Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 6 settembre 2012
Tentata estorsione da Dell’Utri, Berlusconi: “Mangano era una persona perbene”.
Dalle relazioni ''pericolose'' con l'ex stalliere di Arcore e col mafioso Tanino Cinà, al fiume di denaro versato sui conti del senatore di Forza Italia: sono solo alcuni degli argomenti affrontati nell’interrogatorio a cui è stato sottoposto l’ex presidente del Consiglio.
“Vittorio Mangano? Sapevo che era una persona perbene”. E’ quanto ha detto Silvio Berlusconi durante l’interrogatorio a Roma davanti ai pm Antonio Ingroia e Lia Sava, che lo hanno sentito come testimone nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta estorsione ai suoi danni commessa da Marcello Dell’Utri.
Durante la deposizione si è parlato di Mangano, dell’amico mafioso di Dell’Utri, Tanino Cinà ( sposato con una figlia di un capomafia e imparentato attraverso di essa con con la famigli del vecchio boss dei boss Stefano Bontade), e del fiume di denaro versato dal Cavaliere sui conti del senatore azzurro, ideatore nel 1993 di Forza Italia. “Mangano e Cinà? Persone apparentemente perbene, dai modi gentili. Era impossibile sospettarne i legami mafiosi”, ha ripetuto con forza Berlusconi, sebbene le carte processuali raccontino una storia del tutto diversa.
Secondo le sentenze Vittorio Mangano era infatti stato assunto ad Arcore nel 1974 con mansioni precise: fattore (guadagnava mezzo milione di lire al mese) e accompagnatore dei figli di Berlusconi a scuola. In quel momento il Cavaliere era terrorizzato dai sequestri di persona e anche per questo, stando ai giudici, incontrò l’allora capomafia Stefano Bontade, ottenendo la sua protezione, garantita dalla presenza di Mangano a Villa San Martino. L’uomo, destinato a diventare nel 1992 reggente del clan di Porta Nuova, negli anni Ottanta è stato poi condannato nel maxiprocesso per associazione per delinquere e traffico di droga in seguito alle indagini di Paolo Borsellino (all’epoca non c’era ancora il reato di associazione mafiosa, ndr), che definì Mangano “teste di ponte dell’organizzazione mafiosa nel Nord Italia”. Poi, nel 1995 ha subito una condanna per omicidio, ma il processo non è giunto mai a conclusione perché il mafioso è morto il 23 luglio del 2000.
Già prima di arrivare ad Arcore Mangano aveva però avuto molti problemi con la giustizia: tra il 1966 e il 1973, sia a Palermo che a Milano, era già stato più volte arrestato, denunciato e, in qualche caso, condannato per truffa, emissione di assegni a vuoto, ricettazione, lesioni volontarie e tentata estorsione. Almeno una volta, secondo le sentenze contro Dell’Utri, sarebbe poi finito in manette per scontare un pena definitiva quando già si trovava alle dipendenze del Cavaliere. E nonostante questo non fu allontanato.
La parte principale della deposizione ha comunque riguardato i 40 milioni versati dal Cavaliere Dell’Utri in 10 anni, secondo i pm, estorti dal senatore del Pdl. “Nessuna estorsione” ha giurato Berlusconi. Solo delle donazioni fatte a “un amico e prezioso collaboratore” per le sue esigenze personali. Dalle necessità per ristrutturazioni di immobili, all’acquisito di libri (Dell’Utri è un appassionato bibliofilo) ai bisogni di spesa molto elevati dei familiari del senatore. Per quanto riguarda la villa sul lago di Como che l’ex premier ha comprato da Dell’Utri pagandola, secondo i pm, una cifra spropositata rispetto al suo reale valore, Berlusconi ha sostenuto che la quantificazione del corrispettivo di vendita era stata fatta in base a una perizia che la valutava sui 21 milioni circa.
Durante l’interrogatorio Berlusconi ha consultato una serie di documenti bancari sui bonifici fatti, atti che nei prossimi giorni i legali faranno arrivare ai pm di Palermo. E ha affermato che quel fiume di denaro non è stato versato a Dell’Utri per pagarne il silenzio, ma solo perché il senatore temeva di essere condannato definitivamente in cassazione (l’ex fondatore di Publitalia era infatti riparato all’estero il giorno del verdetto). Insomma per leader del Pdl la verità è una sola: Dell’Utri era un amico in difficoltà, perseguitato ingiustamente dai giudici, che lui si sentiva in dovere di aiutare in qualche modo.
”Il presidente Berlusconi ha chiarito compiutamente tutti gli aspetti della vicenda. Quali difensori della persona offesa, abbiamo provveduto al deposito di idonea documentazione a ulteriore comprova delle dichiarazioni rese”: questa la nota diramata dagli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo poco dopo la fine dell’interrogatorio.
La decisione della Procura di convocare Berlusconi come teste ha spuntato le armi della difesa, privando l’ex premier della chance a cui ricorse il 26 novembre del 2002, quando, citato nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa all’ex manager di Publitalia, a sorpresa, dopo avere fatto spostare il tribunale a Palazzo Chigi, si avvalse della facoltà di non rispondere.
Nonostante le eccezioni dei suoi legali, respinte dalla Procura, la veste del teste assistito, che gli avrebbe permesso di restare in silenzio, non gli è stata concessa. E Berlusconi si è presentato davanti ai pm come un testimone qualunque. O meglio ‘quasi qualunque’, visto che il procuratore di Palermo Francesco Messineo, l’aggiunto Antonio Ingroia e il pm Lia Sava alla fine su un punto hanno ceduto e, dopo settimane di trattative frenetiche, hanno acconsentito a tenere l’interrogatorio a Roma e non a Palermo come deciso inizialmente. Una scelta, quella del capo dei pm, che ha creato malumori nel pool che indaga sull’estorsione, spaccato tra le ‘colombe’, disponibili a spostarsi nella Capitale, e i ‘falchi’ che ritenevano un errore “cedere”.
Le domande fatte all’ex premier erano state concordate ieri dai magistrati in una lunghissima riunione e ruotavano tutte attorno ai 40 milioni dati, in varie tranche, da Berlusconi a Dell’Utri. Un fiume di denaro che, ipotizzano i pm, l’ex premier avrebbe pagato per comprarsi, tramite l’amico palermitano, la protezione di Cosa nostra, come avvenne negli anni ’70, o per assicurarsi il suo silenzio sui presunti rapporti dell’ex premier coi clan mafiosi. Sulla questione è stata già interrogata la figlia di Berlusconi, Marina. L’interrogatorio è durato tre ore: convenevoli e verbalizzazione a parte, il botta e risposta tra i magistrati e il leader del Pdl non dovrebbe essersi protratto per più di due. I legali hanno anche riprovato a eccepire l’incompetenza della Procura siciliana sull’inchiesta e hanno insistito perché il loro cliente fosse sentito come teste assistito, vista la precedente indagine per riciclaggio a suo carico.
Respinte le eccezioni si è entrati nel vivo, partendo dal passato: i rapporti tra Berlusconi e i mafiosi Vittorio Mangano, ex stalliere ad Arcore e Tanino Cinà, vicende che costituivano oggetto dell’interrogatorio sfumato 10 anni fa. Il Cavaliere è stato ascoltato in una caserma della Guardia di Finanza in via dell’Olmata, poi è rientrato a palazzo Grazioli con i suoi legali Niccolò Ghedini ePietro Longo. L’interrogatorio ha fatto slittare a stasera il vertice del Pdl convocato per discutere, tra le altre cose, di legge elettorale. Nella residenza romana finora è rimasto anche il portavoce Paolo Bonaiuti, l’ex ministro Renato Brunetta e il segretario Pdl, Angelino Alfano.
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Il segreto che soffoca il Colle. - Pino Corrias
L’assurdità corrode la scena. Sulla prima fune c’è un Nicola Mancino che telefona al Quirinale per chiedere aiuto: la Procura di Palermo non gli ha creduto, da teste è diventato indagato. Sono telefonate che non dovrebbe fare, per senso delle istituzioni, e che invece fa per senso di sé.
Sull’altra fune c’è un presidente, Giorgio Napolitano, che a quelle telefonate non dovrebbe rispondere, per senso delle istituzioni, e alle quali invece risponde forzando l’irresponsabilità, che è sua prerogativa, in un arbitrio che si sarebbe dissolto nel vento se non ci fossero l’indagine e un registratore a trasformare l’aria delle parole in un po’ di inchiostro segreto.
E l’inchiostro segreto in un nodo che annoda la scena. Immobilizzandola lì, davanti a tutti, ora che si sono accese le luci in sala, sorprendendo gli attori avvinghiati, con indosso i costumi sbagliati, senza un copione da recitare, afasici, storditi dai riflettori della politica e della giurisprudenza. Dovrebbero, per liberarsi, dire quello che si sono detti a vicenda, ma non possono, per senso delle istituzioni e di sé. Accampano Dottrina e Complotto. E invece di chiedere scusa cercano ossigeno nel segreto che li soffoca.
Il Fatto Quotidiano, 5 Settembre 2012
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mercoledì 5 settembre 2012
La borsa teme delusioni da Bce ma lo spread è ottimista. - Ilaria Ammendola
Alla vigilia del meeting Bce, nervosismo e cautela hanno fatto da padroni sulle borse del Vecchio Continente. Il Ftse Mib ha chiuso a 15.128 punti, in calo dello 0,62%, e il Ftse 100 dello 0,25% a 5.657 punti. Positivi invece Dax e Cac, che hanno archiviato la seduta in rialzo rispettivamente dello 0,46% a 6.964 punti e dello 0,2% a 3.405 punti, invariato l’Ibex (+0,08%).
Nemmeno la notizia anticipata da due fonti dell’Eurotower, secondo la quale il piano per l'acquisto di bond in preparazione a Francoforte prevede acquisti illimitati di titoli del debito pubblico, che verranno sterilizzati, è riuscita a smuovere molto le borse. Sembra che gli investitori preferiscano guardare coi loro occhi come sarà articolato il piano della Bce prima di festeggiare.
Diversa la reazione sul mercato obbligazionario. La sola anticipazione è infatti bastata per raffreddare il differenziale Btp-Bund, che si è portato ai minimi da luglio a 404 punti base. D’altronde i rendimenti avevano già preso questa direzione dopo che, oggi, la Germania è rimasta a bocca asciutta in un asta che è andata tecnicamente scoperta. La cancelliera tedesca non ha perso tempo per smorzare i toni ottimisti: Angela Merkel sarebbe contraria all’acquisto illimitato di bond da parte della Bce.
Il Tesoro ha infatti collocato 3,61 miliardi di Bund settembre 2022 (tasso 1,42%) a fronte di un’offerta totale di 5 miliardi. Anche il differenziale spagnolo ne ha beneficiato ed è tornato sotto la soglia psicologica dei 500 punti base a 493 punti base. L’euro ha testato i minimi intraday dopo la lettura deludente del Pmi dell'area euro, sceso a 46,3 punti, ma si è poi rafforzato oltrepassando di nuovo quota 1,26.
Secondo Citigroup il nuovo Smp della Bce sarà caratterizzato da volumi "probabilmente senza limiti", con l'Eurotower che "deve essere deliberatamente vaga sulla questione ma deve anche promettere di fare qualsiasi cosa necessaria”. La condizionalità sarà probabilmente specifica per ogni programma, e potrebbe consistere o nel blocco degli acquisti o nella vendita dei bond nel caso in cui uno Stato non ne rispettasse i termini. Quanto al tetto su spread/rendimenti, per la banca d’affari questo "probabilmente non sarà pubblico, visto che fornirebbe un impegno implicito verso acquisti illimitati", mentre la Bce non manterrà lo status di creditore privilegiato.
Oltreoceano i listini azionari statunitensi scambiano al rialzo complice l’aumento della produttività che negli Stati Uniti è passata da +1,6% a +2,2%. Il Dow Jones guadagna lo 0,35%, lo S&P 500 lo 0,18% e il Nasdaq lo 0,13%.
A Piazza Affari Stm ha pagato il doppio taglio di rating e ha chiuso a 4,388 euro in calo del 5,31%: Ubs ha abbassato il giudizio da neutral a sell ed Exane Bnp Paribasda neutral a underperform. I motivi sono diversi: per il primo broker il titolo ha corso troppo dai minimi di luglio e, comunque, la joint venture resta il principale problema del gruppo; per il secondo il core business si sta deteriorando e il secondo semestre sarà più difficile del previsto. Male anche Seat (-9,65% a 0,0103 euro) e Finmeccanica, che ha archiviato la seduta a 3,642 euro (-2,57%) sui timori di possibili tagli alla difesa Usa nel caso di mancato accordo ai tagli del budget.
Buone performance invece per il comparto bancario: Ubi Banca (+3,44% a 2,77 euro), Mps (+1,3% a 0,226 euro), Bper (+2,48% a 4,538 euro) e Bpm (+1,98% a 0,428 euro). Non si è fermata la corsa di Rcs MediaGroup (+29,21% a 2,57 euro). La società ha perfezionato la cessione di Flammarion. Il beneficio finanziario della cessione, "che si prevede sia destinato alla riduzione dell'indebitamento del Gruppo Rcs", è pari a circa 239 milioni di euro, a fronte di un versamento pari a 184,2 milioni effettuato oggi da Madrigall, la controllante di Gallimard, oltre al rimborso dei debiti.
http://www.milanofinanza.it/news/dettaglio_news.asp?id=201209051719187191&chkAgenzie=TMFI&titolo=La%20borsa%20teme%20delusioni%20da%20Bce%20ma%20lo%20spread%20%C3%A8%20ottimista
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