venerdì 13 dicembre 2019

Catanzaro, 29 consiglieri comunali su 32 sono indagati per truffa e falso: finti rimborsi e commissioni inesistenti per avere il gettone. - Lucio Musolino

Catanzaro, 29 consiglieri comunali su 32 sono indagati per truffa e falso: finti rimborsi e commissioni inesistenti per avere il gettone

Complessivamente sono 34 gli iscritti nel registro degli indagati. Sotto inchiesta è finito praticamente tutto il Consiglio comunale di Catanzaro diventato, stando agli accertamenti della sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri, una sorta di “gettonificio”. La Procura della Repubblica, guidata da Nicola Gratteri, ha notificato gli avvisi di garanzia.
Commissioni farlocche per le quali i consiglieri percepivano i gettoni di presenza. Ma anche finte assunzioni in aziende private che poi venivano rimborsate dal Comune per il tempo che i consiglieri comunali, troppo “impegnati” in attività istituzionali, non potevano lavorare: per questo a Catanzaro 29 consiglieri comunali su 32 sono indagati per truffa e falso. Complessivamente sono 34 gli iscritti nel registro degli indagati che si sono visti recapitare dagli uomini del maggiore Gerardo Lardieri l’avviso di conclusione indagini.
Era tutto finto: dalla presenza dei consiglieri alle riunioni, ai verbali delle commissioni che spesso non venivano nemmeno compilati, ai posti di lavoro. Tutto inesistente tranne le migliaia di euro che il Comune di Catanzaro, guidato dal sindaco Sergio Abramo (non indagato), sborsava ai consiglieri per le riunioni delle cinque commissioni (su cinque istituite) che in realtà non si tenevano. Non c’è un solo partito coinvolto, ma lo sono praticamente tutti: da Forza Italia al Pd, passando per l’Udc e le varie liste civiche di maggioranza e opposizione.
Nel registro degli indagati, infatti, sono finiti i consiglieri comunali di Forza Italia (Roberta Gallo, Luigi Levato, Francesca Carlotta Celi e Giulia Procopi), di “Catanzaro da vivere” (Agazio Praticò, Antonio Angotti, Antonio Mirarchi e Antonio Ursino), di “Catanzaro con Sergio Abramo” (Rosario Mancuso, Demetrio Battaglia, Enrico Consolante, Filippo Mancuso, e Fabio Talarico), di “Officine del sud” (Giuseppe Pisano e Francesco Gironda) e di “Obiettivo Comune” (Andrea Amendola e Manuela Costanzo).
Per l’opposizione sono indagati, invece, i consiglieri del gruppo misto (Eugenio Riccio, Giovanni Merante e Antonio Triffiletti), di “Fare per Catanzaro” (Sergio Costanzo, Fabio Celi e Cristina Rotundo), del Pd (Lorenzo Costa e Libero Notarangelo), di “Catanzaro in Rete” (Rosario Lostumbo), di “Cambiavento” (Nicola Fiorita e Gianmichele Bosco) e dell’Udc (Tommaso Brutto).
Quest’ultimo è indagato anche per truffa assieme Elzibieta Musielak e Carmelo Coluccio, amministratori della “Verdeoro società cooperativa produttori ortofrutticoli”, un’impresa agricola di Simeri Crichi che aveva assunto come direttore amministrativo il consigliere Brutto. Secondo il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e il pm Pasquale Mandolfino, in realtà l’esponente dell’Unione di Centro “non svolgeva alcuna prestazione effettiva per l’impresa”, ma il Comune di Catanzaro dal febbraio 2015 al giugno 2018 ha erogato alla “Verdeoro” più di 103mila euro “a titolo di rimborso” per i periodi orari “che impegnavano Brutto in attività istituzionali nelle vesti di consigliere comunale”. In sostanza, il Comune pagava all’impresa agricola la parte dello stipendio del suo direttore amministrativo per le ore di lavoro che questo dedicava, invece, alla politica.
Un sistema utilizzato anche dal consigliere comunale Andrea Amendola che, per essere stato assunto (solo formalmente) nelle aziende edili e immobiliari del fratello Antonio Amendola (indagato), è costato al Comune quasi 65mila euro “a titolo di rimborso”. Poco più di 23mila euro, invece, è la cifra che l’Ente locale ha dovuto versare alla società “La Notifica”, amministrata da Sabrina Scarfone (indagata), per pagare lo stipendio al consigliere Enrico Consolante.
Una partita di giro che, secondo i carabinieri guidati dal maggiore Lardieri, veniva utilizzata anche dal consigliere di opposizione Sergio Costanzo, formalmente assunto dal negozio di animali di Salvatore La Rosa (indagato). Piuttosto che vendere acquari e cibo per cani, però, il consigliere comunale “non svolgeva alcuna prestazione effettiva per l’impresa” che, tuttavia, ha avuto quasi 79mila euro “a titolo di rimborso” per il “dipendente” impegnato in politica.
Dalle indagini, però, è emerso che i 20 consiglieri comunali non facevano nemmeno quello. Chi più e chi meno, infatti, secondo il pm, avrebbero “partecipato” a riunioni di commissioni in cui non c’erano o che non venivano svolte. Per dimostrare la truffa, il pm ha depositato nel fascicolo dell’inchiesta i filmati registrati grazie alle telecamere nascoste dai carabinieri all’interno del Palazzo comunale.
Tra i consiglieri indagati ci sono anche componenti delle forze dell’ordine prestate alla politica. Anche loro, assieme agli altri, – è scritto nel capo di imputazione – “con artifizi o raggiri, consistiti nelle false verbalizzazioni relative allo svolgimento delle sedute di commissione consiliare”, in due soli mesi (novembre e dicembre 2018) hanno incassato più di 21mila euro dei cosiddetti “gettoni di presenza”.
Con la notifica dell’avviso di conclusione indagini, i politici locali coinvolti nell’inchiesta hanno 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati prima che il pm Mandolfino formuli, nei loro confronti, una richiesta di rinvio a giudizio.

I sovranisti e il trucco sul Mes finito male. - Gaetano Pedullà



Sgombriamo il campo da ogni partigianeria e riflettiamo su com’è finita la guerra del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità del quale gran parte degli italiani ancora adesso non hanno capito molto, e tra questi prima di tutti Matteo Salvini e Giorgia Meloni. In estrema sintesi si tratta di uno scudo da utilizzare in caso di gravi crisi finanziarie di sistema, salvando gli Stati che se fallissero manderebbero a ramengo il welfare, il lavoro, i risparmi e la stessa vita dei propri cittadini.

In passato questo strumento è stato utilizzato in ritardo e con condizioni capestro per chi vi ha fatto ricorso, a partire dalla Grecia, ma anche per questo si è deciso di modificarlo, e malgrado i Paesi più rigidi nel difendere l’austerità sui conti pubblici abbiano provato a renderlo pericolosamente vincolante, proprio l’Italia e gli altri governi che sostengono strategie economiche più espansive hanno imposto il veto sulle due insidie maggiori: la ristrutturazione automatica del debito degli Stati soccorsi e l’esclusione di restrizioni sui titoli di debito pubblico detenuti dalle banche.

Nulla a che vedere, dunque, con un aiuto mascherato agli istituti di credito tedeschi, come maramaldeggiano i sovranisti di casa nostra, oppure regali altrettanto segreti alla banche italiane, come denuncia l’estrema destra tedesca, alleata quando le serve alla Lega. Dopo aver accusato il premier Conte di aver firmato di nascosto il trattato, negando al Parlamento di dibatterne, con il voto di ieri sappiamo per certo che non è stato firmato un bel niente e anzi la firma delle modifiche all’accordo è rinviata.

Sappiamo poi che il Fondo non avrà il via libera italiano se non dopo aver conosciuto le altre riforme europee destinate a proteggere gli Stati in difficoltà. Sappiamo che c’è un’Europa solidale e un’altra ancora irriducibile nel vessare i popoli meno forti finanziariamente, e chi si oppone a cambiare gli strumenti di protezione fa esattamente il gioco dei più forti. E sappiamo infine che le Destre aiutate da qualche parlamentare transfuga pur di governare sono pronte a passar sopra i veri interessi nazionali, e se un giorno governeranno non faranno la gioia dei popoli ma delle élite, a partire da quelle tedesche che ci illudono di voler contrastare.

https://infosannio.wordpress.com/2019/12/12/i-sovranisti-e-il-trucco-sul-mes-finito-male/?fbclid=IwAR25VF7gReXQMgGYSanZTVJvgGdjhcheOyeXJjei08-0NYbigrPA--8NjsU

Sigarette, chiamate e cene. Così la Lega “prende” M5S. - Luca De Carolis

Sigarette, chiamate e cene. Così la Lega “prende” M5S

Grassi si presenta in mensa con la spilletta verde. E Urraro tenta il blitz sulla prescrizione.

I complimenti per la “competenza”, oppure qualche battuta, per preparare il terreno. Occhiate e mezze frasi, seminate tra il fumo e i vapori delle sigarette. Poi quella domanda, scandita con il sorriso di chi finge di scherzare, e invece proprio no: “Ma tu passeresti con noi della Lega?”. Diversi senatori dei Cinque Stelle li hanno avvicinati così, nella sala fumatori di Palazzo Madama. Teatro di molte prove di campagna acquisti del Carroccio, che dopo la nascita del governo giallorosso è (ri)partita a pieno regime. Con i capigruppo leghisti primi ambasciatori con i colleghi grillini di commissione. Perché è più facile, corteggiare senatori con cui si lavora. Poi a forzare con gli indecisi provvedono i big. Con telefonate e qualche cena.
Strategia che mercoledì ha dato i suoi primi frutti, con tre senatori grillini che hanno detto no alla risoluzione di maggioranza sul Mes, rumoroso preludio al trasloco alla Lega. Puntualmente avvenuto ieri, con Ugo Grassi, docente napoletano di Diritto civile, che apre la fila con sentita lettera: “I vertici del Movimento decidono tutto in solitudine, ma oggi, forte di una reciproca stima costruita nei mesi appena trascorsi, la Lega mi offre una seconda opportunità per raggiungere i miei obiettivi”. E Matteo Salvini spalanca le braccia: “Benvenuto a Grassi, porte aperte per chi non è succube del Pd”.
Grassi celebra presentandosi in mensa con la spilletta della Lega. Mentre il Carroccio perfeziona l’entrata nei ranghi anche dell’umbro Lucidi, che nel pomeriggio discute i dettagli con il capogruppo Massimiliano Romeo e Stefano Candiani. E salta il fosso anche Urraro, dopo una telefonata con Roberto Calderoli. Avvocato campano di 46 anni, fa parte con Grassi della giunta delle elezioni che a febbraio aveva salvato Salvini dal processo per il caso della nave Diciotti, come indicato anche dagli iscritti al M5S sulla piattaforma web Rousseau. E comunque ieri il legale di Portici (Napoli) ha dato subito prova della sua vicinanza al centrodestra in commissione Giustizia. Già, perché da relatore del decreto fiscale, Urraro ha provato a inserire nel parere della commissione sul testo il rinvio dell’entrata in vigore della riforma della prescrizione, prevista a gennaio dalla legge Spazzacorrotti. Racconta la 5Stelle Elvira Evangelista, anche lei in commissione: “Urraro ha sostenuto che andava rinviata al 2022, per contenere la spesa pubblica. Ma questa osservazione, inserita all’ultimo minuto senza alcun preavviso neanche a noi del M5S, non aveva attinenza con il decreto fiscale ed era chiaramente strumentale”. Così la maggioranza, Italia Viva compresa, ha fatto muro, e Urraro ha ritirato la proposta. Poco male per la Lega, che prosegue nell’assedio. E un veterano del M5S conferma: “Anche io sono stato avvicinato, mi hanno fatto i complimenti per la preparazione. Poi hanno lanciato l’amo: ‘Nella Lega troveresti spazio per le tue idee, verresti valorizzato”. L’assalto però è ragionato, sostiene un altro 5Stelle: “Il Carroccio punta soprattutto gli eletti del Sud, dove non ha classe dirigente, o nelle regioni ‘rosse’. Cerca professionisti con la fedina penale pulita”. Ecco perché il pressing su Grassi e Urraro, che in lista starebbero bene. “E poi a Grassi avevano promesso di fare il sottosegretario” ricordano diversi grillini. Ferita che ha inciso, sul suo addio.
Il più doloroso per il M5S, che infatti infierisce. Così Luigi Di Maio morde: “La Lega dica quanto costa al chilo un parlamentare”. E dal Movimento ricordano come il giurista avesse difeso la clausola del regolamento che prevedeva multe per i parlamentari che avessero lasciato il M5S. “Non sarei così sicuro che la clausola possa essere considerata nulla” sosteneva Grassi sul blog delle Stelle nel febbraio 2018. Ma ora, chi potrebbe saltare il fosso? Il pugliese Cataldo Mininno, militare, ha detto ai suoi che potrebbe non votare la manovra. “Ma non andrà mai alla Lega” giurano dai piani alti. Da dove smentiscono anche le voci sulla siciliana Tiziana Drago e sulla pugliese Angela Piarulli. E puntualmente si torna a parlare di un gruppo pro-Giuseppe Conte, con 10-15 fuoriusciti. Mentre Emanuele Dessì stilla amarezza: “Il M5S deve ritrovare i suoi valori, il suo senso. E non può farlo con un leader bollito”. Cioè con Di Maio.

Le vacche in Movimento. - Tommaso merlo



Nessun esodo, giusto qualche vacca al pascolo verso il terzo mandato a stipendio pieno. La Lega ci lavorava fin da agosto. Salvini aveva preannunciato l’arrivo di bovini pentastellati nella sua mandria quando aveva ancora il mojito in mano. È passato qualche mese e pare che qualche vacca stia approfittando della scusa del MES per migrare. Che dunque i loro elettori vadano a farsi fottere, così come il Movimento che li ha ospitati, i valori e tutte quelle belle parole con cui si son riempiti la bocca per anni. Hanno famiglia, ambizioni e soprattutto un ego da sfamare. Ci risiamo. Prima o poi uno stramaledetto voltagabbana in Italia salta sempre fuori. Così come qualche stramaledetto impostore disposto ad approfittarne. Ieri Berlusconi, oggi Salvini. Alla faccia del cambiamento. Mercato delle vacche della peggior specie allo scopo di far cadere il governo nemico a tradimento. La solita penosa trama. Il pastore sleale che accarezza le vacche della mandria del rivale promettendogli mangiatoie stracolme di leccornie. Poi una volta ottenuto lo scopo il pastore sleale dimentica le vacche traditrici a marcire in qualche stalla. È il destino dei traditori. Qualche giorno di gloria e il resto dell’eternità nei bassifondi riservati agli infami. E questo soprattutto se tradiscono con scuse ridicole come quella del MES. Un trattato europeo che nessuno ha ancora firmato. Il Parlamento ha solo dato mandato a Conte di trattare in Europa ed ottenere le modifiche care al Movimento. Poi tutto tornerà di nuovo in Parlamento per la discussione. Per tradire non hanno nemmeno aspettato il testo definitivo e la firma. Ma il merito non conta. Quello che muove davvero i voltagabbana è sempre un cocktail tossico di arrivismo ed egocentrismo. A volte seggi sicuri e prebende, a volte una concezione narcisista della politica. Onorevoli signor nessuno talmente pieni di sé da permettere al proprio meschino ego d’interferire addirittura nei destini politici nazionali. Onorevoli signor nessuno talmente convinti della propria importanza personale e delle proprie ragioni da permettersi di far cadere o nascere addirittura governi. Un tarlo culturale più che politico. Egocentrismo senza scrupoli e vergogna. Nei vecchi partiti i voltagabbana erano diventati uno scontato effetto collaterale, le vacche si son sempre mosse in libertà negli emicicli italici. Facevano notizia solo i casi più clamorosi, quelli dei voltagabbana decisivi per i destini delle legislature. Come il suocero di Salvini, Verdini, forse il più celebrato degli ultimi anni. Constatare che certi personaggi militino nelle file del Movimento fa impressione. Il Movimento è nato anche per prevenire certe deleterie perversioni e rimettere al centro i valori e il progetto di una comunità, di una collettività. Ma nessuno può addentrarsi nei meandri dell’animo altrui e le vie dell’ego sono infinite. Quello che consola è che non c’è stato nessun esodo dal Movimento come strillato dai giornalai. Solo qualche vacca che ha sfruttato la scusa del MES per migrare verso la stalla di Salvini.

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Aldo Renxi - Marco Travaglio

L'immagine può contenere: 5 persone, persone che sorridono

Si pensava che il Premio Pinocchio della settimana fosse una questione tra Salvini (per le sue balle sul Mes) e i cosiddetti “dissidenti” 5Stelle passati o in procinto di passare alla Lega (i Solgenitsin de noantri parlano di “coerenza” sul Mes e poi si consegnano al partito che li ha traditi ogni giorno per un anno e mezzo su Reddito, Tav, trivelle, inceneritori, Autostrade, blocca-prescrizione e acqua pubblica). Poi ha parlato Renzi, arringando i pochi senatori presenti nel tentativo di somigliare a Moro e a Craxi arrampicandosi sulle loro tombe per tramutarsi da nano in gigante. Purtroppo la statura è rimasta la stessa. Dopo aver ripetuto, da quando partì l’inchiesta Open, che non ce l’ha coi pm, ha elogiato quelli morti e calunniato quelli vivi. Dopo avere sprizzato bile e rabbia da ogni orifizio, s’è vantato dei suoi “sorrisi”, esibendo una via di mezzo fra un ghigno e una paresi. Così tutti hanno capito che l’indagine lo terrorizza: solo un soggetto in preda al panico riuscirebbe a stracciare il record mondiale di balle al secondo, peraltro già suo. In 20 minuti di delirio ne abbiamo contate 30. Per motivi di spazio ci limitiamo alle migliori 10.

1. “La magistratura fa un’invasione di campo: pretende di decidere cosa è un partito e cosa no”. Ma la Procura di Firenze non pretende di decidere niente: indaga su alcune notizie di reato. Quando Renzi era premier e segretario del Pd, i suoi dirottavano i fondi privati dal partito alla fondazione Open, garantendo ai donatori l’anonimato e talvolta favorendoli con provvedimenti ad hoc. Purtroppo, per essere leciti, i finanziamenti devono essere non solo dichiarati, ma anche disinteressati. Se c’è uno scambio di favori, sono tangenti.

2.“Stiamo discutendo della separazione dei poteri”. Sì, ma a calpestarla è proprio l’ex premier che attacca i pm impegnati in un’indagine doverosa su possibili finanziamenti illeciti.

3. “Nel ’77, alla Camera, Moro usò parole notevoli con chi voleva processare la Dc nelle piazze. Impariamo dalla storia”. Se avesse imparato almeno da Wikipedia, saprebbe che Aldo Moro non polemizzava con i pm del caso Lockeed, ma con Pannella che accusava il presidente Leone e con il demoproletario Pinto che chiedeva “processi non in aula ma nelle piazze” alla Dc (per Gui) e al Psdi (per Tanassi), visto che in aula imperava l’immunità-impunità. Gui fu poi assolto e Tanassi condannato: le tangenti Lockeed esistevano eccome.
4.“Il caso Lockheed ha segnato le dimissioni di Leone non perchè coinvolto, ma per uno scandalo montato ad arte da media e politici. Per distruggere la reputazione di un uomo basta la copertina di un settimanale. I tempi cambiano, ma il settimanale rimane”.
Ce l’ha, ingrato, con l’Espresso, dopo tutto quel che ha fatto per lui. Ma anche qui è male informato: Leone fuggì anzitempo dal Colle perchè l’Espresso aveva dimostrato che spendeva più di quanto dichiarava al fisco.

5. “Craxi nel ‘92 chiamò in causa tutti e disse che larga parte del finanziamento ai partiti era illecito o irregolare”. Geniale l’idea di respingere i sospetti di finanziamento illecito citando un campione della materia, fuggito in latitanza da arresti e condanne.

6. “Se si sanziona il privato che offre dei contributi, il cittadino non darà mai più un centesimo. È un ipocrita chi dice che non servono i soldi alla politica, leciti e puliti”. Infatti nessun finanziatore del Pd o di Iv è mai stato sanzionato: qui si indaga su fondazioni che fanno da schermo a partiti per nascondere i donatori e le eventuali contropartite.

7. “Può accadere a ciascuno di voi”. Suvvia, chi di voi non ha una fondazione che incassa 6-7 milioni? Chi non parte a gennaio con 15mila euro sul conto e a dicembre se ne ritrova 800mila? Chi non incontra una vecchina col figlio piazzato a Cdp che gli presta 700mila euro per la villa? Son cose che capitano a tutti.

8.
“I pm mandano all’alba i finanzieri da cittadini incensurati e non indagati”. Le perquisizioni si fanno all’alba per trovare la gente in casa. E l’art.352 Cpp prevede le perquisizioni su “persone” (indagate o no) o “luoghi” dove si ritiene “si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse”. Punto.

9. “Chi dice che la privacy vale sono per qualcuno e non per altri viene meno allo stato di diritto: è barbarie”. Veramente lo diceva il padre della legge sulla privacy, Stefano Rodotà: “Nel Codice deontologico per i giornalisti - che qualsiasi magistrato può applicare trattandosi di norma giuridica vincolante - è scritto che ‘la sfera privata delle persone note, o che esercitano funzioni pubbliche, dev’essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sulla loro vita pubblica’. Tecnicamente si chiama ‘minore aspettativa di privacy’… Il conflitto nasce se una persona nota chiede di tenere riservate notizie che l’opinione pubblica vuole conoscere per controllare chi fa un attività pubblica… Se il giornalista accerta che un signore con un ruolo pubblico incontra un mafioso, per il pm può essere irrilevante, ma per il giornalista, in quanto interlocutore dell’opinione pubblica, è della massima rilevanza”.

10. “Chi si permette di parlare viene censurato dal Csm. Non mi risulta sia stato abrogato l’art.68 della Costituzione: i membri del Parlamento non sono chiamati a rispondere delle posizioni espresse”. Manco la Costituzione conosce: gli eletti sono insindacabili su “opinioni espresse e voti dati nell’esercizio delle funzioni”. Non su calunnie sparate fuori dall’Aula o dalle funzioni. In ogni caso, nessuno l’ha trascinato in tribunale (come fa lui con i giornalisti liberi): il Csm ha solo difeso i pm, che non possono farlo da soli, dai suoi insulti.

Ps. Su un punto Renzi ha ragione: sarebbe ingiusto processare i renziani nelle piazze. Molto meglio i tribunali.

giovedì 12 dicembre 2019

Indagato Salvini per i voli di Stato, verifiche su 35 viaggi.


Un aereo in uso alla Polizia di Stato (foto archivio).


Procura Roma trasmette gli atti al tribunale dei ministri.

L'ex vicepremier e ex titolare del Viminale Matteo Salvini è indagato per abuso d'ufficio dalla procura di Roma, che ha trasmesso gli atti al tribunale dei ministri.Lo scrivono il Corriere della Sera e il Fatto quotidiano.L'accusa si riferisce a 35 voli di Stato già considerati illegittimi dalla Corte dei Conti, che tuttavia archiviò il fascicolo che aveva aperto -trasmettendo però gli atti alla procura di Roma- non riscontrando un danno erariale. La Corte dei conti si interessò della vicenda dopo un'inchiesta di Repubblica sugli abbinamenti di molti appuntamenti istituzionali di Salvini in giro per l'Italia con comizi o altre manifestazioni di partito nella stessa zona. Trasferte eseguite a bordo di aerei in dotazione alla polizia o ai vigili del fuoco. L'uso di quei velivoli venne ritenuto illegittimo dai giudici contabili perchè i mezzi della polizia e dei pompieri sono riservati allo svolgimento di compiti istituzionali o di addestramento e non ai cosiddetti voli di Stato, per cui vige un'altra normativa.  

Dite qualcosa - Marco Travaglio

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Noi, detestando il potere, non invidiamo nessun politico. Ma, tra i politici che non invidiamo, quello che invidiamo di meno è Luigi Di Maio. È vero che se l’è cercata: nessuno l’ha obbligato nel 2017 a diventare il capo politico dei 5Stelle, poi a cumulare la carica con addirittura tre poltrone governative nel Conte1 (vicepremier, ministro del Lavoro e pure dello Sviluppo economico), né a scegliersi nel Conte2 il dicastero degli Esteri, che lo porta spesso fuori dall’Italia quando dovrebbe presidiarla palmo a palmo per metter ordine in quel casino (dis)organizzato che è il Movimento. Ma non lo invidieremmo neppure se restasse “soltanto” il capo del M5S che, fra tutte le forze politiche in campo, è la più complicata da guidare. Di Maio deve fare i conti ogni giorno con Grillo, Casaleggio jr., Rousseau e i suoi iscritti, e poi Di Battista, Fico, i malpancisti su questo o quel dettaglio, quelli al primo mandato che brigano per il secondo, quelli al secondo che trescano con la Lega per il terzo e così via. Invece, nella Lega, Salvini comanda e gli altri obbediscono. Idem la Meloni in Fratelli d’Italia e Renzi in Italia Viva. Il Pd, specie da quando s’è liberato di Renzi e Calenda, va col pilota automatico. Per quanto ammaccato, mantiene una rete territoriale di abitudini e potere che gli garantisce uno zoccolo duro intorno al 20%: tutta gente che ne ha viste troppe e digerisce tutto, anche senza un leader forte, tant’è che Zinga non si vede quasi mai e il partito sopravvive fingendosi morto. I 5Stelle, descritti per anni come un “partito personale” (di Grillo, o di Casaleggio, o di tutti e due), non sono mai diventati né un partito, né tantomeno personale. Ed è la loro fortuna e la loro maledizione. Fortuna perché mantengono una vivacità di dibattito interno sconosciuta agli altri. Maledizione perché, in una politica decisa da 4-5 capi, i 5Stelle appaiono gli unici eternamente rissosi e spaccati. Prova ne siano le demenziali fuoruscite di ieri dal gruppo del Senato verso la Lega, col pretesto di una questione ipertecnica – il celebre Mes – che 4 italiani su 5 non sanno neppure cosa sia e, da quando Salvini s’è accorto che esiste, che la Lega lo battezzò con B. e ci ha investito un mese di strepiti, ha solo perso consensi.

Può darsi che il M5S, una volta realizzato il grosso del suo programma – reddito di cittadinanza, spazzacorrotti, dl Dignità, taglio dei vitalizi e dei parlamentari, e ora (si spera) salario minimo, acqua pubblica, legge sul conflitto d’interessi e sulla departitizzazione della Rai e della sanità – e “grillizzato” la politica, abbia esaurito la sua funzione e sia destinato a rapida estinzione. “Biodegradabili”, dicevano Grillo e Casaleggio sr..


Ma può anche darsi che abbiano un futuro, sia pur molto diverso dal passato. Ed è qui che, oltre a non invidiare Di Maio, fatichiamo a capirlo. Dopo la débâcle
delle Europee e il cambio di alleanze del Conte2, un leader astuto avrebbe coinvolto tutte le anime del Movimento nella sua gestione: per condividere onori e oneri e tappare la bocca a chi passa le giornate a strillare tutto e il contrario di tutto, salvo poi lamentare la mancanza di democrazia interna. Invece il mille volte annunciato “nuovo assetto” interno somiglia tanto a Godot: tutti lo aspettano, nessuno sa chi sia né che faccia abbia né cosa voglia, lui fa sapere che oggi non verrà ma domani sì, e infatti non arriva mai. Idem per gli “stati generali” che dovrebbero ridisegnare gli obiettivi del nuovo M5S: si parla di marzo, mentre urgono subito. Anche perché non ci vuole uno scienziato per capire cosa serve: basterebbe ascoltare quel pazzo visionario di Beppe Grillo che, diversamente da chi sta nel palazzo, ha mantenuto le antenne, il fiuto e l’entusiasmo per intercettare gli umori della gente e lo spirito del tempo. Alla festa dei 10 anni a Napoli ha invitato tutti, eletti ed elettori, a guardare avanti con entusiasmo, fino a mandare affanculo chi è fermo ai vecchi schemi e anatemi. E nel recente blitz a Roma non s’è limitato a confermare l’alleanza col Pd e la leadership di Di Maio, ma nella diretta social al suo fianco ha ridettato le parole d’ordine dei nuovi 5Stelle: ambientalismo al passo coi tempi, tecnologie innovative, energie alternative, nuovi modelli di mobilità e produzione, riduzione di scorie, scarti e rifiuti, riconversioni industriali, redistribuzione delle ricchezze. Che sono poi da sempre i suoi cavalli di battaglia, la piattaforma su cui nacque il M5S. Invece ha raccolto altro attendismo e altra afasia.


Nessun’altra forza politica ha la fortuna di aver anticipato di 10 anni (Grillo di 30) i ragazzi di Greta e il boom dei verdi in tutt’Europa. Possibile che Di Maio&C. non avvertano questo vento di radicalità gentile che gonfia le vele ai movimenti di piazza, dai Fridays for Future alle Sardine? Che aspettano a parlare a queste persone, anziché attardarsi in polverose narrazioni da vecchi notabili democristiani del Sud, in difesa di chi paga e incassa in contanti e dei ladruncoli allergici al Pos annidati fra le partite Iva? Ma lo capiscono o no che i piccoli e medi evasori non voteranno mai per loro, perché si fidano molto di più di chi li garantisce da una vita? E che fuori da quel piccolo mondo antico c’è un paio di generazioni post-ideologiche come loro che attendono soltanto un segnale? Hanno la fortuna di esser nati “né di destra né di sinistra”, ma si stanno trasformando in un guazzabuglio di gente di destra e di sinistra che ogni giorno litiga sul restare col Pd o tornare con la Lega (auguri). Il tutto mentre la narrazione del Pd muore di noia e quella della Lega perde colpi perché il Cazzaro Verde non sa dire altro che “elezioni subito” e “fuori i negri”. I voti che Salvini perde a destra li intercetta la Meloni, ma quelli post-ideologici, più che nel centrosinistra, potrebbero traslocare nei 5Stelle. Se i 5Stelle ritrovassero la parola.


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