Condannati i componenti della commissione che secondo i pm "rassicurò" gli abruzzesi 6 giorni prima del sisma del 2009. Continua l'inchiesta su Bertolaso che in un'intercettazione disse: "Quella riunione è un'operazione mediatica". Il pm: "Cercavamo i fatti, non i colpevoli". Boschi: "Sono disperato". De Bernardinis, vicecapo della Protezione Civile: "Innocente davanti a Dio e agli uomini".
Sei anni di reclusione per tutti gli imputati. E’ questa la condanna inflitta dal giudice monocratico Marco Billi ai componenti della commissione grandi rischi, in carica nel 2009, che avrebbero rassicurato gli aquilani circa l’improbabilità di una forte scossa sismica che invece si verificò alle 3.32 del 6 aprile 2009. L’accusa aveva chiesto 4 anni per i sette imputati: Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi, Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile, Enzo Boschi, presidente dell’Ingv, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case, Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile. Sono stati ritenuti colpevoli di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Il tribunale ha disposto anche le pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici ed dell’interdizione legale durante l’esecuzione della pena.
Il giudice Billi ha disposto anche una provvisionale di 7,8 milioni di euro in favore di 56 parti civili. Gli imputati erano imputati per omicidio colposo e lesioni per la morte di 29 persone ed il ferimento di altre quattro.
Boschi: “Sono avvilito e disperato”. L’avvocato di Barberi: “Sentenza sbalorditiva”Si definisce “avvilito e disperato” Enzo Boschi, ex presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. “Pensavo di essere assolto. Ancora non capisco di cosa sono accusato”. E’ “una sentenza sbalorditiva e incomprensibile, in diritto e nella valutazione dei fatti” secondo l’avvocato Marcello Petrelli, difensore di Barberi. “Una sentenza che non potrà che essere oggetto di profonda valutazione in appello”. Per Filippo Dinacci, avvocato di De Bernardinis, la pronuncia del tribunale “avrà grosse ripercussioni sull’apparato della pubblica amministrazione. Nessuno farà più niente”.
“Mi ritengo innocente di fronte a Dio e agli uomini” dice lo stesso De Bernardinis, ex vicecapo della Protezione civile e attuale presidente dell’Ispra. “La mia vita da domani cambierà, ma se saranno dimostrate le mie responsabilità in tutti i gradi di giudizio le accetterò fino in fondo”.
“Non ci sono commenti da fare se non quelli del giudice che ha letto la sentenza – dice il pm Fabio Picuti – Tutto il filo conduttore del processo non era la ricerca di colpevoli, ma quella di capire i fatti, perché noi con il compianto procuratore capo, Alfredo Rossini, volevamo solo capire i fatti. L’Aquila ha consentito che si tenesse questo processo delicato e si arrivasse a sentenza”.
Resta aperta l’inchiesta su Bertolaso
Resta aperto, invece, il filone d’indagine su Guido Bertolaso, ex numero uno del Dipartimento della Protezione civile, accusato di omicidio colposo, sempre dalla Procura dell’Aquila. L’attività d’indagine era stata avviata dalla polizia giudiziaria dopo la denuncia presentata nei confronti di Bertolaso dall’avvocato aquilano Antonio Valentini (che nel processo appena concluso assisteva numerose parti civili) dopo la diffusione di una telefonata intercettata tra Bertolaso e l’ex assessore della Regione Abruzzo, Daniela Stati.
Nella conversazione del 30 marzo 2009, il giorno prima della riunione della Commissione, il capo della Protezione Civile definiva la convocazione degli esperti “una operazione mediatica” e che la riunione era stata convocata “perché vogliamo tranquillizzare la gente“. Dopo la diffusione su internet, il contenuto della telefonata è stato poi verbalizzato dagli investigatori e trasmesso negli uffici della Procura come notizia di reato.
L’accusa dei pm: “Le notizie rassicuranti indussero la gente a stare a casa”
Il processo di primo grado è terminato dopo trenta udienze nella piccola aula del tribunale provvisorio dell’Aquila, al Nucleo industriale di Bazzano, nel quale hanno deposto 275 testimoni. Il fulcro del processo è stato il verbale redatto subito dopo la riunione del 31 marzo 2009, 6 giorni che si verificasse il sisma che ha portato distruzione e morte nel capoluogo abruzzese. In quel verbale si riteneva poco probabile un forte terremoto. In particolare i pm contestavano “una valutazione del rischio sismico approssimativa, generica e inefficace in relazione all’attività della commissione e ai doveri di prevenzione e previsione del rischio sismico”. ”Sono state fornite dopo la riunione – si legge nel capo di imputazione – informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell’attività sismica vanificando le attività di tutela della popolazione”. Secondo i pm gli imputati “sono venuti meno ai doveri di valutazione del rischio connessi alla loro funzione” anche sotto il profilo dell’informazione. Queste notizie rassicuranti “hanno indotto le vittime a restare nelle case”.
L’inchiesta iniziata dopo gli esposti dei parenti delle vittime
I primi dieci esposti presentati negli uffici della Procura della Repubblica dell’Aquila, risalgono al mese di ottobre del 2009 e a presentarli erano state persone che sono scampate alla morte la notte del 6 aprile o da parenti delle vittime che a seguito delle rassicurazioni provenienti da rappresentanti della politica e della Protezione civile, (tutti facenti parte della Commissione) erano rimasti nelle loro abitazioni che, invece, erano crollate a seguito della devastante scossa. Insieme agli esposti era stato allegato diverso materiale, soprattutto interviste audio-video in cui i rappresentanti della Commissione invitavano la popolazione a stare tranquilla.
Il pm: “Una negligenza monumentale”
“Se avessi letto prima di scrivere la requisitoria il rapporto della Commissione del Congresso Usa su l’inchiesta post Uragano Katrina - aveva ribadito nella sua requisitoria il pm Fabio Picuti - avrei probabilmente usato anche io le parole: ‘monumentale negligenza’”. Picuti ha citato espressamente i documenti americani per parlare di “fallimento della leadership”. Nelle fasi finali del processo alla Commissione Grandi rischi entrano quindi anche le vicende a stelle e strisce con l’evento catastrofico che nel 2004 provocò morti e distruzione in Louisiana. La pubblica accusa ha tirato fuori il documento della Commissione d’inchiesta del Parlamento americano per dimostrare come “ci possa essere un difetto di prevenzione e previsione di un rischio”, e quindi gli stessi americani – con una frase scritta che se avessi letto in precedenza avrei usato anche io – sembra far parte della stessa mia requisitoria. Il rapporto Usa dà piena cittadinanza quindi al concetto di difetto di analisi del rischio”.