dai carabinieri del Comando Provinciale di Sassari e 5 le perquisizione nelle abitazioni di altrettanti indagati eseguite stamani all'alba. Tutti ritenuti responsabili dei reati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ed ai maltrattamenti in danno di disabili mentali, sequestro di persona, lesioni personali. Il provvedimento è stato emesso dal Gip di Sassari Carla Altieri, su richiesta del pm Michele Incani. Le indagini, partite lo scorso aprile dopo che i carabinieri avevano scoperto che ad Ittiri (Ss) alcuni malati affetti da patologie neurodegenerative venivano picchiati, sono state condotte dal Nucleo Investigativo Provinciale e dal Nucleo Operativo della Compagnia di Alghero, con la collaborazione della Stazione di Ittiri. I fatti accertati partono dall'aprile 2011.